Mozart. Un Massone vero e la sua Musica

 

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di Mike Plato

Tramite quel piccolo uomo, Dio riusciva a far giungere a tutti la propria voce (Salieri nel film Amadeus)

Come Giovanni Battista fu il precursore e messia del Verbo di Dio, altrettanto lo fu Amadeus Mozart per la musica. Entrambi furono servi e strumenti della gloria divina. Mozart, a suo modo, è stato uno dei più grandi figli della luce che siano mai esistiti. Visse troppo poco, ma come una candela che arde in fretta, espresse musicalmente tutto ciò che la forza divina che lo animava, voleva fosse espresso. Il suo talento era fantastico, un concentrato di grazia in un piccolo uomo che le cronache definiscono fisicamente “insignificante.” Ma ciò nulla contava, perché Mozart, mostrò a tutti la vera gloria creativa. Lo stesso Mozart capì di aver ricevuto un dono divino, e si mostrò un fedele servitore di Dio, temendolo ed amandolo, come suggerito dal nome con cui familiarmente è conosciuto: Amadeus.

 

Mozart Framassone

 

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Fu un uomo estremamente avanzato per quei tempi, e forse lo sarebbe anche oggi, talmente avanzato da sentire il bisogno di trovare fratelli con cui condividere le stesse impressioni che aveva del mondo e della divinità. Questo bisogno fu soddisfatto con l’affiliazione alla loggia massonica “La Beneficenza” il 14 dicembre 1784 a Vienna, ove fu iniziato libero muratore, pur mantenendo una ferma e profonda fede cristiana. La sua grande mente non poteva però fermarsi al cristianesimo ufficiale e letterale, e la ricerca di risposte di natura filosofico-mistica lo spinse verso la Massoneria, all’epoca l’unica organizzazione depositaria dell’arcano sapere primordiale. Divenne adepto all’età di 28 anni, ancor oggi è un’età considerata prematura per l’ammissione all’Ordine, ma Mozart era precoce in ogni senso possibile. Non è dato sapere dove e quando Amadeus esperì i primi contatti con la Massoneria. Sapeva piuttosto che la fratellanza era ferocemente osteggiata dal potere, e sapeva a cosa andava incontro. Occorre tener presente che già dal 1764, pressata dal Papa e dai Gesuiti, l’imperatrice d’Austria Maria Teresa aveva dichiarato illegale l’istituzione. Quindi, Mozart andava ad agire in un terreno minato e pericoloso.  Ma in lui era prepotente l’urgenza vitale di conoscere e vivere con i suoi prossimi in Spirito, urgenza da lui avvertita nel trasferimento da Salisburgo a Vienna, voluto sia per cercare nuovi e più grandi orizzonti per la sua musica, sia per sfuggire alla servitù verso il vescovo di Salisburgo, fatto di cui soffriva fortemente, sentendosi, come tutti coloro che anelano alla Conoscenza, uno spirito libero. La solitudine intellettuale a Vienna lo spinse a cercare dentro e fuori di sé la Verità. E’ quindi ovvio che dal momento in cui divenne Adepto (1° grado), trasferì il sapere e la simbologia mutoria nelle sue opere. Non potè farne a meno. Sapeva che, qualora le sue opere avrebbero resistito al tempo, in esse, in particolare nel “Flauto Magico”, sarebbe stata custodita tutta la sapienza iniziatica con il suo corredo simbolico; allo stesso modo in cui i suoi fratelli Templari, cinque secoli prima, avevano cristallizzato il sapere esoterico-alchemico del loro Ordine nelle cattedrali gotiche di Francia, Spagna, Portogallo e Germania. Quando musicò il funerale dei fratelli duca Gerorge Mecklemburg e conte Estherazy, lo fece non da musicista che riceveva una retribuzione per un lavoro commissionato, ma da fratello per altri fratelli. Non sono quindi vere le voci che lo vogliono vivere e morire solo. Aveva diversi fratelli al suo fianco.  A partire dal 1872, non compose più musica per la Chiesa, ma esclusivamente opere in onore dei fratelli e del Grande Architetto dell’Universo, per come deve essere correttamente inteso.

