MESSAGGIO PER UN’AQUILA CHE CREDESI UN POLLO

Anthony De Mello (1931-1987)

da “Messaggio per un’aquila che si crede un pollo”

 

Spiritualità significa risveglio. La maggior parte delle persone, pur non sapendolo, sono addormentate. Sono nate dormendo, vivono dormendo, si sposano dormendo, allevano figli dormendo, muoiono dormendo senza mai svegliarsi. Non arrivano mai a comprendere la bellezza e lo splendore di quella cosa che chiamiamo esistenza umana.  Sapete, tutti i mistici – cattolici, cristiani, non cristiani, quale che sia la loro teologia, la loro religione – concordano su una cosa: che va tutto bene. Sebbene regni il caos, tutto va bene.  Certo, è uno strano paradosso. Purtroppo, però, la maggior parte della gente non arriva mai a capire che tutto va bene, perché è immersa nel sonno. Ha un incubo. […] La prima cosa che voglio capiate, se davvero intendete svegliarvi, è che non volete svegliarvi. Il primo passo verso il risveglio è essere sufficientemente sinceri da ammettere di fronte a se stessi che non è piacevole… noi non desideriamo essere felici. Vogliamo altre cose. O meglio: noi non vogliamo essere felici incondizionatamente. Sono pronto a essere felice a condizione che abbia questo e questo e quest’altro.  Ma ciò equivale a dire al nostro amico o al nostro Dio o a chiunque: “Tu sei la mia felicità. Se non ho te, rifiuto di essere felice”.  E’ davvero importante capire questo meccanismo. Non riusciamo a immaginare di essere felici a prescindere da tali condizioni. E’ esattamente così.  Non riusciamo a concepire di poter essere felici senza di esse. Ci è stato insegnato a situare in esse la nostra felicità. Dunque, questa è la prima cosa da fare se vogliamo svegliarci, il che equivale a dire: se vogliamo amare, se vogliamo la libertà, se vogliamo la gioia, la pace e la spiritualità.  In questo senso, la spiritualità è la cosa più pratica di questo mondo. Sfido chiunque a pensare a qualcosa di più pratico della spiritualità per come l’ho definita – né pietà, né devozione, né religione, né adorazione, ma spiritualità – il risveglio, il risveglio! Osservate l’angoscia che regna ovunque, osservate la solitudine, la paura, la confusione, il conflitto nel cuore delle persone, conflitto interno, conflitto esterno. Immaginate che qualcuno vi dia la possibilità di liberarvi da tutto ciò.  Immaginate che qualcuno vi dia la possibilità di fermare quel terribile dispendio di energia, di salute, di emozioni che deriva da conflitti e da tale confusione. Vi piacerebbe?  Immaginate che qualcuno ci mostri la strada attraverso la quale potremmo giungere ad amarci davvero gli uni agli altri, essere in pace, essere immersi nell’amore. Riuscite a pensare a qualcosa di più pratico di tutto ciò? E invece c’è gente che ritiene che i grandi affari siano più pratici, che la politica sia più pratica, che la scienza sia più pratica.  Quale sarà mai il vantaggio materiale di mandare un uomo sulla luna, quando noi non riusciamo a vivere sulla terra? […] Niente è più pratico della spiritualità.  […] Sapete qual è il segnale del risveglio? E’ il momento in cui ci si chiede: “Sono io il pazzo, o lo sono tutti gli altri?” Davvero è così. Perché noi siamo pazzi. Il mondo intero è pazzo. Folli certificabili in piena regola! L’unico motivo per cui non siamo tutti rinchiusi è che siamo troppi. Dunque siamo pazzi. Viviamo basandoci su idee pazze riguardo l’amore, ai rapporti con gli altri, alla felicità, alla gioia, a tutto quanto. Sono giunto a credere che siamo pazzi al punto che, se tutti sono d’accordo su qualcosa, quella cosa è sicuramente sbagliata!  Ogni nuova idea, ogni grande idea, al suo inizio, era partita da una minoranza costituita da una persona. Quell’uomo di nome Gesù Cristo – minoranza costituita da una sola persona. Tutti dicevano qualcosa di diverso da quel che diceva lui. Buddha – minoranza costituita da una sola persona. Tutti dicevano qualcosa di diverso da quello che diceva lui. Credo che sia stato Bertrand Russel a dire: “Ogni grande idea, ai suoi inizi, è blasfema”. Mi sembra una spiegazione esatta e precisa. […]  Ogni volta che si rinuncia a qualcosa, ci si illude. Cosa ne dite? Ci si illude. A cosa si rinuncia? Ogni volta che si rinuncia a qualcosa, si rimane legati per sempre all’oggetto della rinuncia.  In India c’è un guru che dice: “Ogni volta che viene da me una prostituta , non mi parla d’altro che di Dio. Mi dice :”sono stufa della vita che faccio. Voglio Dio”. Ma ogni volta che viene da me un prete, non mi parla d’altro che di sesso”. Infatti, quando si rinuncia a qualcosa, si rimane vincolati a quella cosa per sempre. Quando si combatte qualcosa, le si è legati per sempre. Finché la si combatte, le si dà potere. Le si dà un potere pari a quello impiegato per combatterla.  E questo riguarda anche il comunismo e tutto il resto. Dunque bisogna “accogliere” i propri demoni, perché combattendo contro di essi si dà loro potere. Nessuno ve l’ha mai detto prima d’ora? Quando si rinuncia a qualcosa vi si rimane legati. L’unico modo per uscirne è non lasciarsi ingannare. Non rinunciate, ma non lasciatevi ingannare. Cercare di capire il vero valore di quella cosa, e non avrete bisogno di rinunciarvi: semplicemente, vi cadrà dalle mani. Ma naturalmente, se non capite cosa voglio dire, se siete talmente ipnotizzati da pensare che non potrete essere felici senza quella data cosa, o quell’altra, o quell’altra ancora, siete incastrati. Quel che stiamo cercando per voi non è quel che tenta di fare la cosiddetta spiritualità – e cioè di farvi fare dei sacrifici, di rinunciare alle cose. E’ assolutamente inutile. Rimarreste comunque addormentati. Quel che dobbiamo fare è aiutarvi a capire, capire, capire. Se capiste, improvvisamente vi verrebbe a mancare il desiderio di quel dato oggetto. Il che equivale a dire: se vi svegliaste, vi verrebbe a mancare il desiderio di quel dato oggetto. Alcuni di voi vengono svegliati dall’aspra realtà della vita. Soffriamo a tal punto da svegliarci. Ma la gente non fa che andare a sbattere contro la vita, una volta dopo l’altra. Continua a girare in stato di sonnambulismo. Non si sveglia mai. Purtroppo, non le viene mai in mente che potrebbe esistere un altro modo di vivere. Non le viene mai in mente che potrebbe esserci un modo migliore di vivere. Tuttavia, se non si è ancora stati bastonati a sufficienza dalla vita, e se non si è sofferto abbastanza, c’è anche un altro modo per svegliarsi: ascoltare. Ciò non significa che dovete essere d’accordo con quello che dico. Non è questo che intendo per “ascolto”.  