Il Karman

 

509707a~Statua-di-Atlante-che-sorregge-il-mondo-Posters.jpg

di Mike Plato

«Il karman significa che non possiamo farla franca»
(detti del Buddha)

L’anima umana, conosciuta nella Tradizione come la «stella del microcosmo», è di per sé potenzialmente immortale, ma parte degli esseri vuole rimanere immortale soltanto in questo stato di esistenza. Alcuni esseri umani hanno anime antichissime, e questo è il senso segreto della «barca dei milioni di anni» che, guidata dal Dio in noi (Horus), traghetta il morto (iniziato) nel suo viaggio nel Nilo (spina dorsale umana) descritto nel Libro dei Morti 136. La barca, in senso ermetico, è l’anima umana, veicolo della coscienza dell’iniziato nei mari dell’esistenza e in quelli più tempestosi dell’iniziazione. Il suo sviluppo non può avvenire che nell’arco di molte esistenze, poiché essa deve apprendere dai propri errori. Premi e punizioni non sono elargiti che da sé stessi, dalla parte più divina dell’anima, il Dio personale e Signore di Giustizia, il Melkisedeq del nostro essere, il quale pesa le azioni dell’uomo valutandone la conformità alla Legge divina. Nei misteri orfici si insegnava infatti che, dopo la morte fisica, l’anima si autogiudica in senso spirituale, o meglio è la parte superiore dell’anima che giudica quella inferiore. Gli iniziati tendono ad anticipare il giorno del giudizio, attraverso l’iter alchemico, scatenando l’ira di Dio su sé stessi e morendo prima di morire. Allo stesso modo, alla fine di questo grande ciclo di 25.600 anni, le anime che avvertiranno in sè di essere indegne di ascendere definitivamente, si autogiudicheranno condannandosi a vivere un altro mega-ciclo, un altro giro di ruota, onde apprendere la lezione della materia. La reincarnazione, quindi, è la legge dell’evoluzione dell’anima, e si lega indissolubilmente al principio del karman, che il popolo ebraico ha sempre conosciuto come “Legge Mosaica” e gli arabi come “Legge del Taglione”. Vale la pena spendere qualche parola in più sull’argomento, perché a torto ritenuto patrimonio esclusivo della tradizione orientale, laddove karman e reincarnazione, profondamente correlati fra di loro, sono princìpi chiave dell’Ordine di Melkisedeq e di tutta la tradizione mistico-esoterica dell’Occidente. Non sono princìpi contemplati dai dogmi occidentali e dalle chiese essoteriche per motivi che solo una persona illuminata può ben intuire. Se non si conosce l’ostacolo, non lo si può neanche affrontare e dominare; e oggi, la gran parte della gente non crede minimamente nella legge del karman, né la conosce, subendola passivamente e inconsapevolmente. Il poeta templare portoghese Fernando Pessoa scrisse qualcosa sulla quale vale la pena meditare: «Nei loro scritti, i Rosacroce non fecero alcun accenno esplicito alla dottrina della reincarnazione, principio fisico di tutto l’occultismo. Tale dottrina, sebbene di fatto contenuta nel vero cristianesimo, non è in esso impartita essotericamente. Insegnarla avrebbe significato offendere le popolazioni cristiane, sollevare l’odio della chiese cristiane, pregiudicare quella preparazione che era lo scopo dei loro libri» (Pagine Esoteriche). Ci si chiede come sia possibile che due avatar come Siddharta (Buddha) e Giovanni Battista (Cristo), inviati entrambi dal Re del Mondo, possano aver mai insegnato qualcosa di così profondamente diverso e inconciliabile come la reincarnazione l’uno, e l’assenza di essa l’altro. Soltanto il principio diabolico e separatore può creare una tale apparente confusione. Entrambi erano esseri luminosi e non potevano che insegnare Luce e Verità. Il problema è che Siddharta fu autorizzato a parlare del principio di causalità (karman) negli scritti e in pubblico senza veli, mentre Gesù, compiendo la sua missione di insegnamento in un’altra e diversa area geografica, vi potè accennare solo velandolo, ma insegnandone i princìpi ai suoi discepoli nel segreto iniziatico. Ogni anima è una particella di scintilla divina involuta e raddensata sempre più dalle “colpe” derivanti da pensieri, parole e opere contrarie alla Legge cosmica. Il peccato originale non dipende certamente dalla scelta originaria dell’Adamo primordiale, ma è il bagaglio karmico che ogni uomo porta con sè da altre vite, quel bagaglio che il