IL SACRO TERAPEUTICO-SCIAMANICO TRA NEW AGE E NEXT AGE

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Università degli Studi di Torino

Tesi di Laurea anno accademico 1999-2000

Relatore: Chiar.mo Prof. Giovanni Filoramo
Candidato: Pier Luca Roggero

INDICE 

INTRODUZIONE

I.  INQUADRAMENTO STORICO

   1.1.  Il New Age

   1.2   Il Next Age

   1.3.  Il concetto di Metanetwork

II.  IL NEOSCIAMANESIMO

   2.1.  Il ritorno dello Sciamanesimo

   2.2.  Le origini storiche del Neosciamanesimo

III.  LO SCIAMANESIMO NELLA SPIRITUALITÀ NEW AGE

    3.1.  Il New Age e la concezione “olistica”

    3.2.  Il Neosciamanesimo “olistico” e Michael Harner

    3.3.  Il Neosciamanesimo “mistico” e “naturalistico”

    3.4.  Riflessioni

IV.  IL NEOSCIAMANESIMO CASTANEDIANO TRA SALUTE E SALVEZZA. LA TEORIA

    4.1.  Introduzione

    4.2.  Perché Castaneda

    4.3.  Il sistema di “Conoscenza” di Don Juan

V.  IL NEOSCIAMANESIMO CASTANEDIANO TRA SALUTE E SALVEZZA. LA PRATICA

    5.1.  Introduzione

    5.2.  L’arte dell’agguato

    5.3.  L’arte del sognare

VI.  IL “SOGNO LUCIDO” E IL “SOGNARE”

6.1.  Il “sogno lucido”

6.2.  Il “sognare”, la conoscenza salvifica castanediana

VII.  CONCLUSIONI

BIBLIOGRAFIA

 

INTRODUZIONE

Il desiderio e la ricerca di una salvezza personale , insieme a quella del proprio benessere fisico e mentale, rappresentano caratteristiche primarie che contraddistinguono la dimensione sacro-terapeutica di molte forme di religiosità nate in questi ultimi decenni. Questa semplice constatazione, che prende spunto da numerosi dibattiti e lavori,[1] è alla base del mio studio che vuole esaminare una di tali nuove proposte cercando comunque al tempo stesso di collocarsi nel contesto di una consistente riflessione storico-religiosa. In tale ambito di indagini infatti i concetti di salute e di salvezza sono diventati ormai da tempo oggetto di molte discussioni e di accurate analisi, in maggior misura dovuti al confronto con la tradizione delle religioni storiche e di quelle del passato.

Attingendo da questa documentazione ma con l’intenzione di essere piuttosto sintetico, è facile notare come i due termini di salute e di salvezza di volta in volta siano stati recepiti ora come corrispondenti, ora invece come antagonisti.

Una prima chiave di interpretazione presenta la concezione di salute come uno stato alternativo e opposto a quello di malattia. Questo primo approccio sottolinea soprattutto il fatto che non vi sia religione al cui interno non esista anche una domanda di guarigione dalla malattia, sia essa intesa in senso fisico oppure in senso “spirituale”. Al contrario, in certi casi si riscontra una sorta di corrispondenza tra salute e salvezza: la religione viene ritenuta efficace nella misura in cui è in grado di elaborare un sistema rituale di cura e di guarigione della malattia. Esso diventa infatti in qualche modo garanzia delle effettive capacità di salvezza della religione medesima.

La sensibilità con cui tale problematica si trova affrontata e risolta nei differenti contesti religiosi è però diversa. Se infatti nel mondo occidentale la tradizione greca e successivamente quella giudaica hanno poco per volta indotto a una rigida separazione tra mondo religioso e scienza medica, nella tradizione orientale è possibile ravvisare, soggiacente alle cure di una certa patologia, una ben precisa antropologia filosofica e religiosa. Ancora diverso sarà poi il caso degli stregoni e degli sciamani delle popolazioni a livello etnologico, che più spesso associano l’origine della malattia alla presenza di spiriti o di altre entità negative che dovranno essere allontanate nell’ambito di un ben preciso rituale religioso.[2]

Una seconda lettura del binomio salute-salvezza vede in questi due termini non un loro reciproco completamento, ma piuttosto una loro opposizione, che deriva da una diversa prospettiva in ordine alla concezione del male, dell’escatologia e della stessa divinità.[3]

Da una parte, quindi, ci sarà il concetto di salute, che risulta essenzialmente isolato ed è proprio, ad esempio, delle religioni di stampo politeistico. Infatti in queste tradizioni gli dei risultano essere responsabili del buon andamento di ogni aspetto della vita e del mondo, e dunque nel loro governo non ci può essere nulla di negativo perché sono buoni e dunque anche innocenti di fronte al male. Ne deriva perciò che il solo male da cui l’uomo può chiedere salvezza e liberazione sia quello contingente: la guarigione da un dolore fisico, la riuscita degli affari, una buona navigazione… Non esiste per l’uomo una via di salvezza da quanto si avverte comunemente essere parte del “male di vivere”: il dolore, la morte e quanto c’è di sofferente nella natura umana fanno semplicemente “parte della vita”. Possono certo diventare oggetto di acute riflessioni, e il primo esempio che  viene in mente in questo caso è ovviamente la tragedia greca, ma nulla tolgono al destino della vita futura nell’Ade cui l’uomo greco dell’epoca omerica si sente chiamato.[4] La “staticità” di questa concezione, infatti, riposa sul fatto che il nostro è il migliore dei mondi possibili e non si potrebbe dire diversamente senza chiamare in causa la giustizia ovvero l’onnipotenza, l’onniscienza o la bontà della divinità.

La nozione di salvezza, dal canto suo, mantiene una sua dimensione “dinamica”, sia che venga pensata come liberazione da un male assoluto di natura etica[5], sia che questo male si raffiguri quale principio ontologico.[6] In entrambi i casi, difatti, la salvezza sopraggiungerà quale liberazione che si realizzerà nell’escatologia, in cui verrà ripristinata la situazione iniziale di perfezione, ma a un livello più elevato.  In tutti questi casi, la radice del male si situa altrove rispetto al Dio sommo, e Dio mantiene un ruolo trascendente rispetto a questa realtà colpita dal male medesimo. La dimensione etica piuttosto che ontologica del male sarà allora raffigurata dalla possibilità, negata nel primo caso ma presente nel secondo, di fare in modo che questo male possa fondare una dimensione sostanziale della natura umana.[7]

Acquista allora importanza in tale quadro la figura del Salvatore che, in un contesto in cui il male assume esclusivamente una dimensione etica (come nel cristianesimo), potrà assolvere il compito di farsi lui carico del male da cui l’uomo da solo non saprebbe risollevarsi. Invece, in una prospettiva gnostica in cui sia presente non solo un male cui sia attribuita in vario modo una dimensione ontologica, ma anche una “conoscenza di per sé salvifica” (la gnosi è la “conoscenza che salva”), il salvatore assumerà piuttosto il ruolo di una specie di illuminatore e sarà chiamato soltanto a far scoprire all’uomo la sua vera natura e il suo vero destino: quest’ultimo, riconosciuta la sua identità, potrà allora rialzarsi, liberarsi dal male e ritornare alla sua originaria dimora divina.

Individuate, pur in maniera così sintetica, queste due diverse chiavi di interpretazione del rapporto salute – salvezza, è mia intenzione in questo lavoro andare a vedere come tale schema si trovi presente o possa comunque tornare utile per analizzare le soluzioni proposte dalla nuova nebulosa mistico-esoterica del New age nelle varie forme della religiosità contemporanea.[8]

Su questo punto nasce però una difficoltà: il numero sempre crescente di tali nuove forme di religiosità. Pertanto, pur prendendo atto dell’arbitrarietà di questa posizione, ho scelto di limitare l’attenzione solamente al fenomeno del “Neosciamanesimo” new age che si può tuttavia considerare sufficientemente rappresentativo se non di molte possibili soluzioni adottate dalla moderna religiosità, quanto meno di un certo metodo di ricerca.

Il mio interesse personale riguardo a questo fenomeno è sorto all’incirca tre anni fa, quando una carissima persona mi regalò un’opera dell’antropologo peruviano Carlos Castaneda, “L’arte di sognare”, in cui vengono narrate le sue incredibili avventure oniriche in perfetta consapevolezza, accompagnate da una serie di tecniche a lui insegnate dal maestro stregone Don Juan per mantenere e dirigere coscientemente lo stato di veglia “lucida” nei sogni, tutte finalizzate al raggiungimento della vera “conoscenza” salvifica di cui il “sognare” rappresenterebbe la tappa fondamentale.

Incuriosito e assai attratto dalle potenzialità che, perlomeno nel libro, offrivano queste “tecniche di sogno”, incominciai – forse in modo poco prudente – a seguirle in modo rigoroso sull’esempio di Castaneda, riuscendo poco alla volta ad acquistare sempre più “lucidità” nelle mie esperienze  notturne.

Successivamente mi immersi in una lettura più approfondita dell’intera opera castanediana, e giunsi appunto a scoprire che questa singola esperienza costituiva solamente una parte (seppur basilare) di un sistema di insegnamenti molto complessi, aventi un substrato ideologico derivante dalle antiche tradizioni “sciamaniche” rimodellate in chiave moderna, a misura dell’uomo “religioso” contemporaneo. Decisi a questo punto di affrontare seriamente nella tesi di laurea tali tematiche – e la possibilità per far ciò mi fu offerta dal prof. Giovanni Filoramo, che ringrazio particolarmente –, con la ferma intenzione di studiare in maniera accurata le varie modalità nelle quali si stava trasformando la religiosità nella realtà attuale, abbracciando con entusiasmo il caso del “Neosciamanesimo” nella cultura “sacro-terapeutica” new age.

Quando il prof. Filoramo acconsentì di seguirmi in questo lavoro, fu come se realmente il mio “sogno” personale  riuscisse ad avverarsi, ed ora posso senza dubbio affermare che, dopo aver superato alcune difficoltà ed ostacoli iniziali, esso sia arrivato finalmente ad un suo compimento conclusivo, fine ma credo per me inizio di una ricerca ancor più profonda da sperimentare e vivere di persona.

 

I. INQUADRAMENTO STORICO

1.1. Il New Age

Gli studiosi che si sono accostati alle differenti espressioni culturali, artistiche, spirituali, terapeutiche, che utilizzano il simbolo “Nuova Era” o “Era dell’Acquario” con l’intento di cogliere ciò che le unisce, hanno spesso provato un particolare senso di smarrimento, causato dall’assenza di una struttura unificata e di un centro ispiratore di questa nuova realtà – new, appunto – che lega sincretisticamente diverse tendenze, più che religiose, è meglio dire, “spirituali”.

Come punto di partenza, per un tentativo di circoscrivere il fenomeno, potremmo riallacciarci all’opera di Wouter J. Hanegraaff, “New Age Religion and Western Culture. Esotericism in the Mirror of Secular Thought”, per cui la “Nuova Era” (in inglese “New Age”) assume i tratti di una corrente culturale, radicata nell’esoterismo occidentale del secolo XIX e volgarizzata nella seconda metà del secolo XX, che si presenta sotto l’insegna del mito dell’Acquario.[9] Secondo Hanegraaff, il nucleo concettuale di questo fenomeno risiede in una credenza utopistica di rinnovamento globale, sia sociale che individuale, dell’umanità, che starebbe per entrare in una nuova era di presa di coscienza spirituale a livello planetario, di armonia e di luce.[10]

Da un punto di vista terminologico, piuttosto che dottrinale, in linea col pensiero di Hanegraaff, i maggiori studiosi contemporanei sono concordi nel ritenere le espressioni “Nuova Era” e “Era dell’Acquario” come provenienti  da alcuni ambienti esoterici europei ed americani della fine del sec. XIX inizio del sec. XX, dove le idee dell’evoluzionismo scientifico erano state applicate alla storia psicologica e spirituale dell’umanità e si alimentava l’attesa di un cambiamento radicale,[11] corroborata  anche da alcune speculazioni astrologiche.

Uno dei libri di riferimento della galassia “New Age”, è senza dubbio  “L’Ere du Verseau” pubblicato nel 1937 dall’esoterista francese Paul Le Cour. Basandosi su antiche teorie astrologiche, secondo cui il sole cambierebbe di segno zodiacale ogni 2169 anni circa, Le Cour era convinto che stesse per finire l’Era dei Pesci, iniziata il 21 marzo dell’era cristiana, e che il sole  fosse in procinto di entrare nel segno zodiacale dell’Acquario. E mentre l’era dei Pesci era caratterizzata da grande ristrettezza e da innumerevoli guerre, l’era dell’Acquario sarebbe dovuta essere  contraddistinta dall’abbondanza, simbolizzata dalla figura mitica dell’Acquario, il giovane Ganimede che versa da un’urna un fiotto d’acqua.[12]

(È interessante in questo caso ricordare, con Introvigne, che “su un altro versante, secondo la tradizione dei cicli dell’umanità – che si ritrova nella maggior parte delle grandi civiltà: indiane, greche, egiziane, sumere, indù, cinesi – quest’ultima sarebbe arrivata oggi al punto di passaggio dall’età del Ferro all’età dell’Oro. La serie di coincidenze cronologiche e l’identificazione del simbolo astrologico dei Pesci con il pesce come simbolo di Cristo – secondo l’acrostico greco Ichtus, “pesce”, che riassume l’invocazione “Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore”- rendevano facile l’associazione fra l’Età dei Pesci e l’era cristiana, e la successiva Età dell’Acquario con un’era in cui sarebbe apparso qualcosa di radicalmente nuovo rispetto al cristianesimo. Se, come ha osservato lo storico dell’esoterismo Robert Amadou, una serie di autori precedenti avevano influenzato lo schema di Paul Le Cour, va notato come per Le Cour l’Età dell’Acquario sarebbe stata caratterizzata da un nuovo cristianesimo, non più gerarchico sotto il segno di San Pietro, ma spirituale ed esoterico sotto il segno di San Giovanni”).[13]

Per capire il movimento culturale che si è definito più tardi, tra gli anni 1960 e 1980, occorre per molti studiosi guardare alla sua matrice essenziale, che troviamo nella tradizione esoterico-teosofica[14] diffusa nell’ambiente intellettuale europeo dei secoli XVIII-XIX e specialmente nei circoli culturali della massoneria, dello spiritismo, dell’occultismo, della teosofia.[15] Questi circoli condividevano una forma di cultura esoterica, definita,  dallo specialista francese Antoine Faivre,[16] da questi elementi: il principio dell’analogia ed il sistema delle corrispondenze fra microcosmo (l’uomo) e macrocosmo (il mondo); la possibilità dell’uomo di entrare in contatto con il mondo dell’aldilà tramite la conoscenza intuitiva e l’immaginazione, ricorrendo a mediatori particolari o ad appositi riti; la credenza in un’energia onnipervasiva (un fluido di tipo mesmeriano) che l’iniziato tenta di controllare; la centralità dei riti di iniziazione spirituale proposti all’uomo per farlo arrivare alla gnosi, una conoscenza di tipo salvifico; il concetto di Tradizione filosofica e religiosa, anteriore e superiore a tutte le religioni storiche e “dottrina segreta” chiave per comprendere il pensiero esoterico.

In questo senso, e seguendo ancora le idee di W. J. Hanegraaff, il “New Age” non farebbe altro che integrare l’esoterismo tradizionale (che si esprimeva nell’alchimia, nella magia, nell’astrologia) con forme di pensiero tipiche del mondo orientale e con esperienze di tipo gnostico,[17] proponendo una sorta di sapere che lo studioso olandese definisce “esoterismo secolarizzato”.[18] Questa integrazione è particolarmente chiara nelle opere di Helena Petrovna Blavatsky (1831-1891),[19] una “medium” russa che fondò, insieme allo spiritista americano Henry Olcott, la Società Teosofica (New York, 1875), nel tentativo di fondere insieme in uno spiritismo di tipo evoluzionistico le tradizioni dell’Oriente e dell’Occidente e investigare le leggi inspiegate della natura con i poteri salvifici latenti nell’uomo.

Inoltre, e per rimanere nello stesso filone interpretativo, è importante citare  l’ipotesi del “New Age” come  un fenomeno di “nuova gnosi” proposta da G. Filoramo, il quale più precisamente afferma che, “in questo caso non si ha a che fare con forme di pensiero direttamente collegate alle tradizioni antiche dello gnosticismo  (anche se alcuni esempi in questo senso non mancherebbero), quanto piuttosto con la ripresa indiretta di  tradizioni  esoteriche  che,  dal  punto  di vista della comparazione fenomenologica, presentano sorprendenti corrispondenze strutturali, ruotanti intorno al tema autoredentivo della religione del Sé”.[20] Il New Age, in questo caso, attingerebbe al pensiero gnostico per il quale si riconosce l’esistenza di piani e di progetti nell’universo da cui si deduce che questo è circondato e animato da una intelligenza, una coscienza cosmica universale, meglio espressa come “Energia”. Secondo l’itinerario gnostico il newager non “crede” perché la fede passa in secondo piano di fronte alla conoscenza, ma “sa”, perché è un iniziato ed ha raggiunto livelli superiori di conoscenza esoterica.

Ma il rapporto fra il “New Age” e una certa forma superficiale di esoterismo, non si limita a questo; la studiosa francese Françoise Champion, riprendendo l’ipotesi della “dissoluzione della religione” proposta da M. C. Bateson (1904-1980),[21] parla a proposito di una “nebulosa mistico-esoterica”, formata da un certo tipo di mentalità avente alcune essenziali caratteristiche di fondo, quali il privilegio dell’esperienziale, una concezione “olistica” del mondo, la superiorità del comportamento ispirato all’amore, un moderato ottimismo, il tentativo di trasformare se stessi tramite tecniche psico-corporali o psico-esoteriche, la ricerca di esperienze occulte, psichiche, fuori dall’ordinario, tutto finalizzato a raggiungere una felicità totalmente individuale[22].

Tutta questa sorta di falsa religiosità narcisistica, come pure il posto che occupano le tradizioni esoteriche quali fattori di rivitalizzazione spirituale nel dibattito contemporaneo sul ritorno del sacro (nel più generale e critico processo di secolarizzazione), rappresenta un momento decisivo nell’attuale panorama di ristrutturazione del campo religioso e culturale. Ma quali sono le origini di tali trasformazioni che, come abbiamo modo di vedere quotidianamente, stanno distruggendo la dimensione collettiva e sociale della religione?

Come movimento di massa, per un approccio di tipo sociologico al problema, scrive Introvigne, la “Nuova Era” ha preso consistenza e visibilità attorno agli anni 1960-1980[23] nell’ambiente di due centri ispirati dalla Società Teosofica: la comunità spirituale di Findhorn, in Scozia, e l’Istituto per lo sviluppo del potenziale umano di Esalen, California.

Usando come insegna il mito astrologico dell’Acquario, questa bandiera è diventata popolare negli Stati Uniti negli anni ’60, negli ambienti giovanili della contro-cultura ed è stato fatto conoscere ai giovani di tutto il mondo nel 1968 dalla commedia musicale “Hair” le cui canzoni inneggiavano all’era dell’Acquario. Era il periodo delle rivolte studentesche che promettevano un futuro migliore con vaghe speranze di cambiamenti radicali, che ben presto si rivelarono totalmente illusorie.

Nel 1980 una giornalista americana, Marylin Ferguson, che aveva fatto delle ricerche sul movimento del potenziale umano, contribuì alla diffusione di questo modo di pensare oltre gli ambienti della cultura giovanile, pubblicando il libro “The Aquarian Conspiracy. Personal and Social Transformation in the 1980’s”. La tesi principale di questo libro è che l’umanità si trova alle soglie di un grande cambiamento, di una rivoluzione silenziosa, operata da un numero crescente dì individui che – grazie alla trasformazione personale – stanno contribuendo a realizzare una nuova civiltà. L’autrice passa in rassegna diversi campi culturali – psicologia, religione, educazione, lavoro, medicina, politica – per individuare i segni precursori e attuali di tale cambiamento. E cerca di suscitare la coscienza di una “cospirazione” (nel senso etimologico di “respirare insieme”) a cui possono aderire tutti coloro che desiderano portare avanti, collegandosi, il nuovo “paradigma”, la nuova visione della realtà. Sul termine “Acquario” non vengono fatte particolari speculazioni: è giusto un simbolo, dice M. Ferguson, preso dalla cultura popolare americana, per esprimere l’attesa di una nuova era.[24]

La diffusione di queste idee è stata rapidissima anche a livello internazionale. Secondo lo specialista americano Gordon Melton[25], quando negli Stati Uniti e stata proposta l’idea della Nuova Era dell’Acquario, la comunità “occultista-metafisica” costituita da centinaia di gruppi magico-esoterici, ha ricevuto con entusiasmo questa prospettiva. L’appoggio dato dai gruppi spiritisti, teosofici ecc. spiega la velocità della diffusione del nuovo paradigma. Non mancano poi i segni dell’interesse del mondo massonico, specialmente nella sua versione occultista, che aspira allo sviluppo delle forze occulte della mente  umana  o  dell’uomo  perché  questo   possa  già  subito in  questa vita raggiungere la sua perfezione piena.
Un altro fattore essenziale per la diffusione, secondo lo stesso autore, è stata la formazione di “networks” a livello mondiale tra i gruppi interessati alla “trasformazione globale” (finanziati da mecenati del mondo esoterico). Si è creato così un senso di comunità tra “profeti” e piccoli gruppi e si è sviluppata l’immagine di un movimento crescente, capace di permeare la società al di là dei circoli dei veri aderenti. Questo modo di comunicazione ha permesso l’interscambio tra aderenti e altre persone e gruppi che condividevano uno o più degli ideali della Nuova Era (pace, ecologia, femminismo, medicina naturale, mistica interreligiosa ecc.).[26] In breve tempo inoltre sono stati interessati i circuiti commerciali e i mass-media.

Ma ora, giunti alla fine del millennio, potremmo ancora sostenere che il movimento “New Age” continua a crescere, sempre vivo e in espansione, o non sembra, piuttosto, di assistere ad una fine inevitabile di questo fenomeno farcito di tendenze millenaristiche che, come tali, sono costrette a fare i conti con le verità storiche della realtà contemporanea?

Secondo alcuni esperti americani sembra che in questi ultimi anni del XX secolo il movimento della Nuova Era abbia ormai perso parte del suo fascino, mentre in altre aree sia ancora abbondantemente presente. Per questi studiosi il “New Age” ha perso sicuramente qualcosa come mito, come utopia aggregante di rinnovamento sociale, trasformandosi in una sorta di terapeutica personale, un modo di vivere in maniera individualistica le speranze di miglioramento spirituale un tempo estese a tutta l’umanità.

Ciò che invece continuerebbe ad espandersi, è  la corrente esoterica (riplasmata in maniera alquanto superficiale, come si nota dalle analisi dei pensatori a cui ho fatto riferimento) a cui ha dato pubblicità e vigore, e questo sia a livello culturale sia a livello commerciale.

 A tal proposito W. J. Hanegraaff sostiene, come abbiamo già visto in precedenza relativamente al punto di vista  “dottrinale” del “New Age”, una tesi molto interessante per comprendere le  trasformazioni della religiosità contemporanea. Per Hanegraaff[27] la secolarizzazione, nello stesso modo in cui ha trasformato il cristianesimo, ugualmente ha rimodellato l’esoterismo, facendolo diventare una sorta di neo-esoterismo, un ibrido che mette insieme modernità ed esoterismo. In questo senso (ma solo in questo senso) l’autore olandese afferma che il “New Age” non è affatto finito; finito sarà il nome, ma è evidente che l’esoterismo, una volta passato attraverso questo prisma, difficilmente potrà più tornare indietro.

J.Gordon Melton, pur non essendo in contrasto con l’idea di Hanegraaff,  ha invece parlato espressamente di “crisi” del fenomeno,   avanzando l’ipotesi della “fine del New Age”,[28] dopo aver analizzato alcuni elementi tuttora oggetto  di indagini sociologiche : chiusura di librerie, fine delle pubblicazioni  di alcune riviste, distacco da parte degli intellettuali dal marchio “New Age”, crollo dei prezzi di certi articoli terapeutici (pietre, incensi vari, pendoli magici, ma soprattutto dei cristalli, dai quali si è avviata la sua ricerca) che davano da vivere a librai e fornitori inseriti nel metanetwork[29] dei newagers contemporanei.[30]

Alcuni specialisti anglosassoni del New Age,[31] pur apprezzando il punto di partenza di Melton, hanno criticato la dimensione riduttiva della sua tesi, perché relativa solamente ad un campo di indagine (ossia quello sociologico) non estendibile agli altri, né a quello storico e dottrinale né in particolar modo a quello psicologico.

“La crisi del New Age – come infatti scrive Massimo Introvigne, uno dei maggiori esperti del settore – non deriva, peraltro, soltanto dall’eccessiva commercializzazione. Certo quando – come si vede oggi in Italia – la pubblicità si sfoga proponendo non soltanto il libro, il disco, il seminario, ma anche il golfino, la scopa e perfino la birra del New Age è normale che qualcuno si chieda se l’etichetta ha ancora un senso compiuto. Ma la “crisi” ha anche una radice più profonda.

Dal punto di vista della storia e della sociologia delle religioni il New Age era, tecnicamente, un movimento millenarista che annunciava un’età dell’oro. I millenarismi sono tradizionalmente distinti in premillenarismi (o millenarisni pessimisti), che vedono il mondo andare di male in peggio fino a una catastrofe finale da cui emerge un millennio di pace solo grazie all’intervento diretto e soprannaturale di Dio; e postmillenarismi (o millenarismi ottimistici), in cui l’età dell’oro viene instaurata al termine di sforzi progressivi dell’umanità che fanno andare il mondo di bene in meglio.” [32]

Introvigne continua poi citando la proposta di Catherine Wessinger[33] di parlare di “millenarismo progressista o catastrofico”, il primo concepito come sorta di disagio del presente eliminabile in un vago futuro utopico, il secondo, meno esposto alla smentita degli avvenimenti, come previsione di logiche sventure spesso facilmente avverabili.

Stando così le cose, a tutti sembra che il  millenarismo progressista  “New Age” sia miseramente fallito. L’armonia universale tanto agognata e ricercata dallo spirito individualista del vero newager appare ancora molto lontana, e non sembra in procinto di realizzarsi. La ricerca del perfezionamento e dell’esaltazione dell’uomo, alla base di questa corrente pseudo-culturale, non è riuscita a raggiungere l’esito che molti si attendevano.

Melton aveva affermato[34] che il dubbio riguardo all’avvento di una nuova età di consapevolezza e di crescita spirituale era stato dissipato con il riferimento al channeling e alle presenze che in esso si rendevano manifeste,[35] grandi saggi, guru spirituali, addirittura extraterrestri comunicanti da una sfera più elevata di consapevolezza spirituale, in grado di predire un futuro migliore all’umanità (o forse solo a chi loro si accostava tramite consumati riti medianici e ripetitive sedute spiritiche).

Il channeling, secondo Introvigne solo un  termine nuovo per indicare nient’altro che una banale riattualizzazione dello spiritismo ottocentesco,[36] promuoveva (e promuove anche adesso, basta sfogliare riviste come Fate, Prediction, Vision du Future, pubblicate rispettivamente in America, in Inghilterra ed in Francia) una rinascita cosmica e l’attesa di un mondo paradisiaco all’insegna di una solidarietà universale, perfettamente in linea con le antiche profezie di Kardec autore nel 1857 del Libro degli Spiriti.[37] Questa forma post-moderna di spiritismo, “ha posto nuova enfasi sulle facoltà medianiche […] e (citando alcuni esempi) ha annoverato fra i propri protagonisti “canalizzatori” come Jane Roberts (1929-1984, pseudonimo di Jane Butts), che affermava di scrivere libri contenenti gli insegnamenti di un’entità che porta il nome di Seth, e J. Z. Knight, che sostiene di “canalizzare” un maestro vecchio di trentacinquemila anni chiamato Ramtha. Un altro “canalizzatore” emerso negli ultimi decenni è Elizabeth Claire Prophet, della Chiesa Universale e Trionfante, che “canalizza” i messaggi di maestri misteriosi come Saint-Germain. Ella insegna anche la reincarnazione, particolarmente popolare in Brasile, che non solo conta il numero maggiore di persone che credono in questo fenomeno, ma anche di seguaci dello spiritismo reincarnazionista nella formulazione di Kardec.”[38]

Ora che invece, alle soglie del Duemila, nemmeno i medium (o “canalizzatori” ) più incalliti osano formulare nuove ipotesi di rinnovamento cosmico, si assiste ad una sorta di regressione e, soprattutto, di riadattamento di vecchi temi millenaristici ad una più individualistica speranza soggettiva di rinascita spirituale.