 

Gli ideali nelle sue opere

Nell’Archivio della Biblioteca Nazionale Austriaca è custodito un documento del 1787 comprovante l’affiliazione di Wolfgang, tre anni dopo l’ingresso in Massoneria, alla loggia “Speranza nuovamente incoronata”, in realtà il nuovo nome della vecchia loggia la Beneficente dopo diverse fusioni con logge terze. E’ conservata anche una lettera al padre Leopold, anche lui affiliato muratore nel 1785, esattamente due anni dopo aver acquisito lo status di iniziato, in cui il genio esprime segretamente il suo obiettivo iniziatico: “Poiché la morte è la vera fine della nostra vita, l’idea di essa, lungi dall’incutermi terrore, da due anni mi pacifica e mi conforta. E ringrazio Dio di avermi dato modo, sapete ciò che intendo (si badi bene, si tratta di una tipica locuzione utilizzata dagli iniziati esseno-cristiani simile al “chi può intendere, intenda” di Gesù N.d.R.) di imparare che la morte (Mozart qui fa riferimento alla nigredo almchemica N.d.R.) è la chiave che apre la porta alla nostra felicità. Per questa benedizione ringrazio ogni giorno il mio Creatore e con tutto il cuore vorrei che tutti i miei simili potessero goderne”. Un profano penserebbe ad un folle nichilista con tendenze suicide. La realtà è che Mozart cercasse piuttosto la morte mistica per divenire un “Uomo Nuovo” e trasformare, volendo utilizzare il gergo massonico, la pietra grezza in pietra squadrata. Solo un iniziato può parlare di una certa morte in questi termini così entusiastici, quasi pregando il Creatore che essa giunga quanto prima. Mozart non poteva sapere che sarebbe morto biologicamente in modo così prematuro. Egli conosceva la terribile verità di questo piano di realtà se è vero che nel II° atto del Don Giovanni, Scena del Commendatore, fa dire al servo: “Oh padron, siam tutti morti”. Sapendo bene che questa vita sia in realtà morte eterna, cercava proprio quella morte che uccide la morte e porta alla vita eterna. Ma non fece in tempo a raggiungerla. Rimane fermo che dedicò alla virtù e agli alti ideali massonici tutta la sua breve vita. Fu un esempio di Massone che oggi è raro trovare, essendo la Massoneria attuale assai lontana dalla Tradizione esoterico-mistica originaria, se non per alcuni individui che tentano ancora di sollevarne lo Spirito verso gli ideali iniziali. Lo stesso Amadeus si dimostrò un buon massone, legato intimamente ai suoi fratelli. Il suo amore per loro è espresso nell’opera K 471 detta “la gioia del massone”, in cui l’Aria del tenore recita testualmente: “Vedere come la natura (Iside N.d.R.) scopre lentamente il suo volto allo sguardo dello scienziato attento, come egli con alta sapienza riempie pienamente la sua mente e il suo cuore con la virtù (obiettivo del compagno massone N.d.R.). Questo è il pascolo degli occhi del vero massone, ardente gioia del libero muratore”. L’opera fu composta un anno dopo la sua iniziazione e fu dedicata a Ignaz Von Born, Maestro Venerabile della loggia “Alla Vera Armonia”. Nella K484 parla espressamente di catena iniziatica: “Ogni uomo gioisca di nuovo nella catena d’oro della fratellanza che lo unisce a gente migliore e gli addolcisce l’amaro calice della vita…Sollevateci sulle ali della verità fino al trono della Sapienza (Sophia-Iside-Metatron N.d.R.)”.

 

L’evoluzione spirituale di Mozart

Mozart fu un essere estremamente evoluto non solo sul piano musicale, espressione della Grazia divina che in lui era presente con questo dono per dote naturale, ma anche sul piano spirituale e culturale. Doveva aver letto alcuni classici dell’iniziazione come “l’Asino d’Oro” di Apuleio e il saggio di Plutarco “De Iside et Osiride” perché molti temi di queste due opere sono presenti nel capolavoro massonico del “Flauto Magico”. Ho trovato un’opera che testimonia quale fosse il grado spirituale e il livello conoscitivo di Mozart. Si tratta del K 619, detto “La Piccola Cantata Tedesca”. Ne citerò uno stralcio affinchè chi è gia sulla Via, e chi non lo è ancora, capisca quale fosse il livello spirituale del genio: “Voi che venerate l’Incommensurabile creatore dell’universo, chiamato sia Yawhè, sia Dio, sia Brahma, ascoltate le parole dell’Onnipotente…il suo suono eterno ascoltate uomini, sentitelo uomini anche voi, amatemi nelle mie opere. Amate Ordine, Equanimità, Armonia, amatevi, amatevi, amate voi stessi ed i vostri fratelli…Rompete il vincolo dell’illusione, stracciatene il velo, spogliatevi dell’abito che traveste l’umanità in settarismo”. Con queste parole Mozart dimostra di essere un inviato della Luce, ed è indifferente pensare che le sue parole siano iscritte in un’opera musicale anziché in un testo sacro: l’effetto e la lezione sono le medesime, per chi voglia e può intendere.