Matto dei tarocchi (lama 22) porta in spalla nel suo cammino e che deve redimere con i suoi sforzi. Che questo sia il senso del fagotto del Matto lo dimostra anche Platone, laddove  afferma che i giudicati dopo la morte abbiano «il resoconto di tutte le loro azioni appese di dietro» (Repubblica 614C). Bisogna essere molto chiari sul termine “peccato”. Il greco hamartia che lo identifica significa “mancare una mèta, sbagliare il bersaglio, fallire l’obiettivo”. Parimenti, l’ebraico khet e l’aramaico bisha indicano sia “peccare” che “mancare il bersaglio, fallire, compiere un errore”. Si utilizza istintivamente l’espressione “che peccato!” per indicare il disappunto per un fallimento. Peccato originale è semplicemente il mancato obiettivo del popolo adamico di servire Dio per fare solo la propria volontà, e l’errore di ambire a divenire come Dio, Dio a sè stesso, con la conseguente caduta vibrazionale e l’inizio del dominio della Ruota del Destino che lo costringe a errare, nel duplice senso di girare e sbagliare. Non è un peccato, per come lo intende il dogma, ma un errore a cui si può rimediare con appropriato sforzo. Quindi, non peccare  significa essere impeccabili nel portare la Grande Opera a compimento, come fece il nostro amato fratello e maestro Gesù che, dritto alla mèta, non deviò mai né a destra né a sinistra, evitando le insidie tortuose del Leviathan dentro e fuori di lui. Karman è il termine utilizzato dalla tradizione orientale per indicare l’inesorabilità delle conseguenze degli atti e  della tendenza al riequilibrio delle posizioni di debito e credito karmico. Esistono tuttavia due forme di karman: 1. il grande Karman (Grande Destino), che gli induisti legavano al rispetto del Dharma, la Legge Cosmica, la Tradizione, e che è dato da pensieri, parole e opere  conformi o contrarie alla volontà del Dio Altissimo; 2. il piccolo Karman (Destino Inferiore), detto A-Dharma (Antitradizione) dato da pensieri e opere contrarie o conformi alla legge del bene e del male di questo mondo. Il primo è amministrato da Melkisedeq, il Tutore della Legge Cosmica, Colui che giudica inesorabilmente il comportamento dell’Uomo nei confronti di Dio Altissimo e della sua Legge. II secondo è gestito dagli Arconti, i Signori del karman di questo piano, i quali gestiscono premi e punizioni relativi a pensieri, parole e opere tra gli uomini. Queste due giurisdizioni spesso sono in conflitto fra loro. Pur tuttavia, la Legge karmika-dharmika ha sempre l’ultima parola, poiché ciò che conta per la salvezza dell’anima è il rispetto della Legge Cosmica, non quello della Legge degli Arconti. So che dirò qualcosa di forte ma faccio spesso l’esempio di Madre Teresa di Calcutta, che potrebbe essere una santa nel mondo degli uomini, ma addirittura violare la Legge Cosmica o semplicemente trascurarla. Un conto è salvare le vite fisiche e i corpi, altro conto è salvare le anime. Un Figlio della Luce non viene per guarire e salvare il nostro Io materiale, ma quello animico. Gesù non era molto contento di operare guarigioni fisiche, ma insegnava a fini salvifici, perché il rischio della seconda morte è sempre in agguato. Che senso ha guarire un individuo o salvargli la vita se poi esso perde la sua anima? Gesù ci insegna proprio questo: «Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero e poi perderà la propria anima? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima?» (Matteo, 16:26). È un potere subdolo e ingannatore quello che spinge verso il rispetto della legge karmica, trascurando totalmente la Legge Eterna che prevede il sacrificio di sé stessi per Dio. I poteri religiosi di questo mondo non vogliono insegnare questo. In particolare, la Chiesa Romana non ha mai insegnato a sacrificare il proprio ego al Cristo in noi, rinnegando così l’insegnamento di Rabbi Gesù. Rispose Gesù: «Darai la tua vita per me?» (Giovanni, 13:38). Ne consegue che c’è tutta una famiglia di veri santi secondo Dio, assolutamente non riconosciuti dalla Chiesa Cattolica e sconosciuti all’umanità intera. I santi secondo il mondo hanno tutti gli onori e i santi secondo Dio vengono aggrediti e spesso giustiziati. Ci si chiede che fine abbia fatto l’insegnamento di Gesù nel dogma della Chiesa. In questo senso non ve n’è traccia alcuna. 