Credetemi, in realtà non ha alcuna importanza che voi siate d’accordo o meno con quel che sto dicendo, perché l’accordo o il disaccordo riguardano le parole, i concetti e le teorie, mentre non hanno niente a che vedere con la verità. La verità non è mai espressa in parole. La verità si intravede all’improvviso, e deriva da un certo tipo di atteggiamento. Dunque , voi potreste essere in disaccordo con me e tuttavia intravedere la verità. Ci vuole però un atteggiamento di apertura, la volontà di scoprire qualcosa di nuovo. Questa è la cosa importante, mentre non è importante che voi siate o meno d’accordo con me.  Dopo tutto , la maggior parte di quel che vi dico è teoria, e nessuna teoria copre la realtà in modo adeguato. Dunque io non posso parlarvi della verità, ma di quelli che sono gli ostacoli alla verità. Questi li posso descrivere, la verità no. Nessuno può farlo. Quel che posso fare è fornirvi una descrizione della vostre falsità, affinché voi possiate abbandonarle. Non posso far altro, per voi, che mettere in discussione le vostre convinzioni e il sistema di convinzioni che vi rende infelici. Non posso far altro che aiutarvi a disimparare. Quando entra in gioco la spiritualità, l’unica cosa da imparare è proprio questa: disimparare, disimparare, disimparare quasi tutto ciò che vi è stato insegnato. La volontà di disimparare , di ascoltare. […] Gesù ha portato la buona novella, eppure è stato respinto. Non perché fosse buona, ma perché era nuova. Tutti noi odiamo il nuovo. Lo odiamo davvero! E prima affrontiamo questo fatto, meglio sarà. Non vogliamo le novità, soprattutto quando ci disturbano, soprattutto quando comportano un cambiamento. E in modo particolare se comportano l’ammissione: “Avevo torto”. […]  L’apertura verso la realtà , quali che siano le consegue, dovunque ci porti, senza sapere nemmeno dove ci porterà. Questa è la fede. Non una convinzione, ma la fede. Le convinzioni danno molta sicurezza, la fede insicurezza. Non si sa dove si andrà a finire. Si è pronti a seguire e si è aperti, aperti a tutto! Si è pronti ad ascoltare. E guardate che essere aperti non significa abboccare a tutto ciò che l’oratore vi dice. Assolutamente no: dovete mettere in discussione tutto quello che vi dico. Metterlo in discussione, però partendo da un atteggiamento d’apertura, non di caparbietà. E mettere in discussione tutto.  Ricordate quelle splendide parole di Buddha: “I monaci e i discepoli non devono accettare le mie parole per rispetto, ma devono analizzarle come un orefice analizza l’oro – tagliando, limando, levigando, fondendo”.  Quando vi comportate in questo modo, significa che state ascoltando. Avete fatto, allora, un altro grosso passo avanti verso il risveglio. Il primo passo, come ho già detto, era essere pronti ad ammettere che non volete svegliarvi, che non volete essere felici. Dentro di voi ci sono resistenze di tutti i tipi. Il secondo passo consiste nell’essere pronti a capire, ad ascoltare, a mettere in discussione il vostro intero sistema di convinzioni. Non solo le convinzioni religiose, le convinzioni politiche, le convinzioni sociali, le convinzioni psicologiche, ma tutte. Essere pronti a rivalutale tutte, nella metafora di Buddha.  La messinscena della carità: La carità è, in realtà, l’interesse personale mascherato da altruismo. Esistono due tipi di egoismo. Il primo tipo è quando io concedo a me stesso il piacere di compiacermi. Questo è quello che comunemente definiamo egocentrismo. Il secondo è quando mi concedo il piacere di compiacere gli altri. Questo sarebbe un tipo di egoismo più raffinato.  Il primo tipo appare più evidente, mentre il secondo è nascosto, molto nascosto, e per questo motivo più pericoloso, perché finiamo per sentirci davvero eccezionali. Ma forse, tutto sommato, non siamo poi tanto eccezionali. Sapete, il bene assume il suo valore più alto in quelle occasioni in cui non ci si rende conto che si sta facendo del bene. […]  Ho spiegato che esistono due tipi di egoismo; forse avrei dovuto dire tre […] c’è il terzo tipo, il peggiore: quando si fa qualcosa di buono per non sentirsi in colpa. Fare del bene non vi fa sentire bene; anzi, vi fa sentire male. E’ una cosa che odiate. Compite dei sacrifici in nome dell’amore ma vi lamentate. Ah, quanto poco sapete di voi stessi se credete di non fare le cose in questo modo! […] Quando si fa qualcosa in modo da non sentirsi in colpa si compie il peggior tipo di carità. Non si ha il coraggio di dire che si vuole essere lasciati in pace. […]  Non credo a chi mi dice che non gli piace far del male alle persone. Tutti noi adoriamo ferire le persone. Ci piace da morire. e quando è qualcun altro a far del male, ne godiamo. Però, non vogliamo essere noi a far del male, perché noi stessi ne usciremo feriti! Ecco il punto. Se siamo noi a fare del male, altri avranno di noi una cattiva opinione. Non ci apprezzeranno, parleranno contro di noi, e questo non ci piace! […]  C’è una bella storiella che racconta di alcune persone a bordo di una zattera al largo della costa brasiliana, che stavano per morire di sete. Non avevano idea che l’acqua su cui galleggiavano era dolce. Il fiume si riversava in mare con