L’idea centrale del millenarismo acquariano, scrive Jean Vernette,[39] era che, alla vigilia del 2000, l’umanità stava entrando in un’era nuova, di presa di coscienza spirituale a livello planetario, di armonia e di luce. Doveva  realizzarsi, così come sostenevano alcuni, la seconda venuta di Cristo, le cui energie sarebbero state già in azione tra noi, in seno alle molteplici ricerche spirituali e a numerosi gruppi religiosi.

Ma il fatto è che, credendo o no ad entità di vario tipo, ad un’energia cosmica ripiena di presenze spiritiche angeliche o diaboliche indirizzate all’uomo per definirgli un suo potenziale futuro, dalla nascita del fenomeno “New Age”[40] agli inizi degli anni ’60 ad ora vaghi cambiamenti  in positivo non sembra ve ne siano stati[41]: come ogni forma di profezia progressista di millenarismo, anche la Nuova Era ha subito i traumi dell’impatto col reale, con le crisi, le guerre etniche, le malattie, la povertà, con, insomma, la concreta sofferenza umana e la realtà “ontologica”[42] del male.

Il tanto agognato cambiamento non è avvenuto, la crisi della religiosità istituzionale che doveva smuovere le fondamenta dell’intero sistema delle religioni storiche, rappresenta ancora solo una speranza per la rete dei newagers, che già adesso incominciano dall’interno del fenomeno stesso (basta sfogliare Olis la rivista culturale italiana più in voga del New Age) a processarlo, bollandolo come “terapia sbagliata per un malessere reale.”[43]

I maggiori studiosi contemporanei del fenomeno “New Age” si stanno anche interrogando sui possibili esiti di questa crisi; Introvigne afferma che essi possono attualmente essere i più diversi (e ancora non pienamente afferrabili): “Se sul piano individuale si va dalla riscoperta delle religioni tradizionali al suicidio (è il caso di Heaven’s Gate, il culto dei dischi volanti protagonista del suicidio collettivo di Rancho Santa Fe nel marzo del 1997), o se, venuto meno il network, si può assistere alla nascita di movimenti di fuga (Damanhur, ad esempio, rappresenta uno stile di vita già post-New Age, così come la Scuola di Illuminazione Ramtha a Yelms, Washington) che organizzano le idee del New Age in strutture, gerarchie, comunità, per la maggioranza dei new ager al New Age si sostituisce gradatamente un nuovo fenomeno – se si vuole, una nuova fase nello stesso fenomeno – chiamato con una varietà di nomi fra cui si va affermando “Next Age”.[44]

1.2.  Il Next Age

Da un recente colloquio (inizio Dicembre ‘99) avuto alla sede del CESNUR con Massimo Introvigne, ritornato a Torino dopo un convegno tenuto in America ( con i maggiori specialisti dei nuovi movimenti religiosi, fra cui Melton ed Hanegraaff), ho avuto modo di chiarire quali fossero le origini del termine “Next Age”, le sue radici storiche e, in particolar modo, il dibattito attuale intorno alla nascita di questa nuova realtà.

“Next Age” non è una maniera americana per definire il fenomeno che stiamo considerando, ma esprime un’idea nata in Europa del passaggio ad una differente fase del “New Age”, sia fra gli storici ed i sociologi delle religioni, sia fra i newagers stessi (come è dimostrato dal Salone del New Age di Milano che, da Ottobre di quest’anno, ha scelto di diventare  Salone del New Age e del Next Age).

In un suo recente lavoro, Introvigne ha affermato a proposito:

“Il Next Age può essere descritto come il passaggio del New Age dalla terza alla prima persona singolare. Per il New Age il Pianeta Terra entrerà (o è già entrato) in un evo di superiore consapevolezza, felicità, benessere. Dopo la delusione il Next Age ammette che forse per il Pianeta Terra, o per la società nel suo insieme, non è in vista nessuna gioiosa trasformazione. Le cose, anzi, potrebbero perfino peggiorare. Il singolo, invece, può entrare nel suo New Age personale e raggiungere uno stato superiore di prosperità, salute, soddisfazione (anche sul piano sessuale, che nel Next Age viene spesso in primo piano). La società può anche andare alla rovina: ma la singola persona che ha accesso a determinate tecniche entrerà comunque in una sua età dell’oro personalissima e privata.”[45] E continua citando anche Gordon Melton: “Come ha notato acutamente Gordon Melton[46], questo passaggio è accompagnato da dichiarazioni – da parte di alcuni portavoce importanti del New Age (ma non di tutti) – secondo cui, in realtà, il New Age non ha mai promesso una trasformazione sociale globale o planetaria. Nel New Age l’elemento importante sarebbe sempre stata la trasformazione individuale. Si tratta, in realtà, di un semplice escamotage: uno sguardo anche superficiale alla letteratura del New Age negli anni 1980 e (soprattutto) 1970 mostra una forte carica di millenarismo progressista. Nell’abbandono della fase utopica e nel ripiegamento sull’individualismo – con accenti spesso narcisistici – il Next Age è effettivamente “nuovo” e diverso dal New Age. Il Next Age, naturalmente, è meno nuovo se si guarda alle tecniche e alle idee di fondo, che rimangono in gran parte le stesse.”[47]

Dello stesso parere è ovviamente Melton, il quale scrive:

“The New Age movement has passed into history. Just as there are some people who are still fighting the American Civil War, at least in their heads, there are a few who still await the imminent New Age, but they have shrunk to a minuscule number. However, the people brought into the metaphysical – psychic – occult world as a result of the New Age movement remain.”[48]

Analizzando le interpretazioni di Introvigne, di Melton, e rifacendoci alle precedenti considerazioni di Hanegraaff (pur quest’ultimo non parlando mai espressamente di “Next Age”), si può facilmente dedurre quale sia l’aspetto fondamentale  soggiacente alla metamorfosi del mondo religioso, che consiste in una trasformazione tendenzialmente individualistica del mito millenaristico di rinnovamento e guarigione spirituale dell’umanità ormai fallito, e per questo costretto ad un ripiegamento narcisistico incentrato su uno sviluppo di tipo più personale ed egocentrico. Secondo tali autori il Next Age non farebbe altro che riprendere una componente notevole del New Age rappresentata da una forma distorta di occultismo, riadattandola ad un contesto non più universale ma privato, personale ed immediato. Il New Age, che si rivelava essere spesso solo un grande contenitore delle più svariate tecniche occulte, abbandonando lo spunto millenaristico, si è trasformato in una sorta di terapeutica spirituale e soggettiva, ponendo sempre più l’accento su modalità pratiche di auto-perfezionamento e di potenziamento delle possibilità mentali innate nell’uomo, che solo con un adeguato procedimento interno può fare scaturire da dentro di sé.

Assumendo come metro di cambiamento la problematica relativa alle tecniche “esoteriche” (utilizzando il termine alla maniera del newager) di sviluppo mentale ed alle arti della guarigione attuali (è sotto gli occhi di tutti l’enorme diffusione delle pratiche terapeutiche alternative), è interessante notare come  proprio da questo campo gli studiosi attuali del fenomeno Next Age siano partiti per descrivere questa estrema degenerazione egocentrista.

Così come adesso si parla di “supermercato delle religioni” o, come afferma il sociologo inglese Paul Heelas, di “auto-religioni”,[49] per indicare il fatto che ognuno tende a costruirsi la propria religione personale, scegliendo e fondendo in maniera sincretistica diversi elementi tratti dall’enorme offerta religiosa contemporanea, così nel Next Age ciascuno ha la possibilità di modellare la sua anima attraverso svariati mezzi (ma “tecniche” o “arti” sono a mio parere i termini più appropriati) che dovrebbero avere un fine salvifico di realizzazione e di completezza.

L’unico motto che allora rimane  dalle ceneri del millenarismo fallito della “Nuova Era”, riprendendo Introvigne, che risuonava nei messaggi comunicati agli uomini dalle entità del channeling, consiste nell’invito a creare ognuno la propria realtà. Il relativismo sincretistico del New Age si modifica in una concezione di “relativismo volontarista”, dove la volontà usata per controllare e potenziare la mente in vista di una felicità del tutto personale assume un primato che, pericolosamente, potrebbe diventare assoluto.[50]

G. Filoramo aveva indicato quattro elementi fondamentali della nuova religiosità del New Age, caratteri strutturali su cui si imperniava la visione del mondo, in cui credevano (e in cui qualcuno crede ancora, seppur in maniera confusa) i newagers: una concezione olistica, un panteismo di fondo, una prospettiva evoluzionistica e, fondamentale per il nostro discorso, una psicologizzazione della religione che coincide con una sacralizzazione della psicologia.[51]

Infranta la speranza nell’avvento di un’epoca migliore, e vanificato l’impegno del singolo newager di preparare una trasformazione generale della coscienza, il postmillenarismo della Next Age rappresenta ancora di più la religiosità dell’era dell’individualismo, una religiosità psico-terapeutica.

Se nel New Age vi era l’idea di fondo che “ciò che conta è ciò che facciamo, che occorre reagire a un tipo di vita priva di senso e frantumata, diventando completamente responsabili della propria vita, dal momento che non esistono poteri misteriosi al di fuori di noi, imparando, di conseguenza, a superare tutti quei blocchi, legati fondamentalmente all’ignoranza, che impediscono di realizzarci autonomamente,”[52] e che salvare se stessi e raggiungere la felicità sia possibile solo attraverso un viaggio psicologico, interiore, nei meandri della propria psiche, diventando dei tecnici e dei terapisti della propria anima, nel Next Age si osserva ancora più decisamente il dominio di un’etica basata su una sopravvalutazione del Sé, che porta inevitabilmente alla ricerca esasperata di tecniche autoguaritrici (ma non solo, spesso considerate addirittura onnipotenti) di un io malaticcio e confuso.

Ma quali sono le figure storiche che hanno portato a tutto questo? E Come individuare nella nebulosa del New Age, i germi dell’attuale sviluppo di questo fenomeno ?

Ancora Introvigne ci viene in aiuto, indicandoci un’ipotesi di partenza per scoprire le radici storiche del Next Age, scoprendone le ispirazioni principali in alcuni autori di questo scorcio di fine secolo.

Secondo il sociologo romano[53] il precursore sarebbe un medico psicologo americano, Morgan Scott Peck, che nel 1978 scrisse “The Road Less Traveled”,[54] un’opera che condensa al meglio gli spunti per un’etica di bene “privato”, ottenuto mediante diverse discipline mentali comprendenti le seguenti tecniche: responsabilizzarsi delle proprie scelte e di quello che si fa senza addossare le conseguenze del nostro agire a nessuno al di fuori di noi stessi, impegnarsi per la verità e per raggiungerla sapendo che essa è comunque in perenne divenire, e cambia come (e con) noi, rimandare la gratificazione personale “programmando” l’alternanza di piacere e dolore nel vivere quotidiano, così da sperimentare e superare prima il dolore, in modo tale che in una seconda fase possa rimanere solo il piacere, e, infine, la tecnica del balance, la ricerca di un equilibrio mente-corpo stabile, a cui si può arrivare sforzando la nostra volontà ad essere flessibili in tutte le circostanze che, come la verità, mutano continuamente.[55]

“Non faccio mai qualcosa per qualcun altro se non lo faccio anzitutto per me stesso” scrive Peck, “un altro dei maggiori equivoci sull’amore è che consista nel sacrificio di sé. Quando pensiamo a noi stessi come a persone che fanno qualcosa per qualcun altro, stiamo negando in qualche modo la nostra responsabilità. Qualunque cosa facciamo è fatta perché scegliamo di farla, e compiamo questa scelta perché è quella che ci soddisfa di più. Qualunque cosa facciamo per qualcun altro, la facciamo in realtà perché soddisfa un nostro bisogno personale.”[56]

Due sono gli elementi chiave per capire il perché Peck sia stato considerato da Introvigne il precursore del Next Age: il primato delle tecniche mentali su ogni altra forma di espressione nel campo della spiritualità (se di spirito in questo caso si può parlare), e l’individualismo etico che fa da sfondo al suo messaggio: “negli stessi anni in cui il New Age affermava che nella nuova era tutti sarebbero diventati felici in conseguenza dei cambiamenti planetari, Morgan Scott Peck, invece, rovesciava il discorso, affermando che sono le persone a dover cambiare, e che – forse – da questo cambiamento nascerà anche una trasformazione sociale.”[57]

Non è difficile riconoscere nell’opera di Peck (così come in “A different drum”[58] e in “People of the Lie”[59]), una tendenza ad esaltare l’io e ad offrire alla coscienza uno spazio più ampio rispetto a quello offerto tradizionalmente dalle religioni storiche. Il Next Age, consolidando tale tendenza, offre una coscienza dell’io più spinta e acuta, offre un’esperienza di sé o del proprio io che mira a totalizzare l’esperienza del mondo e a confondersi con essa.

Seguendo ancora il pensiero di Introvigne, occorre citare anche Anthony Robbins, altro precursore del Next Age ed autore di testi dai titoli piuttosto eloquenti, ad esempio “Unlimited Power”[60], o “Come migliorare il proprio stato mentale, fisico e finanziario”,[61] i cui costosi seminari hanno ora successo anche in Italia (quattro giorni di incontri con lui al Forum di Assago costavano, in giugno dell’anno scorso, addirittura un milione e 650 mila lire!). Parlando con il prof. Introvigne, ho saputo di che genere di seminario si trattava: Robbins, “che si è formato in quella singolare zona d’incontro fra tecniche per la felicità individuale ed esoterismo che è la Programmazione Neuro Linguistica (PNL) di Richard Bandler e John Grinder”,[62] ha dato lezione di programmazione neuro-linguistica e di condizionamento associativo; il primo giorno egli aiuta a vincere le paure personali, e dopo tre ore di lezione gli allievi vengono invitati a camminare sui carboni ardenti (la “firewalking”), successivamente insegna alcune tecniche per trasformare i sogni in realtà, per instaurare relazioni affettive e sociali soddisfacenti, ed infine propone alcuni metodi di respirazione per incamerare energia positiva. Per il suo seminario a Milano sono accorsi in duemila[63] tra imprenditori, manager, studenti e casalinghe, e pare stia vendendo milioni di libri, oltre che a tenere corsi in tutto il mondo e ad offrire una salvezza materiale alla vita degli altri.

Infine, gli altri momenti di passaggio che, prendendo le mosse da un certo tipo di “New Age” annunciano la successiva fase di questo fenomeno, sono, per concludere, e citando l’ennesima volta Introvigne, due romanzi della letteratura contemporanea, “La profezia di Celestino” di James Redfield (1993)[64] e “L’alchimista” di Paulo Coelho[65] (1994).

Ho letto queste due opere un paio di anni fa, senza neanche sapere che cosa potessero rappresentare nell’ambito della cultura religiosa a livello di mentalità popolare; personalmente le ritenevo abbastanza scadenti, pur contenendo alcuni spunti che mi sembravano a prima vista molto interessanti. Fatto sta che non immaginavo assolutamente la loro cruciale importanza nell’attuale dibattito sulle nuove forme di spiritualità oggi tanto in voga. A tal proposito mi ha illuminato una recensione critica scritta da Introvigne su “Avvenire” del 20 settembre 1995 su questi due testi, in cui distruggeva l’etica e la morale alla base del loro messaggio, incentrata principalmente (e solo ora me ne rendo effettivamente conto) sul raggiungimento di una felicità spirituale personalissima, tramite l’acquisto di poteri straordinari che  porterebbero alla piena realizzazione della propria vita, e ad una migliore conoscenza del proprio sé per curarlo e saperlo amare.

Da un punto di vista storico più generale, invece, Introvigne afferma che il Next Age utilizza un materiale proveniente da almeno “cinque precedenti processi di riduzione individualistica di tradizioni filosofiche e religiose, processi di cui – nel suo rapporto con il New Age – ripercorre in qualche modo l’itinerario”,[66] che sono: il tantrismo, la versione privatistica del protestantesimo liberale di fine ‘800 chiamata “New Thought”, il movimento del “self help” di inizio secolo, la metamorfosi del protestantesimo nel pensiero di Norman Vincent Peale (1898-1993) e l’esoterismo personale della già citata Programmazione Neuro Linguistica (PNL), ispirata dalle tecniche di Milton H. Erickson (1901-1980).[67]

Non è mia intenzione ripercorrere la fasi dello sviluppo storico e dottrinale di queste tradizioni di pensiero, anche perché la problematica relativa ad esse è assai complessa, e non può essere da me affrontata in maniera adeguata neppure per accenni. Quello che però mi preme sottolineare è l’approccio interpretativo di Introvigne, il quale ipotizza comunque altri punti di riferimento del Next Age oltre al New Age, tutti accomunati dall’elemento chiave costituito “da una riduzione individualistica di forme filosofiche o religiose che, nel corso dei secoli, hanno offerto ricette più o meno spirituali all’eterna aspirazione di ogni persona umana a una vita più felice, e possibilmente anche più lunga.”[68]

Nell’etica del Next Age ecco che allora il benessere è immediato e realizzabile già in questa vita poiché nasce dallo star bene con se stessi, dalla valorizzazione di sé, dalla stima per i propri doni. Nonostante ciò non c’è né competizione né arrivismo perché tutte le energie vanno fatte convergere per il fine di un’egoistica autorealizzazione, e non esiste più la comunità, o la coscienza cosmica universale del New Age. Di fronte alla parzialità della conoscenza medica e di quella scientifica, le “nuove” (!) dottrine offrono verità assolute che permettono di risolvere qualsiasi problema e superare qualsiasi ostacolo, pur non garantendo più come una volta una guida, un leader al quale appoggiarsi e al quale portare rispetto e devozione.

In maniera ancora più ardita rispetto al New Age, viene oggi esaltata la natura divina del sé, una sacralizzazione intesa come una particolare forma di narcisismo in cui si tende a ricercare quel sé assoluto che possa trascendere il sé individuale. A ogni uomo è data la possibilità di avvicinarsi alla divinità, dove questo avvicinamento significa sia salvezza, per aver trovato la verità assoluta, sia salute e benessere, per aver riscoperto le proprie potenzialità e poterle utilizzare.[69] Così afferma G. Filoramo:

“Le forme di sacralizzazione del sé, che stanno alla base delle particolari concezioni terapeutiche all’opera nella nebulosa mistico-esoterica, non vanno comunque confuse con le varie forme di individualismo moderno che contraddistinguono la nostra storia più recente. Mentre queste ultime possono spingersi – e di fatto si sono spinte, anche in certe correnti psicologiche -, a sacralizzare l’individuo in quanto tale, rendendolo il centro e il fondamento del proprio credere e agire, la particolare religione del sé che mi pare di poter scorgere a fondamento dei rituali terapeutici in oggetto e della loro concezione di salute-salvezza, vissuta come ricerca di un ancoraggio ontologico, aspira, di contro, a trascendere l’individuum in quanto totalità singola. Essa è, infatti, ricerca di un fondamento individuale, colto in un Sé assoluto che, per sua natura, trascende i sé individuali, vincolandoli e fondandoli secondo modalità che fanno della terapeutica psicologica non un fine a se stesso, ma un mezzo di perseguire uno scopo trascendente il puro dato naturale e, dunque, psicologico. In questo modo la religione del sé disegna il percorso di una ricostruzione di identità che affronta la sfida corrosiva della modernità, rileggendo antiche e meno antiche sapienze in nome di un rinnovato rapporto col sacro.”[70]

1.3. Il concetto di Metanetwork

Per comprendere appieno il New Age, nella sua congenita eterogeneità, è essenziale riallacciarci  al concetto di Metanetwork ideato da M. Introvigne, agganciatosi all’ipotesi di Jean Vernette, per cui: “La New Age, non è un movimento, ma un network, una rete di piccoli gruppi diversi, ma collegati da alcuni temi, interessi, aspirazioni […]”[71].Leggiamo, in un’intervista allo stesso Introvigne: “Nel senso sociologico del termine il New Age[72] non è un movimento ma è un epifenomeno, una costellazione di gruppi, di idee. Il New Age è, più correttamente, un metanetwork, cioè un network di network. È un network –rete- che mette in collegamento quelli che si occupano di psicologia umanistica o transpersonale con quelli che si occupano di ecologia, con quelli che si occupano di ricerca spirituale, di particolari tecniche di meditazione, di sciamanismo, di filosofia orientale o anche di reincarnazione. Ma non necessariamente le persone all’interno di ogni singolo network aderiscono anche alle posizioni o agli interessi degli altri. Tutti questi network non sono ancora New Age, ma sono delle porte di ingresso sul New Age, che li mette insieme e li fa incontrare. Definirei quindi il New Age come un metanetwork […]”[73].

I networks costituenti uno stesso metanetwork sono giunti elastici, e rifiutano ogni subordinazione gerarchica, tanto che possono avere una struttura interna completamente diversa da quella del metanetwork a cui appartengono. La natura di queste reti è di tipo fluido, mai istituzionalizzata.

Forse il concetto di metanetwork, tra i vari proposti nei recenti studi[74] è quello che meglio descrive la complessità dinamica di tale fenomeno. Esso permette di identificare alcune aree caratteristiche, come la magia, la scienza, la natura, il sacro, il mercato, la salute ed il benessere e molte altre, scomponendole in networks principali e “sottonetworks”. Così, ad esempio, l’area “salute e benessere”, potrebbe risultare formata dai networks: sport, medicina alternativa, alimentazione, vacanze naturiste, bioarchitettura, e, a sua volta, il network “medicina alternativa comprenderebbe alcuni sottonetworks come: la naturopatia[75], l’omeopatia[76], la  kinesiologia[77], la medicina ayurvedica[78], la pranoterapia[79], il reiki, lo shiatsu[80], la riflessologia[81], il feldenkrais.

È evidente che l’elenco può essere allungato e modificato in maniere differenti, e se poi si entra all’interno di uno dei tanti sottonetworks, se ne possono incontrare numerosi altri. Naturopatia, comprende, infatti, un grande insieme di pratiche, quali la fitoterapia[82], la floriterapia[83], l’aromaterapia[84], e così via.

II. IL NEOSCIAMANESIMO

2.1. Il ritorno dello Sciamanesimo

Una delle configurazioni più importanti che si possono scorgere  nell’ambito del New Age è data dal ritorno dello sciamanesimo, che rappresenta in sé un fenomeno religioso e culturale appartenente ormai di diritto all’antropologia religiosa ed alla storia delle religioni, pur essendo differente la tipologia all’interno della quale esso si iscrive.

Il ruolo di assoluto rilievo che assume la ripresa dello sciamanesimo nel contesto “sacro-terapeutico” delle forme della religiosità nella modernità non è legato tanto alla sua specifica struttura religiosa nel contesto delle sue origini storico-sociali,[85] quanto piuttosto al fatto sconvolgente che esso evoca, e cioè la possibilità (terapeutica e salvifica) di un “viaggio in un altro mondo” (usando un’espressione tipica delle opere del famoso antropologo peruviano Carlos Castaneda). Ciò che affascina la maggior parte dei new agers che si affidano inconsapevolmente a questa tradizione religiosa, in pratica,  sono le varie tecniche estatiche e di “trance”, finalizzate al raggiungimento di quella necessaria alterazione della coscienza in grado di permettere il contatto con una dimensione trascendente la realtà umana, per ottenere o eventualmente offrire una cura lenitiva del male – e del limite – umano. (A tal proposito, seguendo l’interpretazione della sociologa francese F. Champion,[86] così come in altri “ritorni” di credenze in filosofie orientali, il neosciamanesimo new age non sarebbe altro che un miscuglio terapeutico di pratiche magiche aventi come scopo quello di trasformare il neosciamano in una sorta di variante di psicoterapeuta,[87] in grado di viaggiare nella dimensione inconscia del malato per estirpare la causa del suo dolore – spirituale o fisico quale esso sia -).

Siamo infatti a proposito concordi con le parole dello studioso italiano A. N. Terrin quando afferma: “È ciò che permette allo sciamano di entrare in contatto con il mondo dell’aldilà che attira ai nostri giorni; è lo stato alterato di coscienza di questi sciamani che affascina e sconvolge. Poi, alla fine, è il miracolo della guarigione delle malattie mentali o fisiche che stupisce;[88] miracolo legato a fattori spirituali indecifrabili, in grado soltanto di dirci della dimestichezza dello sciamano con realtà che restano interdette al comune mortale.”[89]

Così possiamo dire che è proprio sulla spettacolarità e sul successo di un genere di spiritualità come questo che l’ondata mistico-esoterica[90] del New Age sta costruendo una mitologia riplasmata basata in particolar modo sulla cultura dello sciamanesimo. Lo stregone, in questo ambito, costituisce il principale interlocutore del mondo della trascendenza mostrando accuratissime “tecniche d’estasi”[91] in grado di sconfiggere ogni sorta di malattia o di squilibrio psico-somatico, tramite l’impiego di precise simbologie e ritualità, che fanno della sofferenza umana una pura disarmonia dello spirito.[92]

Lo sciamano, attraverso l’impiego di appositi rituali e varie simbologie, funge principalmente da esperto “guaritore” dei mali e delle sofferenze che investono non solo la vita del singolo ma specialmente quella della comunità[93], in cui si considera la malattia come una semplice metafora dello spirito e la sofferenza corporale come una pura disarmonia spirituale.

Il medecine-man viene  visto come il primo visionario nella storia religiosa dell’umanità, che riesce finalmente a viaggiare quando desidera tra il mondo dei sensi è la realtà degli spiriti, mettendoli in un “olistico” contatto e impegnandosi a far visitare  più da vicino il terreno dell’inconscio collettivo[94], spiritualizzando la malattia  e materializzando il mondo delle anime in una fusione generale di tutti gli elementi religiosi, naturali e sovrannaturali. (In questi casi sembra quasi che il metodo scientifico di causa-effetto e di razionalità analitica debba nuovamente venire superato e sostituito da una concezione globale della realtà che si esprime attraverso forze mistiche e magiche).[95]

Le conoscenze storico-religiose che riguardano lo sciamanesimo tradizionale appartengono soprattutto al nostro secolo[96], e si tratta di un materiale enorme a disposizione degli studiosi: si hanno infatti studi concernenti la figura dello sciamano nella comunità, il rapporto fra lo sciamanesimo e la psicologia scientifica novecentesca, l’iniziazione dei futuri medecine-men, le loro vocazioni, i rituali e le sedute, la trance e i voli dell’anima…

Da una serie di lavori immensa come questa ne emerge un quadro abbastanza preciso sia intorno al ruolo dello sciamano sia sulla tradizione religiosa dello sciamanesimo, pur nella difficoltà oggettiva di poter riuscire ad inquadrare in maniera adeguata il fenomeno intero, e specialmente offrire un’interpretazione che sia in consonanza  con le esperienze “religiose” senza essere troppo condizionati dalla propria situazione sociale e culturale.[97]

Proprio per tale motivo  il discorso sul ritorno dello sciamanesimo nel contesto della cultura religiosa attuale risulta ovviamente assai complesso e delicato, ed è per questo che deve essere analizzato seguendo alcune specifiche linee direttive di percorso.

2.2.  Le origini storiche del Neosciamanesimo

La figura fondamentale nel contesto new age che si trova alla radice della rinascita della tradizione sciamanica è sicuramente Carlos Castaneda (?-1998), autore di una serie di opere intorno agli anni settanta (periodo fondamentale per il diffondersi della nuova cultura religiosa del New Age)[98] in grado di mettere in imbarazzo il mondo accademico tradizionale e riscuotere un autentico successo popolare specie al di fuori dell’ambito universitario.[99] “Per decine di migliaia di lettori, giovani e vecchi, il primo incontro di Castaneda con Don Juan Matus…è un avvenimento letterario meglio conosciuto che l’incontro di Dante con Beatrice sulle rive dell’Arno”.[100] Questo confronto, tracciato dall’articolo che la rivista americana “Time” dedicò all’opera di Carlos Castaneda appena uscita, fa cogliere l’importanza dell’impatto che Don Juan e le sue concezioni ebbero sul pubblico.[101] E d’altra parte il viaggio nel mondo “magico” degli sciamani che offriva Carlos ai suoi lettori non poteva che trovare un’entusiastica accoglienza in un pubblico quanto mai aperto ed interessato ad approcci non-razionali della realtà. Ma ai libri di Castaneda non arrideva solo un successo popolare tra i giovani americani di fine anni sessanta, ma anche tra quegli antropologi che avevano concentrato l’attenzione sull’uso di allucinogeni in altre società e sul rapporto tra stati psicofisici prodotti da tali sostanze ed esperienze estatiche e mistiche. Le ricerche di Castaneda si inserirono infatti in  una drug literature[102] allora più che mai fiorente e in breve tempo diventarono un importante punto di riferimento sia per gli studiosi interessati a questi problemi, sia per i profani che erano solamente attratti  dall’idea di un “ritorno” dello sciamanismo tradizionale  visitato unicamente  attraverso l’utilizzo psichedelico di prodotti allucinogeni al fine di arrivare a stati non ordinari di consapevolezza, a quell’agognata espansione della coscienza prima radice della nuova mistica intramondana del New Age.[103]

Il periodo iniziale del ritorno dello sciamanesimo nella cultura occidentale  venne infatti a situarsi in concomitanza e in reciproca interazione con quello che è stato definito come “movimento psichedelico” sorto  negli Stati Uniti nella seconda metà di questo secolo.