Fin qui ho mostrato come coesistano due leggi: una è il Dharma, teso a regolare i rapporti tra l’uomo e Dio. L’altro è l’a-Dharma, che regolamenta i rapporti tra gli uomini,  e quelli fra gli uomini e gli dèi di questa creazione. Ciò significa che i giusti e i santi secondo Dio potrebbero non essere giusti e santi secondo il mondo. Qui non ci troviamo di fronte a due leggi che operano gerarchicamente, come nel caso delle fonti normative, ove ad es. la fonte costituzionale è madre della fonte legislativa e questa di quella amministrativa. Forse, alle origini il Grande Dharma e il piccolo Dharma si integravano, ma da molto tempo non è più così. Ecco perche gli Esseni, duemila anni fa, scrivevano che Beliar (il Signore del Karman di questo mondo, l’accusatore) decreta che il giusto sia ingiusto e l’ingiusto giusto. Cosa significhi ciò è presto detto. Se questo sistema di terza densità è embargato e tagliato fuori dai regni a più alta vibrazione, la legge (astrale) che lo regola è sconnessa dalla grande Legge. E se i decreti di Beliar sono iniqui, non ci si deve meravigliare che i Santi di Dio vengano combattuti aspramente, a maggior ragione perchè   questi santi sono estranei al mondo, ritenuti alieni. Qui bisogna fare chiarezza su un concetto cruciale. Non è la Sinistra iniqua ad essere aliena a questo mondo, lo sono piuttosto i Santi Vigilanti che vengono qui a portare luce, pace e giustizia, distruggendo ciò che è corrotto e separando il puro dall’impuro. Ma sono costretti a confrontarsi anche con la Legge del Karman. In generale, il Karman è la legge della retribuzione e dei meriti. Krishna ne dà una definizione: “Il karman è la forza della creazione da cui tutte le cose traggono vita” (Baghavad Gita VIII). Krishna vuol rivelare che la Legge dell’azione mantiene sotto il proprio dominio tutte le attività dell’uomo e della natura (leggi fisiche). La piccola Legge karmica ci insegna che se un individuo  fa del bene (credito karmico)  riceve col tempo del bene, e viceversa con le opere negative (debito karmico). Ogni causa produce il suo effetto, in una reazione a catena. Nei “Detti dei Padri del Deserto” vi è l’insegnamento di un anziano che la dice lunga sulla consapevolezza del karman da parte dei cristiani primitivi: “Da qualunque prova tu sia colto, non incriminare nessuno se non te solo, dicendo: «m’è accaduto per mia colpa, causa i miei peccati»”. Il monaco zen Basho scrisse: “Tutto ciò che avviene nella vita è una ricompensa o un castigo per quel che abbiamo fatto. Solo gli ignoranti si lagnano del destino. Ognuno mangia i frutti dell’albero delle sue azioni. Il karman accumulato in lunghe età del passato ci tiene in piedi, in queste vite amare”. Basterebbe meditare sulle sagge parole di Basho per comprendere che l’Albero della conoscenza del bene e del male è la legge karmica che regole le cose di questo mondo causale, perché foriera di buona e cattiva sorte. Persino Aristotele  accennò alla legge karmica: “Gli antichi hanno detto che noi siamo nati per pagare il fìo di alcuni delitti commessi in una vita anteriore” (Protrettico)”. Il destino di un essere umano dipende in larga parte dal proprio karman, dal bagaglio di meriti e demeriti che eredita da altre esistenze, ed ogni uomo si definisce dalle proprie azioni (karman). Le capacità intellettuali, i sentimenti, i modi e le abitudini di ogni uomo, il suo aspetto, eventuali malattie croniche, tutto è condizionato dagli effetti delle azioni passate, sia di questa vita che di quelle precedenti. Se una singola vita fosse l’inizio e la fine, mostrerebbe chiaramente l’ingiustizia e la natura parziale di Dio, che avrebbe fatto solo alcune persone buone e sane, e altre cattive e malate. In Giovanni 9:3,  rispondendo ai discepoli che gli chiedono  se un cieco dalla nascita fosse così per sua colpa o per colpa dei suoi genitori, Gesù spiega che ciò avviene per manifestare le opere di Dio,  per manifestare la legge di semina e raccolta (a ciascuno secondo le proprie opere) in quell’anima che probabilmente aveva compiuto  gravi errori in una