IL GIOBBE DI ANNICK de SOUZENELLE

annick2015

di Mike Plato

Giudeo-cristiana, Annick de Souzenelle si avvale della cabala e di tecniche cabalistiche fonetiche per interpretare il testo sacro, spesso con vedute molto profonde ed efficaci che fanno leva sulla psicologia junghiana. Nella sua visione cabalistica dell’Esodo, l’ebreo è colui che si apre spazi di coscienza sempre più ampi attraverso mutazioni successive, mentre l’egiziano è colui che è interamente votato alla vita esteriore, e che rimane sclerotizzato nelle forze di schiavitù dell’inconscio che si oppongono ad ogni crescita di coscienza. La Bibbia non vuole raccontare una storia ma un archetipo che interessa tutti, nell’intimo. La cabala particolare della Souzenelle, con la quale scioglie molti misteri del testo biblico, si basa su giochi di parole ebraiche e sulla corrispondenza tra lettere, parole e numeri che ella definisce matematica del Verbo: «l’alfabeto ebraico è fatto di sole consonanti, e questo dà alla lingua una sbalorditiva mobilità musicale e una rara significanza nei giochi di parole, al fondo delle quali suona il Verbo divino». ». I miti e la Bibbia, grandi narratori del programma ontologico dell’uomo, nascondono l’uscita dal labirinto attraverso un linguaggio simbolico che può essere accessibile solo ai puri di cuore. Si stabilisce una risonanza tra linguaggio simbolico del mito e l’informazione-memoria nell’anima, sempre che vi sia. La tragedia del mondo pone un’alternativa pressante: o ci separiamo per sempre dal soffio e moriamo nel labirinto; oppure postuliamo il Verbo, il nostro seme divino, e facciamo la pasqua, che è passaggio ad altro stato dell’essere, le cui mutazioni interiori si riverbereranno all’esterno. Secondo la Souzenelle, quando Dio uccide, vuole uccidere o stermina, in realtà vuole “riattivare”, “mutare” l’uomo, lo vuol far morire nella sua componente animale e persino umana, per recupare il suo femminile interiore divino e l’immagine e somiglianza perdute. Classico esempio è il misterioso versetto di Esodo 4,24 «Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne incontro e cercò di farlo morire», che non avrebbe altrimenti senso se non in un’ottica di morte iniziatica e rinascita (se il seme nella terra non muore, non porta frutto). Ed ecco il senso delle piaghe, catalizzatori di coscienza, prove e passaggi, ostacoli e presunti mali che trasformano l’egiziano che siamo, sclerotizzato, e incosciente del suo femminile divino (puro ego), in ebreo (iniziato) che cerca la sua propria liberazione attraverso la ricongiunzione con se stesso: la terra promessa, l’interiore. I punti fermi dell’esegesi della de Souzenelle sono i seguenti: 1) incontrare Dio significa incontrare l’Io interiore; 2) si è perduto il senso e il ricordo di queste nozze mistiche, e questa è la caduta che impedisce all’uomo di rinascere ad altri livelli di coscienza; lo trascina a normalizzare la sua situazione di caduta e ad identificarsi strettamente con la situazione animale del sesto giorno della Genesi 3) la prima unione è con la costola-lato di Adam, Eva, il femminile dell’essere, matrice di fuoco in cui occorre rientrare per riconquistare il Nome vero dell’essere; 4) Adam, che è l’intera umanità, vive la drammatica esperienza dell’esilio, cioè dell’oblio, perdita della coscienza del me, perdita tragica. Non è caduta, ma esilio da noi stessi, ed è ciò che fa il nostro dramma perché abbiamo normalizzato questa situazione d’Esilio, ma non abbiamo ancora preso coscienza di dover riannodare noi stessi a Noi Stessi; 5) c’è una storia esterna e una interna che ci chiama continuamente. Il mito è semplicemente la storia del nostro Io interiore; 6) L’oggetto della contemplazione dei mistici deve essere l’icona di Cristo glorioso, del Cristo risorto che ha vinto la morte e rivestito l’uomo cosmico con il suo corpo di luce. A questo livello la materia ridiventa energia; 7) Secondo il grado di partecipazione dell’uomo al suo essere divino, il corpo irradia, a differenti gradi, il mondo dell’alto. In tale prospettiva , il corpo umano sembra veramente essere ciò che di piu’ concreto ci è dato per riflettere il mondo divino. Nel saggio Giobbe sulla Via della Luce (1994), le piaghe d’Egitto divengono le sofferenze di Giobbe. La de Souzenelle vede l’intera vicenda di Giobbe come autentico cammino iniziatico, e ognuno dei mali che affliggono