una forza tale da coprire un paio di miglia, e quindi, nel punto in cui si trovavano, l’acqua era dolce. Solo che non lo sapevano. Allo stesso modo, noi siamo circondati di gioia, di felicità, di amore. La maggior parte della gente non ne ha la più pallida idea. Il motivo? E’ stata sottoposta a un lavaggio del cervello. Il motivo? E’ ipnotizzata, addormentata. […]  Cambiate atteggiamento. Provate a guardare le cose da un punto di vista nuovo! Perché il regno è qui! E’ il vero cristiano che prende sul serio tutto ciò. Vi ho detto che la prima cosa da fare è svegliarsi, ammettere che non vi piace essere svegliati. Preferireste avere tutte le cose che, attraverso l’ipnosi, siete stati portati a credere siano tanto preziose e importanti per voi, per la vostra vita e sopravvivenza. La seconda cosa è capire. Capire che forse avete delle idee sbagliate e che sono queste idee che stanno influenzando la vostra vita rendendola caotica, e che vi tengono addormentati. Le idee riguardo all’amore, alla libertà, alla felicità e così via. E non è facile ascoltare uno che mette in discussione queste vostre idee che sono per voi diventate tanto preziose. […]  La cosa più difficile del mondo è ascoltare, vedere. Noi non vogliamo vedere. Pensate che un capitalista voglia capire cosa c’è di buono e sano nel sistema comunista? Pensate che un uomo ricco voglia guardare la gente povera?  Non vogliamo guardare, perché se lo facciamo potremmo cambiare. Non vogliamo guardare. Se si guarda, si perde il controllo di quella vita che riusciamo a tenere insieme in modo tanto precario. E dunque, per potervi svegliare, la cosa di cui avete più bisogno non è l’energia, la forza, la giovinezza, e nemmeno una grande intelligenza. La cosa di cui avete più bisogno in assoluto è la disponibilità ad imparare qualcosa di nuovo. Le possibilità di svegliarvi sono direttamente proporzionali alla quantità di verità che saprete accogliere senza scappare. Fino a che punto siete disposti a farlo? Quanto, di ciò che avete di più caro, siete pronti a far crollare, senza fuggire? Fino a che punto siete disposti a pensare a qualcosa che non vi è familiare? La prima reazione è di paura. Non che temiamo l’ignoto. Non si può temere qualcosa che non si conosce. Nessuno ha paura dell’ignoto. Quel che si teme è davvero la perdita di ciò che è noto. Ecco di cosa si ha paura. Illuminazione! Illuminazione! Svegliatevi! Quando sarete pronti a barattare le vostre illusioni con la realtà, i vostri sogni con i fatti, allora ci arriverete. Solo allora la vita assumerà un significato, e diventerà splendida. […] Autosservazione: L’unico modo attraverso il quale qualcuno può esservi d’aiuto è mettendo in discussione le vostre idee. Se siete pronti ad ascoltare e se siete pronti ad essere messi in discussione , qualcosa potete fare, ma nessuno può aiutarvi. Qual è la cosa più importante in assoluto? Si chiama autosservazione. Nessuno può darvi una mano, in questo. Nessuno può fornirvi un metodo. Nessuno può mostrarvi una tecnica. Nel momento in cui si apprende una tecnica , si diventa nuovamente programmati. Ma l’autosservazione – cioè il guardare se stessi – è importante. Non significa essere assorti nei propri problemi, essere preoccupati di sé. Non è di questo che sto parlando: parlo dell’autosservazione. E cosa sarebbe? Significa osservare tutto ciò che è all’interno di noi stessi e intorno a noi, fino al punto estremo, e osservarlo come se stesse accadendo ad un altro. Cosa significa quest’ultima frase? Significa che non si personalizza quel che accade . Significa guardare alle cose come se non si avesse alcun legame con esse. Il motivo per cui soffrite a causa della vostra depressione e delle vostre ansie è che voi vi identificate con esse. Dite: “Sono depresso”. Ma ciò è falso. Voi non siete depressi. Se voleste essere precisi, potreste dire: In questo momento sto attraversando una fase di depressione”. Non è invece corretto dire: “sono depresso”. Voi non siete la vostra depressione. Non si tratta che di una sorta di inganno della mente, uno strano tipo di illusione. Siete stati indotti a pensare – pur non essendone consci – che siete voi la vostra depressione, che siete voi le vostre ansie, che siete voi la vostra gioia e le emozioni che provate. “Sono contento!”. Di certo non siete contenti. Può darsi che la contentezza sia dentro di voi in questo momento, ma aspettate un po’, e le cose cambieranno; non durerà: non dura mai; le cose cambiano di continuo, cambiano sempre. Le nubi vanno e vengono: alcune sono nere e altre bianche, alcune grandi, altre piccole. Se vogliamo seguire l’analogia, voi sareste il cielo, intento a osservare le nubi. Sareste osservatori passivi , distaccati. So che questo atteggiamento può essere per voi assurdo, soprattutto nella cultura occidentale. Non interferite. Non dovete farlo. Non “fissate” nulla. Guardate! Osservate! Il problema della gente è che si affanna a fissare cose che non riesce nemmeno a capire. Siamo sempre lì a fissare delle cose, non è vero? Non ci viene mai in mente che le cose non hanno bisogno di essere fissate, assolutamente. Questa è una grande illuminazione. Le cose devono essere capite. Se le si capissero, cambierebbero….. Volete cambiare il mondo? Che ne dite di cominciare da voi stessi? Che ne dite di venire trasformati per primi? Ma come si ottiene il cambiamento? Attraverso l’osservazione. Attraverso la comprensione. Senza interferenze o giudizi da parte vostra. Perché quel che si giudica non si può comprendere.  Quando dite a qualcuno: “Quello è un comunista” in quel momento la comprensione si è fermata. Gli avete appiccicato addosso un’etichetta. “Quella è una capitalista”. In quel momento si è fermata la vostra comprensione. Le avete appiccicato addosso un’etichetta, e se a quell’etichetta sono attribuiti dei sottintesi di approvazione o disapprovazione, tanto peggio! Come potrete mai capire quel che disapprovate, o anche quel che approvate? Le parole che vi sto dicendo vi sembrano arrivare da un altro mondo, vero?  