precedente incarnazione e che si era data la cecità per apprendere dagli errori stessi, e per cercare in una vita successiva la vera vista, quella spirituale, e comprendere che quella normale sia una falsa vista, utile solo per muoversi in questo mondo. Questa interpretazione è suffragata da Giovanni 9:34, ove è detto che il cieco nato era “nato tutto nei peccati” ; ma quello stesso bagaglio karmico gli era stato guarito dalle acque alchemiche e purificanti della piscina di Siloè, ove tutti gli iniziati all’alchimia cercano il dissolvimento del karman. Mark Hedsel ci insegna che l’indice manifesto della qualità karmica proveniente da altre vite è il cranio: “La vostra testa è l’immagine della vostra incarnazione precedente. Osservando la testa con la dovuta attenzione meditativa, si notano chiaramente queste diversità di tempo e di intensità spirituale…La tradizione arcana sostiene che, in una data vita, la testa è la somma delle forze spirituali della vita precedente, come una sorta di seme proveniente dal passato…Allungata o tozza, rozza o raffinata, disarmonica e armoniosa, in tutte queste forme l’iniziato riesce a decifrare le direzioni del passato che hanno forgiato la personalità di chi gli sta di fronte” (L’Iniziato). Generalmente, un’anima porta i segni delle sue opere nel corpo astrale, e quei segni affiorano anche nel corpo fisico. Sono segni che possono riverberarsi di vita in vita se l’anima non attua uno sforzo per dissolvere la causa e l’origine del segno stesso. Ce lo insegna Mosè nelle parole di YHWH a Caino: “Non è forse vero che se tu agisci bene ne porti il segno, e  se non lo fai, al contrario, il vizio ti si dipinge in faccia?” (Genesi 4:7). In base alla legge: “il simile attrae il simile”, un’anima incolpata si può incarnare solo in un corpo con caratteristiche ereditarie (genetiche) che corrispondano alle colpe o ai meriti dell’anima che si sta per reincarnare. Giunta alla propria perfezione, l’anima sfugge a questa Legge e torna allo Spirito puro, a Dio, nella pienezza della sua coscienza. I Rosacroce, nel manifesto Confessio Fraternitatis cap XIV, alludendo alla possibilità che un individuo possa accedere alla fonte alchemica nota come “medicina universale”, affermano che ciò sarebbe negato a “coloro che, per volontà di Dio, devono essere afflitti da malattie e subire i rovesci del destino”, quindi a coloro il cui karman non lo permette. Questo ruolo di Melkisedeq come Giudice interiore dell’anima è ben evidenziato in Esodo 4:11 ove YHWH, Signore di Giustizia, dice a Mosè:  “Chi ha dato una bocca all’uomo, o chi lo rende muto o sordo o veggente o cieco? Non sono forse Io, il Signore?”. Gli Esseni, che conoscevano bene questa verità, non ammettevano all’iniziazione individui le cui menomazioni fisiche o mentali  tradissero un karman pre-natale piuttosto pesante (il piombo degli alchimisti che appesantisce l’astrale umano). La Santa Tradizione ammette all’iniziazione solo persone  sane e, per chi comprende certi meccanismi alchemici, non può essere diversamente: “Uno zoppo, un cieco, uno storpio, chiunque ha nel suo corpo qualche difetto permanente o è colpito da una qualche impurità corporale, nessuno di costoro potrà andare con essi alla guerra (n.d.a. guerra santa o iniziazione). Devono essere tutti uomini perfetti nello spirito e nel corpo”. Il motto: “sano come un pesce”  in realtà nasce dall’antica tradizione degli iniziati (pesci, piccoli), i quali non solo dovevano essere sani per accedere all’iniziazione, ma una volta ammessi al tempio, grazie all’acqua della vita, ad una vita sana e pura, guidata da buoni pensieri, divenivano sempre più refrattari a qualsiasi tipo di malattia, attivando un circolo (uroburo) virtuoso. Al contrario, zoppi, ciechi e storpi  nascondono  anime che devono scontare un karman negativo, e non degne per quella vita di ricevere l’iniziazione. Giamblico  scriveva che “la scuola di Pitagora era convinta che chi avesse difficoltà nell’apprendimento, fosse malformato e per così dire, incompleto e sterile” (La Vita Pitagorica 73). Dura lex sed lex

