GIACOMO IL GIUSTO E LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMO

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La recente pubblicazione in lingua italiana del controverso saggio Giacomo il Fratello di Gesù, del qumranologo  Robert Eisenman, rende attuale la diatriba su chi fosse questo Giacomo e che ruolo avesse nella prima comunità cristiana. Fu superiore a Gesù, come afferma Eisenman, oppure il corposo studio del noto studioso presenta una visione parziale e erronea?

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di Mike Plato

La recente pubblicazione in Italia del saggio di Robert Eisenman, “Giacomo, il Fratello di Gesù” (Piemme), dovrebbe essere salutata come un evento, data la sua importanza, in quanto docente di Religioni del Medio Oriente presso la California State University, e considerato unanimemente uno dei maggiori esperti dei rotoli di Qumran. Ci troviamo di fronte ad un personaggio di grande levatura che, essendo ebreo, ha una ottima conoscenza dell’ebraico. La sua appartenenza all’ebraismo influenza però pesantamente l’indagine sulla figura di Giacomo, oggi noto come il “fratello di Gesù”, e sull’intero cristianesimo primitivo. Eisenman, nel suo saggio, ha il merito di offrirci una teoria non allineata al carroccio vaticano e la sua ipotesi è dirompente. Eppure, siamo ancora lontani dal comprendere cosa accadde davvero dopo l’addio del Nazireo.

Chi è davvero Giacomo il Giusto
Nei rotoli di Qumran, emerge, come leader carismatico e iniziatico della Tribù di Giuda, un misterioso personaggio senza nome, detto in ebraico: Moreh ha Tzedek. Si tratta del Maestro di Giustizia, che dovrebbe essere considerato il massimo grado iniziatico della fratellanza essenza, una sorta di Gran Maestro o Sovrano Grande Ispettore Generale della Massoneria. Il Maestro di Giustizia è una figura anonima, volutamente innominata, poiché secondo gli Esseni-Hassidim non contava l’uomo ma colui che è dietro tutti gli iniziati: Melkizedek, il vero Re o Maestro di Giustizia, l’intelligenza collettiva o Coscienza superiore dei Figli della Luce. Non è un caso che a Melkizedek fossero attribuite caratteristiche analoghe a quelle del Cristo: coscienza divina nell’uomo (Rotolo di Amram), Salvatore e Liberatore nel Giorno del Giudizio (rotolo 11Q13), Elohim che si erge contro gli Arconti e lancia loro un monito (11Q13). Nel segreto catechismo del 30° grado del Rito Antico Filosofico Scozzese (Cavaliere Kadosh), si tramanda oralmente che il Gran Maestro degli Esseni si chiamasse “Aharon Shilton”, nel rito tradotto come “imperium novissimum”. L’ebraico dei riti massonici è spesso risibile, ma Shilton (Shlton) significa “Autorità” e Aharon “ultimo”, ossia nuovo. Cito gli esseni perché l’analisi di Eisenman gravita intorno a loro, e su di loro fa perno, non a torto, per ricostruire lo scenario del primo cristianesimo. Credo che J.J.Hurtak sia nel giusto definendo la Comunità del Zadok come “intertestamentaria”, traghettatrice da Mosè a Gesù, cioè testa di ponte tra la vecchia Legge e la nuova Legge. Dice bene anche Eisenman quando afferma che “Giacomo il Giusto è stato volutamente emarginato o ignorato dalla tradizione”, intendendo per tradizione quella canonica romana. Eisenman, infatti, lo identifica come lo Zadoq, il Maestro di Giustizia. A supporto, il Vangelo di Tommaso, al logion 13, testualmente recita: “I discepoli dissero a Gesù: sappiamo che tu ci lascerai, chi sarà grande su di noi? E Gesù rispose loro: ovunque andiate, dovrete seguire Giacomo il Giusto, colui a motivo del quale sono stati creati il cielo e la terra”. L’investitura di Giacomo da parte di Gesù, la designazione dell’erede del Maestro, è un dato di fatto presente anche nelle Pseudoclementine 1:43 –  tanto che Gesù spende parole altisonanti per sigillarne il decreto. Peraltro in Marco 9:34-35, Gesù, sentendo discutere i Dodici su chi di loro fosse il più grande, afferma che “se uno vuol essere il primo, sia l’ultimo e il servo di tutti”. Ciò spiegherebbe, per altra via, l’utilizzo del termine usato dalla Massoneria scozzese Aharon-Ultimo, nel senso che il Gran Maestro deve essere il più umile del gruppo iniziatico, principio-chiave totalmente disatteso nei nostri tristi tempi. I padri della Chiesa, Epifanio e Eusebio in testa, declamavano le virtù e la purezza spirituali di Giacomo il Giusto, cosicché lo Shilton potrebbe essere proprio lui.