Nessun giudizio, nessun commento, nessun atteggiamento: semplicemente, si osserva, si studia, si guarda, senza il desiderio di cambiare ciò che è. Perché se si desidera cambiare ciò che è in ciò che dovrebbe essere, si cessa di comprendere. Un istruttore di cani cerca di capire l’animale in modo di insegnargli a eseguire determinate azioni. Uno scienziato osserva il comportamento delle formiche senza avere in mente altro scopo che lo studio delle formiche, per imparare il più possibile riguardo esse. Non ha altro fine. Non sta tentando di insegnare loro qualcosa o di ricevere qualcos’altro in cambio. E’ interessato alle formiche, e vuole imparare il più possibile su di loro. Questo è il suo presupposto. Il giorno in cui riuscirete ad assumere un atteggiamento simile, assisterete a un miracolo. Cambierete – senza sforzo, correttamente. Il cambiamento si verificherà, non dovrete andarlo a cercare. Mentre la vita della consapevolezza prende il posto delle tenebre, tutto il male scomparirà. Tutto ciò che c’è di buono verrà nutrito, alimentato. E’ un’esperienza che dovete fare voi stessi. Ma tutto ciò richiede una mente disciplinata. E quando parlo di disciplina, non parlo di sforzo. Parlo di qualcosa di diverso. Avete mai osservato attentamente un atleta? Lo sport è tutta la sua vita, ma che vita disciplinata conduce! E osservate un fiume che scorre verso il mare. Crea da solo le rive che lo contengono. Quando dentro di voi c’è qualcosa che si muove nella direzione giusta, crea la sua disciplina. Il momento in cui si viene svegliati da quella puntura di insetto che è la consapevolezza, è un momento splendido. E’ l’esperienza più splendida del mondo, la più importante, la più eccezionale. Non c’è niente, al mondo, di più importante del risveglio. Niente! E, naturalmente, anche questa è disciplina, a modo suo. Non c’è niente di più splendido del fatto di essere consapevoli. Preferireste vivere nelle tenebre? Preferireste agire senza essere delle vostre azioni, parlare senza essere consapevoli delle vostre parole? Preferireste ascoltare la gente senza essere consapevoli di quel che sentite, o vedere le cose senza essere consapevoli di quel che vedete? Il grande Socrate disse: “Una vita inconsapevole non è degna di essere vissuta”. E’ una verità che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. La maggior parte della gente non vive una vita consapevole. Vive una vita meccanica, con pensieri meccanici – di solito appartengono a qualcun altro – emozioni meccaniche, azioni meccaniche, reazioni meccaniche. […] Siamo meccanizzati, controllati. Scriviamo libri su come essere controllati e su com’è meraviglioso essere controllati e su come è indispensabile che la gente vi dica che siete O.K. Solo allora vi sentite bene. Che meraviglia stare in prigione.Oppure, come mi ha detto qualcuno ieri, stare nella propria gabbia. Vi piace stare in prigione? Vi piace essere controllati? Lasciate che vi dica una cosa: se consentite a voi stessi di sentirvi bene quando la gente vi dice che siete O.K., vi state preparando a sentirvi male quando la gente vi dirà che non siete in gamba. Finché si vive per soddisfare le aspettative di altri, bisogna stare attenti a come ci si veste, a come ci si pettina, al fatto che le scarpe siano sempre lucide – in breve, al fatto di soddisfare sempre le loro maledette aspettative. E lo chiamate umano? Voi non siete O.K. e non siete non O.K., siete voi e basta. […] Basta con tutta questa faccenda di essere O.K. o meno; basta con tutti questi giudizi, e semplicemente osservate, guardate. Farete grandi scoperte. Queste scoperte vi cambieranno. Non dovrete fare il minimo sforzo, credetemi. […] I grandi maestri dicono che la domanda più importante del mondo è: “Chi sono io?” O meglio, “Cos’è l’”io”?”. Cos’è quella cosa che chiamo “io”? Cos’è quella cosa che chiamo sé? Volete forse dire che avete capito tutto il resto e non questo?  Volete forse dire che avete capito l’astronomia e i buchi neri e i quasar, e avete appreso l’informatica, e non sapete chi siete? Caspita, state ancora dormendo. Siete degli scienziati addormentati. Volete dire che avete capito chi è Gesù Cristo e non sapete chi siete voi? Come fate a sapere di capire Gesù Cristo? Chi è che mette in atto la comprensione? Prima scoprite questo. E’ il fondamento di tutto, no? E’ proprio perché non è stato capito questo che abbiamo tutti quegli stupidi popoli religiosi coinvolti in quelle stupide guerre religiose –musulmani che combattono contro ebrei, protestanti contro cattolici, e tutte quelle altre porcherie. Non sanno chi sono, perché se lo sapessero non ci sarebbero guerre. […] Chi vive in voi? La sensazione che si prova scoprendo questo fatto è di orrore. Pensate di essere liberi, ma probabilmente non c’è un gesto, un pensiero, un’emozione, un atteggiamento, una convinzione in voi che non venga da qualcun altro. Non è orribile? E non lo sapete. Si tratta di una vita meccanica, impressa su di voi. Certe cose vi danno sensazioni forti, e pensate di essere voi a provare quelle sensazioni, ma è così? Sarà necessaria molta consapevolezza, da parte vostra, per capire che forse quella cosa che chiamate “io” è semplicemente un conglomerato delle vostre esperienze passate, dei vostri condizionamenti, della vostra programmazione. E’ doloroso. In effetti, quando ci si comincia a svegliare, si prova un grande dolore. E’ doloroso vedere crollare le proprie illusioni. Tutto ciò che pensavate di aver costruito si sbriciola, e questo è doloroso. Il pentimento è tutto qui; il risveglio è tutto qui. […] Prendete coscienza della vostra presenza in questa sala. Ditevi: “Io sono in questa sala”. E’ come se foste fuori da voi stessi, e vi guardaste. Notate