Dopo la seconda Guerra Mondiale[104] si assistette alla nascita negli Stati Uniti del movimento beat e, in seguito, della cosiddetta controcultura. I principali rappresentanti della cultura beat, J. Kerouac (1922-1969), W. Burroughs (1914), L. Ferlinghetti (1919), A. Ginsberg (1926), nelle loro opere glorificarono valori in aperto contrasto con quelli dominanti nella cultura occidentale tradizionale, come per esempio il girovagare per il mondo senza scopo, di cui ne è una testimonianza il romanzo di J. Kerouac, “Sulla strada”, scritto nel 1951. Nello stesso periodo fu dedicata particolare attenzione alle idee religiose provenienti dall’Oriente, specie dall’Asia, alla cui diffusione contribuì la moda dei viaggi, specie in India e in Nepal, e la letteratura, ad esempio attraverso gli scritti di Herman Hesse (1877-1962)[105] e A. W. Watts (1915-1973), che in questo periodo furono molto in voga. Le idee religiose orientali furono apprezzate dai “giovani ribelli” in quanto proclamavano idee opposte a quelle diffuse in Occidente da loro respinte, invitandoli ad un viaggio verso l’ignoto per il conseguimento di tesori non materiali, quali la conoscenza di se stessi, la comprensione del segreto dell’universo, il dominio sul proprio corpo e sulla propria mente, non in vista di una ricompensa futura e non per grazia divina, ma in virtù dei propri sforzi. In questo contesto l’attenzione non andò solo alle tradizioni orientali, ma anche a quelle degli Indiani d’America, e in questo caso soprattutto proprio attraverso le opere dell’antropologo peruviano Carlos Castaneda.[106]

In tale contesto,  fu fondamentale l’importanza data dalla diffusione delle droghe allucinogene, che negli anni cinquanta e sessanta influirono sulla formazione di una “coscienza alternativa” e che portarono alla nascita appunto del già citato psychedelic movement. A parte il termine psichedelico, oggetto di un’annosa controversia tra vari studiosi del campo, il vero e proprio precursore dell’uso di sostanze allucinogene per arrivare a stati di coscienza definibili come alterati in senso religioso, fu senza dubbio Aldous Huxley (1894-1963), il primo, in una maniera quanto mai suggestiva ed a volte persino poetica, ad ipotizzare un uso della mescalina per aprire ciò che egli definiva come le porte della percezione.[107] Per Huxley, la sostanza chimica era una specie di catalizzatore che per un attimo mandava in tilt quel complesso sistema di inibizioni sensoriali che permettono al nostro cervello di funzionare nella vita ordinaria: il risultato era un’apertura ad una esperienza percettiva che nelle forme più pure egli non esitava a definire mistica. Fu senza dubbio Timothy Leary (1920-1996), autore di “L’esperienza psichedelica” nel 1964,  a raccoglierne negli anni ’60 l’eredità, anche se il suo proselitismo a volte fanatico contribuì non poco a ghettizzare l’uso delle sostanze allucinogene negli ambienti culturali underground e conseguentemente a renderle ben presto illegali. A lui va comunque riconosciuto il merito di averne teorizzato l’impiego come equivalente occidentale delle pratiche orientali di meditazione  e soprattutto nell’avere individuato nel set e nel setting, cioè nell’atteggiamento psicologico e nell’ambiente fisico ove avviene l’esperienza, due importantissime variabili.

 Nei primi anni ’70 apparve un altro testo scritto dal giovane antropologo Castaneda che si stava laureando all’Università di Los Angeles, dall’affascinante titolo di “A scuola dallo stregone”.  Carlos Castaneda  si era proposto di indagare le classificazioni indigene delle piante allucinogene utilizzate dagli stregoni messicani, operando direttamente sul campo uno studio che durò all’incirca per dieci anni, dai primi anni sessanta agli inizi dei settanta. Ma l’incontro con un indio yaqui chiamato Don Juan disposto a rivelargli le sue conoscenze segrete sull’iniziazione all’arte dello sciamanizzare fece mutare rotta alla ricerca. A partire da questo suo primo libro pubblicato nel 1968, “The Teachings of Don Juan. A Yaqui Wai of Knowledge”, Castaneda  descrive infatti solo più le varie tappe del suo apprendistato, narrando come l’uso delle sostanze psicotrope rappresenti in fin dei conti l’aspetto meno importante nel sistema di valori e nel complesso di concezioni ruotanti intorno alla figura dello sciamano. Purtroppo però Castaneda iniziava una saga che avrebbe portato migliaia di giovani ignari del reale significato della vera ed antica arte sciamanica, ma solo interessati all’esperienza psichedelica ed estatica, prima in Messico alla ricerca dei misteri connessi all’uso del peyote, la Lophophora williamsii, pianta divinizzata nello sciamanesimo Huicholes e Tarahuamara, e poi più giù in Colombia, Ecuador e Perù fino ad immergersi nello sciamanesimo amazzonico e nelle sue magiche pozioni.[108]

Ma l’opera “neosciamanica” castanediana contiene altri e più complessi pensieri che esulano dal semplice “paradigma psichedelico” in voga in quegli anni. Questi  sono messi  a nudo proprio dal continuo scontro tra il razionalismo di Carlos e l’apparente irrazionalità del suo informatore che caratterizza gli ambigui dialoghi presenti nella sua prima opera.[109] L’indio messicano cerca di distruggere l’immagine che l’uomo occidentale Castaneda ha del mondo, le sue concezioni di reale e di irreale, di vero e di falso, di possibile e di impossibile. Attraverso esperienze allucinanti Carlos viene sottoposto ad un nuovo processo di socializzazione: la sua percezione viene modellata e riorganizzata secondo i criteri imposti e dettati dallo sciamanismo di Don Juan. Grazie a tali esperienze, su cui Castaneda si sofferma anche nei libri successivi, l’apprendista stregone acquisisce un “alleato”, una sorta di “spirito guardiano” che guida l’antropologo verso quella conoscenza esoterica che lo renderà un “sapiente” (man of Knowledge) o uno “stregone” (sorcerer).

Così, percorrendo la medesima scia, nel secondo resoconto castanediano, “A Separate Reality. Further Conversations with Don Juan”, uscito nel 1971, si parla dell’idea che la realtà non sia qualcosa di assoluto ma dipenda dalla percezione soggettiva del singolo individuo, vi è un esplicito invito ad accettare contemporaneamente verità contraddittorie, il riconoscere la “via del guerriero” come unico mezzo per “conoscere” la vera essenza di sé e della natura, il tutto condito con una visione generale riguardo alle diverse possibilità e facoltà sensoriali e cognitive che ogni uomo possiede pur non sfruttandole a dovere.[110]

La vera natura di questi insegnamenti si delinea tuttavia più nettamente l’anno successivo nel terzo volume, “Journey to Ixtlan. The Lessons of Don Juan”. In esso vi sono descritti alcuni precetti di un codice di tipo ascetico che predica un atteggiamento di distacco dalla realtà quotidiana: la cancellazione della “storia personale”, il non dare importanza al Sé, il dovere di distruggere la ruota dell’abitudinarietà e addirittura cercare sempre (meglio in una profonda solitudine) e in ogni circostanza di avvicinarsi al proprio vissuto per attingere a piene mani dalla universale saggezza nascosta dentro di noi. Insomma, chi vuole accostarsi alla “sapienza” deve dunque innanzitutto cambiare il proprio modello di vita: è questo è ciò che Don Juan chiede in ultima analisi anche all’antropologo.[111]

Dopo un lungo periodo durante il quale Castaneda, scosso e atterrito dalle esperienze avute in stato di trance e dall’intransigenza degli insegnamenti ricevuti dal suo “maestro”, ha più di una volta interrotto bruscamente la ricerca, appare “L’isola del Tonal” (1974), e, esattamente un anno dopo “Il secondo anello del potere” (1975)[112]. Il tema centrale ricorrente in queste opere non è nuovo: ancora una volta, nelle conversazioni tra Carlos e Don Juan, si oppone alla realtà ordinaria un tipo diverso di realtà indescrivibile e ineffabile che può aprire le porte alla “sapienza”. Secondo l’indio yaqui, il mondo non è fatto di oggetti, così come noi lo vediamo, ma è fatto di campi di energia che egli chiama “le emanazioni dell’aquila” e che costituiscono di fatto l’unica realtà trascendentale.[113] Solo due di queste emanazioni sono accessibili dall’uomo in particolari situazioni percettive, mentre le emanazioni normalmente allineate sono conosciute come il tonal, la coscienza normale, il lato destro. Le emanazioni che si trovano al di là della banda dell’umanità costituiscono l’ignoto propriamente detto e non vengono mai allineate nel contesto della gente comune. Esse sono dette da Don Juan il nagual, il lato sinistro, la realtà separata. Il fattore che determina quali emanazioni saranno selezionate, o “allineate”[114], in un momento specifico della percezione, è denominato “punto d’unione”[115], che potrebbe essere definito, tanto per capirci, come la proprietà della consapevolezza di scegliere le emanazioni atte a produrre la percezione simultanea di tutti gli elementi che costituiscono il mondo della percezione.

Il nuovo sistema sciamanico di conoscenza che Castaneda ci presenta, ha lo scopo preciso di riuscire a muovere deliberatamente il punto d’unione, per liberare l’uomo dagli angusti limiti della percezione ordinaria: tutti gli insegnamenti di Don Juan puntano in questa direzione e si dividono in due aree, lezioni per il lato destro e lezioni per il lato sinistro, i cosiddetti “due anelli del potere”[116]. Tali aree definiscono, ciascuna a modo suo, forme specifiche dette di “non fare” che porterebbero il punto d’unione a muoversi. Le espressioni più rappresentative di queste due aree sono rispettivamente l’arte dell’agguato e l’arte del sognare.

Tutti gli scritti successivi usciti negli anni ottanta (“Il dono dell’aquila”, 1981, “Il fuoco dal profondo”, 1984, “Il potere del silenzio”, 1987), oltre a ripetere in diversa maniera i medesimi concetti dei precedenti, partono da questo sistema fondamentale di differenti percezioni della realtà per tentare di approdare – sull’esempio dell’evoluzione di Castaneda, e con le necessarie spiegazioni della guida sciamana – alla completa integrazione delle due parti, permettendo di entrare finalmente nel mondo dell’inconoscibile. Il mondo dell’ignoto sarebbe una parte di emanazioni praticamente infinita. Noi potremmo avere la possibilità di percepire tutte le emanazioni dell’aquila[117] comprese in essa, ma ciò nonostante questa parte, per nostra sfortuna, resta normalmente inutilizzata (fondamentalmente per ignoranza) per tutta la vita. Una caratteristica fondamentale del funzionamento del primo anello del potere, del lato destro della realtà (la critica razionale di essa, la normalità dello stato di coscienza nella veglia), è che lo si può bloccare, realizzando azioni estranee alla descrizione analitica del mondo, dette da Don Juan “non fare”. La descrizione ordinaria del mondo ci costringe a comportarci sempre secondo le sue indicazioni, quindi tutte le nostre azioni emanano dalla descrizione e a loro volta la convalidano. Queste azioni sono conosciute come “fare” e combinate con la descrizione costituiscono un sistema che si autoalimenta da solo. Il non fare, che si esprime in una serie di tecniche (interrompere il dialogo interno dei pensieri[118], imporsi lunghi periodi di meditazione, digiunare, imparare ad “ascoltare” il silenzio…) avrebbe la capacità di interrompere il flusso della descrizione e tale interruzione a sua volta sospenderebbe il “fare” del mondo conosciuto. Quindi il non fare sarebbe il mezzo per aprire il cammino verso il nagual, il lato ignoto ed inconsapevole della persona, il quale a sua volta rappresenta, per ciò che riguarda il mondo, la realtà separata, e per ciò che riguarda la persona, la consapevolezza dell’altro io. Poiché il non-fare praticato nella consapevolezza del lato destro possiede la facoltà di portarci verso il lato sinistro, praticandolo in modo costante si creerebbero dei punti di contatto tra i due lati e poco a poco tali contatti potrebbero avvicinarci all’integrazione tra le due forme di consapevolezza, risultando nella “totalità di se stessi”.

E così ovviamente il “fare” nel lato sinistro, ossia il raggiungere la piena “consapevolezza del lato sinistro” recuperando e reincorporando tale coscienza nella realtà personale, avvicinerebbe la possibilità di integrarsi nella totalità di se stessi. Anche in questo caso Castaneda ci presenta nel corso dell’opera molti esempi del modo di raggiungerla –benché la consapevolezza dell’altro io, essendo espressione del nagual, sia incomprensibile e le sue possibilità siano praticamente illimitate – come: le vaghe memorie dell’altro io immagazzinate nell’inconscio del nostro passato, il ricordo della nostra natura di esseri luminosi, energetici, la consapevolezza del corpo del sogno[119] , che permette l’utilizzazione pragmatica della nostra esperienza nell’ambito del sognare, la consapevolezza della morte, la possibilità di allinearci con la consapevolezza di altre forme di vita, organiche o no, come alberi, animali, o la terra stessa.

Molto è stato detto e scritto pro e contro Castaneda e molti oggi pensano che i suoi testi vadano classificati nel genere finction piuttosto che in quello etnoantropologico.[120] Ma, a parte il fatto che una probabile ambientazione romanzata del suo reportage potrebbe non aver impedito all’ autore di aver inserito in essa delle esperienze vissute, l’importanza di Castaneda non sta tanto nella veridicità di quanto racconta – problema che in questa sede comunque non interessa -, quanto da un lato nell’aver suscitato tra i primi un grosso interesse per lo sciamanesimo  nella cultura  moderna allontanandosi  dal paradigma psichedelico dominante all’epoca delle sue ricerche,  e dall’altro – ma a questo conseguente – nel tentativo di dimostrare comunque come l’uso delle tecniche, delle droghe o delle piante allucinogene  debba trovare il suo impiego nel ristrutturarsi delle capacità percettive dell’ “apprendista stregone” ed essere soprattutto a questo solamente finalizzato e limitato.[121] L’importanza di una simile affermazione risulta immediatamente quando analizziamo il lavoro di molti altri autori ove traspare come questi ultimi tendano, viceversa, ad assimilare la riuscita di particolari tecniche e l’uso di determinate piante psicoattive che possono indurre degli stati alterati di coscienza di natura religioso-sciamanica con quello stesso stato alterato di coscienza. Tale visione è comune non solo agli ex giovani ribelli americani, ma anche  ad alcuni moderni  “sciamani” new age per i quali la tecnica o la pianta allucinogena finiscono con l’essere più importanti del contesto, in senso lato, in cui le si assume. Sulla base di tale paradigma, le variabili individuali osservate nell’assunzione di certe sostanze o all’opera nelle varie tecniche finiscono con l’essere riconducibili a idiosincrasie psicologiche e considerate una specie di disturbo dell’esperienza stessa.[122]

Ciò che rende sciamanico[123] invece l’uso di una tecnica specifica o di una determinata pianta è l’importanza attribuita a determinate forze, psicologiche e non, nel determinare se essa indurrà uno stato alterato di coscienza e quale sarà il suo contenuto. (La tecnica o la droga, in altre parole, possono sia rompere che modellare una determinata percezione del mondo: nel primo caso siamo davanti ad una natura ludica, che si basa su una interpretazione neurofisiologica, nel secondo ad un suo uso sciamanico vero e proprio).

III.  LO SCIAMANESIMO NELLA SPIRITUALITA’ NEW AGE

3.1.  Il New age e la concezione “olistica”

Già da una prima osservazione superficiale compiuta nella parte introduttiva di questo lavoro, risulta evidente (come nel caso del “nuovo” sciamanesimo) che molto spesso le attuali forme di religiosità e di spiritualità insistono sull’importanza della guarigione; propongono vie nuove, diverse, “approcci olistici”, da cui considerare la realtà umana, per lo più in aperto conflitto con la scienza medica occidentale che guarisce attraverso una tecnica chirurgica e una terapia farmacologica, ritenute in qualche modo fredde, spersonalizzanti e perciò anche negative.[124]

La ricerca di terapie alternative, di medicine “dolci”, spesso riprese da un contesto rituale o etnologico, ad esempio lo stesso sciamanesimo passato, di cui si sottolinea l’antichità della tradizione, è assai frequente nel mondo del New Age, così come risulta presente anche in altri movimenti in cui forte sia il debito o il fascino del mondo orientale.[125]  Peraltro il ricorso a questi metodi di cura implica anche, in maniera più o meno consapevole, l’accettazione di una visuale monistica, caratteristica delle religioni e delle filosofie orientali, oppure, tratto specifico invece del contesto new age, “olistica”.

Termine chiave del New Age, holism richiama la necessità di trovare una via di guarigione che consideri non soltanto la parte malata del corpo, ma tutto quanto l’uomo, nella sua dimensione fisica, psichica, spirituale e nella sua interazione con gli altri esseri umani e con gli altri elementi del cosmo. Questa reintegrazione dell’individuo in una realtà spesso avvertita come frammentata, caotica, estranea da sé assume perciò una connotazione di stampo filosofico. La malattia, infatti, spesso associata allo stress della vita quotidiana, è descritta come un’anomalia vuoi nello scorrimento dell’energia interiore, vuoi invece nell’equilibrio personale dell’uomo. In entrambi i casi, i rimedi che vengono offerti propongono come effetto la reintegrazione dell’individuo in un rapporto di armonia con il cosmo, la cui intima natura è definita divina.

Il tema della connaturalità dell’uomo (o della sua parte più profonda) con il divino richiama certamente, come diversi studiosi hanno sottolineato,[126] una tipologia gnostica di salvezza. Tuttavia, rispetto a quanto insegnavano i movimenti gnostici del II e III secolo d. C., nel contesto della nuova religiosità in cui si inserisce in maniera preponderante, una visione di tipo “sciamanico” ed olistico della realtà, la salvezza pare realizzarsi non soltanto nel riconoscere la natura divina di cui consta l’uomo, ma anche nel reintegrare la propria umanità in un divino che non presenta assolutamente nulla di trascendente.[127] La divinità , infatti, viene spesso fatta consistere in questo mondo, o, se si vuole, in “Gaia”: lo stesso pianeta Terra. Gaia infatti è presentata al tempo stesso sia come una madre divina che amorevolmente accudisce tutti gli esseri viventi in maniera indistinta,[128] sia invece come essa stessa un organismo vivente che necessita di cura e di rispetto da parte degli uomini per poter sopravvivere.[129]

3.2. Il Neosciamanesimo “olistico” e Michael Harner

Oltre a Castaneda, l’altra figura fondamentale per cogliere le modalità con cui lo sciamanesimo è stato percepito nel contesto culturale di questi anni[130] è indubbiamente lo studioso amico del peruviano Michael Harner[131], un antropologo americano[132] che, dopo aver passato due anni a bere l’Ayahuasca con gli indiani Jivaros dell’Ecuador, ha dedicato la sua vita ad elaborare una serie di metodiche per indurre le stesse esperienze “strutturanti” senza l’impiego di piante allucinogene. Lo sciamanesimo di Harner  si situa nello stesso contesto castanediano, come si nota nel suo famoso lavoro sullo sciamanismo, anche se egli non ha dubbi circa l’affinità esistente con le nuove forme sciamaniche che lui stesso cerca di favorire in occidente,  proponendo come leitmotiv il bisogno di cambiamento della coscienza, il tutto inserito in una visione generale della realtà che tranquillamente possiamo far rientrare in una concezione filosofica di tipo olistico.[133]

“Egli confronta la coscienza ordinaria con lo stato di coscienza sciamanica considerata come uno stato di coscienza trascendentale affermando che la percezione della seconda realtà appartiene allo sciamanesimo e ha il suggello dell’esperienza che l’occidentale non sa fare, se non dopo lunga preparazione”.[134]

Ma a differenza di Castaneda,   si coglie soprattutto in Harner anche il motivo del rapporto con la natura (presente in molte parti comunque pure nell’opera dell’antropologo peruviano), come si evince dai suoi scritti: “Gli sciamani dicono che noi dobbiamo parlare con le piante e con gli alberi, con gli animali e con le pietre perché la nostra vita e il nostro spirito è connesso con queste realtà. Nelle culture sciamaniche tutte le cose vengono viste come intercomunicanti e reciprocamente dipendenti e non come singole forme di vita. Tutto ciò che esiste è vivente per la visione sciamanica.[135] Ma come possiamo noi sperimentare che tutte le cose sono viventi? Attraverso la coscienza sciamanica e in modo particolare tramite il viaggio sciamanico”.[136]

Nel caso dell’autore di “The Way of the Shaman” siamo in presenza di un neosciamanismo che interessa di nuovo le religioni vecchie e nuove e in particolare la sensibilità religiosa oggi in forte sviluppo. Di questo nuovo sciamanismo  Harner negli Stati Uniti è forse il maggior rappresentante insieme con la scrittrice Lynn Andrews[137] (autrice del famoso “Medecine Woman” in America addirittura alla trentanovesima riedizione, un’autrice che ripercorre comunque a suo modo la strada “neosciamanica” di Harner e di Castaneda).[138]

 Che tipo di pensiero abbiamo di fronte in questo caso?

Sfogliando al Cesnur[139] i fascicoli che riguardano il neosciamanesimo nell’ attuale mondo editoriale americano[140] mi sembra chiaro come esso ponga l’accento soprattutto all’ interesse rivolto allo stregone visto essenzialmente solo come quel misterioso terapeuta sacro in grado di guarire con efficacia non tanto i mali della collettività quanto gli squilibri che rendono ansiosa la vita del singolo individuo, andando a interrogare le anime o recuperando lo spirito nel regno del trascendente.

Questo nuovo  sciamanesimo risulta essere una sorta di riscoperta della correlazione olistica tra tutte le parti viventi del cosmo conosciuto e sconosciuto, le piante, gli animali, l’uomo, gli spiriti, il tutto condito dalla suggestione di un possibile contatto con l’aldilà e dalla concezione della guarigione come scoperta che la malattia non rappresenta nient’ altro che un semplice e momentaneo indebolimento dell’anima.

Tale visione implica una concezione di salute totalmente diversa da quella che potremmo chiamare “occidentale”. In questo caso “la salute-salvezza è un fatto “totale”; è un benessere, uno star bene del corpo e dello spirito in un giusto equilibrio tra le forze della natura e le forze spirituali e questo equilibrio può essere soltanto il risultato di un mantenimento del rapporto stretto con gli ambiti interi della realtà: lo spirito, anzitutto, che deve armonizzarsi col corpo e con il mondo circostante, con la natura, con il mondo senziente e con il mondo degli spiriti. Se lo sciamano imita il canto degli uccelli e conosce il linguaggio segreto della natura, questo è soltanto un simbolo della capacità di vivere in unione con la natura: lo sciamanismo in tal modo comporta una visione della salute che oltrepassa di molto la concezione biologica e fisiologica propria dell’occidente. La salute parte da una dimensione spirituale di armonizzazione cosmica e di interrelazione con tutti gli elementi in cui la natura umana è integrata”.[141]

La malattia, il malessere e le varie sofferenze umane, risultano quindi logicamente essere l’effetto di una non-integrazione con la realtà circostante, un contrasto con il mondo e la natura, considerati dei nemici inospitali. Per il neosciamano occorre allora superare questa sensazione di esseri separati, isolati dal contesto ambientale in cui viviamo, interrogandoci anche sulla qualità della vita che stiamo conducendo e riconoscere che la mancanza di fiducia nelle nostre possibilità di inserimento e di speranza potrebbe rappresentare una radice ancor più profonda del male che ci attanaglia e che poi potrebbe somatizzarsi in forme differenti.

3.3. Il Neosciamanesimo “mistico” e “naturalistico”

Quello che mi preme soprattutto sottolineare, criticando le riletture personali e gli abusi attuali del fenomeno sciamanico, in una ipotetica ricerca unicamente tesa allo stare bene, all’ equilibrio col proprio corpo e la propria anima, alla salute in sé senza altro fine, è il fatto che  i lavori di Castaneda  – principalmente -, Harner, della Andrews e in misura minore anche della più sconosciuta apprendista  Donner[142] e  di Lamb[143], ci insegnano come lo sciamano sia molto più interessato a “salvare” tramite la “conoscenza”, ristrutturando il modo di percepire e di conoscere dell’adepto piuttosto che  destrutturandolo, ed anzi la fase di destrutturazione è sempre considerata molto pericolosa. Quello che rende diversa l’esperienza di una nativa messicana rispetto a quella di un’impiegata newyorkese che ingerisca una certa quantità di funghi psichedelici nel suo appartamento, magari ascoltando le musiche dei Pink Floyd, non è solo il tipo di funghi o la qualità di principio attivo, né il modo in cui affrontano la destrutturazione del loro percepire il mondo, che al limite può essere simile, ma ciò che accade dopo. “Un indigeno non ingerisce mai l’Ayahuasca per vedere, ma per imparare”.[144] E l’atto dell’imparare è infinitamente più complesso di quello del semplice vedere delle visioni, per il quale probabilmente basta una semplice disinibizione dei canali percettivi. È probabilmente questo ciò che sfugge a chi, leggendo ad esempio Castaneda stesso, reputa primario l’allargamento della coscienza, il “vedere”, la tecnica fine a se stessa, o la droga (o, peggio, il raggiungimento di una personale felicità con una perfetta salute e un sapiente controllo del proprio equilibrio): non è tanto questo al centro dei differenti culti sciamanici, quanto il modo di impiegarle. Ed è probabilmente per questo, purtroppo, che lo sciamanesimo nella cultura attuale  (così come nel movimento psichedelico degli anni sessanta e settanta) è diventato forse solo un fenomeno culturale storpiato ed inserito a forza in una filosofia naturalistica ed olistica “facilona” tipica del New Age, in un “misticismo” del benessere individuale (dove salute e salvezza sono confuse in una relazione che si compenetra talvolta in maniera assai vaga), e non è mai riuscito ad essere un’autentica esperienza religiosa, mancando di quelle caratteristiche proprie dei contesti tradizionali degli aborigeni.[145]

Come afferma G. Filoramo, infatti, lo sciamanesimo attuale viene “inteso come pratica spirituale tradizionale e comune a tutte le culture di tipo arcaico, volta a ripristinare l’armonia tra individuo e cosmo. Ora, il tratto di fondo che accomuna questo ritorno di interesse dell’uomo occidentale per queste pratiche arcaiche è il fatto che lo sciamanesimo può essere riscoperto dall’uomo contemporaneo innanzitutto al fine di intervenire terapeuticamente, in modo “naturale”, su determinati scompensi patologici, ma anche, più in generale, per restituire all’individuo il benessere spirituale e l’equilibrio che la vita moderna avrebbe distrutto”.[146]

Il neosciamanesimo contemporaneo sta diventando cioè nient’altro che un’ideologia pseudomistica, terapeutica e pan-naturale, in cui le distanze dal “vero” sciamanesimo antico si fanno sempre più evidenti.

Su questo punto sono fondamentali le osservazioni critiche dello studioso delle religioni H. Zinser[147]  a proposito delle differenze esistenti tra il nuovo e il vecchio sciamanesimo.