Il Fratello del Signore
Emergerebbe un’apparente dicotomia tra l’investitura di Giacomo, testimoniata in Tommaso, e l’investitura di Pietro narrata in Matteo 16:17, sebbene per la tradizione orale dei primi cristiani il vero erede del Cristo fosse Maria Maddalena, il discepolo amato, come suggerito dal trattato gnostico della Pistis Sophia. Sono convinto che l’investitura di Giacomo fosse concreta, ma ne celasse una ancor più grande, mentre quella di Pietro era più che altro un’investitura ilica. Pietro era proprio la pietra grezza della comunità (di questo ho parlato su HERA 62, pag. 68) e divenne il capostipite del sacerdozio essoterico, ovvero quello romano, che ha scarsi punti di contatto col sacerdozio eterno secondo l’Ordine di Melkizedek (Salmi 110, Ebrei), di cui Giacomo era ministro (era definito il Giusto, qualifica attribuita solo ai Melkizedek, ai servitori dell’Altissimo). Molteplici sono le fonti che testimoniano della leadership di Giacomo nella prima comunità cristiana, tra il 40 e il 60 d.C.Giacomo era definito “fratello del Signore”, come in Galati 1:19 ma anche nelle Antichità Giudaiche. Nessuno davvero sa se questo titolo indichi una fratellanza di sangue o di tipo iniziatico. Personalmente propenderei per una fratellanza spirituale. Paolo è l’unico apostolo che attribuisce a Giacomo il titolo “fratello”, e nelle sue lettere utilizza tale qualifica solo per individui particolari e non per tutti gli apostoli. Pietro non rientra, infatti, tra i fratelli. Resta il fatto che nei Vangeli ci sono due Giacomo:
1-    Giacomo il Maggiore: Figlio di Zebedeo e fratello di Giovanni;
2-    Giacomo il Minore; Figlio di Alfeo.
Giacomo il Giusto, capo della Chiesa salemmita, non può essere che il figlio di Alfeo poiché Atti 12:2 cita l’assassinio di Giacomo di Zebedeo (il Maggiore), e nel cap. 15 mette in scena Giacomo il minore. Eppure l’esegesi cattolica ufficiale smentisce questa teoria e considera Giacomo il Giusto una figura sganciata persino dalla cerchia. Non direi, come affermato da Eisenman nel suo saggio, che Giacomo il maggiore sia una figura secondaria, poichè lui e il fratello Giovanni erano chiamati Boanerghes (Marco 3:17, Luca 9:54), i Figli del Tuono (Verbo), coloro che sapevano dominare gli elementi e che avevano avuto accesso a misteri più grandi. Tuttavia secondo Eisenman, Giacomo il Giusto è il figlio di Alfeo. Vi è un terzo Giacomo, citato in Marco 6:3, verso da cui si evince che sia figlio di Maria e fratello di Gesù, di Joses, Giuda e Simone. Questo deve essere il fratello di sangue di Gesù, perché questa Maria è chiaramente scritto sia la madre di Gesù. Non può essere lui il “Giusto” in quanto quest’ultimo è figlio di Alfeo e non di Giuseppe. Secondo l’esegesi cattolica, al contrario, il Giusto e fratello del Signore era il fratello di sangue di Gesù. Eusebio fu il primo a sostenerlo.

Il Gran Sacerdote di Gerusalemme
Di fatto, Paolo va dai fratelli a Gerusalemme e incontra Giacomo (Atti 21:17). Atti 12:18 afferma: “riferite questo a Giacomo e ai fratelli”, ossia quella che Eisenman definisce la “Comunità di Gerusalemme” o “Chiesa di Gerusalemme”. Ciò che Eisenman ignora è che qui non si intende la Gerusalemme terrena né la Chiesa di Gerusalemme che rimaneva la Sinagoga, in mano alla comunità ebraica ortodossa, ma la Gerusalemme celeste, la Salem di cui Melkizedek è Re, la città del Gran Re di cui parla persino Gesù (Matteo 5:35). Non è un caso che Paolo, fratello di questa Chiesa che il mondo non conosce, contrappone la Gerusalemme terrena alla Jeru-Salem celeste, che “è libera ed è nostra madre” (Galati 4:26). In sostanza, questa è la Chiesa dell’Ordine di Melkizedek, o del Graal, poi definita cristiana, ossia la Chiesa degli Unti (consacrati) da Melkizedek, la colomba dello Spirito Santo. Seppur di stanza a Gerusalemme, Giacomo e i fratelli erano legati al “Centro Primordiale” che certa tradizione chiama Salem o Sion. Il Nuovo Testamento, in particolare gli Atti, non parla più di Giacomo per cui la sua vita e la sua funzione può essere desunta solo da fonti extra-bibliche, paradossalmente più generose di documentazione su di lui che non su Gesù. Eusebio nell’Historia Ecclesiastica 3,5,3 e Epifanio in Eresie 29:7 testimoniano della fuga di Giacomo e della sua Comunità dopo la distruzione del Tempio. A parere di Eisenman, Giacomo fu poi il leader del movimento di opposizione che portò alla sollevazione anti-romana del 66-70 d.c. e contro i sacerdoti erodiani. La sua comunità potrebbe essere proprio quella degli Esseni, tanto che essi si muovevano preferibilmente nella regione di Gerico (Pseudoclementine 1:71), nei pressi di Qumran.