Nessuno è degno, alchemicamente, di mangiare la carne e bere il sangue del Cristo in sé, qualora abbia un karma pesante, il cosiddetto piombo karmico. L’interdizione della funzione cristiana (messa) ad accedere all’eucaristia e all’unione mistica se si è nel peccato è il riflesso sbiadito di ben altra interdizione che impedisce il sacerdozio melchisedecchiano, con relativa eucarestia alchemica del pane e del vino, a coloro che devono espiare gravi crimini. D’altronde, essi stessi non vorranno mai accedere al sacerdozio eterno, poiché il loro destino è scontare errori passati e faranno ogni cosa per attuare il loro destino. Solo il Sacerdote dei Sacerdoti, Melkisedeq, può decidere chi ammettere alla tavola rotonda della sua corte e chi no. Se non si comprende il valore del concetto di karman, d’istinto si sarebbe portati a credere a decisioni crudeli o razzistiche, ma un uomo stupido o malformato cela una penalità karmica da espiare. La sua anima deve scontare errori commessi in vite precedenti: non può accedere all’iniziazione, per tornare a Dio, né lo vuole. Gli iniziati sono e devono essere persone sane fisicamente e mentalmente, devono essere puri, devono avere un’aura radiante, che invece negli impuri – nella Bibbia codificati come “lebbrosi” – si presenta opaca, rotta in più punti e quant’altro. Le stesse malattie sono espressione manifesta di blocchi karmici e di conseguenti conflitti tra la mente e lo spirito all’interno della psiche (anima) che si riverberano nel fisico. Il termine “malattia” nasconde la mal’azione, il mal’atto: pensieri e opere che aggravano la posizione debitoria karmica. E’ una verità insegnata anche da Siracide 38:15: “Chi pecca contro il proprio creatore cade nelle mani del medico”. Pur tuttavia le malattie congenite, che non possono essere curate, sono sicura espressione di una pesante situazione karmica e di impurità animica che impediscono di fatto l’iniziazione, poiché il soggetto che le manifesta deve espiare in altro modo. Se l’iniziato deve essere puro e sano, a maggior ragione Gesù, il più grande degli iniziati, doveva essere un individuo perfetto sul piano psico-fisico. Ci chiediamo come sia possibile che due noti massoni, Lomas e Knight, nel loro saggio “La Chiave di Hiram”, dimostrino di non conoscere tale principio, sostenendo che Gesù fosse gobbo o addirittura  “piccolo di statura”. La gente comune è inconsapevole dell’azione inesorabile di questa Legge, e chiama disgrazia o fortuna tutto ciò che loro accade di cattivo o di buono. Le masse profane non comprendono che tutti gli eventi (effetti), sia individuali che collettivi (karman individuale, di gruppo, di razza, di nazione, planetario ecc.) derivino da cause precedenti, per cui “tutto è giusto e perfetto”. I Maestri, invece,  ponendosi  in armonia con tutte le cose, ottengono il controllo cosciente sugli avvenimenti della vita e trascendono le penalità o i benefici karmici, poiché sia le une che gli altri legano a questo piano. Si pongono cioè al di là del bene e del male. Il Magister o Uomo Perfetto è l’essere consapevole, fin dall’inizio del suo viaggio spirituale, che per annullare il debito e l’esigenza della reincarnazione, e per andare al di là del bene e del male, occorra sacrificare l’ego (personalità illusoria) al proprio Dio (Io) interiore, onde manifestarlo. Ce ne offre una splendida conferma la Baghavad Gita IX, ove Krishna rivela: “Vi sono alcuni spiriti eletti che mi riconoscono e mi amano con devozione perché sanno che sono l’origine di tutte le cose e mi vedono in tutte le cose. Essi sono eletti perché si sacrificano a me con devozione e costanza…Gli uomini che non hanno fede in questa verità non giungono sino a me e ritornano al ciclo delle morti e rinascite”. Quindi, o il sacrificio dell’Ego o la permanenza nella ruota eterna delle reincarnazioni. Altre strade non esistono.