Una basilare differenza riguarda il fatto che lo sciamanesimo tradizionale ruotava intorno alla figura del medecine-man, un personaggio eletto che solo in rari casi riusciva a diventare sciamano di sua spontanea volontà, ed anzi, di solito, colui che veniva chiamato opponeva resistenza e cercava di sottrarsi alla responsabilità che gli si voleva affidare da parte degli spiriti e della comunità.[148] Inoltre anticamente, dopo la chiamata, seguiva un periodo molto duro di formazione che avveniva tramite sciamani di grande esperienza (e almeno Castaneda, se i suoi resoconti sono attendibili, a differenza di molti falsi sciamani new age, qualcosa del genere dovrebbe averlo vissuto…), nel quale il neo – sciamano – qui inteso come “candidato” – era iniziato alle difficili tecniche estatiche ed al loro padroneggiamento.[149]  Nella realtà contemporanea, invece, sembra che  tutti siano chiamati a diventare degli sciamani, pur essendo assente – logicamente – sia una vera e propria “vocazione” che soprattutto una lunga e faticosa preparazione iniziale. In secondo luogo, Zinser annota che in Siberia lo sciamanesimo serve a superare i momenti di eccezionalità e di incomprensione del reale. Da noi, come comunque  ho avuto già modo di dire  in precedenza, è utile solo nella misura in cui produce stati mistici di alterazione di coscienza, di anormalità e di “eccezionalità”: per il mistico contemporaneo della domenica credere nelle verità dello sciamano va bene solamente quando si appresta a isolarsi in profonda meditazione col fine di “viaggiare” in un’altra dimensione sconosciuta ai sensi “normali”, come è dimostrato ampiamente dall’importanza del viaggio sciamanico così preponderante nei temi del New Age. Una terza critica da lui proposta, consiste nel fatto che il ritorno della visione sciamanica del cosmo significa una svalutazione della scienza, dell’arte, del lavoro e di ogni altra attività umana. Lo sciamanesimo riplasmato ci potrebbe potenzialmente catapultare “fuori” dalla realtà del nostro mondo. Esso si inserisce perfettamente (e rappresenta anche un potente fattore alla radice del mutamento) nella lotta al positivismo e al meccanicismo newtoniano della scienza grande bersaglio del pensiero new age. In questo contesto, immettendomi nel discorso di Zinser, si può dire che la concezione della realtà parte nel nuovo sciamanesimo dal presupposto che la nostra visione del mondo non è disgiungibile dal significato che noi diamo al mondo.[150] L’interrelazione soggetto-oggetto non è un fenomeno allucinatorio, ma è essenziale per comprendere se stessi e il proprio linguaggio in rapporto alla natura. Lo sciamanesimo contemporaneo, riprendendo sostanzialmente Castaneda, vuole mettere in discussione il rapporto dicotomico fra la realtà e la percezione della realtà, fra soggettivo ed oggettivo, descrivendo l’esistenza  di un altro ordine che viene sperimentato dall’adepto come un tutto omogeneo in sintonia con il mondo e la sua stessa percezione.[151] La nuova coscienza sciamanica riesce ad integrare in maniera esemplare la realtà con la percezione della realtà, ove è il soggetto che si fa responsabile della creazione del suo particolare universo,[152] ove tutto si traspone in un altro piano più “spirituale” e sacro. In tale ambito, il maggiore ostacolo per la visione del moderno sciamano non sono altro che i disturbi del percepire prodotti dal pensiero scientifico-analitico.

Infine però, mi sembra che proprio lo sciamanesimo  che si dichiara contrario ad ogni dualismo in favore di una concezione marcatamente olistica, in concreto con la distinzione tra corpo, anima e spirito, perpetui ed esalti una visione di tipo dicotomico. L’antropologia e la cosmologia sciamanica sono in realtà dicotomiche e dualistiche, anche se si parla di continuo di un passaggio da un mondo all’altro. Che poi la visione sciamanica finisca in un pre-personale e non in un trans-personale, come si augurano i new agers, ciò rientrerebbe in particolari concezioni dell’individuo.

(Alla ripresa di uno sciamanesimo mistico-naturalistico nel pensiero olistico new age contemporaneo ha contribuito forse, come afferma Terrin, anche lo stesso Eliade, sottolineando gli aspetti mistico-naturali di quell’esperienza dello spirito[153] che viene ripescata e trasformata attraverso una riscoperta della natura e dell’armonia che l’uomo deve portare dentro di sé con la realtà naturale che lo circonda. Basta leggere l’opera di J. Halifax, in cui si descrive lo sciamanesimo attuale in termini di tradizione della terra basata sul dialogo con la natura dove si può cogliere la manifestazione del Grande Spirito, [154] per comprendere come si sia oggi quasi in presenza di un catechismo rifatto sui concetti attuali e di cui si tende a ricoprire lo sciamanesimo tradizionale).

La vicinanza alle forze della natura, che era determinante già nello yoga primitivo, tra gli sciamani degli indiani d’America e altri popoli primitivi, viene allora così sinteticamente contraddistinta dalla religiosità del New Age col nome di “sciamanesimo”. Tale  concetto è stato in esso ampliato e modificato al di là dei suoi limiti etnologici, geografici e anche contenutistici, e indica ora una particolare forma di sacralità, o meglio, di “spiritualità”, in cui i singoli individui abbastanza dotati (da alcuni ritenuti dei semplici malati, come gli antichi sciamani),[155] terapeuti, guaritori lanciano un ponte tra il mondo dell’uomo “normale” e il mondo pullulante di spiriti, di entità o di energie misteriose, della magia bianca (sanante, rigenerante, terapeutica) e nera (distruttiva, lesiva). I culti sciamanici vudù e le guarigioni miracolose inspiegabili operate dai neosciamani moderni rientrano in questo ambito, così come l’immersione in stati di trance, che dischiude nuovi settori della realtà, e l’uso di poteri, che risultano inspiegabili alla scienza moderna.

La cosa sorprendente è che questo sciamanesimo-terapeutico guarisce là dove l’arte medica dell’occidente fallisce. Nel contesto del moderno individuo pseudo-mistico new age che si affida a questo network, non disdegnando di “viaggiare” anche in quelli di altro genere ma ad esso sempre collegati, vengono percepite realtà della natura e liberate forze, che nella lunga tradizione della tecnica e della civiltà contemporanea sono andate perdute.

Secondo J. Sudbrack, importante studioso gesuita di Innsbruck specialista della mistica del passato e delle nuove forme della spiritualità di oggi che tentano in vario modo di legarsi ad essa, è proprio qui che deve essere ricercato il vero nucleo del neosciamanesimo:

“In virtù delle loro qualità particolari, spesso affinate dall’esercizio e dall’iniziazione, determinati individui vivono ancora in una stretta vicinanza con forze della natura, che noi altri abbiamo dimenticato e perso da lungo tempo e che perciò ci appare come una magia e un inganno”.[156] E continua citando anche un caso molto interessante:

“Il fatto che l’uomo colto d’oggi vi subodori subito dietro un qualche inganno è non da ultimo la conseguenza di pubblicazioni come quella di Elmar Gruber[157]: secondo le notizie fornite dall’editore egli era assistente all’Institut fur Grenzgebiete der Psychologie und Pschohygiene del professor Hans Bender a Friburgo; secondo notizie fornite dal medesimo istituto egli non aveva mai ivi ottenuto neppure la licenza. Basandosi su questi eventi misteriosi fatti di sogni, estasi, guarigioni e incantesimi, egli fabbrica una moderna visione del mondo:  “Nessun ordine. Ma trance e la coscienza che dietro tutta la vita c’è qualcosa di più grande, che è  fons et origo delle attuali condizioni di vita: l’origine. Il ristabilimento della relazione con essa, che è seguito al tragico atto della separazione tra l’Io e l’Altro, della delimitazione originaria, ha creato il primo e più sacro degli uffici: la gilda non istituzionale dei retroconnettori, i quali nelle profondità dell’antro e dell’inconscio svolgono un lavoro da migliaia di anni e il cui scopo è quello di impedire ad ogni costo lo sviluppo della macchina della razionalità…Questo movimento geniale, che ci riporta inaspettatamente agli inizi e rende possibile la creatività e la creazione”. Gruber insegna un mito della creazione, il mito del peccato originale della presa di coscienza da parte degli uomini, dell’erezione della barriera soggetto-oggetto, aggiornandolo semplicemente alla vecchia maniera gnostica.”[158]

Sudbrack critica questo falso misticismo naturalistico constatando poi come molti seri ricercatori  – quale ad esempio Mircea Eliade – sappiano che proprio i popoli dei territori esperienziali per pratiche sciamaniche oggi tanto prediletti (Messico, Siberia o anche addirittura il  Turkestan, ma altri ancora) fanno risolvere le loro credenze negli spiriti e nella natura in quella di un Dio non misticizzato ma unico e solo Creatore. “Tale dato etnologicamente incontestato – afferma Sudbrack – è semplicemente taciuto da Elmar Gruber o anche dalla sua maestra Joan Halifax. E così riesce loro di trasformare un fenomeno, che per gli uomini, tra cui essi lo scoprono, è solo secondario, cioè inserito in un chiaro monoteismo, in religiosità primaria.”[159]

Si tratta dunque, nel caso del nuovo sciamanesimo, di una mistica assai ingenua, libera, che non si sa dove porterà e che si fa interprete di tutte le ingenuità spiritualistiche e sacralizzanti e di non senso al limite con l’immaginario, di cui è permeata la religiosità di oggi.

“Ancora una volta tocchiamo con mano un tratto specifico della nuova religiosità: vie socialmente, culturalmente e religiosamente situate, scoperte in seno a tali tessuti, vengono isolate e inquadrate nel modello totalitario della trascendenza mistica senza trascendente, del transpersonale, senza tener conto del loro contesto originario.”[160]

3.4 Riflessioni

Le opere di Castaneda e dei suoi seguaci, di Harner e della Andrews (ma in misura minore) hanno attualmente  originato quel nuovo e ambiguo interesse per lo sciamanesimo, letteralmente esploso in America nella West Coast alla fine degli anni ottanta. Oggi esiste una rivista specializzata in “sciamanesimo esperienziale”, Shaman’s Drum, che tira oltre ottantamila copie, innumerevoli agenzie e associazioni propongono viaggi e gruppi di incontro, magari con l’uso di piante psicoattive, mentre anche in Inghilterra e Nord Europa si va affermando un movimento che, partendo dall’interesse per lo sciamanesimo ed i culti matriarcali, sconfina nella psicologia transpersonale di Stanislav Grof[161], nelle teorie di Gaia[162] di Jim Lovelock[163], nella Deep-Ecology di Joan Halifax[164] e nella salvaguardia della biodiversità e dei diritti dei popoli indigeni. Un tale movimento si configura come radicalmente diverso da quello nato negli anni sessanta  intorno al paradigma  psichedelico. Allora il movimento psichedelico era nato nelle marce di protesta contro la guerra del Viet Nam come un movimento di radicale rifiuto dei valori dell’American Life Style, e forse per questo aveva enfatizzato i valori destrutturanti dell’esperienza sciamanica psichedelica. Oggi non esiste alcuna connotazione di protesta e le premesse ideologiche dei giovani che viaggiano nel Sud del mondo alla ricerca di nuove esperienze visionarie portano ad una generale accettazione dei valori culturali dominanti: lo sciamano affascina non come elemento di rottura, ma come figura sincretica che preserva una atavica saggezza pur convivendo con le contraddizioni del mondo moderno. In questo senso il paradigma psichedelico, con le sue utopie, è ormai defunto. Oggi nessuno pretende più di cambiare il mondo, nessuno è più in attesa di una paradisiaca “New Age”, e chi ingerisce una pianta allucinogena percuotendo il suo tamburo sciamanico, magari acquistato per corrispondenza, da un rivenditore specializzato del New Mexico,  cerca più una risposta salvifica di “vera conoscenza”  chiedendo in più  di uscire da questo mondo in cui una realtà resa sempre più virtuale dal dilagare dei mass-media preclude qualsiasi spazio interiore. Che poi lo faccia nel caldo asfissiante della foresta amazzonica o in un raffinato e confortevole centro della “Nuova Era” californiano potrebbe a mio avviso essere solo questione di scelta  o di temperamento.

IV. IL NEOSCIAMANESIMO CASTANEDIANO TRA SALUTE E SALVEZZA. LA TEORIA

4.1. Introduzione

Fino ad ora mi sono basato sostanzialmente sui resoconti dei maggiori studiosi novecenteschi dello sciamanesimo e della cultura religiosa contemporanea, per riuscire a vedere da vicino come si presentano  effettivamente alcuni suoi aspetti peculiari che rappresentano in vario modo certi elementi di questa tradizione, ripresi in maniera più o meno rigorosa dal mondo religioso contemporaneo .

Le fonti bibliografiche relative al neosciamanesimo (non da un punto di vista generale, ma in alcuni suoi elementi particolari) sono assai esigue, e le difficoltà di reperibilità mi costringono ad attingere ad opere controverse scritte di recente che sono quindi inevitabilmente destinate a subire la prova corrosiva del tempo.

Tra queste penso sia essenziale scegliere quelle castanediane, poiché – oltre al fatto che le conosco particolarmente bene, essendomi appassionato fin da subito ad esse – sono letteralmente alla base di tutti gli altri autori che abbiamo citato “neosciamanici”[165] (o perlomeno in rapporto con questo fenomeno) successivi, da Harner alla Donner[166], dalla Halifax alla sua seguace Gruber, da Lovelock, Lamb e Andrews alla Abelar,[167] Carmina Fort[168] e,  in generale, a tutti i suoi discepoli più o meno noti (o più o meno fasulli). È per questo che analizzare ora l’opera di Castaneda è fondamentale: in essa ci sono praticamente tutti gli spunti che intessono le fila del neosciamanesimo contemporaneo, i nuovi riti che si trasformano in tecniche terapeutiche personali, la coscienza olistica, le possibilità della mente una volta liberata dalla sua “razionalità” di raggiungere una conoscenza “salvifica”,  la vera “via” dello sciamano-guerriero,  il nuovo modello di trance, di viaggio dell’anima, del cosiddetto “corpo spirituale”, “corpo di sogno”, di volo astrale attraverso il varco “consapevole” nella soglia della “salvezza”.

4.2. Perché Castaneda

Rimanendo nell’ambito del rapporto fra salute e salvezza delineato inizialmente riguardo al concetto di Religione del “sé” tipico dei fenomeni religiosi contemporanei, reputo inoltre basilare analizzare gli insegnamenti presenti all’interno dell’opera castanediana, perché penso che essi siano paradigmatici per comprendere la dimensione salvifica “neognostica” soggiacente al network dello sciamanesimo new age.

Abbiamo già  visto[169]  come in una concezione di tipo gnostico, in cui sia presente non solo un male cui sia attribuita in vario modo una dimensione ontologica, ma anche una conoscenza di per sé salvifica, acquisti estrema importanza il ruolo del Salvatore-Illuminatore, destinato a far trovare all’uomo-discepolo la sua vera natura e la sua essenza divina, di modo che egli, riconosciuto se stesso, possa combattere e liberarsi dalle illusioni del male e acquisire una profonda consapevolezza che gli consenta di ritornare alla sua “dimora originaria”.

Ora, a mio avviso, il Don Juan di Castaneda rappresenta bene, in chiave moderna, questa figura di nuovo “guru”, maestro-stregone “illuminato”, tanto caro ai newagers, in grado di trasmettere quella Vera Conoscenza che tiene dentro di sé sia la “salute” che la salvezza, un sapere esoterico (nascosto) mediante cui è possibile attingere ad arcane energie, a forze recondite dello spirito che la razionalità del mondo occidentale ha irrimediabilmente soffocato e ormai dimenticato.

Ma qual è questa conoscenza che trasmette? Con che tipo di “illuminazione” abbiamo a che fare? Si può qui utilizzare la categoria di “neognosticismo” per interpretare al meglio questo nuovo sciamanesimo, magari affiancandolo ad altri fenomeni “spirituali” ad esso vicini, o alla definizione di  Self-Religions proposta dagli studiosi della religiosità di oggi, o, ancora, studiarlo come una delle tante proposte di “salute” – più che di “salvezza”- oggigiorno maggiormente in voga offerte dal New Age?

Ho già avuto la possibilità in precedenza di introdurre l’opera di Castaneda, sottolineandone l’importanza “storica” nell’ambito del ritorno dello Sciamanesimo nella cultura religiosa contemporanea; a questo punto è mia intenzione addentrarmi in maniera più approfondita nel sistema di conoscenze in essa presente, nel tentativo di riuscire ad offrire una risposta plausibile agli interrogativi che sopra ci siamo posti, sempre cercando di rimanere nello schema salute-salvezza facente da sfondo a questo mio lavoro.

4.3. Il sistema  di  “Conoscenza”  di Don Juan.

L’origine della visione del mondo di Don Juan affonda le sue radici nel mistero, benché evidentemente possieda un substrato multietnico e abbia molti elementi in comune con il mondo religioso indigeno mesoamericano e in particolare con l’universo tolteco. Tali correlazioni si possono desumere dall’informazione storica disponibile sulla mesoamerica precolombiana, così come dalla conoscenza diretta dei discendenti odierni della cultura tolteca, di cui sono un esempio i Nahua, gli Huicholes o i Maya.[170]

Concetti come il Tonal e il Nagual, l’altro io, il corpo del sogno, la terra considerata come un essere cosciente, si possono trovare ancora negli usi e nelle pratiche degli indigeni del nostro tempo.[171] Ad ogni modo, sembra che nessuno abbia espresso – in chiave romanzata e nel contesto della nuova religiosità – tali concezioni della realtà con la chiarezza e il pragmatismo che troviamo negli scritti di Castaneda. È importante evidenziare il fatto che la sua proposta, che ruota attorno ai concetti di “relatività della percezione” e conseguente esistenza di realtà alternative, non è una mera speculazione filosofica, ma possiede anche – almeno stando nell’ambito del messaggio new age – implicazioni pratico-terapeutiche che sfociano direttamente in applicazioni concrete, a livello della percezione e dell’esperienza di vita (rimandiamo qui al valore fondante del New Age dell’ esperienza personale) del singolo individuo.

Come ho affermato superficialmente nella breve introduzione storica, l’asse portante intorno a cui si evolvono gli insegnamenti di Don Juan è la concezione dualistica della realtà espressa dai termini “tonal” e “nagual”. Tale concezione rappresenta anche uno dei molti esempi in cui si può osservare il substrato precolombiano della visione donjuanista. Non è difficile infatti stabilire una vicinanza tra questi concetti e le due facce di Ometeotl, il “signore della dualità”,  il principio sostenitore del mondo secondo le antiche tradizioni nahuatl , la cui più alta espressione fu il mondo tolteco.[172]

Ne L’isola del Tonal,[173] Castaneda[174] presenta una descrizione dettagliata (e “riplasmata”) del tonal e del nagual. Il tonal viene mostrato come lo spazio in cui agisce e si orienta l’uomo comune durante la sua vita e come l’ordinatore che dà senso e significato a tutto ciò che si presenta alla nostra coscienza. Esso include tutto quello che l’uomo è, pensa o fa;  la ragione, il pensiero e la descrizione ordinaria della realtà sono il forte del tonal, il quale comprende di fatto tutta la gamma del conosciuto. Secondo Castaneda, all’insegna di una visione critica caratteristica più che dello sciamanesimo passato di quello moderno, per l’uomo “banale” della società scientifica moderna non esiste nient’altro che il conosciuto, tutta la sua esperienza cosciente si restringe all’ambito del tonal, il quale inizia con la nascita e termina con la morte.

Il nagual, invece, è tutto ciò che resta fuori dal tonal. È qualcosa il cui contenuto non può essere pensato. Castaneda descrive il tonal come un’isola in cui l’uomo trascorre tutta la sua vita, senza sapere nulla di ciò che si trova oltre i suoi confini. Il nagual è tutto lo spazio di mistero insondabile che circonda l’isola. Benché esso non possa essere compreso o verbalizzato – dato che la comprensione e la parola corrispondono al tonal – se ne può tuttavia essere testimoni, sperimentarlo. E questo è precisamente uno degli obiettivi dello stregone, al quale non importa tentare di capire o razionalizzare l’esperienza del nagual. Gli interessano soltanto le possibilità pratiche che tale esperienza mette alla sua portata. In ultima analisi, tutto accade nel nagual, che abbraccia tutto, ma noi percepiamo soltanto il tonal, il cui compito è quello di conferire alla realtà del nagual (l’universo delle emanazioni dell’aquila)[175] un ordine e un senso che non le appartengono, in quanto realtà trascendentale.

Di fatto, il tonal e il nagual non sono soltanto aspetti del mondo esterno, ma si esprimono anche all’interno di ogni uomo. Ciascuno di noi possiede un lato tonal e uno nagual. Nell’opera di Castaneda questi lati sono chiamati anche consapevolezza del lato destro e consapevolezza del lato sinistro, consapevolezza ordinaria e consapevolezza dell’altro io, il sognatore e il sognato, eccetera. Di fatto il tonal, come ordinatore del caos apparente del nagual, protegge il nostro essere dall’impatto devastante che avrebbe il nagual, se affrontato impreparati.[176]

Come ben spesso capita negli altri insegnamenti trasmessi dal maestro Don Juan a Carlos, lo sciamano interpreta ben diversamente questi concetti da come imporrebbero i testi di etnografia. Il tonal rappresenta in essi lo spirito custode in forma animale; per don Juan esso invece può anche apparire come animale, ma in realtà, quando mostra al discepolo il suo tonal, gli fa vedere la sua persona, il suo corpo, affermando che tutto quello che facciamo e sappiamo è opera del tonal, che sta di guardia a tutto ciò che siamo stati e abbiamo fatto, giudica e descrive. [177]

Questa distinzione fra tonal e nagual pervade tutta la didattica di Don Juan, il quale divide le sue istruzioni in lezioni e tecniche (come vedremo dettagliatamente in seguito) per il lato destro e lezioni per il lato sinistro. L’obiettivo delle prime è quello di riordinare in un modo più sano e funzionale gli elementi del tonal, ossia di “ripulire l’isola del tonal”.[178] Le seconde invece si propongono di far  sperimentare all’ “apprendista stregone” direttamente il nagual, in modo tale da salvaguardare la sua ragione.

D’altra parte, se il tonal di ogni individuo è ciò che dà ordine e senso al mondo e se la realtà così percepita non ha un’esistenza trascendentale, ci si potrebbe chiedere: come mai gli esseri umani condividono tra loro una visione del mondo abbastanza simile? Cos’è che porta il tonal di tutti noi a costruire una realtà che possiamo condividere?

Parte della risposta si trova in ciò che abbiamo già detto rispetto alla costruzione collettiva della percezione ordinaria, mediante l’agganciamento del primo anello di potere.[179] Bisogna tuttavia menzionare l’esistenza di quello che Castaneda definisce il “Tonal dei tempi”. Lo si potrebbe intendere come una descrizione generale del mondo condivisa dai membri di ciascuna società, nel suo tempo e luogo specifico. Tale descrizione è sostenuta in modo collettivo, per il fatto di essere interiorizzata simultaneamente da tutti i componenti della società. La gente le conferisce continuità  trasmettendola  ai nuovi nati, i quali dovranno assimilarla per diventare membri di tale società, cosa che si realizzerà a partire dal momento in cui saranno in grado di riprodurre e condividere la descrizione. “Il tonal del tempo”[180] impone a ciascun individuo una descrizione, che porterà il suo tonal personale a costruire una percezione in comune con gli altri membri della società. Anche se, naturalmente, esistono alcune differenze tra persona e persona, le quali hanno origine nella “storia personale” di ciascuno.

Altro elemento fondamentale nella visione donjuanista-castanediana  della realtà è il concetto di “energia”, così caro, come abbiamo avuto modo di vedere trattando del “neosciamanesimo olistico”, al mondo del New Age contemporaneo.

Tanto per Don Juan che per Castaneda, l’universo non è costituito da “materia”, da oggetti, così come li vediamo, ma da “campi di energia”.[181] Questo concetto è basilare non solo per il fatto che appare con molta frequenza nell’opera di Castaneda, ma perché è il punto di partenza e di arrivo di tutto ciò che il “guerriero”[182] neosciamano fa.

Per don Juan, il mondo dei desideri e quello delle idee hanno poca reale influenza sulla vita dell’uomo, mentre è il “Potere Personale” – cioè l’energia della quale l’uomo dispone – a determinare tutto: il possibile e l’impossibile.[183]

Il tema principale de Il fuoco dal profondo è ciò che Castaneda chiama “la Consapevolezza dell’Essere”.[184] Uno degli elementi essenziali di questa consapevolezza è che noi siamo campi di energia, o “uova luminose”.[185] Questo non sembra a prima vista un gran segreto o una grande verità,[186], ma in realtà è uno dei punti chiave di tutto il sistema di Don Juan, che ha influenzato direttamente la concezione olistica dello sciamanesimo new age.

Secondo Castaneda la realtà così come noi riusciamo a vederla è costituita da campi di energia che il suo maestro definisce “le emanazioni dell’Aquila”,[187] unica e sola dimensione che si può dire trascendente (il “Dio-energia” storpiato dal New Age, per intendersi). Tali emanazioni sono raggruppate in grandi “fasce”,[188] le quali formano mondi indipendenti tra loro. Don Juan parla dell’esistenza di quarantotto grandi bande di emanazioni, due delle quali sono accessibili all’uomo durante la sua percezione ordinaria. Una è quella dove si trova raggruppata la vita organica e l’altra è una banda che contiene strutture senza coscienza, come minerali, liquidi, gas…

All’interno della banda di emanazioni degli esseri organici esiste una frangia particolare, la banda dell’uomo, che determina gli stretti limiti della percezione del conosciuto. Le emanazioni normalmente allineate in questo caso sono conosciute, già abbiamo visto, come la coscienza normale, il tonal, il lato destro. All’interno della banda dell’umanità ci sono un gran numero di emanazioni non utilizzate ma accessibili; rappresentano per Castaneda una possibilità latente, ma che generalmente resta ignorata per tutta la vita. Sono l’anticamera dell’ignoto, ossia il nagual, la “realtà separata”, il lato sinistro.[189]  (Non tutte le emanazioni dell’aquila sono accessibili all’uomo. Di fatto, la grande maggioranza di esse si trova nel campo dell’ “inconoscibile”.[190]  Ne “Il fuoco dal profondo”, don Juan afferma che la sfera di ciò che può essere conosciuto è costituita da sette grandi fasce di emanazioni,[191] che possono essere accessibili alla percezione e si dividono in conosciuto e ignoto. L’ambito del conosciuto, dice lo stregone, rappresenta una minuscola parte del totale di emanazioni a cui l’uomo può accedere, ma ciò nonostante l’uomo “comune” criticato da Castaneda resta ignorante al suo interno per tutta la vita. Esso contiene tutti gli elementi di quello che si percepisce come realtà nel mondo quotidiano e tutto ciò che ciascun individuo è o fa si troverebbe in questa parte).

Parte del lavoro di don Juan e del suo gruppo di amici stregoni[192] consiste nello sviluppare l’abilità di “allineare”[193] e percepire tali emanazioni.

Ciò che permette di selezionare e di “allineare” l’emanazione durante la percezione è detto da Don Juan “punto d’unione”.[194]

Il punto d’unione è di capitale importanza per comprendere la teoria ma, soprattutto, anche la pratica del sistema “neosciamanico” castanediano. Da una lettura attenta alle parti dei vari testi ove esso è citato, il punto d’unione si può dire che rappresenti quella capacità della coscienza consapevole di scegliere le emanazioni che creano simultaneamente la percezione degli elementi che formano la realtà oggetto del percepire. Il fatto che il punto di unione allinei alcune bande di emanazioni in particolare e alcune emanazioni specifiche all’interno della banda, è definito da Castaneda come “posizione del punto di unione”. Per quanto riguarda la percezione dell’uomo comune, la posizione del punto d’unione produce un allineamento particolare, che causa la percezione del suo mondo quotidiano. Un leggero movimento della posizione del punto d’unione produrrà l’allineamento di emanazioni della banda dell’uomo che normalmente sono scartate. Un forte cambio di posizione produrrà l’allineamento di altre grandi bande di emanazioni. La facoltà di “scremare”[195] le emanazioni allineate, raggruppando quelle utili e scartando le altre, in modo da infondere senso e ordine nella percezione di ciascun oggetto, è conosciuto come “attenzione”[196] e si ottiene dalla consapevolezza grezza, mediante l’affinamento della percezione. Secondo l’ambito in cui agisce, l’attenzione viene classificata da Don Juan in tre tipi, che corrispondono a tre livelli di realizzazione. La prima attenzione è l’ordinamento della percezione nel mondo del conosciuto; la seconda opera e mette ordine nella sfera dell’ “inconoscibile”[197] e la terza integra le due precedenti, permettendo di penetrare nell’ignoto.

Per l’individuo normale e per il “guerriero” nella fase iniziale delle tecniche nel suo apprendistato, la prima attenzione è la più importante, perché costituisce il campo di operazioni in cui si svolge la sua vita. Ed è l’uso specializzato e strategico delle sue azioni nella prima attenzione, che gli permetterà eventualmente l’accesso alla seconda, fondamentale per la vera comprensione di sé stesso e della sua natura “divina”.[198]

Secondo Castaneda, il modo particolare in cui la prima attenzione seleziona e organizza le emanazioni che percepiamo non è fortuita, ma deriva da un addestramento specifico, che mettiamo in pratica per tutta la vita e i cui tratti fondamentali vengono delineati nei primi anni della nostra esistenza.