che la sensazione è leggermente diversa rispetto al guardare gli oggetti presenti nella sala. Più avanti chiederemo :”Chi è la persona che esegue l’osservazione?” Io sto osservando me. Che cos’è un “io”? Che cos’è un “me”? Per ora è sufficiente che io osservi me, ma se vi sorprendete a condannarvi o approvarvi, non bloccate la condanna o l’approvazione, ma osservatela. Io sto condannando il me; io sto disapprovando me; io sto approvando me. Guardate, punto e basta. Non cercate di cambiare le cose1 non pensate. “oh, ci era stato detto di non fare così”. Osservate semplicemente quello che accade. Come vi ho già detto, l’autosservazione significa guardare – osservare quel che accade dentro di voi e intorno a voi come se accadesse a qualcun altro […] è l’io che osserva il “me”. Questo è il fenomeno interessante che non ha mai smesso di destare meraviglia tra i filosofi, i mistici, gli scienziati, gli psicologi: l’”io” può osservare il “me”. Sembra dunque che sia necessaria una certa quantità di intelligenza per poterlo fare. I grandi mistici d’Oriente si riferiscono in realtà quell’”io”, non al “me”. In effetti, alcuni mistici ci dicono che iniziamo prima di tutto dalle cose, dalla consapevolezza delle cose; poi ci spostiamo verso una consapevolezza dei pensieri (che rappresentano il “me”) e alla fine giungiamo alla consapevolezza di chi pensa. Cose, pensieri, pensatore.  Quel che cerchiamo davvero è il pensatore. Può il pensatore conoscere se stesso? Posso io sapere cos’è l’”io”? alcuni di questi mistici rispondono: “Può il coltello tagliare se stesso? Può il dente mordere sé stesso? Può l’occhio vedere se stesso? Può l”io” conoscere se stesso?” ma in questo momento mi interessa di qualcosa di molto più pratico, e cioè la decisione di ciò che l’”io” non è. Procederò con la maggior lentezza possibile, perché le conseguenze sono devastanti. Splendide o terribili, a seconda del vostro punto di vista. Ascoltate ciò che vi dico: io sono i miei pensieri, i pensieri che sto pensando? No. I pensieri vanno e vengono; io non sono i miei pensieri. Sono il mio corpo? Dicono che ogni minuto che passa milioni di cellule del nostro corpo cambiano e si rinnovano, cosicché nel giro di sette anni non ci rimane in corpo nemmeno una singola cellula vivente di quelle che avevamo prima. Le cellule vanno e vengono, nascono e muoiono. L’”io”, invece, permane. Dunque, io sono il mio corpo? Evidentemente no! L’”io” è qualcosa di diverso e di più, rispetto al corpo. Forse si potrebbe dire che il corpo fa parte dell’”io”, ma è una parte che varia. Continua a muoversi, a cambiare. Usiamo lo stesso nome per definirlo, ma cambia continuamente. Proprio come chiamiamo cascate del Niagara le cascate del Niagara, pur essendo costituite queste da acqua che cambia continuamente. Usiamo lo steso nome per una realtà in continua evoluzione. E il mio nome? E’ forse ”io” il mio nome? Evidentemente no, perché posso cambiare il mio nome senza cambiare l’”io”. E la mia carriera? E le mie convinzioni? Dico che sono un cattolico, un ebreo – è forse questa parte essenziale dell’”io”? Quando passo da una religione all’altra, l’”io” è cambiato? Ho un “io” diverso o è lo stesso “io” che è cambiato? In altre parole, il mio nome è parte essenziale di me, dell’”io”? […] Le etichette sono davvero importanti per noi. “Sono repubblicano” diciamo. Ma lo siamo davvero? Non si può certo affermare che, quando si cambia partito, si cambi anche l’”io”. Non è forse il solito vecchio “io”, con delle nuove convinzioni politiche? […]. Passiamo gran parte della nostra vita a reagire a delle etichette, le nostre e quelle degli altri. Identifichiamo le etichette con l’”io”. Cattolico e protestante sono etichette molto frequenti.  Un tizio andò da un prete e gli chiese: “Padre, voglio che celebri una messa per il mio cane”. Il prete s’indignò. “Cosa intendi dire con questo?”. “Si tratta del mio cagnolino”, rispose l’uomo. “Amavo quel cane e vorrei celebrasse una messa in suo ricordo”. Il prete disse: “Qui non celebriamo messe per dei cani. Forse può provare alla congregazione che c’è più avanti, su questa via. Chieda a loro se sono disposti a farlo”. Uscendo, l’uomo disse al prete: ”Peccato. Amavo moltissimo quel cane. Avevo pensato di offrire una prebenda di un milione di dollari per la messa”  E il prete: “Aspetti un attimo, non mi aveva detto che il suo cane era cattolico”. Quando si è intrappolati dalle etichette, che valore hanno queste etichette in relazione all’”io”? Potremmo dire che l’”io” non è rappresentato da alcuna delle etichette che noi gli attribuiamo? Le etichette appartengono al “me”. Quello che cambia continuamente è il “me”. L’”io” cambia? L’osservatore cambia? Il fatto è che, quale che siano le etichette che vi vengono in mente (eccetto, forse, quella di essere umano), le dovreste applicare al “me”. L’”io” non è niente di tutto questo. Dunque, quando uscite da voi stessi e osservate il “me”, non vi identificate più con il “me”. La sofferenza esiste dentro il “me”, e così, quando identificate l’”io” e il “me”, inizia la sofferenza. Poniamo che abbiate paura, o un desiderio, o delle ansie. Quando l’”io” non si identifica con il denaro, o il nome, o la nazionalità, o le persone, o gli amici, o qualsiasi qualità, l’”io” non è mai minacciato. Può essere molto attivo, ma non è minacciato.