Nazirei. Un sacerdozio iniziatico

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Childerico, Re Merovingio, legato all’iniziazione nazirita

 

Perché Gesù era chiamato il Nazira? Era un riferimento a Nazareth oppure questo termine indica qualcos’altro? Un attento esame dei testi può svelare che tale definizione era indice di un preciso status iniziatico all’interno della comunità degli esseni.

 

di Mike Plato

 

Il film Passion, di Mel Gibson, offre il toccante quanto incredibile resoconto delle ultime ore di Gesù prima della crocifissione. Il successo e le polemiche sul film sono il segnale che l’uomo Gesù continua ad affascinare credenti e non credenti ognuno ispirato a suo modo dalla sua vita straordinaria. Si crede che tutto sia noto del Salvatore grazie ai Vangeli. In realtà la figura di Gesù, nonostante la sua centralità, resta tra le più enigmatiche dell’intera narrazione biblica. E’ del tutto sconosciuto, ad esempio, che la comunicazione di Verità di cui si fece portatore, rappresentava un corpus iniziatico vero e proprio. Gesù, normalmente associato alla “rivelazione” e alla religione “per la gente comune”, in realtà era un maestro che rivelò i suoi segreti millenari a pochi intimi, per dare alla gente solo barlumi di verità, parabole, semplici richiami destinati a favorire il risveglio delle coscienze. Il Cristianesimo nacque quindi come movimento “iniziatico” e ciò lo si deduce anche dalla stessa definizione che nei Vengeli si fa di Gesù: il Nazira, termine che indica uno status iniziatico collegato a una sapiente e misteriosa fratellanza.

 

Prescelti lunghichiomati

“Quando un uomo o una donna farà un voto speciale, il voto di nazireato, per consacrarsi al Signore, si asterrà dal vino e dalle bevande inebrianti…per tutto il tempo del suo voto il rasoio non passerà sul suo capo…Quando i giorni del suo nazireato saranno compiuti, lo si farà venire all’ingresso della tenda del convegno e presenterà l’offerta al Signore: un agnello dell’anno, senza difetto, per l’olocausto”. Questa è la sintetica descrizione del voto di “Nazireato” nel Libro di Numeri 6.1. Con tali elementi occorre ricostruire uno scenario quasi ignoto. Se Gesù, come credo (e non sono l’unico) proveniva dalla fratellanza degli esseni, occorre comprendere quale fosse il ruolo strategico e la natura segreta di quest’ordine sacerdotale all’interno dell’ebraismo ortodosso. Inoltre ci sarebbe da chiedersi perché Mosè, accanto al sacerdozio levitico, decise di istituire il Nazireato. Chi erano questi lungochiomati che trovano in Sansone il loro campione nell’Antico Testamento?

L’anomalia del Nazireato si basa sul fatto che non vi siano, nell’ebraismo, altri casi accertati di consacrazione volontaria a Dio attraverso un voto, definito perfino ”speciale”. La consacrazione a Dio, nell’ebraismo ortodosso-levitico, era normalmente frutto di un’appartenza a una dinastia sacerdotale o a una tribù. Ma qui, la volontà di aderire ad un voto speciale è il cardine. Lo è perchè ogni vera iniziazione spirituale (esoterica) non è mai frutto di eredità, come avveniva nell’ambito del sacerdozio levitico, ma di una scelta volontaria del soggetto. Il sacerdozio levitico non era un sacerdozio iniziatico, ma essoterico, come lo è oggi il sacerdozio cristiano. Il sacerdozio Nazireo, invece, prevedeva una profonda iniziazione interiore di natura alchemica. Tenterò di dimostrarlo.

 

Insegnamento esoterico

E’ comunemente ritenuto che Gesù fosse detto “Nazareno” perché originario di Nazareth. Eppure Gesù nacque a Betlemme (Luca 2.6) ma mai una volta è definito betlemita. E’ scritto sempre che fosse originario di Nazareth in Galilea, il che lascia pensare che con questo termine si volesse alludere a qualcosa di diverso da una città, tanto più che secondo i documenti storici, tale località, all’epoca di Gesù, doveva ancora sorgere.