A proposito Don Juan gli racconta come al momento della nascita, un bambino non percepisce il mondo nella medesima maniera dell’adulto. Ciò è dovuto al fatto che la sua attenzione non sta ancora operando come prima attenzione, di conseguenza non riesce a condividere il mondo percettivo di coloro che gli sono attorno. Anche se si trova ad essere circondato dalle stesse emanazioni, non ha imparato a selezionarle e ad organizzarle come fanno gli adulti. Ci riuscirà poco alla volta, dice lo sciamano yaqui, assimilando durante la crescita la descrizione del mondo che gli adulti gli propongono. In modo naturale, qualunque adulto che entri in contatto con un bimbo piccolo, si trasforma – di solito inconsapevolmente – in un maestro che descrive incessantemente il mondo al bambino. All’inizio il piccolo non comprende la descrizione, perché non percepisce il mondo in quei termini, ma poco alla volta la assimilerà e imparerà a percepire la realtà secondo la descrizione. Avviene che, successivamente, sarà la descrizione a determinare la forma precisa in cui la sua percezione selezionerà e organizzerà i campi di energia che lo circondano. Quindi Castaneda afferma che ciò che percepiamo quotidianamente è la descrizione stessa, la quale fluisce costantemente da noi verso l’esterno.

Questo “fluire” della descrizione di solito è ininterrotto e in tal modo sostiene la percezione del mondo che ci è familiare, momento per momento. Se tale flusso viene sospeso, la realtà che esso genera crolla e si verifica ciò che Castaneda chiama “fermare il mondo”. Il vedere si riferisce alla capacità di percepire il mondo nella maniera in cui esso si rivela una volta che il flusso della descrizione è stato interrotto.[199]

Un altro aspetto importante legato a questo, è che, secondo Don Juan, tutto ciò a cui ci riferiamo quando diciamo “io” (cioè l’ego), fa parte della descrizione che abbiamo assimilato. Questa parte della descrizione ci manterrebbe incatenati a un modo di essere e di comportarci che – malgrado sembri assoluto e definitivo – può essere interrotto o sospeso del tutto, aprendo possibilità illimitate rispetto a ciò che possiamo essere o fare. In tal senso il “non-fare”, che sospende il flusso della descrizione, sarebbe una porta verso una salvifica libertà e il cambiamento. La chiave di questa porta, come la definisce lo stesso Castaneda, è la capacità di fermare il “dialogo interno”[200] dentro noi stessi, ossia quella conversazione mentale che sosteniamo costantemente rappresentante l’espressione più immediata della descrizione assimilata da ciascuno di noi. In pratica Don Juan la presenta come una sorta di “guardiano”, il cui compito fondamentale è quello di proteggere la descrizione, alimentandola con il suo stesso contenuto (i pensieri) e generando inoltre il “fare” che la rinforza. Questo vuol dire che, a causa delle cose che ognuno racconta a sé stesso, l’uomo percepisce il mondo nella maniera in cui è solito farlo e si comporta di conseguenza. Ciò a sua volta tende a confermare il contenuto del dialogo interno e della descrizione stessa. Tutto questo ci fa arrivare normalmente all’estremo di sostituire la realtà intorno a noi con i nostri pensieri. Castaneda critica l’uomo ancora ignorante che guarda il mondo, le cose, le persone o noi stessi e allo stesso tempo formula pensieri su ciò che sta vedendo, finché, come anche lui faceva, termina scambiando i pensieri per il reale.

Quando invece, per mezzo dei non-fare dell’io personale – come la tecnica del cessare il dialogo interiore – interrompiamo il flusso della descrizione della nostra persona, ci liberiamo da tale errore illusorio e dall’incantesimo dell’ego, che consiste nel farci credere di essere lui a costituire la nostra unica realtà. Possiamo ri“conoscere” allora la nostra natura di campi di energia, liberi e fluidi. E a partire da quel momento possiamo dedicarci al compito di reinventare noi stessi in un modo volontario e intenzionale, che ci permetta di rispondere in modi nuovi alle nuove situazioni che ci si presentano in ogni momento.

Castaneda, sempre rimanendo in questo ambito, definisce come “primo anello del potere”[201] la facoltà di effettuare “scremature”, secondo i termini di una descrizione del mondo condivisa dagli altri esseri umani. Con tale anello è come se “agganciassimo” gli elementi della realtà ordinaria, proiettando su essi la nostra descrizione. Ciò che si ottiene è la percezione normalmente sperimentata. Allo stesso tempo, gli anelli di potere di tutta l’umanità sono costantemente agganciati tra loro, per cui la costruzione del mondo nei termini della descrizione è in certo modo un compito collettivo, a cui partecipa chiunque si trovi coinvolto in ciascuna specifica situazione. È così che la percezione di ogni oggetto diventa più o meno uguale per tutti coloro che partecipano.

Lo sciamano-stregone invece, per riuscire a percepire la realtà in termini differenti dalla descrizione ordinaria, utilizza il cosiddetto “secondo anello del potere” (o anche l’anello del non-fare)[202]. Benché tutti possiedano questo secondo anello, utilizzarlo diventa possibile solo bloccando la funzione del primo, il che nella vita della gente normale, come afferma Don Juan, capita molto di rado.

 

V. IL NEOSCIAMANESIMO CASTANEDIANO TRA SALUTE E SALVEZZA. LA PRATICA

5.1. Introduzione

Il sistema di insegnamenti donjuanisti presentati dall’antropologo peruviano al mondo occidentale, ha lo scopo specifico di riuscire a muovere con successo e in maniera volontaria il punto d’unione, per produrre quei fondamentali cambiamenti nella vita, tanto nel modo d’essere quanto in quello di comportarsi e di percepire il mondo. Tutta la teoria che si trova nelle opere di Castaneda è priva di valore se non viene supportata da una relativa esperienza pratica e personale delle “lezioni” (“teachings”) del maestro-sciamano.

L’opera castanediana punta completamente in tale direzione, ed è finalizzata a sviluppare il controllo della percezione su una parte della totalità delle emanazioni, tramite forme caratteristiche dette da Castaneda di “non-fare”[203] che dovrebbero portare il punto d’unione a spostarsi. Don Juan impartisce a proposito alcune tecniche apposite suddivise in lezioni per il lato destro e per il lato sinistro, definite durante l’opera castanediana come l’arte dell’agguato e l’arte del sognare.[204]

5.2. L’arte dell’agguato

Questo insieme di tecniche trasmesse da Don Juan a Castaneda, e da Castaneda al mondo occidentale, riguardano un uso quasi “sacralizzato” della realtà ordinaria, a cui soggiaciono alcune idee ad essa relative prima delineate.

L’arte dell’agguato opera solo nella realtà ordinaria. Essa è per il neosciamano un’arte da praticare nel lato destro, consistente in un utilizzo particolare della quotidianità, il cui fine è l’accesso alla realtà separata, realtà “salvifica” che invita il guerriero alla libertà, offrendogli nuovi mondi pieni di mistero in cui sperimentare il suo essere in maniere insospettate.

Il “maestro dell’agguato”[205] è un praticante consumato, che fa del mondo quotidiano il suo campo di battaglia, trasformando ogni atto, ogni interazione con i suoi simili, in un problema di strategia. L’agguato è praticamente il controllo strategico della propria condotta. Il suo campo privilegiato è quello in cui ha luogo l’interazione con altri esseri umani; per questo il praticante, lungi dal separarsi dal contesto sociale, vi resta dentro, utilizzandolo per temprare il suo spirito, aumentare la sua (solita) “energia” e spingersi oltre i limiti del suo “potere personale”[206] e della sua storia. I maestri di quest’arte sono detti cacciatori (l’analogo dei sognatori nell’arte del sognare).

I principali concetti che riguardano l’agguato nell’opera castanediana sono: tutto quello che ci circonda è un mistero indecifrabile; l’uomo deve cercare di svelare il mistero, ma senza sperare di riuscirvi mai; un guerriero prende il posto che gli è dovuto tra gli altri misteri e si considera uno di loro.[207]

Inoltre il guerriero deve abbandonare tutto quello che non gli è necessario, scegliere il proprio campo di scontro, battersi sempre fino al limite delle sue forze, non aver paura di nulla ma non spingersi mai “in prima fila”;[208] deve essere “spietato” e risoluto con se stesso, “astuto” ma non crudele, “paziente” senza essere negligente e “gentile” ed affascinante senza risultare stupido.[209]

Secondo Don Juan sarebbe la cosiddetta “ricapitolazione” a dover costituire il forte dei maestri dell’agguato; essa vuol dire semplicemente saper ricordare, o, meglio, “rivivere”. La ricapitolazione rappresenta  il recupero corporeo di tutte le esperienze passate, metodo che Castaneda ritiene il più efficace per muovere il punto d’unione e condurre alla coscienza dell’altro io. È la tecnica fondamentale del lato destro. La ricapitolazione è il non-fare della memoria. Mentre la memoria ordinaria ha a che fare solo con i pensieri, la ricapitolazione è una memoria sensibile, o super-cosciente, che ha più a che fare con i sentimenti. Quando ricordiamo, afferma Don Juan, è il nostro ego che ricorda per mezzo del “dialogo interno”, al quale aggiungiamo delle immagini. Nella ricapitolazione invece è il corpo che ricorda e lo fa liberando i sentimenti che ha immagazzinato.[210] L’uomo possiede una memoria alternativa, nascosta nella consapevolezza dell’altro io, che non ha niente da spartire con le interpretazioni dell’ego. Castaneda dice che è possibile recuperarla. La ricapitolazione è un fenomeno corporale che ha luogo nella totalità del nostro essere che ci permette di rivivere i sentimenti provocati durante gli eventi che si ricapitolano. La tecnica di base, di cui parla Castaneda in “Il dono dell’Aquila”, è la “ricapitolazione dentro una cassa”. La cassa rappresenta ovviamente uno strumento ed un simbolo, rappresenta cioè i confini in cui la storia personale ci tiene prigionieri, i confini dell’ego. Una volta entrati nella cassa (o in una “bara” personale), praticando una tecnica di respirazione[211] del potere, e cercando di evocare gli aspetti non ordinari (immagini, associazioni…) dei nostri ricordi, i ricapitolatori neosciamani dovranno disfarsi dell’ involucro che li contiene, con un rituale personale che esprima il momento in cui il cacciatore si è finalmente liberato dei limiti della sua storia personale.

Un’altra tecnica basilare descritta da Castaneda nella sua opera è quella del “piccolo tiranno”,[212] sicuramente una delle espressioni più raffinate dell’arte dell’agguato. Come la presenta l’antropologo, questa tecnica rappresenterebbe uno dei punti più alti di tale arte, sviluppato durante il periodo della conquista spagnola, quando tribù e sciamani si trovarono sottoposti a una tremenda pressione, sotto il giogo degli spagnoli. Dai resoconti di Don Juan si evince come, sebbene la maggioranza perì miseramente, alcuni stregoni approfittarono della situazione per sviluppare l’arte dell’agguato, grazie alla quale riuscivano a trarre vantaggio persino dalle circostanze più avverse. Notiamo qui un aspetto importante degli scritti castanediani, relativo all’interesse dell’autore per il rapporto fra bianchi e indigeni, spostato a quello fra bianchi e sciamani, rapporto che spesso anima alcune vicende dei suoi romanzi oltre alla storia moderna del Messico. Castaneda afferma che gli sciamani impararono in questo periodo a passare inosservati e a manipolare le situazioni in modo che – se non morivano – ne uscivano alla fine vittoriosi. Essi trasformarono il rapporto con il “tiranno spagnolo” in una questione di “strategia”. [213] Per don Juan il piccolo tiranno “è un torturatore, qualcuno che ha il potere di vita e di morte sui guerrieri, o che semplicemente gli rende la vita impossibile”[214] Per contrastarlo è necessaria la cosiddetta “strategia dell’agguato”,[215] che Castaneda fa constare di sei elementi appartenenti tutti al mondo del tonal, del conosciuto: il controllo, la disciplina, la sopportazione, l’abilità di scegliere il momento opportuno, il tiranno meschino, la volontà.

Il lavoro con le apparenze è un’altra tecnica di agguato, che ha a che fare con la creazione artistica nel suo senso più autentico e sfrutta, a un certo livello, l’arte dell’attore e quella del travestimento.[216] Don Juan dice a Castaneda che, portata all’estremo, l’arte del recitare dell’attore è l’arte dello stregone e del nagual: l’arte della trasformazione, con cui è possibile accedere all’altro io presente dentro di noi. Il segreto dello sciamano diventa per Castaneda la capacità di modificare la sua percezione fino a renderla uguale a quello in cui ci si vuol trasformare o essere (uomo, donna, animale, uccello…), cambiando la posizione del suo punto d’unione. Le conoscenze di stregoneria, la sua convinzione e il suo lavoro, gli permettono di riuscirci. Però qui viene fuori la domanda di Castaneda al maestro: cosa vedrebbe uno spettatore? Uno spettatore qualunque forse vedrebbe un uomo addormentato, di cui penserebbe che è ubriaco o drogato. Ma uno spettatore in stato di sensibilità non ordinaria,[217] o di fronte a uno stregone tanto potente da forzare a muoversi – per il potere della sua convinzione – il punto d’unione dello spettatore, sicuramente assisterebbe ad un miracolo di metamorfosi; e, alla domanda dello scettico, impersonato da Carlos: “È stato reale? È successo realmente ciò che ho visto e sentito?”, si contrapporrebbe la solita risposta di Don Juan: “Non c’è nulla di più reale di ciò che hai sentito…La realtà è un sentire”.

Nell’opera di Castaneda, infine, soprattutto in “Viaggio a Ixtlàn”, vi sono presentate una serie di tecniche destrutturanti dell’io personale, note come i “non-fare dell’ego”; esse sono: l’usare la morte come consigliera, cancellare la storia e perdere l’importanza personale, queste ultime suddivise a loro volta in altre tecniche.

La tecnica della morte-consigliere[218] consiste per Don Juan nel prendersi un momento fuori dalla dinamica degli avvenimenti quotidiani, per verificare la situazione in cui ci troviamo alla luce della nostra morte imminente, soprattutto quando l’importanza personale (nei momenti di autocompiacimento, di ira, di offesa…) si sta impossessando di noi stessi. Castaneda offre a proposito l’invito a particolari esercizi noti come “consapevolezza dello scheletro” – il risveglio dello scheletro, toccare lo scheletro, la danza con lo scheletro – atti al recupero di tale consapevolezza, al “darsi morto in anticipo” e al considerare ogni azione come “l’ultimo atto sulla terra”,[219] cercando di fare in modo che in tale atto ci sia il meglio del “guerriero”.

Don Juan allude poi anche alla necessità per l’apprendista di cancellare la storia personale,[220] riferendosi non solo al fatto del dover cambiare il suo modo di essere e di vivere, ma proponendo anche la possibilità che tale cambiamento avvenga come risultato della rottura di quella determinazione del passato – la memoria di ciò che abbiamo fatto, siamo stati, la descrizione fatta di noi agli altri e a noi stessi, l’immagine “etichettata” della persona – chiamata dagli stregoni “storia personale”. Le tecniche descritte da Castaneda a ciò finalizzate sono in questo caso assai semplici: il cominciare a “cancellarsi” nascondendosi con sagacia dai soliti rapporti personali,[221] dire bugie a se stessi,[222] cambiare facciata e rompere la ruota dell’abitudinarietà, “infrangere la routine della vita”[223] con attività inusuali in grado di destrutturare la descrizione del proprio ego, che rappresenta secondo Don Juan uno degli aspetti della posizione del punto di unione.

Per ultimo la tecnica dell’ “eliminare l’importanza personale”, compito principale del neostregone, poiché in essa si consumerebbe la maggior parte della sua “energia”. Don Juan così ne parla: “I guerrieri fanno inventari strategici, elencano le loro attività, i loro interessi. Dopo decidono quali si possono cambiare per ottenere così una pausa del consumo di energia…”[224]; e: “Una delle prime preoccupazioni del guerriero è liberare quell’energia per affrontare con essa l’ignoto…l’azione di ricanalizzare quell’energia è l’impeccabile”.[225] Secondo lo sciamano yaqui l’ importanza personale rappresenta una maniera specifica per l’uomo di organizzare la percezione: una posizione specifica del punto d’unione, che implica uno spreco inutile ed eccessivo di energia. A causa dell’importanza personale, concentrandoci ossessivamente sulle richieste dell’ego, ci troviamo e ci sentiamo di essere al centro del mondo, convincendoci che noi siamo questo ego e che nel nostro essere non esista più nient’altro. La strategia generale per riuscire nel tentativo di abbandonare tale situazione mentale è rappresentata specificamente dalle tecniche prima menzionate del lavoro riguardo la ricapitolazione, il piccolo tiranno e i non-fare dell’io personale, a cui Don Juan aggiunge il “parlare empaticamente con alberi e piante” (suggerendo ciò a Carlos per smettere di prendersi troppo sul serio), l’ “agire fine a se stesso”, il “denunciarsi” e, soprattutto, come si nota spesso analizzando il comportamento del maestro, “fare lo sciocco”, il “buffone”, trickster della quotidianità.

Vi sono anche alcune altre tecniche che si  situano fra l’arte dell’agguato e quella del sognare, tra cui possiamo citare il “fermare il dialogo interno”, ( come abbiamo prima visto, la chiave di accesso alla realtà separata),[226] l’andatura del “potere”[227] e , molto importante, l’uso speciale dell’ “attenzione”.

Il termine “attenzione” è una delle parole chiave in tutta l’opera castanediana, che mi permette di introdurre l’affascinante tecnica del “lato sinistro”, l’arte del sognare. Secondo Don Juan è a causa del modo specifico in cui usiamo l’attenzione che percepiamo la realtà nella maniera solita. In questo senso, è l’attenzione che sostiene il mondo. Abbiamo avuto già modo di vedere come, nella visione donjuanista della realtà, il mondo non si esaurisce in ciò che percepiamo normalmente, ma contiene un’infinità di elementi in più che sfuggono alla nostra percezione, addestrata negli esseri umani a operare in modo selettivo e ordinario; il modo in cui usiamo l’attenzione è il risultato di tale addestramento a cui siamo sottoposti fin dalla nascita, da quando cioè entriamo in contatto con gli altri esseri umani  che già percepiscono la realtà nei termini “normali” e addestrano il nuovo nato ad allineare la sua percezione alla loro. Il processo dell’attenzione, una sorta di “flusso”, comporta una complessa selezione (la “scrematura” citata in precedenza),[228] che riguarda la capacità di scegliere alcune parti e scartarne altre, nell’universo praticamente infinito delle possibilità percettive. Nel mondo di Don Juan, gli stregoni e i loro apprendisti sono guerrieri che lottano per recuperare la possibilità di utilizzare la loro percezione tramite la cosiddetta “seconda attenzione”[229] (la “prima attenzione” è quella ordinaria) in modi particolari, simili a quelli dei neonati, per poter penetrare così in altri mondi. La seconda attenzione è una forma di consapevolezza e di percezione sconosciuta e molto specializzata, che permette di percepire un’altra parte – praticamente illimitata – della realtà estranea ma “parallela” al mondo quotidiano, al di là dell’isola del tonal, nel mondo cosciente del “sogno” e del “sognare”.

5.3.  L’arte del sognare

Nell’opera di Carlos Castaneda, il lavoro nell’ambito dei sogni rappresenta l’altra grande area di pratica tra i guerrieri del gruppo del nagual, la strada principale verso  quello che Don Juan chiama il “Potere”. Lo sciamano messicano definisce il sognare[230] quel particolare tipo di sogno in cui non si perde del tutto la coscienza e che inizia quando ci accorgiamo di stare sognando. In termini generali il sognare consiste nell’ottenere con  l’ “intento”[231] il dominio sulla situazione dei sogni in cui – a differenza di quanto accade in quelli “ordinari” – si può agire deliberatamente e persino con premeditazione.[232] Il sognare porta a sviluppare quello che Castaneda chiama “corpo del sogno”. Esso comincia a nascere nel momento in cui la pratica del sognare acquista una certa continuità, che le conferisce un valore operativo nel mondo quotidiano.[233] Quando si perviene ad uno stato di consapevolezza controllata nel sogno, non solo conferiamo al nostro “corpo di sogno” la capacità di agire con deliberazione e pragmatismo, dice il maestro yaqui, ma succede che anche per il nostro essere quotidiano si apre una possibilità diversa di esistenza.[234] Pur affermando che il mondo del sognatore e il mondo della veglia siano due realtà parallele ma separate,[235] don Juan parla dell’arte del sognare come di un ponte verso l’altro io, verso l’integrazione dei due lati della consapevolezza, Tonal e Nagual, in un’unità esistenziale che definisce “la forma dell’uomo”.[236] La consapevolezza del lato sinistro nel sogno è come la realtà dall’altro lato dello specchio: reciproca e tuttavia opposta. Nella realtà ordinaria dobbiamo sforzarci di usare la visione periferica per ottenere il silenzio interiore e percepire un mondo non frammentario e non contraddittorio. Nella realtà del sognare quello di cui l’apprendista stregone ha bisogno è la capacità di mettere a fuoco, di “sostenere la visione”, in opposizione alla visione periferica che è normale in questo stato di consapevolezza. Il “fare” di un lato della coscienza consapevole è il “non fare” dell’altro lato ed entrambi hanno lo scopo di creare dei punti di contatto, che  portano poco alla volta a integrare tutte e due le parti in un’unica unità.[237]

Questo è il senso del lavoro e degli insegnamenti trasmessi da Don Juan e da Castaneda nelle aree dell’agguato e del sognare: ricordare l’altro io, per integrarsi in una totalità.

Per i due (neo)sciamani, il sognare è la via migliore verso il potere, perché ci porta immediatamente al nagual, restituendoci con ciò il lato misterioso e sconosciuto della nostra coscienza. Così come l’agguato ha la virtù di portarci a muovere il punto d’unione e di farci ricordare l’altro io, così il sognare permette al sognato (il corpo del sogno) di muovere il punto d’unione nella posizione in cui può ricordare il sognatore. Entrambe le forme di non-fare sono lo sforzo che ciascun lato della nostra consapevolezza realizza per ricordare il suo altro io.[238]

Nell’opera castanediana vi sono alcune “tecniche” per riuscire a sviluppare questa possibilità (sognare e manovrare il sogno coscientemente), in pratica una serie di compiti da realizzare una volta varcata la soglia della consapevolezza onirica.

Don Juan insegna a Carlos innanzitutto il primo passo: per stabilire il sognare si comincia con una tecnica apparentemente molto semplice: sognare di guardarsi le mani, l’oggetto detto “punto di partenza”,[239] (anche se ogni altra parte del proprio corpo può ovviamente andar bene lo stesso).[240] Prima di addormentarsi, l’apprendista stregone “sognatore” deve darsi il comando di trovare le proprie mani in sogno. Il maestro afferma che quando il “sognato” riesce in questo intento, ciò che sta compiendo è obbedire a un ordine che viene dall’altro mondo, il mondo quotidiano che non sa nulla del corpo del sogno e per il quale la sua realtà è totalmente  inconcepibile (e viceversa). A partire da questo momento – per Castaneda il più ostico da superare – inizia il vero sognare, e il discepolo può eseguire gli altri successivi compiti.[241]

Osservando le mani, Castaneda si accorge della difficoltà di mantenerle a fuoco, di “sostenere” la loro visione, gli spariscono se le osserva direttamente e troppo a lungo. Ma Carlos si rende conto ora di una cosa importantissima: l’esistenza dentro di lui di quel qualcosa che  può  forzare  la  visione  a  sostenersi: l’ “intento”, la  volontà nella realtà dell’altro io. Don Juan dice di applicare l’intento per far sì che le mani, e tutte le cose intorno al corpo “energetico” del sogno non scompaiano. Il trucco dello sciamano è quello di gettare rapide occhiate a tutta la scena onirica che si presenta senza fissarsi su un oggetto in particolare (altrimenti svanisce), per riuscire ad abbracciare sempre più cose; in tal modo la situazione si “blocca” e il mondo del sogno acquista continuità, proprio come la realtà del mondo quotidiano.[242]

Il passo successivo è quello di muovere il sognato. Secondo lo stregone lo spostarsi nel sogno non ha nulla a che vedere con il movimento “fisico” del nostro corpo, poiché non si sente la sua “solidità”, la sua “fisicità”. Qui è necessario usare di nuovo l’intento, il quale è più simile a un sentimento o a una certezza che a un pensiero, e che permette al corpo di sogno – detto anche da Don Juan il “doppio” – di viaggiare in modalità non accessibili allo stato normale: camminando tranquillamente al di là della barriera gravitazionale, correndo in maniera velocissima, o, addirittura, volando in ogni direzione che si vuole.[243]

La fase seguente riguarda invece il saper controllare le coordinate del “viaggio onirico”: spazio e tempo. Il posto e il momento specifico in cui si vuole sognare. Castaneda indica due modi per riuscire ad andare in sogno nella destinazione voluta: o cominciamo il sogno nel posto che abbiamo scelto, oppure lo iniziamo da uno stato di sogno e raggiungiamo il luogo da esso.[244] Se si riesce, il compito successivo sarà quello di ottenere  che nel sogno l’ora corrisponda a quella in cui stiamo riposando. Questo rappresenta il punto più raffinato del controllo del tempo: fare in modo che il tempo del nostro sogno coincida con quello degli avvenimenti della nostra vita normale. Don Juan dice a Castaneda che quando tentiamo con successo di far coincidere lo spazio e il tempo del sognare con il mondo delle abitudini quotidiane, siamo pronti per cominciare “terapeuticamente” a influire sulla nostra vita con il corpo del sogno. Adesso, infatti, il compito principale consiste nel cercare il proprio corpo dormiente, nel “trovare se stessi”. Il sognato sa che lo si sta sognando e deve possedere l’integrità e il controllo sufficienti per trovare chi lo sta sognando. Se lo trova, come è convinto Don Juan, il sognatore sa che è arrivato il suo momento di “potere” e invece di spaventarsi o di svegliarsi di soprassalto, deve approfittare dell’esperienza per compiere l’impossibile: influire sul suo mondo quotidiano col corpo del sogno, con il “doppio”. Eccoci arrivati al dunque: l’arte neosciamanica del sognare rappresenta in questo contesto la terapia “sacra” per eccellenza; è una terapia salvifica totalmente “terrena” ed operativa, nel senso che è possibile trasformare degli aspetti della nostra vita quotidiana durante i sogni. Alcuni lati della nostra persona, dice il maestro yaqui, che non riusciamo a cambiare con metodi convenzionali, possono venire modificati con la cooperazione dell’altro io e del potere della seconda attenzione che gli è proprio.[245] Trovare soluzioni non ordinarie a problemi e necessità che sembrano irresolubili, diventa una possibilità concreta quando Castaneda ci offre di mettere in gioco il potere che viene dal lato “nagual” della nostra consapevolezza. Sognando, egli afferma, possiamo modificare il corso degli avvenimenti quotidiani, oppure trovare soluzioni nuove per qualche nostro vecchio problema, o addirittura aumentare la nostra personale “creatività”. Castaneda ci dice che i guerrieri del suo gruppo sviluppavano e arricchivano nel sognare le attività di base della loro vita quotidiana.[246] Pablito, come carpentiere, imparava a costruire oggetti, Nestor, che vendeva piante medicinali, trovava nuovi sistemi di cura. E Benigno, che possedeva un oracolo, trovava soluzioni alle preoccupazioni della gente. Così, chiunque abbia un’attività che consideri veramente sua, trova nel sognare un terreno fertile dove raccogliere segreti che l’arricchiscano.

Quando si riesce ad accettare qualcosa di tanto incredibile, ci conferma lo scettico Carlos, e tirato per i capelli come l’esistenza del corpo del sogno, una volta visto “se stessi”, la fase successiva è quella di mettersi in azione, quindi. Don Juan ci invita a lasciare da parte le paure e le domande, e ad usare pragmaticamente la situazione in svariate applicazioni. Va detto tra l’altro che Castaneda scrive che in nessun caso bisogna svegliare il corpo addormentato, perché farlo significa morire, ma anzi è doveroso voltargli le spalle e iniziare a risolvere o realizzare qualcosa di utile: rivivere scene problematiche della nostra vita e scoprire come le risolve il sognato, sviluppare potenzialità creative della nostra attività (curare, costruire, dipingere, scrivere…), scoprire cose che riguardano altri o noi stessi, “allinearci” con il punto d’unione di un altro corpo di sogno per condividere l’esperienza del sognare, affrontare la paura e gli incubi delle nostre trasformazioni psichiche…[247]

VI.  IL “SOGNO LUCIDO” E IL “SOGNARE”

6.1.  Il “sogno lucido”

Sognare ed essere svegli, per la mentalità occidentale così criticata da Carlos Castaneda, sono considerate due dimensioni completamente separate, due differenti condizioni di esperienza ove una esclude l’altra. Sognare ed essere coscienti rappresentano dal punto di vista dell’individuo “moderno-razionalistico” – come lo definisce Don Juan – degli stati distaccati ed incompatibili, dove il primo riguarda una dimensione irreale ed immaginativa dell’esistenza, mentre il secondo viene esperito come effettivamente reale e, se così si può dire, “normale”.