[…] in qualche modo, avete detto a voi stessi: “Il benessere dell’”io”, quasi l’esistenza stessa dell’”io” sono legati a quel desiderio”. La sofferenza è dovuta unicamente alla mia identificazione con qualcosa, che sia al mio interno o al mio esterno…quando entrano in gioco i sentimenti negativi, si perde la testa. Entra in scena il “me”, e rovina tutto. Dove prima c’era un problema da risolvere, adesso ce ne sono due. […] Quello che uccide la sensibilità ciò che molti chiamerebbero il sé condizionato: quando ci si identifica a tal punto con il “me” che l’eccesso di “me” impedisce di vedere le cose in modo oggettivo, con distacco. E’ molto importante che, quando si entra in azione, si sia in grado di vedere le cose con distacco. Ma le mozioni negative impediscono di avere un atteggiamento di questo tipo […]. Il dolore è il sintomo del fatto che ho condizionato la mia felicità a questa cosa o a questa persona, almeno fino a un certo punto. Siamo talmente abituati a sentirci dire il contrario che ciò che affermo appare disumano, non è vero? Sta di fatto però che è quanto ci hanno detto tutti i mistici in passato. Non sto affermando che il “me”, il sé condizionato, non ricada talvolta nei propri schemi usuali. E’ il modo in cui siamo stati condizionati. La domanda è però se sia concepibile vivere una vita in cui si sarebbe così totalmente soli da non dipendere da nessuno. Tutti noi dipendiamo gli uni dagli altri per ogni genere di cose, non è vero? Dipendiamo dal macellaio, dal fornaio, dal fabbricante di candele. Interdipendenza. Benissimo! Abbiamo organizzato la società in questo modo e assegniamo funzioni diverse a persone diverse per il benessere di ciascuno, così da funzionare meglio e vivere in modo più efficiente – o almeno speriamo sia così. Ma dipendere da un altro psicologicamente – dipendere da un altro emotivamente – cosa comporta? Significa dipendere da un altro essere umano per raggiungere la felicità. Pensateci sopra. Perché se lo fate, la prossima cosa che farete, ne siate coscienti o meno, sarà esigere che altre persone contribuiscano alla vostra felicità. Poi ci sarà un ulteriore gradino – paura, paura della perdita, paura dell’alienazione, paura di essere respinti, controllo reciproco. L’amore perfetto esclude la paura. Dove c’è amore non ci sono pretese, aspettative, dipendenza. Io non esigo che voi mi facciate felice; la mia felicità non alberga in voi. Se mi doveste lasciare, non mi sentirei dispiaciuto per me stesso; godo immensamente della vostra compagnia, ma non mio abbarbico a voi. Godo della vostra compagnia sulla base del non-abbarbicamento. Non siete voi, ciò di cui godo; è qualcosa di più grande di voi e di me. E’ qualcosa che ho scoperto, una sorta di sinfonia, una sorta di orchestra che suona alla vostra presenza, ma quando voi vene andate, l’orchestra non smette. Quando incontro qualcun altro, suona un’altra melodia, altrettanto deliziosa. E quando sono solo, continua. Ha un grande repertorio, e non cessa mai di suonare. Il risveglio è tutto qui. Ed è per questo che siamo ipnotizzati, addormentati, che abbiamo subito il lavaggio del cervello. Sembra una cosa terribile da chiedere, ma si potrebbe dire che voi mi amate, se vi abbarbicate a me e non mi lasciate andare?….. Questo è in contrasto con gli insegnamenti universali di tutte le Scritture, di tutte le religioni, di tutti i mistici. Quando si leggono quelle espressioni radicali nelle Scritture, ci si comincia a chiedere: quest’uomo è pazzo? Ma dopo un po’ si comincia a credere che tutti gli altri sono i pazzi. “Se non odiate vostro padre e vostra madre, i vostri fratelli e le vostre sorelle, se non rinunciate per sempre a tutto ciò che possedete, non potete essere i miei discepoli” Dovete abbandonare tutto. Non è una rinuncia fisica, lo capite: sarebbe facile. Quando cadono le vostre illusioni, finalmente siete in contatto con la realtà, e credetemi, non sarete mai più soli, mai più. La solitudine non si cura con la compagnia umana. La solitudine si cura attraverso il contatto con la realtà. Oh, sono tante le cose da dire su quest’argomento! Il contatto con la realtà, la caduta delle illusioni, il rapporto diretto con ciò che è reale. Qualunque cosa sia, non ha nome. Possiamo conoscerlo solo abbandonando ciò che è irreale. Si può scoprire cos’è lo stare soli quando si smette di abbarbicarsi, quando si smette di essere dipendenti. Ma il primo passo è vedere tutto questo come qualcosa di desiderabile. Se non lo si considera desiderabile, come si potrà mai arrivarci vicino? Pensate alla vostra solitudine. La compagnia umana potrebbe mai eliminarla? Servirebbe solo da distrazione. Dentro c’è un vuoto, non è vero? E quando il vuoto viene alla superficie, cosa si fa? Si fugge, si accende la televisione, si accende la radio, si legge un libro, si cerca la compagnia umana, il divertimento, la distrazione. Lo fanno tutti. E’ un gran business, oggi, un’industria organizzata per distrarci e intrattenerci. […] Prendete coscienza di voi stessi. Osservatevi. E’ per questo che prima ho detto che l’autosservazione è una cosa straordinaria e meravigliosa. Dopo un po’ non è necessario alcuno sforzo, perché man mano che le illusioni si sbriciolano si iniziano a conoscere delle cose che non possono essere descritte. Si chiama felicità. Tutto cambia, e ci si abbandona alla consapevolezza […] Nessuno può mostrarvi come fare, perché vi darebbe una tecnica, vi programmerebbe. Ma osservatevi. Quando parlate con qualcuno, ne siete consapevoli o vi state semplicemente identificando? Quando vi siete arrabbiati con qualcuno, ne eravate consci o vi stavate semplicemente identificando con la vostra ira? Più tardi, quando ne avete avuto il tempo, avete studiato la vostra esperienza, tentando di capirla? Da dove è venuta? Cos’ha portato? Non conosco alcun’altra strada che porti alla consapevolezza. Solo quello che si comprende può essere cambiato. Ciò che non si capisce, o di cui si è inconsapevoli, viene represso. Non si cambia. Ma quando lo si capisce, si cambia. Qualche volta mi viene chiesto: “Questa crescita in consapevolezza è una cosa graduale o piuttosto un cambiamento repentino” Esistono alcune persone fortunate che hanno una sorta di colpo di fulmine. Semplicemente, diventano consapevoli. Altre vi si avvicinano lentamente, gradualmente, piano piano. Iniziano a capire alcune cose. Le illusioni cadono, le fantasie vengono