Il testo greco di Matteo 4.13 riporta “Nazara” anzichè Nazareth. E’ fin troppo sospetta, quindi, la similitudine tra Nazareth e il Nazireato. In realtà, i compilatori del testo evangelico velarono l’appartenenza di Gesù il lungochiomato ai misteriosi Nazirei lungochiomati, e di qui agli Esseni, dei cui quadri iniziatici i Nazirei erano solo apprendisti.  Al riguardo Helena Blawatski scrisse: “Galileo è quasi sinonimo di Nazareno. A Nazara gli antichi Nazoraios tenevano i loro ‘Misteri della Vita’ o ‘assemblee’ come viene tradotto il termine (Codex Nazareus II.305), i quali non erano altro che i misteri segreti dell’iniziazione. Essi erano iniziati caldei (Iside Svelata II.128)”.

Ciò è confermato dal senso segreto di Luca 2.51: “Gesù partì con loro e tornò a Nazareth e stava loro sottomesso (a chi? N.d.R.)…E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (di Dio N.d.R.).

Ciò che qui si vuol dire è che Gesù tornò fra gli esseni, a loro sottomesso, poiché il suo grado iniziatico in quel periodo giovanile richiedeva sottomissione gerarchica ai maestri esseni: i segreti Cedri del Libano, i Molti (rabbin) della Fratellanza del Melkitzedeq. Sotto l’alto insegnamento dei Maestri e soprattutto del M-Baqqer (Grande Ispettore), inevitabilmente cresceva in sapienza iniziatica, avanzava di grado (età iniziatica), ed era sempre più amato da Dio e dagli uomini di Dio (la Fratellanza Bianca essena). Ciò suggerisce che la futura città di Nazareth mutuasse tale nome da un probabile nucleo Nazireo presente nella zona.

Matteo 2.23 scrive: “Giuseppe andò ad abitare in una città chiamata Nazareth, acciocché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: “sarà chiamato Nazoraios”. Contrariamente a quanto scrive Matteo però non esiste alcuna profezia di tale tenore nel testo biblico. La verità è che l’Ordine dei Nazirei era stato istituito da Mosè, non solo per custodire la Tradizione e per iniziare volontari, ma anche per allevare i rampolli di sangue reale e prepararli al doppio ruolo di Re-Sacerdoti.

Tutti i figli di sangue regale dovevano divenire apprendisti Nazirei, il che implicava l’ingresso tra i Figli di Sadoq (esseni, i Sacerdoti di Qumran) che amministravano il sacerdozio regale supremo al modo di Melkitzedeq. Era una tradizione antichissima, onorata perfino in epoca pre-diluviana. Forse l’archetipo del Nazireo è Enoch, nome che in ebraico significa proprio “consacrato, iniziato”. E’ noto quale fosse la devozione degli esseni per questo patriarca che realizzò la statura del Metatron, divenendo sacerdote eterno: esempio istruttivo per tutte le generazioni di iniziati (Siracide 44.16).

Giuseppe, figlio di Giacobbe, è chiamato Consacrato o Principe (Nazir in ebraico) in Genesi 49.26, ed è detto che le benedizioni di suo padre vengano sul suo capo (un riferimento all’olio dell’unzione). Anche David dovette fare voto di nazireato, tanto che in alcuni passi dei Salmi si definisce “consacrato”. Isaia stesso era un Nazireo: “Lo Spirito del Signore è su di me, perché il Signore mi ha ‘consacrato con l’unzione’ (Isaia 61.1)…Mi ha dato una lingua da iniziati (Isaia 50.4)”.

Il Nazireo era un “consacrato”, un “unto del Signore”, avendo deciso di dedicare la propria vita all’Altissimo e di custodire la sacra Tradizione. Egli era predestinato dall’Altissimo a divenire un Nazireo, come è scritto in Giudici 13.5 di Sansone che nasce da donna sterile: “Poiché tu concepirai e partorirai un figlio, sulla cui testa non passerà rasoio, perché il fanciullo sarà un Nazireo consacrato a Dio fin dal seno materno”.