Il capolavoro: il Flauto Magico

 

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Tutte le opere di Mozart sono geniali, ma il Flauto Magico è certamente la più grande opera massonica mai scritta da mano d’uomo. Per lo spettatore era una vera e propria iniziazione, la rappresentazione in forma d’opera della tipica ritualità massonica, e la messa in scena degli archetipi fondamentali dell’iniziazione. Non c’è niente, ancor oggi, di simile al Flauto Magico, né nell’opera né in nessun’altra espressione artistica. Ci si chiede ancora come Mozart abbia potuto mettere in piazza una parte della segreta ritualità e filosofia massonica. Fu autorizzato dal Gran Mestro della loggia o fu una sua iniziativa? Credo ad entrambe le ipotesi: l’impulso venne da Mozart che prima di scrivere la sceneggiatura dell’Opera si guardò bene dal non chiedere il visto alla fratellanza. Non possiamo sapere se egli avesse concepito un’opera ancora più ardita, poi sottoposta ai tagli e alla censura degli alti gradi della loggia. Ma perfetta così com’è, perché Mozart innestò nell’opera quanto poteva essere digerito da un pubblico che all’epoca non sapeva cosa fosse la Massoneria (ad essere sinceri neanche oggi). Mozart certamente sapeva che ognuno riceve in funzione della propria evoluzione spirituale e che il pubblico non sarebbe riuscito a penetrarne i segreti massonici. La storia del Flauto Magico è presto detta: il nobile Tamino si innamora della principessa Pamina, figlia della Regina della Notte e, dopo averne visto un’immagine, si propone di incontrarla e amarla per sempre, data la sua bellezza e dolcezza. Ma pare che Pamina sia stata rapita dal misterioso sacerdote Sarastro, capo degli iniziati, e considerato un malvagio dalla Regina, la quale promette a Tamino che se egli la libererà dalle grinfie dell’arci-nemico Sarastro, sarà sua per sempre. Tamino, ignorando la verità, parte alla ricerca di Pamina in compagnia del sempliciotto uomo-uccello Papageno. Pervenuti nel Tempio di Sarastro, tre geni convincono l’ingenuo ma nobile Tamino  sul fatto che Sarastro è per la luce, e non certo il mostro e il malfattore di cui si dice, e che ha strappato Pamina alla perfida e ingannatrice madre per nobilitarla e renderla felice per sempre. Il fatto che Sarastro sia percepito come un malfattore, rimanda a Luca 22:37, in cui il Cristo dice: “Perché vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra i malfattori” e anche a Isaia 53:12 dove si afferma: “perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato tra gli empi”. L’oratore, poi, glissa alla domanda di Tamino “è stata forse già sacrificata? Spiegami questo mistero, non ingannarmi”. Qui appare con evidenza la conoscenza da parte di Mozart dell’archetipo del Sacerdote Sacrificatore, ovvero il Melkisedeq, espressione suprema di colui che sacrifica la propria anima per portarla ad un più elevato stato di coscienza, tanto più che Sarastro altro non è che una storpiatura del nome “Zoroastro”, il sacerdote simbolo della religione iranica che venerava Melkisedeq sotto la forma di Ahura Mazda, l’Horus Mezdau degli egizi: il Re di Giustizia. Ma perché porre un sacerdote di religione iranica in un tempio egizio? Che Mozart avesse intuito la commistione insospettabile dello zoroastrismo con il nucleo iniziatico della promordiale religione solare egizia? In ogni modo, Pamina è sorvegliata dal perfido e mercenario Monostato, su incarico dello stesso Sarastro, che tuttavia non ha intuito la reale natura del collaboratore. Ma i due giovani si conoscono e si innamorano. Sembrano fatti l’uno per l’altra. Ma non potranno ancora unirsi finchè Tamino non abbia superate alcune prove, la cui natura massonica è evidente. A Tamino viene coperta la testa con un sacco affinché non veda (tipico della ritualità massonica), e Sarastro afferma che il giovane potrà essere ammesso tra gli iniziati solo qualora supererà le più terribili prove e dimostrerà il suo spirito eroico: “O iniziati che nel tempio della sapienza vi siete consacrati ad Iside e Osiride (le due persone del Dio Unico N.d.R.). Con purezza d’animo, io vi annucio che Tamino, figlio di Re, desidera contemplare nel luogo santo la più viva luce…Pamina è stata destinata dagli dei a questo leggiadro giovane. Perciò l’ho strappata alla madre orgogliosa, una donna superba che spera di ammaliare il popolo con l’inganno e la superstizione, e di distruggere il tempio degli iniziati. Ma non vi riuscirà…Tamino avrà assegnato il compito di punire il male”. Appare con tutta evidenza che il grande avversario di Sarastro-Melkisedeq, il Sacerdote Eterno dei sacerdoti, è la Regina della notte, colei che nella Cabala è chiamata Lilith la perversa, e che Gesù chiamava Mammona. Essa è espressione dei poteri astrali immondi che inchiodano l’uomo alla terra con la menzogna e la paura, e che sempre combattono il Signore della Luce che si manifesta sempre nei momenti storici in cui i demoni sembrano imperversare e trionfare. Tamino messo in guardia dalla lascivia dei poteri immondi trionferà sconfiggendo la Regina Oscura e si unirà per sempre a Pamina, che ovviamente è espressione della sua anima che egli strappa al regno della notte, e con la quale qualunque iniziato deve ambire a fondersi. Monostato avrà dato prova di essere un farabutto, aiutando la Regina a rapire di nuovo Pamina. Con lui, Mozart descrive i Mercanti della terra, coloro che si vendono ai poteri immondi per acquisire fama, potere e ricchezza, in cambio della loro anima prostituitasi per sempre al lato oscuro. Papageno, compagno di viaggio dell’eroe, invece, incapace di ogni virtù iniziatica (distacco, sacrificio, silenzio, coraggio), non sarà ammesso tra gli iniziati, né avrebbe mai voluto perché come dice lui stesso: “Oh ci sono tantissime altre persone come me…Un buon bicchiere di vino, una buona compagna, godermi la vita, sarebbero la gioia più celestiale” . Papageno rappresenta la condizione naturale di tutti i morti viventi di questo mondo, ciechi alle cose dello spirito e talmente lontani da Dio, da accontentarsi di vivere senza aver realmente vissuto, nati senza coscienza e morti senza averla costruita. Interiormente, egli è il simbolo di quel lato dell’iniziato che è duro a morire, il legame col mondo, i desideri e gli istinti.