Il Paolo di Eisenman e il concetto di giusto
Una figura che esce con le ossa rotte dalla disamina di Eisenman è certamente Paolo che sembra attirare su di sé, ingiustamente, gli strali di molti esegeti non legati al Vaticano. Paolo, in realtà, era un gigante della vera gnosi (HERA 61, pag.72), per chi esplora con armi intellettive e intuitive appropriate le sue Lettere. La questione sollevata da Eisenman circa presunti disaccordi dottrinali fra Paolo e Giacomo emergerebbe dal contrasto tra l’enfasi di Paolo sulla Fede come base della giustificazione, e quella di Giacomo sulle opere, come evidenzia la cd. lettera di Giacomo, attribuita universalmente al Giusto. Secondo Paolo, che così interpreta la scrittura mosaica, Giusto è colui che ha fede non tanto nell’esistenza in Dio (la cd. fede delle masse), ma nel fatto che Dio e uomo possano coniugarsi, che le promesse di Dio, seppur incredibili, verranno mantenute. Tale principio prende le mosse dalla vicenda di Abramo in cui è detto che “egli credette al Signore che glielò accreditò come giustizia” (Genesi 15:6), e dall’insegnamento del profeta Abacuc: “il giusto vivrà per la sua fede” (2:4). Il verso non intende che Abramo ebbe fede in Dio, ma che ebbe fede nella promessa e nelle parole divine che Abramo ascoltava in sé stesso. E’ una fede molto più elevata, che implica la sperimentazione di Dio che agisce e parla nell’uomo, e l’adesione piena alla sua volontà, come insegnato dagli esseni: “Abramo (…) fu fatto amico, avendo osservato gli ordini di Dio e non avendo scelto la volontà sua particolaristica” (Doc. Damasco III:2). Quindi, Giusto o Amico di Dio è solo colui che si sottomette alla volontà divina e non cede all’orgoglio della proprio volontà inferiore. Ebrei 5:8 enuncia la stessa verità al riguardo di Gesù. Chi ha fede nel Verbo, agisce di conseguenza e fa la sua volontà, aderendovi in pieno. Nemico di Dio (Shaitan) è colui che non si sottomette al Dio Altissimo e al suo messaggero e segue solo il suo ego. Salmi 1:6 contrappone nettamente i Giusti agli Empi, ossia le anime sottomesse e quelle ribelli. La differenza tra la sentenza di Paolo «in virtù delle opere della Legge nessuno sarà giustificato davanti al Signore» (Romani 3:20) e quella di Giacomo  «…Che giova se uno dice di avere la fede e non ha le opere?» (Giacomo 2:14) è assunta da Eisenman per affermare l’estraneità di Paolo alla Chiesa di Gerusalemme e per esaltare Giacomo come vero ebreo osservante della Legge. Si tenga conto che Eisenman è un ebreo, il che implica che la Legge, quella ebraica, vada pienamente osservata. Secondo Eisenman, Giacomo era un Giusto proprio per la sua fedeltà alla Legge. Ma è proprio qui che risiede il problema e non lo si risolve con la mentalità ebraica di Eisenman. Paolo rifiuta la legge letterale degli ebrei, portata invece al suo compimento esoterico dal Cristo, e quindi da quel momento riformata e non più aderente ai tempi. Rifiutando quella legge, resa anacronistica dall’apparizione del nuovo Logos, rifiuta di conseguenza anche le opere compiute secondo quella legge. Difatti, Paolo è chirurgico nell’affermare: “opere della legge” e lo è anche Giacomo laddove parla di “opere”, e non di opere della legge. Cosa dice il Cristo su quella legge? «Non fate agli altri ciò che non volete gli altri facciano a voi. Questa è tutta la Legge e i Profeti». Questa è la legge karmica governata dagli Arconti, quella che regola i rapporti tra gli uomini. Ma la Legge di Cristo-Melkizedek è molto più grande e governa i rapporti tra l’uomo e Dio Altissimo, tra l’umanità e lo Spirito in essa celato. Ora, le opere secondo la “legge karmica inferiore” non salvano. Consentono di tornare in una nuova incarnazione e avere qualche privilegio nella scienza del bene e del male, e questo Paolo lo intuì correttamente. Al contrario, le opere secondo la “legge karmica superiore” sono salvifiche, perché consentono di andare oltre il paradigma arcontico e bruciare il vero karman: il peccato di orgoglio verso Dio, che implica la caduta automatica.  Tali opere consentono di fare la Pace con Dio, ed è questa la vera pace di cui Melkizedek è re (Re di Salem o di Pace). E’ intuibile che la Chiesa di Salem è la comunità di coloro che hanno fatto la pace con Dio, e si sono con Lui finalmente riconciliati. Per questo dico, pur potendo suscitare le perplessità di molti, che le opere pie secondo il mondo sono totalmente inutili perché consentono di ottenere crediti spendibili nell’Albero del bene e del male (vale a dire, questo mondo e la sua legge) ma non agiscono sul piano del karman superiore. E chi spinge con violenza verso le opere del primo albero è di fatto un ministro degli Arconti, poiché genera solo illusione. Gesù frantumò il karman superiore di millenni e lo assunsè in sé, pagandolo per tutti, poiché l’umanità 2000 anni fa era sull’orlo del baratro. La proroga concessa, in prossimità di scadenza, è stata mal spesa, giacché l’umanità ha ripreso a far funzionare il temibile contatore del karman superiore, accrescendo ancor di più l’orgoglio verso la divinità suprema e servendo Mammona come mai si era verificato in precedenti cicli zodiacali. Ergo, Paolo enfatizza la fede e la nuova e vera Legge, implicitamente invitando ad agire nell’alveo del karman superiore per pagare il debito con Dio, e in questo non si discosta certo dal pensiero di Giacomo che, opportunamente, afferma il primato dell’azione sulla fede. Eisenman malinterpreta tanto Paolo che Giacomo, viziato com’è dal suo modo di vedere puramente ebraico e parziale: Giacomo sarebbe un “Giusto” perché è un fedele osservante della legge, Paolo sarebbe “falso” perché la disconosce.