 

La veste nera

La consacrazione del Nazireo avveniva con l’olio dell’unzione e presupponeva un iter alchemico che richiedeva il passaggio attraverso una fase di “nigredo-putrefactio”. L’iniziato doveva affrontare il deserto della continenza, in particolare l’interruzione dell’attività sessuale, per un ciclo di 40 giorni simbolici (la quarantena alchemica è una chiave di cui nulla può essere detto) e coprire la tunica sacerdotale bianca con una lunga veste nera per indicare ai fratelli lo stato di nigredo, il grado di evoluzione alchemica.  Mosè, istruito dagli Egizi (Atti 7.22), aveva ereditato l’antica tradizione eliopolitana dei Figli della Vedova, i Seguaci di Iside, detta “la Nera” per indicare il lutto per la morte del fratello-marito Osiride. Era un mito alchemico che velava la “mortificatio” dell’anima: Osiride Padre, il seme divino, moriva nella terra interiore per risorgere incorruttibile come Horus Figlio, figura messianica che risorge dalla morte di sé stesso. Non appare quindi casuale che Gesù illustri la parabola del seme che deve morire per portare buon frutto. Il Nazireo era carnefice e vittima di sé stesso, sacrificatore e sacrificato, in linea con i segreti insegnamenti della Tradizione Primordiale del sacrificio al modo di Melkitzedeq. E’ incontrovertibile che “consacrato (Nazira)” e “unto (gr. Kristòs, da cui Cristiano)” rappresentino il medesimo concetto: la discesa dello Spirito Santo sull’iniziato in una precisa fase dell’iter alchemico, il reale epilogo del vero battesimo dei Figli della Luce, l’apertura del terzo occhio (la colomba dello Spirito Santo), preludio all’attivazione del chakra coronario (il 7° cielo). Se lo Spirito Santo non penetra l’iniziato non può essere un vero Battesimo, ma solo una parodia, una ritualità vuota.  Il Nazireo puntava alla purificazione di natura alchemica attraverso il battesimo con l’oro potabile (il proprio Giordano), come avvalorato dal termine gr. “nizo (purifico)”.  Il voto era un vero e proprio patto d’acciaio tra l’uomo e la sua divinità interiore, ed era proprio questa l’alleanza col sale (alchemico) citata in Levitico 2.13: “Dovrai salare ogni tua offerta di oblazione: nella tua oblazione non lascerai mancare il sale dell’alleanza col tuo Dio; sopra ogni tua offerta offrirai del sale”.

Gesù il Nazireo insisteva a proposito sul valore simbolico e alchemico del sale: “Ciascuno sarà salato col fuoco. Buona cosa il sale, ma se anche il sale perdesse il sapore con che cosa lo si salerà. Non serve né per la terra, nè per il concime e così lo buttano via. A null’altro serve che a essere gettato via e calpestato dagli uomini. Chi ha orecchi per intendere, intenda (Marco 9.49)”.

 

Gli inziati nazirei

Il vero battesimo Nazireo-cristiano secondo l’Ordine di Melkitzedeq, il battesimo di morte-rinascita che faceva leva sul sacrificio col Sale dell’Alleanza, ci è stato tramandato dall’apostolo Filippo e dagli gnostici di Valentino: “La Potenza che trasmuta il battezzato non agisce sul corpo ma sull’anima…E appena risale dal battesimo, quelle Potenze che fino a quel momento agivano su di lui, già tremano dinanzi a lui…perché lo spirito dato dall’alto (la quintessenza N.d.R.), essendo incorporeo, domina non solo gli elementi del mondo ma anche le Potenze e i Principati malvagi (Estratti da Teodoto 76.2-81.2)”.

I Nazirei-Esseni penetrati dallo Spirito Santo (l’albedo alchemica) divenivano guaritori, esorcisti e temibili cacciatori di demoni. Erano veri eroi, che le potenze arcontiane e demoniche non potevano più toccare. Se il nazireato è l’esoterismo dell’ebraismo, ne consegue che per comprendere il vero cristianesimo bisogna passare necessariamente per la qabala, dei cui segreti più reconditi gli esseni-Nazirei erano supremi custodi e maestri. Non così i sacerdoti Leviti, legati all’ortodossia e alla lettera della Torah, né tantomeno il clero cattolico attuale, incapace di penetrare i segreti più nascosti dell’intero testo biblico. Ciò perché il vero modello era il sacerdozio esseno (del Melkitzedeq) in cui il nazireato si inseriva.