L’esperienza del sognare di Castaneda in Messico con lo stregone yaqui Don Juan, per vera o falsa che sia, in cui l’antropologo peruviano invita l’uomo occidentale a comprendere la possibilità per questi due momenti di essere contemporaneamente presenti nel medesimo istante, ha influito enormemente sulla realtà “sacro-terapeutica” delle nuove forme di “psico” religiosità new age,[248] ed ha favorito soprattutto – come afferma il grande studioso Elemire Zolla[249] – il sorgere di una letteratura scientifica molto vasta che si sta sviluppando attualmente negli Stati Uniti, in cui vengono presi in esame gli effetti terapeutici legati al fatto psichico della potenzialità di dirigere il sogno consapevolmente. Sono state addirittura inventate alcune tecniche (in gran parte riprese dall’opera castanediana) finalizzate allo sviluppo di questo particolare stato mentale, che viene attualmente definito dalla comunità scientifica americana “sogno lucido”.[250]

Come dice, infatti, E. Zolla, a proposito del ruolo pedagogico dei lavori sul campo di Castaneda, “una delle novità maggiori di Castaneda, l’arte di dirigere i sogni, giungeva dopo la traduzione di testi tantrici sull’argomento, La vita di Naropa di Herbert Guenther o Teachings of Tibetan Yoga di Garma Chang (New York) del 1963, ma è a Castaneda che si deve la diffusione dei metodi in seguito sviluppati a Stanford per il controllo onirico, i cui due ideatori, Stephen La Berge e Jayne Gackenbach, nel 1985 insistono sull’ordine che ci si deve impartire per sognare e suggeriscono sogni di volo che si possono convertire in un piroettio vorticoso di trottola”.[251]

L’interesse scientifico per il sognare di Don Juan – dal significato tutt’altro che “psicoterapeutico” o “scientifico” ma, come abbiamo visto, fondamentalmente “sacro”, di “conoscenza” – crebbe difatti velocemente dopo le ricerche psicofisiche degli anni Cinquanta e Sessanta sull’attività onirica, compiute nell’Università di Chicago da E. Aserinsky, N. Kleitman e W. Dement, gli “scopritori” dell’ormai noto fenomeno del sonno detto R.E.M. (rapid eye movement) che offrirono una metodologia fondamentale per gli studi di laboratorio sui processi onirici in stato di consapevolezza, anche se furono altri gli eventi che prepararono la strada a una loro seria sperimentalizzazione pratica.[252]

Uno dei principali di questi fu la pubblicazione, nel 1968, di un libro intitolato “Sogni lucidi”, di Celia Green, una parapsicologa inglese. Il libro presenta una serie di “esperienze lucide”, simili a quelle castanediane, sia occasionali che ripetute, che viene presentata, discussa e analizzata a tal punto da creare una ben definita problematica scientifica. L’interesse della Green per il sognare, è bene sottolinearlo, si collega con una tradizione di studi parapsicologici inglesi che risale a Frederic W. H. Myers  ed alla fondazione della Società per la Ricerca Psichica nel XIX secolo. Anche per questo motivo l’opera fu accolta molto freddamente nei circoli accademici, come risulta dal suo appello lanciato ben dieci anni dopo la pubblicazione del libro:

“Nel caso del sogno lucido si può pensare che la natura paradossale del fenomeno dovrebbe rendere particolarmente interessante una sua compiuta investigazione. Si può supporre che sarebbe interessante scoprire quale era lo stato neurofisiologico di una persona quando la sua mente era in condizioni di attività razionale sebbene essa fosse fisicamente addormentata. Se questo stato risultasse esattamente lo stesso di quello di una persona addormentata e sognante nel modo comune, questo sarebbe strano e pieno di interesse. Se risultasse diverso, la natura della differenza potrebbe gettar luce sulla vera natura del sonno e la vera natura del funzionamento razionale della mente”.[253]

Il libro della Green[254] rappresentò la più vasta revisione della letteratura accessibile sull’argomento ma, pur essendo molto dotto nella trattazione, la maggior parte degli scienziati (forse perché consideravano l’opera più che altro  come un risultato della professione dell’autrice) fu restia a studiare in maniera più approfondita il fenomeno del sogno “castanediano”, considerato ancora un argomento legato a puerili fantasticherie neosciamaniche e ad “immani sciocchezze da parapsicologia”.[255]

La Green fu seguita da tre altri importanti scrittori del campo, il già citato Charles Tart, Patricia Garfield e Ann Faraday, tutti affascinati dalle possibilità potenziali insite nelle attività di sogno consapevole.

Negli Stati Uniti, l’opera di Charles Tart del 1969, “Altered States of Consciousness” (un’antologia di trentacinque scritti scientifici su di una varietà di argomenti, compreso lo stato meditativo, l’ipnosi, la coscienza nel sogno, lo stato ipnagogico ed allucinatorio)[256] influenzò molti scienziati americani orientandoli verso più accurate ricerche sugli stati alterati di coscienza. Tart ripubblicò un paio di anni dopo  uno scritto di Van Eeden, uno psichiatra olandese di inizio secolo, considerato da La Berge il primo ricercatore che aprì la strada allo studio del sogno lucido, “Studio sui sogni,” rendendo un notevole servizio a un’intera generazione di futuri sognatori, permettendo a molti ricercatori di avere un primo incontro con il termine e il concetto di “sogno lucido”.

Anche Patricia Garfield influì  molto sulla comunità scientifica con il suo libro “Creative Dreaming” del 1974, contenente, oltre un suo personale resoconto di esperienze oniriche deliberatamente indotte, un’ esauriente collezione di strumenti per il lavoro sul sogno cosciente, ed una grande quantità di informazioni sulle tecniche di controllo dell’ attività onirica in svariate culture non occidentali.[257]

La Faraday, invece, riscosse un buon successo soprattutto a livello popolare, trattando il sogno lucido in termini molto “newage”, ossia utilizzandolo a livello psicoterapeutico per l’autointegrazione individuale nella vita di veglia combinata con quella di sonno, al punto che scrisse – in maniera superficiale -:

“Questo notevole stato di coscienza è a mio parere una delle più eccitanti frontiere dell’esperienza umana (…). Una delle più sensazionali gratificazioni nello svolgere il gioco del sogno è che questo tipo di coscienza, con la sua sensazione di essere in un’altra condizione terrena, comincia a manifestarsi molto più frequentemente via via che l’autocoscienza si sviluppa attraverso il lavoro del sogno.”[258]

I contributi essenziali della Green, di Tart, della Garfield (e in misura relativa della Faraday) durante gli anni Sessanta e Settanta del secolo si unirono per produrre un clima altamente favorevole allo sviluppo di un diffuso interesse per il sogno lucido, non solo fra il pubblico popolare, ma anche tra scienziati di alto livello e ricercatori neurofisiologi.

Tra i ricercatori del sonno però lo scetticismo a riguardo di tale fenomeno era comunque dominante; ad esempio Ernest Hartmann della Tufts University definì il sogno lucido una “casuale accettazione, da parte del sognatore, del bizzarro e dell’impossibile del sogno, breve e parziale risveglio tipico del pensiero sognante”,[259] come Ralph Berger, dell’Università della California a Santa Cruz, che notò lo stesso:

“A volte il sognatore può “rendersi conto” durante il sogno di stare sognando. Ma non sono stati fatti esperimenti per determinare se, o no, questi casi sono accompagnati da momentanei risvegli fisiologici…”[260] Anche qui c’è il sospetto che lo stato di raggiunta consapevolezza nel sogno debba rientrare piuttosto nello studio sulla veglia che in quello sul sonno.

William Dement, menzionato precedentemente, diede l’impressione invece di giudicare il controllo del sogno come un’interessante seppure improbabile possibilità. Dement ammise nel 1975, influenzato molto dai resoconti castanediani,  anche le concrete potenzialità del sogno guidato, chiedendosi se un individuo con “un appropriato addestramento  e opportune istruzioni, poteva entrare nel sogno sapendo di sognare e di avere il compito di accertarlo.”[261]

Nel 1978  Allan Rechtschaffen dell’Università di Chicago pubblicò un articolo intitolato “La singolarità e l’isolamento dei sogni”,[262] trattando il sogno cosciente come una rara eccezione (propria del nostro tempo e della nostra cultura) che mostra come la non riflessività sia una costante caratteristica dei sogni, pur nel tentativo di dimostrare una sua disponibilità concreta a considerare il sogno lucido come legittimo fenomeno del sonno, ricordando un paio di sognatori lucidi da lui esaminati per alcune notti nel suo laboratorio.

Ma solamente nel 1981 la teoria del risveglio parziale nel sogno cosciente venne sfidata con successo e la maggioranza dei membri della Association for the Psychophisiological Study of Sleep (APSS) americana giunse ad accettare i sogni lucidi come la legittima risultante del “sogno paradossale”.

Ciò avvenne quando Stephen La Berge entrò a far parte del laboratorio sui sogni dell’Università di Stanford per la sua tesi di dottorato in psicofisiologia, sotto la direzione di William Dement, intraprendendo esperimenti con criteri di laboratorio scientificamente accettati anche dagli scienziati dell’APSS.

La Berge ottenne il suo primo successo all’inizio degli anni Ottanta, quando riuscì a indurre intenzionalmente il sogno lucido in laboratorio.[263] Ma ad attrarre l’attenzione della comunità scientifica fu la capacità, sua e dei soggetti della sua ricerca, di inviare messaggi al mondo della veglia dalla dimensione onirica. Muovendo sia l’occhio che la mano, lui e gli altri ricercatori (Owens, Nagel e Dement) furono in grado, mentre dormivano e sognavano consapevolmente, di mandare segnali a coloro che seguivano l’esperimento in laboratorio.[264]

A partire da questi tentativi pionieristici degli anni Ottanta si è verificato un boom dei laboratori sperimentali sul sogno, specificamente intesi a indurre il fenomeno della lucidità. È stato infatti scoperto (fondamentale in questo senso è stata ed è l’attività del Lucidity Institute di Stephen La Berge presso l’Università di Stanford e della Lucidity Association diretta da Jayne Gackemback) che il sogno lucido può essere sfruttato in molte terapie per affrontare gli incubi ricorrenti,[265] o per comprendere il simbolismo dei mondi interiori.

Attualmente le ricerche scientifiche si stanno orientando verso una conoscenza sperimentale di questa dimensione, esplorando: processi induttivi, correlati psicofisiologici, vissuti soggettivi; cercando anche di rapportarsi con le tecniche antiche,  come lo “yoga tibetano del sogno”.[266]

Queste ricerche mostrano come il sognatore, sulla scorta dell’esperienza di La Berge, durante un sogno lucido, compie a livello elettroencefalografico un tracciato REM, ed è in grado di segnalare all’esterno, attraverso i movimenti oculari, che sta sognando. Sulla base di tali tecniche compiute in contesti sperimentali, molti aspetti sono stati esplorati: la frequenza e durata dei sogni lucidi, le caratteristiche psicologiche di coloro che sognano consapevolmente, il loro potenziale terapeutico risanatore e di autoconoscenza…,[267] e persino i mezzi più affidabili per la loro induzione.

Secondo gli scienziati statunitensi infatti i sogni lucidi possono essere indotti con particolari tecniche  – sulla scia di Castaneda – e strumenti elettronici assai sofisticati,[268] che servirebbero a “utilizzare risorse dell’inconscio che spesso ci sono precluse durante la veglia, a causa di barriere create dalla nostra stessa mente razionale, che nella soluzione dei problemi, tende a seguire sempre gli stessi percorsi, tralasciando possibilità alternative.”[269] Il sogno lucido, insomma, permetterebbe di aumentare la propria creatività, rinvenire soluzioni a problemi personali, aprire un nuovo canale per analizzare in modo diretto il mondo inconscio (supposizioni comunque oggi  molto controverse).[270]

6.2.  Il “sognare”, la conoscenza salvifica castanediana

“Ti insegnerò la base del potere e della conoscenza: come elaborare il “sogno”, afferma il maestro sciamano al suo apprendista stregone.”[271] “Don Juan e Genaro sono partiti attraverso questa spaccatura”,[272] dirà la compagna sciamana di Carlos (la “Gorda”) a Castaneda molto tempo dopo, quando lui è già lasciato a se stesso, dopo essersi “sdoppiato” saltando nel burrone (il nagual).

A differenza del sogno lucido  il sognare di Don Juan non è una terapia, se non (e relativamente) in modo conseguente, ma l’insegnamento basilare per il conoscere, per il “fermare il mondo”. Esso rappresenta la concreta realizzazione dello stregone impeccabile. “Sognare costituisce il massimo dello sforzo degli stregoni, l’uso estremo del nagual”.[273] Attraverso questa breccia lo sciamano è in grado di passare “nell’altro mondo”. Qui  non  siamo in presenza di una psicoterapia autoinduttiva individualista: questa è la tappa fondamentale di un vero e proprio “cammino di conoscenza”  a cui né la psicologia scientifica né la superficialità delle espressioni new age si avvicinano. Il Don Juan delle opere di Castaneda esige che solo a questo si miri, con un “intento” chiaro e deciso ed una ferrea volontà di “potere”, al di là della mera felicità psicofisica personale. Significative sono, a proposito, le parole di Elemire Zolla:

“Ma (riferendosi alla differenza rispetto ai metodi psicoterapeutici di controllo onirico ideati da La Berge ed alla ripresa narcisistica delle tecniche castanediane nel New Age) Don Juan insegna che, nella sfera dove egli conduce, ciò che s’impara dipende da perché si vuole imparare.[274] In un certo senso tutto il suo ammaestramento è una reiterazione di respice finem: “definisci nitidamente il tuo scopo”. Non s’accontenta di parole vaghe, esige un proposito chiarissimo bramato particolareggiatamente. Per rifinirselo nella mente bisogna usare parole, ma anche sapere che esse sono soltanto metafore, e occorre rammentare sempre che una proposizione è vera o falsa a seconda che vero o falso sia il fine interiore cui faccia convergere. Per inculcarlo nell’alunno, don Juan usa i mezzi del maestro zen. Comincia con l’ingiungergli di “sedersi al suo posto”. E l’alunno deve grottescamente cercarlo, il suo, inconfondibile posto. Imparerà che “sedersi al proprio posto crea una forza superiore”. Don Juan raccomanda di bandire le ambizioni, gli interessi personali, esige una “vita austera e quieta”, esclude le distrazioni, le innovazioni. Insegna anche una specie di alchimia basata sui semplici”.[275]

Il sistema donjuanista non prevede sofisticate apparecchiature elettroniche finalizzate al raggiungimento del sognare, senza sforzo da parte del guerriero e, soprattutto, senza l’obiettivo della conoscenza. Il guerriero è innanzitutto tale perché deve combattere i suoi nemici  e perché deve diventare un uomo di conoscenza. Classica a proposito è la descrizione di Castaneda dei nemici che si incontrano sulla “via della conoscenza”:

“Primo il terrore. Tutti lo provano (ma meglio provarlo che non avere “conoscenza”). Chi vi soccomba, diverrà borioso o sbigottito. Chi lo vinca, viceversa, si ritroverà lucido: la lucidità della mente spegne la paura e dà all’uomo la conoscenza dei suoi desideri. Ma essa è il secondo nemico: abbaglia, “costringe a non dubitare mai di se stessi”. Chi ad essa soggiace diviene un allegro guerriero o un pagliaccio, ma non ha più desiderio di andare oltre. La piega chi la consideri un mero strumento. Allora si raggiunge la potenza; ma anche questa si muta in nemico e trasforma chi le ceda in un essere crudele e capriccioso. La sbaraglia chi impari che “il potere è solo un fardello sul proprio destino”, che “il potere non è mai suo”. Ecco infine l’uomo alla mèta; ma proprio qui l’aspetta l’ultimo nemico, il desiderio di riposo, la vecchiaia. Di là si stende il mondo della conoscenza. L’uomo che vi giunge è salvo, incommensurabile agli esseri comuni.”[276]

La Conoscenza castanediana è la salvezza per lo sciamano, il guerriero, l’uomo. Il sognare  è il passaggio verso di essa, non una cura per se stessi, è il percepire con l’attenzione il nagual e  il nostro corpo come “essere luminoso” per cui non c’è solidità né fisicità, e quindi neanche limiti o barriere insormontabili. Per Castaneda accettare questa sfida equivale a sconvolgere radicalmente e definitivamente la visione del mondo che testimonia dei nostri atti: è “non avere più una pietra su cui posare la propria testa”; è accettare con il proprio “corpo”, il proprio “doppio” cosciente, che tutto quanto l’universo è misterioso e che noi siamo percezione senza limite. È tuffarsi coscientemente nell’incognito, non essere più ciò che si era o ciò che si è sempre creduto di essere: è il vero dissolversi di ogni “storia personale”. L’io – la ragione – sogna il “doppio”; ma il “doppio” è anche il sognatore che sogna l’io, il sognato. Questo significa che non c’è più nessuna referenza ontologica, ma solo correlazione: l’attenzione al tonal è correlativa all’attenzione al nagual, e l’universo nella sua totalità, la totalità di se stesso, è sogno. Il tonal è sognato dal nagual così come il nagual è sognato dal tonal. La realtà è sogno; il sogno è realtà. Non c’è più niente di reale in senso assoluto quando non c’è più l’io a misurare le cose e a dare loro un’unità sostanziale. Il nuovo sciamano che si è “sdoppiato”, che ha realizzato di essere il proprio doppio capace di azioni pragmatiche inimmaginabili (qui, forse, si può parlare, ma indirettamente, di “terapia”), realizza anche che il suo “io” non è altro che sogno.

La percezione, nel sogno, scivola lungo la fessura tra i mondi, attraverso il passaggio dell’attenzione seconda.

E quando l’uomo di conoscenza, impeccabile, riunisce le sue attenzioni, non muore, cioè il suo tonal – il suo insieme di sensazioni – non si dissolve, si salva; non lascia traccia di corpo fisico poiché il corpo fisico è attenzione prima: “è impossibile trovare le ossa di un uomo di conoscenza”. Riordinando il suo insieme di sensazioni a piacere, avendo strettamente unito i suoi due anelli del potere, la totalità di se stesso scivola attraverso questa fessura.

È la salvezza  dello stregone, del neosciamano; il compimento del suo “viaggio”.

Don Juan e don Carlos non sono “morti”, sono passati attraverso questa breccia, rifocalizzando deliberatamente la loro attenzione prima su un altro “fare”. E la percezione dell’essere che ha realizzato la totalità di se stesso non ha limite, andando deliberatamente da un mondo all’altro senza fine, con o senza l’aiuto di pratiche particolari o di tecniche apposite,  comandando lucidamente nella dimensione inconscia di sé e della realtà gli “alleati”,[277] forze, entità che l’uomo comune, il “sognatore occidentale” non è in grado di fare perché il suo fine è differente, è terapeutico, di guarigione, non di “conoscenza”. Come dice Zolla:

“Le forze che gli altri subiscono come loro dei o spiriti o istinti inconsci che si vogliano mai chiamare egli guarda risolutamente in faccia, per convocarle o congedarle. Per arrivare a tanto usa di qualunque mezzo. Si suggestiona, se gli torna comodo. Non è detto che talvolta, per mettersi più facilmente nella condizione di padrone del fuoco, non si spalmi di pomate contro le ustioni maneggiando o calpestando le braci ardenti. Stupirne è come farsi meraviglie perché un cantante gargarizza e imposta la voce, un attore ricorre a effetti di luce, un lottatore fa delle finte, un medico suggestiona il paziente. Una pia frode è un mezzo come un altro, come il digiuno, l’astinenza, la respirazione ritmica, o come le erbe allucinanti e le bevande fermentate. Scambiare per drogato o ubriaco uno sciamano che segue una tradizione dove si ricorra  anche a questi ultimi due mezzi, vuol dire non comprenderlo. Questo fu palese alle generazioni successive al 1968 e credo che ciò basti a riassumere il ruolo che ebbe l’opera”.[278]

VII.  CONCLUSIONI

Un limite, credo, che l’indagine sulle forme dello sciamanesimo contemporaneo mi ha fatto capire, è la difficoltà di definire in maniera chiarificatrice tale fenomeno nell’ambito della Storia delle Religioni, così come a me sembra anche constatando la fragilità di molte etichette sovente utilizzate dagli studiosi della spiritualità “Metanetwork” attuale.

 Parlare di “religione/i del Sé”,[279] come accennavo nella parte introduttiva relativamente al contesto storico-religioso del nesso salute-salvezza, è nel caso del neosciamanesimo – e la complessità del messaggio castanediano, scelto come referente principale, lo attesta bene – un modo forse troppo rapido per individuare alcune caratteristiche generali abbastanza comuni e diffuse, sotto le quali, tuttavia non poche e non secondarie sono  apparse le differenze, almeno quando di esso si sia considerato con più attenzione l’insegnamento,[280] perché molto diversa può essere la concezione della divinità, dell’uomo, del mondo e di conseguenza anche del destino umano.

Se poi ci si inoltra in un’analisi più approfondita delle tematiche legate alla salvezza, innanzitutto colpisce nel nuovo sciamanesimo, e non solo (anche se di esso è il fulcro) castanediano,  il frequente ritornare su una concezione del male in cui la nota dominante non è costituita dal peccato, nel senso di un atto moralmente sbagliato in rapporto a una legge divina ben codificata, ma piuttosto un errore di comprensione della realtà, ovvero anche quanto soggettivamente, psicologicamente ed egoisticamente è percepito essere di ostacolo alla crescita propria (e al “potere”) e del mondo intorno a sé.

È piuttosto intrigante allora la definizione di “Religioni del Sé”, Self Religions, etichetta del New Age, e in esso dello sciamanesimo, talora attribuita dagli studiosi di questa nuova religiosità, perché, pur lasciando in ombra la concezione tutt’altro che irrilevante della divinità e dell’antropologia, mettono ugualmente in evidenza uno degli aspetti che più facilmente può spingere l’uomo contemporaneo, in tal caso il neosciamano  newager, all’adesione.

Ma altrettanto importante è osservare a chi ci si rivolge per ottenere allora la liberazione da un siffatto male. In linea con le interpretazioni dei maggiori studiosi contemporanei, ci sembra che si possano individuare nel contesto religioso di oggi due diversi percorsi. Il primo è costituito da un’organizzazione dedita a uno scopo politico-umanitario oppure teocratico, come avviene per il Bahaismo, il Geovismo, Tenrikyo, ma anche per quei movimenti ecologisti (in cui rientra  quella  forma di neosciamanesimo “olistico” descritta in precedenza) molto vicini al New Age…In questo caso la salvezza avverrà qui sulla terra, in un futuro ormai prossimo che coincide con una Nuova Era, magari definita astrologicamente, ovvero con l’inizio di un nuovo regno di pace e di armonia con la natura sulla terra.[281]

A chi viene poi rivolto questo messaggio? In questo caso probabilmente l’avvento del New Age o del Next Age,  comunque caratterizzate, e l’immagine dell’evoluzione interiore che gli uomini devono attuare implicano comunque che tale salvezza possa essere diretta esclusivamente a quanti abbiano aderito ad una certa forma di pensiero, di visione della realtà, di dottrina. Ciò che cambia, ma forse solo a una lettura superficiale dei fatti, è l’atteggiamento più tollerante verso quanti dissentono da un certo messaggio religioso, senza aver aderito al quale, comunque, non c’è e non potrebbe esserci di fatto alla salvezza.

Un secondo percorso è invece costituito da tutti quei fenomeni religiosi, e qui gli insegnamenti neosciamanici di don Juan sono paradigmatici, che contemplano una forma di conoscenza (e abbiamo visto di che genere, nel caso di  Castaneda) che di per sé garantisca la salvezza e metta quindi il singolo in condizione di diventare egli stesso il soggetto della sua liberazione. Dalla sua “adesione” al sistema di tali conoscenze, infatti, l’adepto, (il nostro “apprendista stregone”) impara tecniche di meditazione, di riflessione, di rilassamento, di “sogno” (!),  esercizi di training autogeno, di allenamento mentale, di ricerca di sé nei rapporti relazionali, di “agguato” o di altro genere, ovvero acquisisce una più profonda conoscenza del reale. I tempi e i luoghi della salvezza coincidono solo in parte con quelli del primo percorso: la salvezza infatti può iniziare già fin da ora e consistere nel proprio benessere psicofisico (e non importa se il messaggio, come nel caso donjuanista,  mira a questo o a qualcos’altro di più profondo), nella maggior facilità con cui ci si rapporta alle forze della natura, agli altri, nel successo che si può e si deve ottenere nella società. Ma si propone anche una speranza in un mondo diverso, più buono, più giusto, più sereno e naturale che finisce col coincidere con tutto quello che la Nuova Era ormai imminente dovrebbe rappresentare. In alcuni casi come nello sciamanesimo contemporaneo, così permeato degli influssi castanediani,                   l’ “evoluzione conoscitiva” interiore cui il singolo è chiamato può portare la realtà spirituale dell’uomo verso altri mondi, altri stati di consapevolezza, su altri pianeti, in altre realtà da cui poi potrebbe eventualmente ritornare sulla terra. In questa sede ho esaminato questo in maniera particolareggiata nel sistema di conoscenze donjuaniste, ma penso che il termine di tale “evoluzione” personale debba essere analizzato  volta per volta perché diventa determinante in questo caso il rapporto che il Sé ha con la divinità e in questa prospettiva forse l’etichetta “neognosi” può essere utile ma non si dimostra più sufficiente per descrivere questo fenomeno (come, comunque, sono adche convinti gli stessi studiosi che hanno proposto tale interpretazione).[282]

Salute o salvezza, dunque? E qual è la risposta neosciamanica?

Da una prima riflessione si può affermare che la negatività della condizione umana nel neosciamanesimo (così come in altri “network” del New Age, e in molti Nuovi Movimenti Religiosi di oggi) viene fatta consistere innanzitutto in quanto risulti soggettivamente alienante rispetto al mondo ignorante, “a-naturalistico” e consumistico in cui si vive: i bisogni individuali di ordine mentale, conoscitivo, psicologico, sono decisamente acuiti rispetto al passato, forse anche a causa del processo di modernizzazione e di secolarizzazione in cui si trova l’uomo contemporaneo.[283] Spesso, queste nuove forme di diverse visioni, di spiritualità, presenti come “bricolage” anche all’interno del neosciamanesimo attuale, per cui si potrebbe anche parlare di “sincretismo particolare” in un “sincretismo generale”, mi lascia l’impressione che il “neosciamano”, il nuovo apprendista religioso di oggi non sappia pensare alla sacralità se non come a una “materia altrettanto concreta, ma più sottile, astrale”. Questo forse in parte spiega il bisogno di pensare a un aldilà paradisiaco in tutto uguale (o quasi, dipende dalla percezione individuale, dalla mente) al mondo attuale, fatta salva l’eliminazione di quanto è considerato “male”.

Elemento caratteristico è anche il concetto “sciamanico” naturalistico di evoluzione a cui è chiamato sia l’uomo (il microcosmo) che il genere umano insieme a tutta la realtà (il macrocosmo), simile anche ad altri fenomeni religiosi,[284]  quasi che si voglia dire che questo è sicuramente il mondo migliore che ci poteva essere concesso, ma tuttavia in esso c’è del male che può essere eliminato con l’impegno personale (e mentale) di ciascuno. Anche il mondo va salvato, quindi, in un’armonia “mistica” con la natura come gli antichi sciamani, insieme all’uomo. L’holism parrebbe dire che anche il divino presente nell’universo richieda salvezza. Tuttavia, se questa in cui si è incamminati è una via verso il progresso, viene lasciato sempre meno posto per il peccato, inteso come un atto moralmente negativo di cui si possa essere considerati responsabili, e, di rimando, nemmeno per un luogo definitivo paragonabile a un Inferno. Quando si arrivi a parlare di un “Inferno”, ci si può imbattere anche nella precisazione che comunque esso sia un luogo, o, meglio, uno stato di ignoranza mentale, temporaneo.

 Da tale “Inferno” il neosciamano newager si può salvare con una “conoscenza” acquisita sul campo, combattendo da “guerriero”, spesso senza privazioni volontarie, dolori e sofferenze da sperimentare sulla propria pelle. Per lui non c’è bisogno di nessun Salvatore dell’ anima tranne sé stesso; non esiste il peccato né la redenzione da esso perché il “male” è dentro la mente sotto forma di “illusione percettiva” o di “errore della consapevolezza”; è solo a combattere contro le visioni, gli spiriti che si autocrea o che sussistono nell’oceano delle allucinazioni mentali indotte, senza un Dio Padre Creatore e protettore o nemmeno il Grande Spirito della tradizione più “vera”, ma una realtà di energia impersonale priva di bene o di male da penetrare, usare, per una ridicola salvezza puramente egoistica, fatta di tecniche curative e medicine “dolci” che si presentano come rimedi naturali capaci di curare tutto l’organismo umano nel suo aspetto fisico e psichico.