Giobbe, ogni discorso consolatorio o moralizzatore dei suoi amici e della sua sposa, ognuna delle lamentazioni e delle rivolte di Giobbe come altrettante tappe o gradi di mortificazione in vita ed evoluzione spirituale, verso la definitiva morte dell’uomo vecchio in lui, che lo innalzano verso la Luce e verso il Nome eterno. All’inizio, Giobbe è nelle condizioni dell’Adamo del sesto giorno. Secondo la de Souzenelle, il primo Adamo era imperfetto, laddove l’Adamo del settimo giorno (uomo come anima vivente) è la perfezione poi perduta con la caduta. Sebbene per chi scrive sia il contrario, in quanto è proprio l’Adam Qadmon ad essere generato ad immagine e somiglianza del Padre Elohim suo, ammettiamo che il teorema della cabalista francese sia corretto, e che (chi scrive concorde) sia corretto persino il definire Adam come il Verbo di Dio. Ebbene, l’uomo, paralizzato nello stato imperfetto del sesto giorno, non ha più alcuna idea del necessario passaggio verso lo stato perfetto del settimo guorno. Si adatta come può e compensa il vuoto interiore con forme religiose esteriori con cui si lega ad un’idea che egli si fa di Dio, non conoscendolo. Obbedisce quindi alla legge prescritta dalla sua religione. Egli non vive, perchè vive solo ciò che è unito al Vivente, a Dio, ma sonnecchia. Il risveglio necessita di un preliminare lungo periodo di obbedienza alla legge religiosa la quale crea strutture letterali senza le quali non vi può poi essere lo slancio verticale verso lo Spirito di se stessi e delle cose. Ma questa non è la porta della liberazione, non consente le nozze mistiche, e peraltro può sclerotizzarsi in dogmi bloccanti che impediscono all’uomo di ascoltare la “voce di Yhwh”. Questi dogmi gli entrano dentro creando forme-pensiero talmente resistenti da non poterle sradicare senza una morte iniziatica, un mutamento di prospettiva talmente destabilizzante da essere rifiutato dai più. La de Souzenelle definisce questa “morte al fine del rivolgersi alla luce”, la morte cui va incontro Giobbe, una morte che precede e rende nulla la morte della componente psico-somatica naturale, una morte che gli consente, lui sposa, le nozze con il Dio-Sposo. La de Souzenelle, nelle sue opere, da buona cabalista, insiste assai sull’importanza del nome del luogo di nascita di un personaggio biblico e sul nome della sua persona. Il primo è in risonanza con la qualità della sua terra interiore, il secondo è icona del NOME segreto del suo essere, del nome del suo essere eterno che conoscerà solo divenendolo, secondo tutta la vocazione personale iscritta in lui. I nomi racchiudono l’essenza archetipica, contengono cioè l’informazione della vocazione di colui o di colei che lo porta. Non fa eccezione Giobbe, il cui nome ebraico “Iyob” racchiude un richiamo divino al quale egli sarà libero di rispondere o meno. Ma se non vi risponde, le energie in esso racchiuse si rivolgeranno contro di lui e lo divoreraranno. Se egli obbedisce al richiamo, alle istanze dharmiche, raggiungerà il suo NOME e se stesso, attraverso le mutazioni necessarie. Il nome proprio di Iyob è la stessa radice della parola “eybah”, ovvero “inimicizia”, ciò che Dio sancisce tra il Serpente e la Femmina, tra la stirpe del primo e la discendenza della seconda. Il Libro di Giobbe, in effetti, rimanda a quello della Genesi. La questione di cosa rappresenti la Issah di Genesi, il polo femminile, solo dopo la caduta chiamata Eva, è molto sentita dalla francese. Per lei, la Issah è il lato in conscio di Adamo che Dio gli rende manifesto. Ora, la discendenza di Issah è Adam stesso, il fratello che può rigenerarsi attraverso di lei come matrice. Mosè era egizio e questa triade Adam-Issah-Serpente è l’equivalente della teiade egizia Osiride-Iside-Seth, con il nuovo Adam che corrisponde all’Horus figlio della vedova. Per schiacciare il serpente, divenuto nemico da avversario, Issah deve accogliere Cristo-YHWH e farselo mettere alla testa del suo essere, di modo che esso schiacci cio che è serpentino in lei: siedi alla mia destra, dice YHWH ad Adonai, finchè ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi (Salmo 110). Ma intanto la Issah non ha più come sposo l’Adam Elohim, lo Spirito, e l’anima si è unita al Serpente (il nostro complesso psico-somatico). Giobbe è l’archetipo dell’uomo come kurukshetra, territorio di lotta mentale tra due forze in eterna ostilità.