Nell’ambito dell’ortodossia ebraica il Nazireato era visto come un’anomalia per niente compresa, trattandosi di una forma di sacerdozio esoterico iniziatico, propaggine della fratellanza di monaci esseni, che confluirà integralmente nella nascente e primitiva religione cristiana. Gli ebrei ortodossi erano molto diffidenti nei confronti di questi santoni-sciamani che vestivano con una tunica nera. Erano persone considerate strane, isolate, a tal punto che gli ebrei nei Vangeli, dicono che “nulla di buono può venire da Nazareth”, ossìa dai Nazirei. Questo conferma ancor di più che quella che oggi è denominata “cristiana” sia una religione ed una dottrina iniziatica antichissima, introdotta segretamente dall’egizio Mosè nel mondo ebraico attraverso il “voto di nazireato”. Nessuno può contestare che, se è vero che Gesù era un Nazireo, ciò che è oggi chiamato cristianesimo sia espressione dell’antica dottrina segreta dei Nazirei, portata alla luce da Gesù. Nulla era noto del voto di Nazireato prima che Gesù decidesse di manifestarlo per sviluppare la religione della nascente èra dei Pesci. Che il Cristianesimo puro e primitivo, ascetico e iniziatico, fosse semplicemente espressione dell’antico ascetismo nazireo è mostrato anche dall’ebraico moderno, ove il termine utilizzato per indicare il “cristiano” è “nazri” e “nazir” per il “monaco”. Parimenti “nitzer” significa “cristianizzare”, e “hitnatzer” significa “farsi cristiano”. Gesù, Sacerdote secondo l’Ordine di Melkitzedeq era quindi un Nazireo lungochiomato, allevato nel Nazireato iniziatico, e non “di Nazareth”. Va sottolineato, infatti, che negli scritti esseni il “Nasi” è il principe messianico, il Messia.

 

Nazirei, cioè Cristiani

Il disegno divino della Nuova Alleanza prevedeva quindi che Gesù fosse il Nasi  e che facesse uscire allo scoperto il sacerdozio esseno-nazireo di Melkitzedeq, un “mistero taciuto per secoli eterni ma rivelato ora per ordine del Dio eterno (Romani 16.25-26). I discepoli innescarono la trasformazione dei Nazirei in Cristiani, il che avvenne ufficialmente ad Antiochia (Atti 11.26). Dopo la resurrezione del Cristo, i vennero conosciuti come: “Setta dei Nazoraios (Atti 24:5)”. A questo termine, nel mondo greco-romano, venne sostituito quello di “cristiano”. Non temo di sbagliare indicando nel “Nazirà” l’archètipo del qabalista ideale, di colui che faceva dell’isolamento contemplativo la sua ragione di esistenza, del mistico perfetto. Tutto ciò era proprio dei mistici esseni, e ciò ci riporta ad approfondire il legame fra la Comunità dello Zadoq e i Nazirei. Per qualcuno non vi è un legame accertato tra queste due fratellanze; per altri, le due comunità condividevano le stesse idee ma, pur essendo affini, erano separate. La Tradizione segreta dice un’altra cosa:

1.   Nell’ambito della Fratellanza di Qumran, tutti erano consacrati (votati) a Dio attraverso il “Patto del sale e delle acque vive”. Tuttavia i Nazirei erano i giovani più dotati e più carismatici della Fratellanza. Quando il Gran Maestro si rendeva conto che un giovane incarnava un’anima molto speciale, lo benediceva e disponeva che entrasse a far parte del nucleo nazireo e ivi fosse allevato a coltivare i talenti innati, facendo solenne voto di consacrazione all’Altissimo. La scelta, tuttavia, dipendeva dal candidato, in virtù della natura volontaria del voto. Tra Dio e il Mondo, i Nazirei sceglievano Dio e avevano una fede illimitata in lui e nelle sue promesse. Un’anima speciale come quella di Giovanni-Gesù, per di più di sangue reale davidico, non poteva non essere introdotta nel nucleo speciale esseno. Col tempo, i Nazirei capivano che la scelta del Nazireato e del sacrificio volontario a Dio era dovuta al fatto che incarnassero necessariamente una grande anima che li aveva spinti verso il Tempio esseno; un’anima di uno di quei Vigilanti che volontariamente, col dito indice alzato, decisero in tempi remoti di immettersi nella forma per combattere le gerarchie angeliche ribelli di Beliar-Arhyman, e liberare altri esseri (scintille di luce) scendendo sul Monte Hermon (Monte del Giuramento). Quindi, il voto di nazireato in terra era solo uno specchio di quello celeste, fatto precedentemente all’ingresso nel ciclo delle reincarnazioni.