A mio modo di vedere, questi rimedi, che parlano di un ritorno alle antiche tradizioni e a un sano rapporto con tutti gli elementi della natura, vengono avvertiti come la risposta per un bisogno che forse è anche molto più importante di quanto la ricerca di guarigione non lasci vedere. Nel momento in cui ci si renda conto di questa necessità così più profonda, allora si disvela davanti agli occhi tutta la vasta gamma di proposte che il New-Next Age rappresenta.

APPENDICE:

  IL MONDO DI INTERNET FRA NEW AGE, NEXT AGE E NEOSCIAMANESIMO 

 La salvezza “tecnologica”

Uno dei canali di diffusione preferiti oggi dai new agers, all’insegna del principio olistico del “collegare”  le varie parti e i vari ambiti della realtà, è sicuramente costituito dalla Ragnatela Mondiale intessuta dal fenomeno Internet.[285]

Internet infatti, detta anche la “Madre di tutte le Reti”, attualmente rappresenta  senza dubbio la migliore possibilità di diffusione di ogni sorta di prodotto umano, di idee, di pensieri, o di “messaggi” che tutti, o meglio, coloro che possono permetterselo, possono scoprire rimanendo tranquillamente soli in compagnia di un PC che gli promette piacevoli “viaggi virtuali” in giro per il mondo, senza dover muovere neanche un dito (se non per digitare la destinazione preferita di volta in volta).

Chi si appresta, come è successo a me durante questo lavoro di ricerca, di iniziare un “viaggio” nei meandri dei siti riguardanti la dimensione religiosa, che propongo in questo caso di definire “tecnologica”, rimane a prima vista sconcertato dalla marea di informazioni fluttuanti da un argomento all’altro, in apparenza priva di qualsivoglia forma di collegamento. Ma ad un’analisi più profonda, e ragionando soprattutto sulle modalità con cui vengono presentate le diverse pagine, mi è sembrato chiaro, forse catturato dalle critiche così pungenti alla trasformazione individualistica del religioso degli studiosi della cultura  contemporanea, come invece sia ben presente il sottile legame che unisce il “gioco” del New Age e delle nuove religioni, e che questo consista spesso  – in forme differenti –  nella creazione di spazi sacro-terapeutici da utilizzare personalmente per raggiungere una sorta di “salvezza” (ma qui sarebbe meglio parlare veramente solo di “salute” e di benessere privato) tramite vaghi ed imprecisi insegnamenti da seguire impartiti da quei pochi centri virtuali di “illuminazione”  che  hanno abbastanza possibilità da inserirsi nella Rete.

Basterebbe infatti cliccare  http://www.salvezza.it, o, per chi è più audace,  http://www.solaris.it,  per accorgersi come sulla Ragnatela spopolino i siti nei quali la conquista della luce interiore, del proprio io profondo, di una soggettiva e salvifica illuminazione personale condita con l’acquisizione di misteriosi poteri siddhici “paranormali” – della miglior tradizione orientaleggiante –  che tutti sono in grado ed in dovere di avere, venga presentata come se fosse un semplice videogioco da imparare seguendo pedissequamente i confusi manuali d’istruzioni ad esso allegati.

Http://www.spiritualsearch.com, clicca giusto e sarai salvato! Non si tratta di un videogioco, purtroppo: nel miglior stile del sacro-terapeutico via modem rappresenta invece uno dei migliori  motori di ricerca della Rete in cui poter inserire l’intimo desiderio di appagamento spirituale, nella speranza di trovare nei network new age virtuali lo spunto dell’anima, l’ultimo libro del guru più in voga, il passaggio per l’aldilà, la tecnica neognostica di conoscenza adatta al proprio tempo libero da utilizzare nei momenti stressanti della vita quotidiana.

Stanno nascendo sulla Rete  dei veri e propri paradisi tecnologici all’insegna delle terapie salvifiche e dei voli sciamanici dell’anima con relativi corsi di “sdoppiamento” gratuiti facilmente scaricabili sul computer, creatori di una concezione   della salvezza che assume pericolosi tratti particolari: per esempio si raggiunge attraverso percorsi individualistici, senza bisogno della comunità e degli altri; e poi è molto legata alle tecnologie contemporanee, specialmente quelle immateriali, interattive, “pulite”. Internet ne è il simbolo per eccellenza. E si noti: mentre la nuova religiosità ha tendenzialmente un atteggiamento assai critico verso la scienza tanto da considerarla come la forma peggiore di oscurantismo (lo diceva anche Carlos Castaneda), nei confronti della tecnica il suo atteggiamento cambia moltissimo. Perché la tecnologia aiuta a superare la prigione dell’io, e la macchina diventa una “protesi” che serve ad andare oltre se stessi.

Per capire ciò, basta “navigare” tra le migliaia di siti new age dei vari motori di ricerca internazionali. Ormai la Rete permette al singolo, che rimane chiuso a casa sua, di seguire passo passo un metodo attraverso cui arrivare all’illuminazione, alla salvezza; e gli consente di farlo in modo veloce, simpatico ed anche interattivo. Si pensi addirittura che in Rete è diventato possibile celebrare riti, persino matrimoni, si può diventare officianti di culto on-line; la vecchia comunità di appartenenza è surrogata dalla macchina e diventa – appunto – “virtuale”.

La macchina purtroppo però non dà anche il certificato di raggiunta beatitudine: deve essere l’interessato stesso a capire di essere arrivato all’illuminazione quando percepisce benessere, serenità, armonia. Si è in “paradiso” perché si sta meglio, anche fisicamente. Tra l’altro l’organizzazione di questi siti è molto simile a quella dei videogames: ci sono passaggi di livello, si superano porte, eccetera; solo che le prove da affrontare sono esercizi da applicare alla vita vera, per esempio pratiche di sopportazione e di buon carattere, o di resistenza alle avversità; oppure esercizi di concentrazione perché un desiderio si avveri. Alla fine si raggiungerebbe uno stato superiore, dal quale contemplare la miseria del nostro vecchio io.

Ma c’è dell’altro: i nuovi fenomeni religiosi new-next age usano pure altri metodi, come ad esempio la vecchia mnemotecnica inventata nel Cinquecento e che consiste nello spazializzare i dati da ricordare. Allora si costruivano mentalmente delle mappe cui collegare le conoscenze e ora – succede in vari manuali o corsi interattivi new age – si fa la stessa cosa in campo spirituale: si scende attraverso un percorso spaziale nel proprio passato, fino a ritrovare le precedenti reincarnazioni, oppure si viaggia nell’aldilà a incontrare il proprio spirito-guida, una specie di angelo custode.[286] Sembra una cosa ridicola, ma ci sono molte persone che pagano per fare esercizi del genere – spesso entrando nel mercato di Internet, l’e-commerce -. Si comincia con tecniche di rilassamento e concentrazione, poi il maestro[287] guida alla visualizzazione, ovvero fa immaginare situazioni attraverso le quali si supera la fatidica “porta” dietro cui si apre il mondo angelico.

A mio avviso, scoprendo via via alcune pagine newage sulla Rete, non è sbagliato riconoscere l’esistenza di una connessione importante tra il fenomeno dei “paradisi artificiali” nel movimento psichedelico anni Settanta (a cui ho accennato nel secondo capitolo relativamente al contesto in cui si situa l’opera castanediana) e gli attuali “paradisi virtuali” promessi dalla Madre delle reti. Non per nulla Timothy Leary, “profeta” dell’allargamento della coscienza attraverso le droghe, adesso è considerato un guru del New Age…il tentativo difatti è il medesimo: superare l’ambito angusto della coscienza con  ogni tipo di  mezzo, meglio se “virtuale” che può far meno male dell’LSD.

Ovviamente, nell’ambito di una prospettiva salvifica, in questi paradisi tecnologici non esiste una concezione retributiva della giustizia, né un inferno, o un purgatorio, per chi fa il male e un premio per chi compie il bene: il riscatto personale deve essere tutto terrestre . Più che una giustizia si cerca una pacificazione. Il New age – “fuori” o “dentro” la Rete – è una forma di stoicismo che insegna ad adattarsi senza perdere la propria dignità. E questo è il risultato migliore che si possa ottenere, né nell’aldilà dobbiamo sperare di avere una gioia maggiore a quella riservataci nella vita. Tutto è accentrato sul qui ed ora, il paradiso si gode subito. E poi, dopo la morte, chissà: una reincarnazione, uno “sciamanico” ritorno alla natura…

6.2  Lo sciamano in Rete

Come si presenta lo sciamanesimo “virtuale”?

Cliccando la voce “sciamano”, “sciamanesimo”, “neosciamanismo” e via dicendo sui vari Motori di Ricerca della Rete, è facile notare come esista  una quantità tale di informazioni da non riuscire nemmeno a rendersi conto del luogo che si è in procinto di esaminare, e come ci si possa  perdere facilmente tra le innumerevoli pagine che molto spesso con la tradizione sciamanica hanno ben poco a che fare.

A prescindere dai siti che offrono descrizioni serie dello sciamanesimo antico, partendo dalle pagine delle grandi Università europee o americane e dagli Istituti di Scienze religiose o di Psichiatria più rinomati (i cui documenti sono consultabili nei cataloghi in linea dei loro archivi)  e articoli di giornali o riviste scritti da autori importanti, per arrivare ai Centri di Studio che si occupano in maniera rigorosa e sistematica dei fenomeni religiosi contemporanei (il già citato Cesnur, Centro Studi Sulle Nuove Religioni, ne un esempio paradigmatico,), se diamo un’occhiata alla  produzione “neosciamanica” vera e propria, a mio parere vi sono tre contesti in cui è possibile scoprire la reinterpretazione della religiosità  sciamanica nella Rete:

1) Il contesto vicino e per certi versi affine al “neosciamanesimo” ma da questo comunque abbastanza distante – costituito da siti in prevalenza di origine statunitense – in cui si assiste ad una ripresa e  insieme ad una difesa della cultura degli indiani d’America.

In tale contesto il dato essenziale che subito appare in evidenza in alcuni di questi spazi virtuali è l’amore del New Age per la “facile” – dal loro punto di vista – spiritualità degli Indiani d’America, e soprattutto, riflettendo anche sul  modo di presentare i vari percorsi nelle pagine  Internet, per lo stretto intreccio fra vita e morte, fra la caccia e il mangiare, per l’unione di tutta la coscienza dell’esistenza con la natura, all’insegna di una visione essenzialmente di tipo olistica. Quel che però in Rete viene taciuto, secondo me, – in maniera simile a quanto avviene col tema affine del  neosciamanesimo e della divinità nel New Age – è il legame monoteistico di tutta la vita indiana col “Grande Spirito”. Mi sembra che anche in questo caso sia predominante la visione olistica della realtà, che soppianta – e qui si tratta di una vera e propria metamorfosi operata dalla superficialità di un pensiero come quello new age, sintesi di molte componenti della cultura “spiritualistica” contemporanea – l’importanza della visione monoteistica nella concezione religiosa delle originarie società indiane.

Ad esempio l’antropologo A. Hultkrantz, uno dei migliori conoscitori della cultura e della religione degli indiani nordamericani, richiama espressamente l’attenzione sul fatto che gli indiani, oltre che nell’attuale mondo terreno, esisterebbero anche nel mondo ultraterreno e – secondo il loro sentimento semplice e religioso dell’esistenza – si troverebbero a casa loro in ambedue. L’etnologo Hans-Peter Duerr, da cui è possibile attingere questa argomentazione, ritiene addirittura che Hulkrantz trovi tra gli indiani “una rappresentazione della trascendenza di tipo giudeo-cristiano”.[288]

Comunque stiano le cose, a ben guardare proprio tali religiosità presentano un’immagine sorprendentemente matura di un Dio personale, che è possibile pregare ed amare.[289]

Nelle attuali forme di religiosità invece, che così accuratamente si esprimono attraverso la tecnologia della Rete, vediamo più che altro un’infatuazione per la vicinanza degli indiani alla natura, infatuazione olistica che tace in maniera assai semplice del loro rapporto con Dio. Anche l’opera di Castaneda, che prima abbiamo descritto, da molti studiosi vista pure come una sorta di iniziazione al mondo misterioso della mistica e della magia degli indiani, potrebbe esserne un esempio.

In linea generale l’adozione acritica e semplicistica di tradizioni popolari religiose premoderne è uno dei distintivi significativi del New Age da come si evince anche navigando nel mare della Rete. Esso vi vede forze misteriose, è affascinato ed attratto dai riti oscuri, ne ammira l’irrazionalità, ma passa sopra a tutto ciò che non le va a genio. Così venera anche la religiosità degli zingari con la sua chiromanzia, cartomanzia – telematica…basta cliccare su tarocchi.it…- e divinazione mediante la sfera di cristallo comprata magari via e-commerce, ma dimentica che proprio gli zingari che noi conosciamo appartengono alla tradizione cristiana e hanno una concezione del divino che solo un ignorante oserebbe definire “olistica”.

2) In generale i siti che riprendono vagamente alcuni insegnamenti dei vecchi sciamani psicopompi riguardanti l’utilizzo delle piante allucinogene inducenti stati di alterazione di coscienza, il cui studio rientra nell’idea tipica del New Age di penetrare all’interno del mondo soggettivo evidenziandone gli aspetti più nascosti e misteriosi.

Così come nel caso della ripresa di altre tradizioni – soprattutto orientali – in tal caso si vede lo sciamanesimo come una sorta di cultura incentrata unicamente su alcune forme di rituali, più o meno istituzionalizzate o riconosciute, di alterazione della mente o se preferiamo di una dimensione “altra”.

In questi siti , che descrivono principalmente certe tecniche usate dagli stregoni finalizzate al raggiungimento dello stato di “trance” estatica, ritorna prepotente l’importanza del “volo sciamanico” considerato spesso a prescindere dalle funzioni che esso aveva all’interno delle culture ruotanti intorno alla figura socialmente determinante del “medecine-man”, e visto solo più come “viaggio mentale” da dover analizzare scientificamente ottenuto con pratiche meditative particolari o tramite l’uso di sostanze psicotrope.

(Non mi soffermo a descrivere il tipo di sciamanesimo qui presente, perché in questo caso penso che non si possa parlare precisamente di “neosciamanesimo” new age nella Rete, ma solamente di rimandi ad alcuni suoi aspetti tradizionali nel contesto più ampio dello studio psichiatrico degli stati “altri” di coscienza.)[290]

3) L’ambito delle forme sacro-terapeutiche di conoscenza “sciamanica” che si inseriscono nella cultura della religiosità fra New Age e Next Age, contraddistinte da alcune tendenze rituali che oserei definire a sfondo naturalistico, cosmico-partecipative, a tratti “psico”misticheggianti, e di ritualizzazione terapeutica del corpo.

È solo qui che secondo me si può parlare di Neosciamanesimo  (virtuale) vero e proprio. È essenzialmente qui, in questo contesto che spopolano i siti che, ribattezzandosi “sciamanici”, offrono tutte quelle possibilità neognostiche di salvezza fisica e spirituale agli esperti navigatori dell’oceano religioso-telematico di Internet.

Ciò che in particolar modo mi ha colpito durante la lettura di queste pagine è il comune accento posto da essi alla ritualità sciamanica  ripresa in termini new age che si invita a seguire per poter entrare in uno stato generale di carattere pseudo estatico (che con la trance dello sciamano ha ben poco a che fare) chiave di volta di un possibile cambiamento della persona – è sottolineo come qui siamo in presenza di una vera e propria “sacro-terapia” – nei suoi aspetti fisici e mentali. Dello sciamanesimo insomma rimangono nella Rete solo più alcune  tecniche in grado di essere sperimentate da tutti di trance neosciamaniche[291], rimodellate a misura dell’uomo “spirituale” di oggi.

E il fenomeno di trance è forse il fenomeno più strano, più antico, che oggi ritorna di moda ed è il fenomeno che a mio avviso dà anche più facilmente una chiave interpretativa di questa nuova ritualità new age (l’elemento più visibile anche solo via Internet) nel suo complesso, tenendo conto anche del fatto che molti storici delle religioni sono disposti a scommettere che i riti sciamanici e di trance rappresentano i primi e fondamentali riti dell’uomo religioso.

Gli elementi che entrano nel novero della trance “virtuale” – ma altro la Rete non è che un’immagine visibile di questa realtà, e quindi potrei parlare anche semplicemente di trance “reale” ma telematica – sono di solito gli stessi che ricorrono nei diversi ambiti del New Age: la musica, il canto, il silenzio, il controllo, la bellezza, a volte anche le droghe. La natura della trance, invece, e non solo ai newagers, resta ancora sconosciuta, nonostante gli studi fondamentali di autori famosi come Lewis, Eliade, Jeanmaire, Rouget.[292] Essa sembra rispondere a un bisogno fondamentale dell’uomo (specialmente quello di adesso): potere e dovere superare se stesso, poter andare oltre le sue possibilità e mettersi in un modo o nell’altro in un contatto salvifico con forze straordinarie che allargano la sua coscienza, il suo orizzonte, le porte della sua percezione.

Siti Internet in Italia fra New age, Next Age e Sciamanesimo

Oggi il New Age in Italia è soprattutto business, musica, supporti multimediali, negozi di oggetti e prodotti naturali; ma si sta ampliando anche un certo tipo di riflessione culturale, con proposte di corsi, incontri e dibattiti su tematiche che hanno molti punti di contatto col discorso religioso.  La musica cosiddetta new age  ha svolto sicuramente una funzione importante in questo senso. Più o meno una decina di anni fa RadioMonteCarlo (RMC) dava inizio ad una fortunata serie di trasmissioni radiofoniche in tarda serata di musica colta, indirizzato a un ristretto pubblico di appassionati che in poco tempo si è ampliato considerevolmente. Per molti il “Metanetwork” new age non rappresentava altro che un universo di suggestive e svariate colonne sonore, in cui erano marginali le diverse considerazioni filosofiche o religiose che ogni tanto si inserivano tra un sound  e l’altro. Da questa trasmissione ha preso il via una consistente serie di pubblicazioni musicali di ben 16 differenti testate con CD (e una rubrica televisiva che ogni domenica illustra e descrive cosa significhi essere cittadini new age oggi tra l’era dell’Acquario e il periodo del Next Age. Sfogliando le pagine che accompagnano i CD non è difficile imbattersi anche in articoli di equilibrato confronto, di contatto dichiarato con varie forme di spiritualità (cristiane, orientali, sciamaniche…), sempre ovviamente all’insegna della solita impostazione sincretistica.[293]

Su Internet inoltre proliferano ovviamente moltissimi siti che parlano specificamente di New Age, basta pensare che il solo termine risulta presente all’incirca 166.000 volte.[294]

Mi  sembra  interessante  partire (anche  per  una questione di “serietà”  scientifica) dalle   pagine  del  GRIS, il Gruppo  di  Ricerca e di Informazioni  sulle  Sette  e  sui  Nuovi  Movimenti,  una specie di associazione costituita nel 1987 con sede a Bologna (http://www.gris.org), che promuove e diffonde informazioni sulle sette e sui nuovi movimenti; pubblica anche una propria rivista e già due numeri (in parte consultabili on-line) sono stati dedicati al fenomeno New Age. È presente anche un nutrito elenco di pubblicazioni dei vari membri e dai nomi dei collaboratori è possibile farsi un’idea della serietà dell’iniziativa…Sul sito è presente una minuziosa classificazione, curata dallo studioso cattolico Giuseppe Ferrari, che elenca in modo sistematico le varie realtà religiose, parareligiose, spiritistiche e magiche che si possono incontrare in Italia; con alcuni links alle rispettive pagine. Vi si trovano poi numerosi articoli chiarificatori che fanno il punto su alcuni temi ricorrenti, come il crescente interesse per i Celti e i culti neo-pagani, lo Sciamanesimo siberiano e le religioni animiste contemporanee.

Accanto a questo, per me di grande aiuto informativo, reputo importante anche citare il sito del già più volte ripreso Centro Studi sulle Nuove Religioni (http://www.cesnur.org) diretto dal prof. Massimo Introvigne, attualmente avente sede in Via Juvarra 20 a Torino. Il sito del Cesnur offre articoli, recensioni,  critiche, materiale di congressi o conferenze, indicazioni storiche sui fenomeni storico-religiosi moderni (tra cui è ovviamente presente sia il New Age e il Next Age sia lo sciamanismo contemporaneo), su sette, guru, maestri e santoni, nonché commenti di eminenti studiosi dei nuovi movimenti religiosi  (antropologi, sociologi, storici, e anche psichiatri, neurologi, fisici…) il tutto accompagnato da un apparato bibliografico immenso (il maggiore in Europa sui N.M.R.[295]) consultabile virtualmente, in lingua inglese o italiana.

Se invece ci spostiamo sul versante esplicitamente new age uno dei siti italiani più organici e ricchi di proposte in tale senso è Esonet (http://www.esonet.org), che spazia dalle pagine relative alla teosofia, antroposofia, sciamanesimo indiano, all’ esoterismo, l’alchimia spirituale, la stregoneria pagana…C’è anche una raccolta di immagini su argomenti assai discussi quali Atlantide e i vari guru del New Age (come Osho Rajneesh[296] o Sai Baba[297] che vanta anche diversi siti a lui dedicati). Esonet offre poi una sua selezione di numerosi altri siti interessanti da visitare, che vanno dalla Massoneria allo sciamanesimo, senza dimenticare le interviste che la rubrica Rai Mediamente presenta ai suoi “viaggiatori” (alcune di notevole spessore culturale e che si possono leggere all’indirizzo http://www.emsf.rai.it/). E per finire in bellezza offre anche uno spazio “naturalistico” per alcune ricette vegetariane, ma forse non tutti i newagers andranno pazzi per le frittate senza uova o le varie salse di germogli e crudità miste…

Purtroppo mi sembra giusto dover dire che, in linea con molte interpretazioni attuali sulla ricerca di “sacro” di oggi, non è vero che la gente non creda più a niente, il problema è che crede a tutto! L’orizzonte new age si riempie così di mille proposte, alcune simpatiche, altre innocue, ma altre potenzialmente devianti e spesso si prendono i fermenti buoni insieme a paccottiglia ben poco liberante o “terapeutica”. Lo sviluppo sostenibile è, ad esempio, uno dei temi che il New Age tende ancora a far suo nonostante la crisi delle speranze acquariane, e che continua a prender piede nel sentire comune, nelle scuole soprattutto, grazie a numerose agenzie educative non ufficiali. Su questo sito (http://www.inopera.it) troviamo la presentazione di corsi in tal senso. Alcuni nomi sono già dei classici, come la serie di seminari nei quali un autore parla della sua interpretazione di quanto uno sciamano moderno avrebbe trasmesso a Castaneda…Mi riferisco in questo caso soprattutto alla pratica della “Tensegrità” descritta nell’ultimo libro lasciatoci dall’antropologo peruviano[298] (ma i dubbi sull’autore sono ancora molti), i cosiddetti “passi magici” degli antichi stregoni da seguire con apposite tecniche di respirazione e concentrazione atti a risvegliare l’energia delle varie parti del corpo (http://www.castaneda.it). Attualmente in Italia, come si legge in questa pagina, esistono gruppi di praticanti in molte città che si riuniscono per compiere insieme i passi della Tensegrità sul modello proposto da Cleargreen Inc. (la prima associazione, nata a Los Angeles all’incirca una quindicina di anni fa, che si è occupata di trasmettere gli insegnamenti pragmatici presenti nelle opere di Castaneda), ossia: la massima apertura, l’assenza di maestri e l’assenza di lucro.[299] Questo sito presenta, a mio avviso un po’ superficialmente, il sistema castanediano di conoscenze terapeutiche, insieme a varie informazioni relative ai gruppi e ai seminari italiani, viaggi con intere giornate di pratica, notizie sulle opere neosciamaniche[300] e una mailing-list “Passi magici”,  per concludere con alcune critiche ai “parassiti”, ossia a quelle organizzazioni finalizzate al guadagno che invitano a partecipare a costosi seminari basati sulle “tecniche” di Carlos Castaneda.   Un altro sito interessante è quello di Victor Sanchez,[301] seguace di don Carlos (come egli stesso ama definirlo), ideatore insieme all’amico neosciamano Manolo Cetina di numerosi “Workshop” (gruppi di lavoro a pagamento) incentrati sulle conoscenze apprese dagli indios eredi dell’antica tradizione sciamanica tolteca e dall’applicazione delle proposte contenute principalmente nei primi lavori di Carlos Castaneda (www.toltecas.com).

Seminari, gruppi di terapia e percorsi di formazione e “trasformazione” si trovano anche nelle pagine curate dal Centro Om di Milano fondato nel 1982, i cui direttori responsabili, PierLuigi Lattuada e Marlene Silveira, hanno concepito una disciplina spirituale definita come “biotransenergetica”, le cui radici primarie sono costituite da uno sciamanesimo rivisitato e da alcuni principi della psicologia transpersonale (http://www.biotransenergetica.it), nonché nel sito della (già prima citata) neosciamana Lynn Andrews (http://www.lynnandrews.com), in cui una piccola aquila vi porta volando nella destinazione sciamanica-terapeutica preferita, all’interno di un ambiente che sicuramente ha molto a che fare con l’ecologismo e la cura della Natura.

Una visione ecologica della realtà la troviamo anche sulla pagina del Centro editoriale Natura Etica Ambiente Solidarietà (http://ape.apenet.it/NEAS/neas.htm), ove troviamo i rimandi a diverse attività redazionali, come il “Giornale della Natura” o la rivista “Cyber”, diretta da Federico Montecucco, che pubblica nove numeri all’anno (quattro monografie e cinque notiziari sul mondo del New Age italiano, sulla medicina olistica, sulle meditazioni) di cui è possibile vedere l’indice. Diversamente, c’è anche chi tenta di dare una descrizione precisa e classificatoria del New Age forse in maniera un po’ troppo arbitraria, come si poteva capire da una semplice lettura al sito di psicologia e psichiatria scientifica <http://www.space.tin.it/scienza/masfrau> (oggi non più accessibile), che sottolineava gli apporti spirituali e religiosi che animano questo movimento, tra religioni orientali e sciamanesimo condito di etnoantropologia,  criticando il messaggio individualistico e “anticomunitario” di cui si fa portatore e interprete.

Individualismo del New, o meglio, Next Age che si ritrovava poi nel sito <http://www.tecna.it/ciro/il.html> (oggi non più accessibile) dove trovavamo esoterismo, alchimia, astrologia, tarocchi, imbandito con testi a liberale apertura, dove il Next Age viene offerto come valore aggiunto. Si scoprono però i soliti ingredienti; in questo caso il responsabile dell’associazione non trova di meglio che presentarsi come amico di sciamani, sensitivi e parapsicologi, per poi rivelare i propri campi di interesse: spiritismo, interpretazione dei sogni, numerologia, channeling, e ancora ufologia e casi di abduction (!). E proprio strizzando l’occhiolino alla magia, da una delle pagine si poteva esplorare anche qualche “magico” link (<http://www.leviathanux.netbox.it>, oggi non più accessibile). Come al solito esistono anche delle liste dedicate a questo argomento (talk.religion.newage) e pagine di soli link a diverse realtà dell’orizzonte acquariano e post-acquariano, come quella che era presente all’indirizzo <http://www.infoserv.it/new_age.html/>, oggi non più accessibile, che però risultava già al tempo della nostra visita un po’ datata (era del 1996) e prendeva in considerazione quasi solamente siti in inglese. Se poi, comunque, l’inglese non costituisce una barriera c’è sempre lo sterminato sito  http://www.spiritweb.org.

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[1] Cfr. M. Introvigne “Mistica della prosperità e religione del benessere tra new age e next age”, intervento al convegno “Mistica oggi” organizzato a Firenze il 23 Ottobre 1999 dal Lyceum, pagina Internet, http://www.cesnur.org/testi/mi_lyceum.htm; hanno dibattuto il tema: Marco Vannini, Enzo Bianchi, Massimo Cacciari, Massimo Introvigne, Giuseppe Scattolin.

[2] Cfr. per un approfondimento di questi temi le voci “Guarigione, Malattie e Cure, Medicina e Religione”  nel III vol. dell’ ed. it. di  M. Eliade (cur.), “Enciclopedia delle Religioni. L’esperienza religiosa, vita individuale e collettiva”, Mondadori, Milano, 1995.