La Souzenelle ritiene importante ogni dettaglio del Libro di Giobbe. Ad esempio, i sette figli e le tre figlie, in totale 10 figli, le energie potenze interiori che sono chiamate a costituire il suo essere. Il 10 è il peso numerico della lettera Jod, la più piccola dell’alfabero ebraico, e l’inizio del sacro nome YHWH. Il numero 1 è divino, appartiene solo a Dio. Lo è anche il 10, ma esso è Dio che si incarna nella creazione nella sua polarità maschio-femmina. Tutta la creazione è femminile rispetto a Dio, il quale si rivela come maschile in relazoine ad essa. Di qui la corretta denominazione di Padre, non nel senso che Dio sia maschio, ma in quanto polo attivo verso la creazione (emanazione). Sono solo le operazioni divine nel creato ad avere un carattere maschile e femminile. Che noi siamo uomo o donna da un punto di vista umano, non influenza o muta il fatto che siamo tutti animicamente maschio e femmina , e che siamo “femmina” in relazione a Dio nel suo aspetto di Creatore. Ancor più siamo “femmina” se facciamo la sua volontà, il che implica che “maschio” in relazione a Dio è un’anima che pretende di fare la propria volontà egoistica. E le Femmine di Dio sono diventate Maschi, in tale ottica. Giobbe sente il bisogno di mutare polarità e di diventare una “femmina” di Dio, non senza ostacoli e sofferenze. Ogni maschio deve farsi femmina per il Regno (Cristo dice Eunuco per indigare comunque uno status androgino), farsi vero Figlio di Dio, gravido del Suo seme, vergine incinta chiamata ad accollarsa la sua maternità (diventare gravido di Dio nell’anima) per divenire sposa. Se non generiamo questo figlio dell’Uomo, ovvero non rigeneriamo l’Uomo Interiore, restiamo –sentenzia la Souzenelle- un’umanità femminile e sterile, che costituisce il mondo della caduta. Definire l’umanità femmina sterile o maschile verso Dio poco muta. Giobbe è come chiunque di noi, gli hanno insegnato un Dio esteriore, non ha ancora compreso che Dio è dentro di lui, non si è finora ancorato con il santo NOME nell’intimità del suo essere. E’ impastato di timore ma non sa ancora cosa sia l’amore, cerca di propiziarsi Dio con sacrifici esteriori, ma non comprende che lo attende un sacrificio più sublime sul proprio altare interiore. Deve incamminarsi verso la conquista del suo regno interiore, verso la Terra Promessa, fono al segreto dell’ IO SONO del suo essere, il suo NOME. L’Io Sono in via di essere di ognuno, reso vivente dall’immagine ricostituita, viene visitato in ogni istante dal Cristo risorto che ha vinto il Saran e riaperto la strada dell’immagine e somiglianza divina in ogni uomo, dall’inizio alla fine dei tempi, perchè Egli è l’Eterno. Sulla sua strada, Giobbe trova lo Shaitan, incaricato da Dio di essere suo Avversario (come lo fu per Adamo e lo sarà per Cristo) fino all’estremo, ma non a tal punto da ucciderlo. Lo Shaitan ha una funzione ontologica: geloso dell’uomo, ripropone continuamente i suoi ostacoli sulla soglia di ognuna delle porte, per divorare colui che vi si presenta. Lo Shaitan è in ognuno di noi, nemico divoratore dell’umanità caduta, ma nemico a cui ognuno, con la forza di YHWH, può rendere il suo ontologico ruolo di avversario (cosa diversa da nemico) nel contesto della sia persona. Le forze dello Shaitan sono terrificanti, quelle di YHWH onnipotenti. Giobbe è lo spazio di coscienza dello scontro tra queste due forze, l’anima contesa, come è detto in Giuda 9:  “l’arcangelo Michele quando, in contesa con il diavolo, disputava per Mosè….”. Satana sembra scommettere con YHWH sul fatto che, anche l’uomo più timorato del mondo, qual’è Giobbe, è capace di abbandonare Dio se la vita gli dona solo sofferenze e calamità. Il testo di Giobbe 1 recita: «Il Signore disse a satana: «Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, teme Dio ed è alieno dal male». Satana rispose al Signore e disse: «Forse che Giobbe teme Dio per nulla? Non hai forse messo una siepe intorno a lui e alla sua casa e a tutto quanto è suo? Tu hai benedetto il lavoro delle sue mani e il suo bestiame abbonda di terra.  Ma stendi un poco la mano e tocca quanto ha e vedrai come ti benedirà in faccia!». Il Signore disse a Satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui».  