2.   Se il primo punto è vero, ne consegue che il sacerdozio eterno al modo di Melkitzedeq non potesse essere che l’espressione più profonda e segreta del Nazireato, il che riporta ai Maestri esseni e al loro antico ruolo di custodi della Tradizione del Melkitzedeq e del sacerdozio eterno. San Paolo, Gran Maestro dei Nazirei-Esseni (Atti 24.5) già a suo tempo folgorato (iniziato) sulla Via di Damasco-Qumran (nei rotoli del Mar Morto Damasco non era un luogo ma il nome della Fratellanza di Qumran e il rotolo più importante è proprio il Documento di Damasco) offre la chiave del legame del Nazireato con il Sacerdozio eterno allorché, riferendosi segretamente al volontariato nazireo rivela: “Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, separato (in ebraico nazr) dai peccatori, ed elevato (soggetto ad elevazione spirituale)…A somiglianza di Melkitzedeq, sorge un altro Sacerdote che non è divenuto tale per ragione di una prescrizione (discendenza) carnale (Leviti), ma per la possanza di una vita indefettibile (tipica del Nazireato) (Ebrei 7.16)”. L’allusione di Paolo non è solo a Gesù, il campione assoluto e il maggiore dei suoi Fratelli, ma a tutti i Fratelli Nazirei-esseni, il cui sacerdozio è la porta per l’adozione a Figlio di Dio (Ebrei 7:28). Il sacerdozio Nazireo era il segreto sacerdozio esseno di Zadoq, e la Regola della Comunità essena ne fornisce prove significative: “Possono essere iniziati nel patto di grazia tutti coloro che sono volenterosi nell’adempimento degli statuti divini (I,7)…Chiunque venga iniziato nel patto di Dio, con giuramento obbligatorio si impegna a convertirsi alla Torah di Mosè, con tutto il cuore e con tutta l’anima…Deve separarsi da tutti gli uomini iniqui (V,10)”. La Regola contiene strategici addentellati con le parole di Paolo, ma anche con l’invito di Gesù ad offrire tutti i propri beni ai Poveri (gli Ebionim, esseni).

 

Uno con Dio

Nell’induismo il corrispondente del Nazir è il Muni che appare nel Rig Veda col significato di “ispirato, toccato dall’impeto o dall’ardore per Dio”, dunque un asceta, un uomo santo, che ha fatto voto di silenzio e si concentra esclusivamente sull’Atman (il Sé). Siddharta (Buddha) era un Muni degli Sakya (Sakyamuni), il Leone degli Sakya, come Gesù il Nazira era il Leone della Tribù di Giuda. Il Muni comprende come il vero sacrificio consista nell’offrire la sua individualità sull’altare interiore, rinunciando a tutto e trascendendo sé stesso: “cavalcando il vento, compagno del suo soffio, dagli dèi sospinto, è di casa in entrambi i mari, a oriente (cielo) e a occidente (terra), il silenzioso asceta…Il vento ha preparato e mescolato per lui una bevanda. Con Rudra egli ha bevuto alla coppa del veleno (la fonte alchemica, N.d.R.), l’asceta dai lunghi capelli (Rig Veda X-136.1).