La vibrazione del karma
Il termine utilizzato da molte religioni orientali deriva dal sanscrito “karman” che significa “azione” e non “peccato”, dal momento che l’azione può essere positiva o negativa. Il karman non è necessariamente una posizione negativa, tant’è che si parla sia di buon karman che di cattivo karman. Tuttavia, tale lemma è cabalisticamente e non casualmente simile al termine “crimine” (lat. crimen) che indica una mal’azione di particolare gravità, una lesione grave dell’altrui libertà, così come  il termine colpa è associato alla cabalistica “qelippa” (guscio, scorza), termine ebraico che indica la materia karmica che cristallizza e condensa l’energia spirituale in noi, trasformando ad un livello inferiore la vibrazione eterea. L’anima, infatti, è una forma spirituale pura che è tuttavia avvolta da involucri (gusci, veli) che rispecchiano le colpe (karman, kelippa) registrate dalle particelle del corpo spirituale. Quando è incolpato (“intarmato” o incarnato), il corpo spirituale è avvolto da sette involucri eterici che rispecchiano le colpe dell’anima, e segnano e caratterizzano l’uomo. Ogni colpa ha il proprio colore-suono (frequenza) nell’orchestra del satanico e ogni uomo è costituito dal suono e dalla melodia che corrispondono al suo livello di coscienza e alle sue colpe.  Allorché l’anima depone la sua veste di vergogna – i suoi involucri, le sue colpe – dissolvendo il karman, essa ridiviene l’essere spirituale puro e luminoso, nuda di fronte al Padre e ormai degna di rientrare nell’antica dimora. Essa ha deposto la foglia di fico, il suo corpo sottile non è più macchiato. Un altro sinonimo di “peccato”  è “misfatto” che occultamente proviene dall’egizio “Isfat” che nelle scuole egizie indicava il caos, la forza opposta all’ordine e all’armonia, caos alimentato dal karman del mondo e dall’istinto di ribellione dell’uomo a Dio che si esprime in pensieri, parole ed opere contrarie alla Legge divina. L’irruzione di Isfat nell’ordine interiore comportò per gli esseri originari l’avvolgersi con le loro stesse sensazioni contrarie alla Legge, e la conseguente condensazione dei corpi sottili;  dall’altra comporta ogni giorno il male e la malattia (mal’azione), che sono sempre conseguenza di conflitti karmici tra l’uomo e la sua anima,  tra l’uomo ed altre anime, e soprattutto tra l’anima umana e Dio. Altra elaborazione cabalistica interessante ci è offerta dall’associazione di Aryman (il principio del Male nel sistema zoroastriano) con il termine karman. In realtà, Aryman (Beliar, Anticristo ecc.) rappresenta in noi proprio il karman individuale (il Drago) da combattere, karman che offusca la luce interiore (Ahura Mazda) e l’affoga con i veli della personalità. E’ la materia che l’uomo crea con i propri pensieri per velare Dio a se stesso e allontanarsene sempre più. L’iniziato non deve ambire a farsi una buona posizione creditoria nell’ambito della legge di giustizia di questo piano, ossia l’Albero della conoscenza del bene e del male – che è poi l’obiettivo spesso inconsapevole dell’uomo nobile ma non iniziato – ma piuttosto spezzare il rigorismo karmico (posizione di equilibrio  sulla bilancia karmica) per abbracciare la Legge eterna (Albero della Vita eterna) ed avere un sano rapporto con l’Io Sono che è in tutte le cose. Gli esoteristi e saggi induisti, che studiarono la legge del karman meglio dei saggi di altre tradizioni, affermavano che  fosse di tre specie: samcita (accumulato nel passato ma non giunto a maturazione); agamin (azione compiuta che darà i suoi frutti nel futuro); prarabhda (karman ormai maturato e che è impossibile neutralizzare). La liberazione dal karman-destino, il cui presupposto è anche la conoscenza di esso (per guarire il male occorre sapere quale esso sia), è essenziale per passare ad un nuovo gioco evolutivo, perché in caso contrario il bagaglio karmico costituisce un pesante “blocco” all’evoluzione spirituale, legando a questo piano indefinitamente finché non lo si trascenda. In tal senso, lo scioglimento del karman, il vero peccato originale con il quale ogni uomo nasce, è realizzabile per via alchemica (via rapida horiana) o attraverso innumerevoli reincarnazioni (via lunga osiridiana). Se ciò non avviene, l’influsso sul destino umano di stelle e pianeti, con i loro relativi archetipi e caratteri è ineluttabile, e l’uomo non farà altro che trascorrere l’eternità nella più beata ignoranza di se stesso, girando come uno scoiattolo impazzito su una ruota in perenne movimento.