eliminate, strato dopo strato, e queste persone iniziano a venire a contatto con i fatti. […] Non esiste una regola assoluta. […] Se avete fortuna e gli dei vi sono propizi, o se siete dotati di grazia divina ( usate pure qualsiasi espressione teologica vi piaccia), potrete capire improvvisamente chi è l’”io”, e allora non sarete più gli stessi, mai più. Niente potrà più toccarvi e nessuno potrà farvi del male. Non avrete paura di nulla e nessuno. Non è straordinario? Vivrete come re , come regine. Ecco cosa significa vivere come un sovrano. Non c’entra niente con la possibilità di apparire sul giornale o con il possedere un sacco di soldi. Quelle sono tutte sciocchezze. Non si ha paura di nessuno perché si è soddisfatti di non essere nessuno. Non ve ne frega niente del successo o del fallimento. Non ha alcun significato. L’onore, il disonore, non hanno alcun significato! E anche se vi rendete ridicoli, non ve ne importa niente. Non è forse una condizione stupenda? Alcuni raggiungono quest’obbiettivo passo dopo passo, scrupolosamente, attraverso mesi e settimane di autocoscienza. Ma una cosa posso assicurarvi. Non conosco neanche una persona che abbia dedicato del tempo alla consapevolezza e che non abbia notato dei cambiamenti nel giro di qualche settimana. Cambia la qualità della vita, e dunque le persone non devono più credermi sulla parola. Lo vedono; sono diverse, reagiscono in modo diverso. Anzi, reagiscono meno e agiscono di più. Capiscono cose che non hanno mai capito prima. Si ha più energia, si è più vivaci. La gente pensa che, senza desideri, si sia come dei pezzi di legno senza vita. In realtà, si perde solo la tensione. Liberatevi della paura di fallire, della preoccupazione di riuscire, e sarete voi stessi. Rilassatevi. Non guidereste come state facendo ora, con il piede sul freno. Ecco cosa accadrebbe. C’è un bellissimo detto di Tranxu, grande saggio cinese, che mi sono preso la briga di imparare a memoria. Dice: “Quando l’arciere tira senza ambire a un premio particolare, ha tutte le sue capacità; quando tira per vincere una fibbia d’ottone, è già nervoso; quando tira per un trofeo dorato, diventa cieco, vede due bersagli, e perde la testa. Le sue capacità non sono andate perdute, ma il premio lo turba. Per lui è importante! Pensa più a vincere che a tirare, e il bisogno di vincere gli toglie la sua abilità”. Non vi sembra l’immagine della maggior parte delle persone? Quando non si vive in funzione di qualcosa, si conserva tutta la propria capacità, la propria energia, e si è rilassati, perché non importa che si vinca o si perda. Ma un’esistenza umana, per voi è possibile. La vita è tutta qui. Non può che derivare dalla consapevolezza. E nella consapevolezza capirete che l’onore non significa nulla. E’ una convenzione sociale, ecco tutto. Ecco perché i mistici e i profeti non se ne curavano neanche un po’. L’onore e a disgrazia per loro non significavano nulla. Vivevano in un altro mondo, il mondo delle persone destate. Il successo e il fallimento non significavano nulla per loro. Il loro punto di vista era: “io sono un asino, tu sei un asino, e dunque qual è il problema?”.Qualcuno ha detto una volta: ”Le tre cose più difficili per un essere umano non sono attributi fisici o capacità intellettuali. Sono queste: primo, restituire amore in cambio d’odio; secondo, coinvolgere gli esclusi; terzo, ammettere di avere torto”. Ma queste sono le cose più facili del mondo se non ci si è identificati con il “me”. Si possono dire cose come: “Ho torto! Se mi conosceste meglio, vi accorgereste di quanto spesso io sbagli. Cosa vi aspettate da un asino?”. Ma se io non mi sono identificato con questi aspetti del “me”, non potete farmi del male. All’inizio, entrerà in gioco l’antico condizionamento, e sarete depressi e ansiosi. Sarete addolorati, piangerete, e così via […] Pensavate che la felicità fosse emozione, che fosse elettrizzante? E’ proprio questo a causare la depressione. Non ve l’ha mai etto nessuno? Va bene, siete elettrizzati, ma state soltanto preparando la strada alla prossima depressione. Siete elettrizzati ma individuate l’ansia dietro l’emozione: come posso farla durare? Quella non è felicità è assuefazione […] Non guardate dall’alto in basso alle persone assuefatte all’alcool o alla droga: forse siete assuefatti anche voi quanto loro. La prima volta che ho potuto scorgere uno sprazzo di questo nuovo mondo, è stato terrificante. Ho capito cosa significava essere soli, senza un posto dove appoggiare la testa, lasciando liberi tutti ed essendo liberi noi stessi, senza essere speciale per nessuno e amando tutti – perché l’amore è questo. L’amore splende sul bene come sul male, fa cedere la pioggia sui santi come sui peccatori.E’ possibile che la rosa dica: “Concederò la mia fragranza ai buoni che mi annuseranno, ma la tratterrò se ad annusarmi saranno dei malvagi”? O è possibile che la lampada dica: “ Darò la mia luce ai buoni che si trovano in questa stanza, ma la sottrarrò ai malvagi”? O è possibile che un albero dica: “Farò ombra ai buoni che sosteranno sotto di me, ma la toglierò ai malvagi”? Queste sono immagini di cosa sia realmente l’amore. L’amore è sempre stato lì, e ci guardava in faccia dalle Scritture, ma noi non ci siamo mai presi la briga di vederlo perché eravamo troppo preoccupati di quello che la nostra cultura chiama amore, con le sue canzoni e i suoi poemi – ma quello non è affatto amore, è il suo opposto. Quello è desiderio, controllo, possessività. E’ manipolazione, paura, ansia – non è amore. […] C’è un’unica ragione per cui non provate quella che in India chiamiamo anand – beatitudine. C’è un’unica ragione per cui non state provando la beatitudine in questo preciso istante, ed è il fatto che pensate o vi fissate soltanto su ciò che non avete. Se così non fosse, provereste la beatitudine. Vi fissate su quel che non avete. Eppure, in