I capelli sono simbolo dei raggi solari perché l’emissario solare e divino in terra era l’uomo divinizzato e il Re Sacro che pertanto doveva portare la lunga chioma. Il Leone non è stato scelto a caso quale simbolo dell’aspetto solare, possedendo una chioma fluente, spesso discriminata al centro a rappresentare la forza vivificante dei suoi raggi. Ma v’è anche un altro motivo per cui i Nazir e i Muni si lasciavano crescere i capelli: essendo “Figli della Vedova”, figli della loro anima, essi si identificavano con la Grande Madre spesso ritratta con lunghissimi capelli a nasconderle il volto e il corpo per indicare i veli del Sé. Peraltro, i Nazirei ricercavano la condizione di androigini, l’unione dei princìpi maschio e femmina, facendosi crescere i capelli. Era il segno eminente della loro condizione di “continenza volontaria (deserto)” come ci mostra Gesù stesso in Matteo 19.12: “Non tutti possono comprendere ciò che dirò, ma solo coloro ai quali è stato concesso (iniziati). Vi sono eunuchi nati così dal ventre della madre (i veri effeminati); ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini (perché evirati); e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il Regno dei Cieli”. Questi eunuchi per il Regno di Dio sono i Nazirei che si conformano al modello dell’Uomo Primordiale come svela Gesù in Matteo 19.4 : “Non avete letto che Elohim lo creò al principio maschio e femmina? Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie (la donna interiore N.d.R.) e i due saranno una carne sola. Cosicchè non sono più due ma uno solo. Ciò che Elohim ha congiunto, l’uomo non lo separi”. I Nazirei tendevano con tutte le loro forze a questa riunificazione e al ristabilmento dell’Uno. Gesù ne fu il campione assoluto.

 

Box: I significati del Nazira

E’ probabile che il Nazireato provenisse originariamente dall’Iran ove fortissima era la Tradizione del Melkitzedeq attraverso gli zoroastriani adoratori del Re di Giustizia. Lo proverebbe il fatto che, in lingua iranico-persiana, il termine “nazr” significhi “voto”, ma anche “consacrato, unto”, mentre il termine “nazar” significa “custodire, vigilare”, il che conferma la teoria dei Vigilanti celesti incarnati in forma umana. La radice qabalistica “NZR, NSR, NTR” non è esclusivamente ebraica, ma rinvenibile in molte tradizioni sacerdotali. Nell’esoterismo induista, a conferma dell’universalità della Tradizione, il “Nestr” era il Sacerdote che officiava l’autosacrificio del Soma: l’eucarestia alchemica. Nell’arabo, la radice NZR è presente in Nashar (richiamare alla vita, rivivificare il morto), Nusshur (resurrezione), ma anche Nashar (segare la legna). Quest’ultimo senso potrebbe spiegare perché Giuseppe, il Padre di Gesù, sia considerato un falegname. In realtà, abbiamo a che fare con la figura di un alchimista, colui che lavorava il legno, simbolo della prima materia alchemica. Infatti, Giovanni 1.45 presenta Giuseppe come un Nazireo, quindi un esseno. Nella antica lingua egizia, Neteru significava “divinità” (il nome di Osiride conteneva il glifo di un uomo dai capelli lunghi) radice rinvenibile anche nel sanscrito “netra (guida)”. Il termine “Nazir” trova corrispondenze nel sanscrito “nihsr (andar via, partire, allontanarsi)”, “nistr (portare a compimento, espiare)” e “nasa (annichilazione, morte)”, il che è coerente con la figura del mistico che si allontana dal consorzio umano per iniziare la sua Grande opera di purificazione e reintegrazione col divino, puntando alla morte dell’ego e a svelare l’anima. Ciò è velato nel Salmo 88 ove David, Nazireo consacrato, grida a Dio la sua angoscia melanconica, la tipica angoscia vissuta in una certa fase da tutti coloro che seguono la Via: “Hai allontanato da me i miei compagni, mi hai reso per loro un orrore, hai allontanato amici e conoscenti, mi sono compagne solo le tenebre”. Gli Assiro-Babilonesi usavano il termine “Nasaru” per indicare gli l’atto di custodire e proteggere. In arabo “NZL” significa “scendere, discendere” il cui significato, in ebraico, è reso con “NPHL”, i Nephilim o angeli discesi su questo piano materiale. Ne Il Nodo del Sagace del Maestro Ibn Arabi si citano i “Nashirat”, gli “Angeli che dispiegano le ali”, presenti anche nel Corano 77.3. In arabo “Nushur” significa “resurrezione”. “Iniziare, nascere e rinascere”. Nella Comunità dei Mandei dell’Iraq, ancor oggi attiva seppur in numero esiguo, i “Nasoraj” erano la casta sacerdotale degli iniziati.

Nazirei. Un sacerdozio iniziaticoultima modifica: 2009-08-07T17:00:00+02:00da mikeplato
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