Nuovo Patto e Nuova Alleanza
Di fatto, per Eisenman, i primi cristiani non erano tali, ma semplicemente ebrei riformati. Per lui non esiste Nuova Legge, e di conseguenza Paolo che la esalta e la segue non può essere né un giusto né un membro della primitiva chiesa di Giacomo. Era un estraneo alla nuova chiesa ebraica riformata, erede degli Hassidim, tanto più che Paolo esaltava i Gentili e condannava gli Ebrei che avevano condannato il Messia. Eisenman fa perno proprio sul ruolo riformatore degli Esseni, ma sempre nell’alveo dell’ebraismo. E’ in grave errore, poiché alcuni passi del Documento di Damasco (6:19) parlano di un Nuovo Patto che supera quello Antico, quindi di una Nuova ed Eterna Alleanza. In effetti, nella Regola della Comunità V:8 si allude al vecchio patto, ed è detto espressamente che esso è l’adesione alla legge di Mosè. Il nuovo patto non può essere che l’adesione alla Nuova Alleanza sancita col sacrificio di Gesù, il vero Moreh Tzedeq della fratellanza che manifestava il sacerdozio perenne e universale. Ciò porterebbe inevitabilmente la datazione del Documento di Damasco molto più avanti di quella comunemente indicata, ossia anteriore al 50 a.C., e suggerirebbe sia un’adesione piena degli esseni al messaggio esoterico di Gesù, sia che fossero consapevoli che Egli fosse il Messia promesso: in breve sarebbero stati gli unici ebrei a capirlo ed accettarlo. Lo riconobbero perché erano i segreti custodi del sacerdozio di Melkizedek, e riconobbero in lui una manifestazione del Melkizedek celeste.
Altra affermazione criticabile di Eisenman è che Giacomo conobbe Gesù, non così Paolo che tuttavia lo vide in un’apparizione (Atti 9:5). In realtà, Paolo aveva visto il Cristo cosmico che dimorava in lui (quale manifestazione è più grande?) e non c’è motivo di non credergli. Nel suo saggio Eisenman sbaglia anche a considerare Giacomo un membro degli esseni, se non il Maestro Giusto, e Paolo totalmente estraneo ad essi. Ciò non corrisponde a verità. Paolo è folgorato sulla Via di Damasco, ossia Qumran, ed è definito un capo della setta dei Nazira (Atti 24:5), ovvero gli stessi Hassidim (Esseni). Paolo si definisce occultamente un Sacerdote secondo l’Ordine di Melkizedek allorché si definisce “apostolo (sacerdote) non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre” (Galati 1:1). Sacerdoti al modo di Melkizedek sono coloro che vengono investiti direttamente da Dio e non da uomini, per maestri che possano essere. Eisenman è all’oscuro di ciò e prende spunto proprio da queste dichiarazioni per offuscare Paolo e dichiararlo una scheggia impazzita e un intruso nell’alveo della fratellanza guidata da Giacomo: «se Paolo intendeva il Gesù soprannaturale, allora abbiamo solo la sua testimonianza e non sorprende che molti non  la prendessero sul serio arrivando persino a dargli del bugiardo». Tutto ciò pone il problema di chi fosse il vero sommo sacerdote tra i due. Entrambi erano legati agli Esseni, ma gli Esseni, esaurito il loro ruolo, si erano sciolti anche perché perseguitati, cosicché non sarebbe corretto definire Giacomo o Paolo Maestri di Giustizia della Fratellanza del Sadoq, in quanto questa nel frattempo si era trasformata e aveva seguito il nuovo Logos. Sia Giacomo che Paolo lo erano nell’intimo e al di fuori della fratellanza nessuno lo sapeva e nessuno doveva saperlo. Ma se Eisenman squalifica Paolo, toglie le basi al vero cristianesimo secondo l’Ordine sacerdotale di Melkizedek e alla Chiesa di Salem.