Quando la sua futura compagna gli dice: “Pane e acqua saranno il tuo cibo, per entrare fra gli iniziati e legarti a loro con vincolo di giuramento. Dovrai vivere senza un’amica e rinunciare per sempre al mondo”, egli risponde come risponderebbe l’uomo comune: “Bere acqua? Rinunciare al mondo? No, mi prendo piuttosto la vecchia, è meglio che niente”. E’ facile che Mozart si identificasse in Tamino, e attraverso lui, volesse celebrare tutti i grandi fratelli del passato e del futuro. Sintomatico uno dei dialoghi conclusivi dell’opera: “Chi passa per questa via irta di pericoli si purificherà con fuoco, acqua, aria e terra; se potrà vincere il terrore in cielo (cioè le potenze astrali), così illuminato, potrà allora dedicarsi completamente ai misteri di Iside”; e Tamino risponde arditamente: “Apritemi le porte dell’orrore, lieto tenterò l’audace impresa”. Tamino supererà la lunga notte dell’iniziato e rivedrà la luce della coscienza. Amadeus conosceva bene la nigredo e il sacrificio alchemico di sé stessi, ma non poteva ancora conoscere il Libro dei Morti egizio (non ancora tradotto all’epoca), che offriva chiavi importanti per l’ingresso iniziatico nella Notte e negli Inferi intimi. Ma certamente la Massoneria custodiva gelosamente queste chiavi, e il Flauto Magico le registrò per sempre, a gloria di tutti gli iniziati veri.

Mozart. Un Massone vero e la sua Musicaultima modifica: 2009-03-05T13:54:00+01:00da mikeplato
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