La Souzenelle è stata profonda nel vedere Giobbe come Adamo. Infatti il testo dice che YHWH ha messo una siepe protettiva intorno a lui, come il recinto dell’Eden intorno ad Adamo. Ma come lo Shaitan penetra in Eden, così penetra nella vita benedetta di Giobbe e porta calamità. Eppure Giobbe, pur perdendo tutto ciò che aveva, resta saldo e non cede alla tentazione dell’Insinuato: «Nudo uscii dal seno di mia madre, e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore!». In tutto questo Giobbe non peccò e non attribuì a Dio nulla di ingiusto». Giobbe non comprende il motivo della sua rovina, nonostante sappia di essere ben voluto da Dio. Quindi sospende il giudizio e soffre senza giudicare, come dovrebbe fare qualsiasi vero iniziato che ha una relazione con il Dio dell’interno. E c’è un altro aspetto della vicenda che la Souzenelle non ha notato. In Genesi 14 , allorche Abramo incontra Melkizedek e poi affronta il Re di Sodoma, noi vediamo come lo stesso Re di Sodoma, ovvero lo Shaitan, tenta Abramo, ovvero il Melkizedek, chiedendogli le persone (le anime del suo corpus)  in cambio dei beni: Poi il re di Sòdoma disse ad Abram: «Dammi le persone; i beni prendili per te». Ovvero, se mi concedi le anime dei tuoi, ti colmo di ricchezze. Abramo non cede e dice:  «Alzo la mano davanti al Signore, il Dio Altissimo, creatore del cielo e della terra: né un filo, né un legaccio di sandalo, niente io prenderò di ciò che è tuo; non potrai dire: io ho arricchito Abram. Per me niente». Perchè Abramo in un simile contesto dice: “non potrai dire: io ho arricchito Abram”? E’ una affermazione che non ha senso se non in un contesto di tentazione e giudizio celeste. Come se Abramo dicesse: “non potrai dire nel giorno del giudizio che io ho ceduto alle tue lusinghe”. Ora, si dà il caso che la stessa cosa si verifica in Giobbe, nel dialogo tra YHWH e lo SHAITAN, allorchè YHWH dice a Satana: «Ecco, quanto possiede è in tuo potere, ma non stender la mano su di lui». Quanto possiede Giobbe a livello di beni è in tuo potere, spoglialo. Quindi Mammona è in mano agli Arconti per decreto di YHWH. Ma aggiunge YHWH : «Ma non stendere la mano su di lui». Ovvero, lo Shaitan non può toccare Caino. YHWH lo ha permesso solo con Yeshua, ma per un motivo specialissimo. La Souzenelle afferma che la scena del dialogo YHWH-SHAITAN sembrerebbe quasi un complotto ordito da due compari maliziosi o maligni congiunti  da un losco affare. In realtà, questa interazione mette in gioco il destino superiore di Giobbe, quello di ritrovare la sua reale essenza, il suo eterno NOME, per rientrare nella sua primordiale dimensione di Elohim nella quale si celebreranno nozze ineffabili. Quando un uragano distrugge le case dei suoi figli, nel testo ebraico “uragano” o “vento violento” è “ruach gadol”, la rauach di Elohim, lo Spirito di Dio che puo creare e distruggere, che può dare e che può togliere. Nonostante ciò, da Figlio di Dio, Giobbe ha il forte istinto di rimanere fedele a Dio. Si straccia il mantello, simbolo delle sovrastrutture mondane intellettive (religiose, sociali, etiche), e si rende immediatamente conto che nulla di ciò è adeguato al sisma che lo ha colpito. Amplifica il gesto rasandosi il capo, ovvero decidendo di non appoggiarsi più alla forza esteriore ma di attingere ad una sorgente di forza interiore che deve iniziare a scoprire. Deve imparare non più a muoversi in orizzontale, ma a verticalizzare i suoi pensieri e le sue azoini, cercando una relazione con l’intimo. Deve rinascere dall’alto, dopo essere nato in basso, per linea orizzontale. Ma la vera lotta non sarà con lo Shaitan quanto con YHWH, perchè sotto un certo aspetto Giobbe è lo stesso Shaitan-Ego che non facilmente si sottomette all’Assurdo rappresentato dal suo Io Sono, la Cui volontà non coincide affatto con la sua. Ma la guerra allo Shaitan permetterà a Giobbe di togliersi tutte le pelli animali da dosso, tutte le vesti arcontiche, fino alle ultime pelli, quelle del Behemot e del Leviathan. 

IL GIOBBE DI ANNICK de SOUZENELLEultima modifica: 2017-09-03T13:11:17+02:00da mikeplato
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