questo preciso istante, avete tutto quel che vi serve per provare la beatitudine. Quattro passi verso la saggezza: La prima cosa da fare è entrare in contatto con i sentimenti negativi di cui non si è consci. Un sacco di gente ha dei sentimenti negativi senza rendersi conto di averli. Un sacco di gente è depressa senza rendersi conto di esserlo. E’ solo entrando in contatto con la gioia che si rende conto di quanto sia depressa. Non si può affrontare un cancro che non si è individuato. Non ci si può liberare degli insetti nocivi che infestano la propria azienda agricola, se non ci si è resi conto della loro presenza. La prima cosa da raggiungere è la consapevolezza dei propri sentimenti negativi. Quali sentimenti negativi? La malinconia, per esempio. Ci si sente malinconici e di cattivo umore. Si prova odio nei confronti di se stessi, o dei sensi di colpa. La vita sembra non avere scopo, né senso. Ci si sente feriti, nervosi e tesi. Prima di tutto, entrate in contatto con questi sentimenti. Il secondo passo (si tratta di un programma diviso in quattro fasi) è capire che il sentimento è dentro di voi, non nella realtà. E’ una cosa talmente evidente, ma le persone lo sanno? Non lo sanno, credetemi. Hanno il master e sono rettori di università, ma non hanno capito questo. A scuola non mi è stato insegnato a vivere. Mi è stato insegnato tutto il resto. Come ha detto qualcuno: “Ho avuto un’ottima istruzione. Ma ci sono voluti degli anni per farmela passare”. La spiritualità è tutta qui, sapete? Disimparare. Disimparare tutte le scemenze vi sono state insegnate. I sentimenti negativi sono dentro di voi, non nella realtà. Dunque, smettete di tentare di cambiare la realtà. E’ una follia! Smettete di tentare di cambiare l’altro. Sciupiamo le nostre energie e il nostro tempo cercando di cambiare le circostanze esterne, cercando di cambiare il nostro coniuge, il nostro capo, i nostri amici, i nostri nemici e tutti gli altri. Non dobbiamo cambiare nulla. I sentimenti negativi sono dentro di voi. Nessuna persona al mondo ha il potere di rendervi infelici. Nessun evento al mondo ha il potere di turbarvi o farvi del male. […] Voi avete creato il problema, Voi siete il problema. Vi siete identificati con il “me”, ed è questo il problema. Terza fase: mai identificarsi con quel sentimento. Non ha niente a che vedere con l’”io”. Non definite la vostra essenza in termini di quel sentimento. Non dite: “Sono depresso”… E’ questa la vostra illusione, è questo il vostro errore. In questo momento c’è una depressione, ci sono dei sentimenti feriti, ma così sia, lasciateli stare. Passeranno. Tutto passa, tutto. Le vostre depressioni e le vostre emozioni non hanno niente a che vedere con la felicità… Questo non ha niente a che vedere con l’”io”, né con la felicità. E’ il “me”. …. E’ necessario essere liberi. E’ necessario amare. E’ tutto qui: questa è la vostra natura. Ma la verità è che mi state dicendo che volete essere desiderati. Volete essere applauditi, volete essere attraenti, con tutte le scimmiette che vi corrono dietro. State buttando via la vostra vita. Svegliatevi! Non ce n’è bisogno. Potete essere liberi e beati senza tutto questo. La vostra società non sarà lieta di sentire quello che ho detto, perché quando si aprono gli occhi e si capisce questo concetto si diventa spaventosi. Come si può controllare una persona così? Non ha bisogno di nessuno, non si sente minacciata dalle critiche, non si cura di quel che pensa o dice la gente di lei. Ha tagliato tutti i fili: non è più un pupazzo. E’ spaventoso. “Dobbiamo liberarcene. Dice la verità; non ha più paura, non è più umano” Umano! Guardate! Finalmente un essere umano! Si è liberato della propria schiavitù, della propria prigione. Nessun evento giustifica un sentimento negativo. Non c’è situazione al mondo che giustifichi un sentimento negativo. Ecco cosa hanno tentato di dirci, di urlarci i nostrimistici, fino ad avere la voce roca. Ma nessuno ascolta. Il sentimento negativo è dentro di voi. […] Non dovete fare nulla per acquisire la felicità. Il grande Meister Eckhart ha detto con parole superbe: “Dio non si raggiunge attraverso il processo di addizione di qualcosa nell’anima, ma attraverso un processo di sottrazione”. Non dovete far nulla per essere liberi Bisogna abbandonare qualcosa. Allora si è liberi. La quarta fase: come si possono cambiare le cose? Come potete cambiare voi stessi? […] La persona addormentata pensa sempre che si sentirà meglio se sarà qualcun altro a cambiare. Si soffre perché si è addormentati, però si pensa: “Come sarebbe meravigliosa la vita se qualcun altro cambiasse; come sarebbe meravigliosa la vita se il mio vicino cambiasse, mia moglie cambiasse, il mio capo cambiasse”.  Vorremmo sempre che fosse qualcun altro a cambiare, in modo da sentirci meglio […] Siete voi ad aver bisogno di cambiare, ad aver bisogno di medicina. Continuate a insistere: “Mi sento bene perché il mondo va bene”. Sbagliato! Il mondo va bene perché io mi sento bene. E’ quel che dicono tutti i mistici. Il mondo non ha niente che non va. […] Noi vediamo le persone e le cose non per come sono, ma per come siamo noi. Ecco perché, quando due persone guardano qualcosa o qualcuno, si verificano due reazioni diverse. Vediamo le persone e le cose non per come sono loro, ma per come siamo noi […] Il giorno in cui voi cambiate, cambieranno anche loro. E voi vedrete in modo diverso. […] Mettete in atto questo programma, un migliaio di volte:

a) individuate i sentimenti negativi che sono in voi;

b) capite che sono dentro di voi, non nel mondo, nella realtà;

c) non considerateli parte essenziale dell’”io”: queste cose vanno e vengono;

d) capite che quando voi cambiate, tutto cambia.

MESSAGGIO PER UN’AQUILA CHE CREDESI UN POLLOultima modifica: 2015-10-04T09:26:12+02:00da mikeplato
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