La contraddizione di Eisenman
La lettura del saggio di Eisenman mette in luce la profondità della sua analisi, una profondità tuttavia a carattere essoterico, che ha in sè una palese contraddizione che ne mina l’intera visione. Eisenman, a riguardo della posizione di preminenza di Giacomo, fa perno anche sull’investitura di cui si fa menzione nel Vangelo di Tommaso. Ma in altra parte del testo, egli arriva a sostenere che Giacomo possa essere stato il vero Maestro di Giustizia, superiore persino a Gesù, il quale non era altri che un uomo straordinario, ma senza attributi divini: «molte qualità attribuite a Gesù, in realtà si riferiscono a Giacomo, episodi strettamente legati a Giacomo vengono riferiti a Gesù». Se cosi fu, come potè un inferiore benedire e investire il superiore come si legge al logion 13 del Vangelo di Tommaso? Il passo è chiaro nell’indicare che la figura di Giacomo diventi il riferimento solo dopo la dipartita di Gesù. A proposito dell’investitura del superiore all’inferiore è lo stesso Paolo, in Ebrei, ad affermare questo principio cardine al riguardo di Melkizedek che benedice Abramo, un’investitura tutta interiore. Di fatto questa coppia potrebbe essere il prototipo di quella formata da Gesù-Giacomo. Per il resto, il saggio di Eisenman è da lodare per l’accuratezza di prove e circostanze, ricchezza di citazioni e documentazione. Uno dei migliori degli ultimi anni sul cristianesimo delle origini, sul quale, tuttavia, brancoliamo ancora nel buio.

GIACOMO IL GIUSTO E LE ORIGINI DEL CRISTIANESIMOultima modifica: 2009-07-24T09:12:00+02:00da mikeplato
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3 Responses

  1. at |

    prova generale

    scusate

  2. lleyton-isterix
    at |

    Ho il sospetto che molti di noi non riescano a postare commenti, allora inserisco alcune indicazioni su come ho fatto io, indicazioni postate anche sul blog di Adriano in risposta a Laura:
    I commenti sono di nuovo inseribili, ma prima devi eseguire il login e creare un tuo profilo cliccando accanto a “non sei connesso. Per connetterti, Log in”: qui sarai indirizzata a un sito di virgilio per la creazione del tuo profilo e dovrai inserire il tuo nick e la tua e-mail, accettando i termini contrattuali e l’informativa sulla privacy, poi potrai così inserire i commenti. Siccome penso sia una procedura comune a tutti i blog sotto Virgilio, è molto probabile che nick con nomi comuni siano già in uso. Anche il mio Lleyton c’era già, così l’ho cambiato in Lleyton-Isterix. Spero di essere stato di aiuto.
    Lleyton

  3. mikeplato
    at |

    PROVA

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