Chi si libera dall’influsso degli astri (chiamato “costellazione” dal saggio Jacob Bohme)  a livello spirituale e fisico, chi ha elevato la propria vibrazione al di sopra degli influssi planetari e stellari, ha un’anima pervasa di luce e compenetrata dallo Spirito e si è liberato dalla legge karmica. Non è comunque cosa semplice, ma richiede sforzi enormi e una battaglia con sè stessi. Tutti gli esseri sono legati a questa Legge, pressocchè analoga ad una delle leggi principali della Fisica ed in particolare della “dinamica” come enunciata da Newton: la “Legge di Causa-Effetto”, secondo cui ad ogni azione corrisponde sempre una reazione uguale e contraria (terza legge della dinamica). Ciò non deve apparire bizzarro in quanto la Legge (Dharma) è l’espressione del processo cinetico cui va soggetto ogni tipo di fenomeno. Tale Legge è legata strettamente al “principio di causalità”, principio della Fisica secondo cui ogni evento  è determinato da una causa che lo precede ed è a sua volta causa dell’effetto che lo segue, principio madre della cd. “reazione a catena” (effetto domino), l’infinita serie di reazioni karmiche che l’iniziato punta ad arrestare per sè stesso. In fisica, la legge di azione e reazione si basa sulla legge di conservazione dell’energia che è valida per ogni sistema chiuso. Ciò comporta che laddove uno guadagna, l’altro perde; laddove uno vive, l’altro muore, in modo che il totale sia sempre una quantità fissa. Se una stella cade in forma umana, una forma umana ascende in stella. Tutto ciò esclude inesorabilmente il caso (caos) che secondo la Tradizione è solo il nome che si offre ad una legge che soprattutto gli occidentali si ostinano a non voler conoscere, con effetti pesanti sulle loro esistenze, a differenza di quei pochi esseri, non necessariamente benevoli, che sanno muoversi nell’ambito della legge karmica traendone benefici non solo in questa vita ma anche nelle successive. Nella tradizione occidentale la piccola  Legge karmica è codificata in diversi modi: “Albero del  bene e del male” (Genesi), “Legge mosaica” (Esodo), “Legge del taglione” (Corano), “Legge di semina e raccolta” (Nuovo Testamento), “Legge Carnale” (San Paolo), A-Dharma o Antitradizione (Induismo). In tal senso, questo mondo è detto “Universo causale”. Non è certo un principio insegnato nell’ortodossìa dogmatica ebraica e cristiana e tantomeno musulmana, che negano sia la legge karmica che il principio delle reincarnazioni. Eppure Cristo-Io Sono svela che si semina ciò che si raccoglie, in questa come in altre vite future, e che Egli dà a ciascuno secondo le proprie opere (Apocalisse 22); e  Paolo insegna che “non ci si può prender gioco di Dio, perché ognuno  raccoglie ciò che semina” (Galati 6:7). Che la Legge mosaica nasconda  la Legge karmica è insegnato dallo stesso Gesù:  “Tutto ciò che volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro (e viceversa): questa è infatti la Legge e i Profeti” (Matteo 7:12). Questa Legge viene definita Regola Aurea, e come detto da Gesù stesso e da Paolo (Romani 13: 8-10), sintetizza la Legge di Mosè (Torah), l’analogo  inferiore del Dharma (Legge Superiore) ; ciò conferma che la “Legge Mosaica”  sia uno splendido  quadro della  Legge del karman, ma solo quella di Gesù (sacerdozio di Melkisedeq)  è la Legge atta a trascenderla attraverso la penitenza alchemica e la remissione dello spirito in vita, sintetizzati da quel celebre “tutto è compiuto”. Solo coloro che interpretano alla lettera le scritture non hanno compreso che la Legge del Taglione (“occhio per occhio…” di Esodo 21:24) sia un’esplicazione occulta dell’inesorabilità della legge karmica che governa le cose di questo mondo. Gesù la rivela anche nell’episodio dell’arresto al Getzemani:  “Tutti quelli che mettono mano alla spada moriranno di spada” (Matteo 26:52); ma anche in Luca 6:36 ove non poteva essere più chiaro: “Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato…con la misura con cui misurate sarà misurato a voi in cambio”. E’ un principio noto anche dai maestri cabalisti: “Col metro con cui un uomo misura sarà misurato” (mSotah 1.7). In Matteo 5:25  Gesù incalza:  “In verita vi dico che non uscirete di prigione (ciclo delle reincarnazioni n.d.a.) finchè non avrete pagato fino all’ultimo spicciolo”.  Platone diceva la medesima cosa in  Cratilo 400C : “Tale carcere (corpo fisico, la tomba dell’anima e in generale il nostro illusorio Cielo, n.d.a) è custodia dell’anima, sinchè essa non abbia finito di pagare i suoi debiti”. Un velato accenno alle conseguenze karmiche delle azioni umane è fatto da Gesù in Matteo 6:19 : “Non accumulate tesori sulla terra, ma accumulate tesori nel cielo (interiorità, n.d.a), dove nè tignola e ruggine consumano”, perché i tesori dell’anima saranno ereditati nella successiva incarnazione e col tempo riaffioreranno. L’accumulo di beni terrestri si traduce in un accumulo karmico che i redattori del testo biblico codificarono col termine “Ira di Dio”, come dimostrato da Giobbe 36:13 : “I perversi di cuore accumulano l’ira” ; e da Paolo : “Tu però con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il Giorno dell’Ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio” (Romani 2:5). E’ questo un principio della Cabala, in virtù del quale maggiore è il piombo karmico (il Saturno degli alchimisti), più violentemente si accende il fuoco dell’ira di Dio nell’individuo ribelle. Melkisedeq (Adonai YHWH) è proprio l’amministratore della più alta giustizia karmica, come dimostrano le parole di Deuteronomio 7:9 : “Riconoscete dunque che il Signore vostro Dio è Dio, il Dio fedele, che mantiene la benevolenza per mille generazioni (n.d.a. esistenze, reincarnazioni) con coloro che l’amano e osservano i suoi comandamenti (n.d.a. regole karmiche), ma ripaga nella loro persona coloro che lo odiano, facendoli perire; non concede una dilazione a chi lo odia, ma nella sua persona lo ripaga” ; e di Giovanni 5:29, in cui Cristo dice: “Il mio giudizio è giusto”. Nella tradizione induista, questo ruolo spetta a Varuna, il Melkisedeq dei Veda : “I decreti di Varuna, il Re del Mondo, sono veri” (Atharva Veda 1,10,1). Il supremo vendicatore e giustiziere è Melkisedeq, il Signore di Giustizia, il quale opera la redistribuzione e il riequilibrio di una situazione di debito dell’uomo nei confronti di Dio. Attenzione: dell’uomo nei confronti di Dio e non dei rapporti karmici fra gli esseri umani. Quest’ultima è gestita dagli Arconti stellari e planetari. Egli vede tutto, nessun pensiero o azione umana gli sfugge, tant’è che la Tradizione lo conosce come “colui dai mille occhi’ (onnivedente, che è in tutti gli uomini). Egli è l’interiore di tutti gli esseri nel suo aspetto astrale, e tutto registra: pensieri, parole, opere e omissioni, rigorosamente contro Dio e la Legge divina. Nel Museo del Prado è esposto il capolavoro di Hieronymus Bosch, intitolato “I sette peccati capitali”. Al centro dell’opera si nota un iride e, sotto l’immagine del Cristo, le seguenti parole: “Attento, attento Dio ti guarda”, il che è una verità di cui l’iniziato prende coscienza nel suo viaggio. Melkisedeq è la Legge Suprema e il Tutore di essa, e la legge è inesorabile ed uguale per tutti senza eccezioni e favoritismi, perché Melkisedeq, come era ritenuto dagli Esseni, è implacabile ma perfettamente giusto nei suoi decreti, come insegnato da Siracide 5:6 : “Non dire: «la sua misericordia è grande; mi perdonerà i molti peccati» perché presso di lui ci sono misericordia (grazia) ed ira (rigore)…senza dubbio farà giustizia…è paziente in essa…perché improvvisa esplode l’ira del Signore”. A coloro che realmente lo amano (Figli della Luce) e si sacrificano per Lui, promette benedizione per molte reincarnazioni finchè non saranno maturi i tempi per entrare nella vera Terra Promessa. E’ a lui che l’iniziato chiede di non tener conto del fardello karmico proveniente da altre esistenze: “Non imputare a noi le colpe dei nostri padri (incarnazioni precedenti n.d.a.), ci venga incontro la tua grazia. Aiutaci Dio nostra salvezza, salvaci e perdona i nostri peccati (n.d.a. karman” (Salmi 79:8).

Il Karmanultima modifica: 2009-03-15T16:44:00+01:00da mikeplato
Reposta per primo quest’articolo

2 Responses

  1. massy
    at |

    per FRANCESCO

    Cerchi libri da cui partire nella ricerca?

    Ti consiglio di leggere e approfondire questo articolo.
    massY

  2. brunilda
    at |

    Domanda: Cosa si intende per ‘anima antica’?
    Nel mio tema natale ho calcolato tramite la numerologia le 4 sfide, e il primo numero era lo 0 (zero) o diversamente conosciuto come ‘anima antica’.
    Sarei interessata ad avere qualche info in più riguardo questo argomento.
    Grazie a chi mi risponderà.

Comments are closed.