[3] Si  vedano a proposito di queste riflessioni: U. Bianchi, “Categorie e figure del salvifico nella Storia delle Religioni”, in “Religione e Società”, 5, 1988 e , “Le strutture del male (tra Apocalittica e Gnosticismo), in Cerutti Maria Vittoria (cur.), “Apocalittica e Gnosticismo”. Atti del Colloquio Internazionale Roma, 18-19 giugno 1993, Roma, 1995, pp. 11-28; U. Bianchi – M. J. Vermaseren (curr), “La Soteriologia dei culti orientali nell’Impero Romano”. Atti del Colloquio Internazionale Roma, 24-28 settembre 1979, E.J Brill, Leiden, 1981; A. Brelich, “Politeismo e soteriologia”, in “The Saviour God: Comparative Studies in the concept of Salvation presented to Edwin Oliver James”, Reprint, Westfort, Conn, 1980; G. Filoramo, “Il risveglio della gnosi ovvero diventare dio”, Laterza, Roma-Bari, 1990. Infine  U. Bianchi, “Le origini dello gnosticismo”, Colloquio di Messina, 13-18 Aprile 1966, E. J. Brill, Leiden, 1978.

[4] Cfr. il saggio di P. Scarpi, “La Grecia antica”,  ne “Manuale di Storia delle Religioni”, a cura di: G. Filoramo, M. Massenzio, M. Raveri, P. Scarpi, Editori Laterza, Bari, 1998, pp. 67-82, e in generale P. Scarpi “Le religioni del  mondo antico: i politeismi”,  Idem,  pp. 5-157.

[5] Per esempio il peccato originale della tradizione giudaico-cristiana. Cfr. A. Masao, “Il perché del male nel Cristianesimo e nel Buddhismo”, e  I. Sciuto, “La realtà del male secondo il pensiero contemporaneo”, in “Del bene e del male, tradizioni religiose a confronto”, a cura di M. Raveri, Marsilio editori, Venezia, 1997, pp. 197-212 e pp. 263-283.

[6] Come il Principe delle Tenebre del Manicheismo. Cfr. “Manuale di Storia delle Religioni”, op. cit.,  pp. 279-286.

[7] Cfr. a proposito la concezione antropologica di alcuni sistemi gnostici, G. Filoramo, “Le religioni dualiste”,  ne “Manuale di Storia delle Religioni”, op. cit., pp. 271-287 e U. Bianchi, “Le origini dello gnosticismo”, Colloquio di Messina, 13-18 Aprile 1966, E. J. Brill, Leiden, 1978.

[8] Tra i vari studi che hanno affrontato queste tematiche, cfr. M. Aletti, “Religione o psicoterapia? Nuovi fenomeni e movimenti religiosi alla luce della psicologia”, Atti del V Convegno della Divisione “Psicologia e Religione” della SIPS – Società Italiana di Psicologia – Roma, 22-23 ottobre 1994; G. Filoramo, “Concezioni della salvezza nei nuovi movimenti religiosi”, in “Religioni e Società”, 6, 1988, pp. 27-41, e “Figure del Sacro. Saggi di storia religiosa”, Morcelliana Brescia, 1993, pp. 231-250, e “L’arte della guarigione nella nuove religiosità”, in “Rassegna italiana di Sociologia”, 36, 1995, pp. 567-585; M. Introvigne, “I nuovi movimenti religiosi e le loro proposte terapeutiche”, in E. Fizzotti (cur.), “Religione o terapia?”, SAS, Roma, 1995, pp. 37-54; A. N. Terrin, “New Age, la religiosità del postmoderno”, ed. Dehoniane, Bologna 1993.

[9] W. J. Hanegraaff, “New Age Religion and western culture. Esotericism in the Mirror of  Secular Thought”, Brill, Leiden-New York-Koln, 1996, pp. 411-524.

[10] Idem., pp. 331-344.

[11] M. Introvigne, P. Zoccatelli,  “New Age, Next Age, una nuova religiosità dagli anni ’60 ad oggi”, Giunti Gruppo Editoriale, Firenze, 1999, pp. 19-22.

[12] Cfr. M. Introvigne, “Mille e non più mille. Millenarismo alle soglie del Duemila”, Gribaudi editore, Milano, 1995, p. 205.

[13] Idem.,  pp. 18-19.

[14] Cfr. Anche il concetto di “astrostoria” di L. Berzano, “New Age”, Il Mulino, Bologna, 1999, pp. 25-59.

[15] W. J. Hanegraaff, “New Age Religion and western culture. Esotericism in the Mirror of  Secular Thought”,  op. cit., pp. 421-454.

[16] A. Faivre, “Access to Western Esotericism”, Sunny Press, Albany, 1994, pp. 10-15.

[17] Cfr. anche su questo punto: G. Filoramo, “Figure del Sacro. Saggi di storia religiosa”, Morcelliana, Brescia, 1993,  pp. 279-293.

[18] W. J. Hanegraaff, “New Age Religion and western culture. Esotericism in the Mirror of  Secular Thought”,  op. cit., pp. 514-524.

[19] Idem, pp. 448-455.

[20] G. Filoramo, “Figure del sacro. Saggi di storia religiosa”, op. cit.,  1993,  p. 234.

[21] M. C. Bateson, “Angels Fear. Toward an Epistemology of the Sacred,”, Macmillan, New York,  1987,  p. 56.

[22] Cfr. F. Champion, “La Nébuleuse mystique-ésotérique. Une décomposition du religieux entre humanisme revisité, magique, psychologique”, in J. B. Martin e F. Laplantine (a cura di),  “Le Défi magique. I. Esotérisme, occultisme, spiritisme”, Presses Universitaries de Lyon, Lione, 1994, pp. 315-326.

[23] Per un approccio storico al “New Age” cfr. M. Introvigne, “Storia del New Age. 1962-1992”, Cristianità,  Piacenza, 1994.

[24] M. Introvigne, “Mille e non più mille. Millenarismo e nuove religioni alle soglie del Duemila”, op. cit., 1995,  pp. 206 ss.

[25] J. Gordon Melton, “New Age Encyclopedia”, Gale Research Inc., Detroit, 1990,  p. 26.

[26] Idem, p. 316.

[27] W. J. Hanegraaff, “New Age Religion and western culture. Esotericism in the Mirror of  Secular Thought”,  op. cit., pp. 517-521.

[28] J. Gordon Melton, “The Future of the New Age Movement”, relazione presentata al convegno internazionale sulle nuove religioni e la nuova religiosità RENNORD 94, Greve (Danimarca), 22/25-8-1994.

[29] Cfr. per la nozione di  metanetwork  M. Introvigne, “Storia del New Age. 1962-1992, op. cit.,  1994, pp. 18-21.

[30] Cfr. Su questo punto M. Introvigne, P. Zoccatelli, “New Age, Next Age, una nuova religiosità dagli anni ’60 ad oggi”, op. cit., p. 33.

[31] Cfr. ad es. l’opera di W.J. Hanegraaff: “New Age Religion and Western Culture. Esotericism in the mirror of Secular Thought”, op.cit.

[32] Introvigne, M.-Zoccatelli, P.: “New Age-Next Age, una nuova religiosità dagli anni ’60 ad oggi”, op. cit., p.34.

[33] Cfr. anche di Introvigne, M. : “Mille e non più mille. Millenarismo alle soglie del duemila”, op. cit.

[34] Vd. M. Introvigne, P. Zoccatelli, “New Age, Next Age, una nuova religiosità dagli anni ’60 ad oggi”, op. cit., p. 35.

[35] J. Gordon Melton: “The Future of the New Age Movement”, in Eileen Barker –Margit Warburg (a cura di), “New Religions and New Religiosity”, Aarhus University Press, Aarhus-Londra, 1998, p. 138.

[36] Cfr. M. Introvigne: “Il channeling: uno spiritismo moderno?”, in CESNUR, “Lo Spiritismo”, a cura di M. Introvigne, ed. Elledici, Leumann (To), 1990, pp. 35-94.

[37] Kardec, A. : “Libro degli Spiriti”, ed. Mediterranee, Roma, 1972, pp. 13-14.

[38] Cfr. M. Introvigne, “ Il channeling. Uno spiritismo moderno?”, in CESNUR, “Lo Spiritismo”, a cura di M. Introvigne,  pp. 35-36.

[39] Vernette, J. : “Le Nouvel Age, Tequi, Parigi, 1990, p. 7.

[40] Introvigne, M. : “Storia del New Age 1962-1992”, op. cit.

[41] Cfr. M. Introvigne, “Mille e non più mille. Millenarismo alle soglie del Duemila”, op. cit., pp. 225-239.

[42] Cfr. nella raccolta di saggi “Del bene e del male” a cura di Massimo Raveri, ed. Marsilio, Venezia 1997, il saggio di Aldo Terrin: “Il senso del bene e del male nel mondo del New Age”, pp. 285-302, sul  male “ontologico” contrapposto al male “spirituale” dei  newagers.

[43] Introvigne, M.-Zoccatelli, P. : “New Age Next Age, una nuova religiosità dagli anni ’60 ad oggi”, op. cit., p. 37.

[44] Introvigne, M. : “Mistica della prosperità e religione del benessere tra New Age e Next Age”, op. cit.

[45] M. Introvigne, P. Zoccatelli, “New Age, Next Age, una nuova religiosità dagli anni ’60 ad oggi”, op. cit., p. 41.

[46] J. G. Melton, “The Future of the New Age Movement”, op.cit.,  p. 141.

p. 141.

[47] M. Introvigne, P. Zoccatelli, “New Age, Next Age, una nuova religiosità dagli anni ’60 ad oggi”, op. cit., pp. 41-42.

[48] J.  G. Melton: “The Future of the New Age Movement”, op. cit.,  p. 147.

[49] Cfr. P. Heelas, “Californian Self-Religion and Socializing the Subjective”,  in E. Barker (a cura di), “New Religious Movements. A Perspective for Understanding Society”, Edwin Mellen Press, New York-Toronto, 1982,  pp. 69-85.

[50] Cfr. su questo punto M. Fuss, “Il New Age e la riscoperta della magia”, in CESNUR (a cura di M. Introvigne), “Il ritorno della magia”, Leumann (To), 1989,  pp. 104-112.

[51] Cfr. il saggio di G. Filoramo, “Religione e modernità: i nuovi movimenti religiosi”, nel “Manuale di Storia delle Religioni”, op.cit., pp. 561-565.

[52] Idem, p. 563.

[53] M. Introvigne, P. Zoccatelli, “New Age, Next Age, una nuova religiosità dagli anni’60 ad oggi”, op. cit., pp. 42-44.

[54] M. S. Peck, “The Road Less Traveled. A new Psychology of Love, Traditional Values and Spiritual Growth”, Simon & Schuster, New York, 1978 (tr. It. “Voglia di bene”, Frassinelli, Milano, 1985).

[55] Idem., p. 32-44 (nella trad. It.).

[56] Idem., pp. 115-116 ( nella  trad. it.).

[57] M. Introvigne, P. Zoccatelli, “New Age, Next Age, una nuova religiosità dagli anni ’60 ad oggi”, op. cit.,  p. 43.

[58] M. S. Peck, “A different drum. Community Making and Peace”, Simon & Schuster, New York, 1987 (tr. It.: “Vivere di pace”, Frassinelli, Milano, 1988).

[59] M. S. Peck, “People of the Lie. The Hope for Healing Human Devil”, Simon & Schuster, New York, 1983.

[60] A. Robbins, “Unlimited Power”, Fawcett Columbine, New York 1987 (trad. It. “Come ottenere il meglio da sè e dagli altri”, Bompiani, Milano, 1987).

[61] A. Robbins, “Come migliorare il proprio stato mentale, fisico e finanziario”, Bompiani, Milano, 1988.

[62] M. Introvigne, P. Zoccatelli, “New Age, Next Age, una nuova religiosità dagli anni ’60 ad oggi”, op.cit., p. 45.

[63] Il dato è fornito da “La Repubblica delle donne”, n. 116, 8-14 settembre 1998.

[64] J. Redfield, “La profezia di Celestino”, Corbaccio, Milano, 1994.

[65] P. Coelho, “L’Alchimista”, Bompiani, Milano, 1995

[66] M. Introvigne, P. Zoccatelli, “New Age, Next Age, una nuova religiosità dagli anni ’60 ad oggi”, op.cit.,  p. 52.

[67] Idem., pp.53-59.

[68] Idem., p. 60.

[69] Cfr. su questo punto, G. Filoramo, “La salvezza nei nuovi movimenti religiosi tra religione e psicoterapia”, in Aletti M. (a cura di), “Religione o Psicoterapia? Nuovi Fenomeni e Movimenti religiosi alla luce della Psicologia”, Atti del V Convegno della Divisione “Psicologia e Religione” della SIPS – Società Italiana di Psicologia – Roma, 22-23 ottobre 1994, Roma: LAS, pp. 45-46.

[70] G. Filoramo, “Millenarismo e New Age, apocalisse e religiosità alternativa”, ed. Dedalo, Bari 1999 p. 79.

[71] J. Vernette, “Che cos’è il New Age”, SugarCo, 1992, p.17.

[72] Puntualizzo, brevemente in questa sede, che è tuttora in corso una querelle sull’articolo da utilizzare davanti all’espressione New Age. Il prof. Introvigne e il suo collaboratore P. Zoccatelli, preferiscono l’articolo maschile “il”, a loro parere più neutro rispetto al femminile “la”, in quanto in Inglese l’espressione New Age non ha una connotazione sessuata. Altri studiosi, utilizzano invece, nella traduzione italiana, il femminile o l’espressione New Age non preceduta dall’articolo.

[73] M. Introvigne, “Un  network di network”, in “New Age Music”, n° 55, marzo 1996, pp. 26-28.

[74] Una descrizione alternativa del fenomeno New Age, è proposta dal sociologo Luigi Berzano: “È una grande semplificazione raggruppare tanti elementi così diversi nell’unica definizione di movimento sociale, diffuso a livello planetario? Pare di no; il riferirsi, infatti, alla sua dimensione sociale collettiva rende possibile descrivere la New Age, senza con ciò sollevare il problema di chi la rappresenti ufficialmente, di quali contenuti istituzionali sia dotata, di quali siano i suoi confini precisi”. “New Age”, op.cit., 14. Sulla confutazione di tale definizione sociologica, si veda: M. Introvigne, “Storia del New Age”, op. cit., pp. 18-21.

[75] “Si basa sulla concezione ippocratica dell’uomo, che considera l’acqua, l’aria, la terra e il calore i costituenti fondamentali dell’organismo umano. Uno squilibrio in eccesso o in carenza di uno di questi elementi modifica lo stato degli altri e quindi crea malattia”. M. Ricci, “L’ABC delle terapie”, in “Nuova Era”, n. 29, anno IV,  pp. 30-39.

[76] “Metodo di cura globale ideato nell’800, dal medico tedesco Samuel Hahnemann, che rifacendosi all’antica massima medica similia similibus curantur, scoprì che tanto minore era il dosaggio di un farmaco tanto maggiore era il suo effetto terapeutico, per la legge di inversione di effetto”. M. Ricci, op. cit.,  p. 33.

[77] “Test che utilizza il corpo del paziente come un laboratorio di analisi, a partire dalle reazioni del suo sistema muscolare. Se una sostanza nociva all’organismo viene tenuta in mano o posta sul corpo del paziente, i suoi  muscoli  risponderanno ad uno stimolo esterno con meno vigore e forza. Valutando la resistenza dei muscoli il kinesiologo sarà inoltre in grado di valutare la funzionalità organica del paziente, essendo i muscoli collegati riflessologicamente con il resto dell’organismo”. M. Ricci, op. cit., p. 33.

[78] Letteralmente “la scienza della lunga vita”, è un sistema olistico diretto a governare la vita in modo da prolungarla e impedire la malattia. Alla base di questo sistema tradizionale indiano sta l’idea che ogni cosa sia composta da cinque elementi: etere, aria, acqua, fuoco, terra. Questi elementi si combinano a due a due e formano i tre dosha, forze vitali primarie, che compongono il corpo e sono responsabili di tutte le funzioni fisiologiche e psicologiche dell’organismo. I tre dosha sono: Vata (aria ed etere), Pitta (fuoco e acqua), Kapha (terra e acqua). È la disarmonia tra di essi a causare la malattia.

[79] “Capacità di alcuni individui di guarire imponendo le mani sull’ammalato. Per capire questo fenomeno la cui indubbia realtà è ancora guardata con scetticismo, dobbiamo ammettere la presenza nell’uomo di un fluido vitale,  responsabile del suo benessere psicofisico”. M. Ricci, op. cit.,  p. 36.

[80] “Antichissimo massaggio eseguito con la pressione del pollice, della mano aperta, del gomito o dei piedi, utilizzato per liberare il fluire, spesso bloccato, dell’energia”. M. Ricci, op. cit., p. 36.

[81] “Massaggio alla pianta del piede, basato sulla concezione secondo la quale, sotto la pianta del piede, come nel palmo della mano si trovino i punti riflessi di tutte le parti del corpo”. M. Ricci, op. cit., p. 36.

[82] “Terapia che utilizza i principi di foglie, fiori, radici e alghe in forma di infusi, decotti, macerazioni, polveri, succhi, tinture, creme, compresse. La farmacopea moderna nasce a partire da questa antica tecnica terapeutica”. M. Ricci, op. cit., p. 32.

[83] “Eduard Bach, medico vissuto in Inghilterra tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, trascorse gli ultimi anni della sua vita passeggiando per le campagne del Galles nella ricerca degli “specchi” floreali in cui riconoscere e guarire noi stessi”. K. Alaimo., “Incarnazioni floreali”, in “Re nudo”, Gennaio 1999, Anno IV,  n° 28, pp. 55-58.

[84] Questo tipo di terapia utilizza le essenze estratte dalle piante che vengono inalate, ingerite, massaggiate sulla pelle o diluite nell’acqua per bagni.

[85] Anche se, per un verso che qui non ci interessa, il neosciamanesimo attuale rappresenta pure “l’esito di tipici processi di riattivazione della tradizione presso popolazioni indigene che vi fanno ricorso come mezzo efficace di processi di identificazione collettiva” (G. Filoramo,  “L’arte della guarigione nella nuova religiosità. Riflessioni in margine alle forme di ricomposizione del sacro”, da:“Rassegna italiana di Sociologia”, XXXVI/4, 1995,  p.570).

[86] F. Champion sottolinea a proposito la centralità nel neosciamanesimo della ricerca di una salute-salvezza, intesa come una “via” o “percorso” personale di tipo mistico che dovrebbe portare alla realizzazione di un certo stato d’essere ottenuto tramite un lavoro di trasformazione dell’interiorità stessa del soggetto. Cfr. Fr. Champion, “Religieux flottant, èclectisme et syncrètismes”, in J. Delumeau (a cura di), “Le fait religieux”, Fayard, Paris 1993, pp. 742-772, in G. Filoramo, “ Millenarismo e New Age. Apocalisse e religiosità alternativa”, op. cit., p. 62.

[87] Cfr. G. Filoramo, “Millenarismo e New Age. Apocalisse e religiosità alternativa.”, op. cit., p. 64.

[88] Il corsivo è mio.

[89] A. N. Terrin, “New Age. La religiosità del postmoderno”, ed. Dehoniane, Bologna, 1993, p. 177.

[90] Cfr. per questa definizione il saggio di G. Filoramo, “Religione e modernità: i nuovi movimenti religiosi”, ne “Manuale di Storia delle Religioni”, op. cit. p. 558.

[91] Cfr. sullo Sciamanesimo soprattutto M. Eliade, “Lo sciamanismo e le tecniche dell’estasi”, ed. Mediterranee, Roma 1988; e Idem, “Storia delle credenze e delle idee religiose”, vol. III, Firenze 1983, cap. XXXI; e N. Drury, “The Elements of Shamanism”, Element Books, London, 1991.

[92] Cfr. A proposito l’opera di  H. Kalweit, “Guaritori, Sciamani e Stregoni”, Astrolabio, Roma, 1996.

[93] Sottolineo fin da adesso l’importanza della collettività nello sciamanesimo tradizionale, contrariamente all’individualismo soggiacente alla cultura attuale, come già criticato in precedenza.

[94] Interessante è in questo caso il lavoro di H. A. Senn, “Jungian Shamanism”, “Journal of Psychoactive Drugs”, 21, 1, pp. 113-121.

[95] Cfr. su questo punto l’opera del fisico F. Capra “Il punto di svolta”, Feltrinelli, Milano, 1990 e “Il Tao della Fisica”, Adelphi, Milano, 1988, riguardo il nuovo percorso della scienza fisica proposta e fatta propria dal New Age.

[96] Cfr. nota 81, rimando solamente al grandioso studio riassuntivo di Eliade perché le fonti storiografiche del 1900 sullo sciamanesimo sono troppe ed in questa sede non ci interessano.

[97] A proposito si vedano le pagine di M. Eliade in “Lo sciamanismo e le tecniche arcaiche dell’estasi”, op. cit., pp. 42-52.

[98] Cfr. B. Dobroczynski, “New Age. Il pensiero di una “nuova era”, Mondadori, Milano, 1997, pp. 37-55.

[99] È giusto ricordare  che gli scritti  di Castaneda hanno generato molte polemiche (come anche la sua data di nascita e di morte) soprattutto fra gli antropologi, i quali, sulla base di pesanti critiche verso i suoi resoconti dei viaggi e delle località esplorate,  hanno messo in dubbio la veridicità dei fatti narrati e in particolare l’esistenza di don Juan come persona reale.

[100] S. Burton,  “Don Juan and the Sorcerer’s Apprentice”, “Time”, CVI, 1973, p. 30.

[101] L’articolo citato rivolgeva anche pesanti accuse a Castaneda: si avanzavano seri dubbi sull’autenticità dell’esperienza etnografica di Castaneda e sull’esistenza stessa del suo informatore. In parole povere Carlos veniva accusato di falso.

[102] Cfr. M. Bodo, “Leggere Castaneda: il volto enigmatico della nuova Antropologia religiosa”, “Conoscenza religiosa”, 3/4, 1982,  pp. 413-425.

[103] Cfr. su questo punto e sulla nascita del “Psychedelic movement” e i suoi rapporti col New Age, B. Dobroczynski, “New Age, il pensiero di una nuova era”, op. cit., pp. 42-47, e anche M. Introvigne, “Mistica della prosperità e religione del benessere tra new age e next age”, op. cit..

[104] Cfr. M. Introvigne, “Storia del New Age. 1962-1992.”, op. cit., pp. 60 e sg.

[105] “Siddharta” (1922) e “Il pellegrinaggio in Oriente” (1932).

[106] Questa cultura, come vedremo, è tuttora molto in auge negli ambienti new age, tanto che alcuni gruppi di Indiani d’America, hanno accusato questo movimento di aver estrapolato le loro tradizioni dal contesto d’origine a scopi prettamente commerciali. Per esempio il Takini Group Italia, organizzazione non-profit, legalmente costituita con sede a Brescia, a cui è stato affidato il compito di diffondere e migliorare la conoscenza della cultura del popolo Oglata Lahota, si propone di coadiuvare i Lakota, con la convinzione che debbano essere i nativi americani a dover parlare di se stessi, evitando di sostituirsi a loro.

[107] A. Huxley, “Le porte della percezione”, Mondadori, Milano, 1980.

[108] Cfr. M. Bodo, “Leggere Castaneda: il volto enigmatico della nuova Antropologia religiosa”, op. cit., pp. 414-415.

[109] C. Castaneda, “A scuola dallo stregone”, Astrolabio, Ubaldini Editore, Roma, 1970.

[110] C. Castaneda, “Una realtà separata”, Astrolabio, Ubaldini Editore, Roma, 1972.

[111] C. Castaneda,“Viaggio a Ixtlàn”, Astrolabio, Ubaldini Editore, Roma, 1973.

[112] C. Castaneda,“L’isola del Tonal”, Rizzoli, Milano, 1978; “Il secondo anello del potere”, Rizzoli, Milano, 1978.

[113] Cfr. anche l’opera successiva del 1981 di Castaneda “Il dono dell’aquila”, Rizzoli, Milano, 1983.

[114] Così cfr. C. Castaneda,“Il fuoco dal profondo”, Rizzoli, Milano, 1985, che riprenderà questi temi approfondendoli in maniera sistematica.

[115] C. Castaneda, “Il fuoco dal profondo”, op. cit., p. 109.

[116] C. Castaneda, “Il secondo anello del potere”, op. cit., pp. 193-195.

[117] C. Castaneda, “Il dono dell’aquila”, op. cit., pp. 134-138.

[118] Don Juan definisce questa tecnica come la chiave del mondo degli stregoni, “L’isola del Tonal”, op. cit., p. 234

[119] Cfr. C. Castaneda, “L’Arte del sognare”, Rizzoli, Milano, 1993.

[120] Cfr per esempio R. De Mille, “The don Juan papers: Further Castaneda controversies.”, Ross-Erikson, Santa Barbara, 1980.

[121] Cfr. A proposito  A. Bianchi, “Piante, droghe e sciamani”, Colibrì, Milano, 1990.

[122] Cfr. G. Camilla, “Allucinogeni vegetali. Culto antico e moderno uso ricreazionale”, Edizioni del Cortile, Torino, 1982, pp. 57ss.

[123] Cfr. a proposito I. M. Lewis, “Le religioni estatiche”, Ubaldini Editore, Roma, 1972, p.22.

[124] Cfr. su questo punto A. N. Terrin, “New age, la religiosità del postmoderno”, op. cit., pp. 75-78.

[125] Cfr. J. F. Mayer, “Le nuove sette”, Marietti, Genova, 1987 e M. Introvigne, “Le nuove religioni”, SugarCo, Milano, 1989.

[126] Ho già citato precedentemente la proposta di G. Filoramo, e aggiungo per completezza anche W. J. Hanegraaff, “The problem of ‘post-gnostic’ Gnosticism”, in U. Bianchi (a cura di) “Religion in comparative research”, Roma, 1992, pp. 625-632; C. Labrecque, “Le sette e la gnosi. Una sfida per la Chiesa”, Milano, 1987; A. Lolli, “Considerazioni storiografiche sul concetto di “gnosi” e la sua fruibilità scientifica”, in “Sette e Religioni”, 1/3 , 1991 pp. 430-454.

[127] Cfr. sulla concezione di Dio nel New age, B. Dobroczynski, “New age. Il pensiero di una nuova era”, op. cit.,  pp. 115-142.

[128] Si tratta della riscoperta della dimensione femminile e materna della divinità, spesso accompagnata da un revival di elementi propri della religiosità pagana. A questo aspetto è collegato anche il mondo della stregoneria della Wicca. Cfr. per es. M. Introvigme, “Il cappello del mago”, SugarCo, Carnago 1990, pp. 334-336; J. Vernette, “Neopaganesimo”, in “Sette e Religioni”, 1992, pp. 65-72.

[129] Per esempio l’ecosofia, così come molti movimenti impegnati nella difesa dell’ambiente. Interessanti a riguardo sono le riflessioni di G. Filoramo, “Esoterismo e scienza: il caso di Ecologia profonda, in “Figure del Sacro”, op cit., pp. 295-314 e C. Maccari “La mistica cosmica  del new age”, in “Religioni e Sette nel mondo”, 2/2, 1996, pp. 16-36.

[130] Cfr. A proposito dell’influenza di C. Castaneda e M. Harner, D. Vazeilles, “Lo sciamanesimo”, ed. Paoline, Cinisello Balsamo (Mi), 1993.

[131] Cfr. di M. Harner, “The Way of the Shaman”, Bantam, New York, 1982.

[132] Ho tralasciato volutamente di dire (poiché in questa sede non interessa affatto) che le ricerche di Castaneda vengono salutate come lucido esempio della nuova “osservazione partecipante” che l’antropologia psichedelica intende proporre nel volume di M. Harner (a cura di) “Hallucinogens and Shamanism”, Londra, 1973. Quest’opera, come sottolinea lo stesso Harner, costituisce uno dei primi tentativi di raccogliere resoconti di ricerche sul terreno condotte da antropologi che hanno partecipato attivamente a feste e cerimoniali ingerendo essi stessi droghe e allucinogeni.

Per una discussione del contributo che può dare lo studio di stati di trance prodotti da allucinogeni all’analisi dell’esperienza religiosa nelle sue varie forme cfr. AA:VV: “Religious Experience. Its Nature and Function in Human Psyche” (“The First John G. Finch Symposium on Psychology and Religion”), Springfield, 1973.

[133] Cfr. a proposito J. M. Atkinson, “Shamanism Today”, “Annual Review of Anthropology”, 21, 1992,  pp. 307-330.

[134] A. N. Terrin, “New Age, la religiosità del postmoderno”, op. cit.,  p.196.

[135] Il corsivo è mio.

[136] M. Harner, “The Way of the Shaman”, op. cit., p 78.

[137] L. Andrews, “Teachings around the Sacred Wheel. Finding the Soul of Dreamtime”, Harper & Row Publisher, San Francisco, 1990. (Qui siamo in presenza di un vero e proprio sciamanesimo psicoterapeutico).

[138] Cfr. N. Drury, “The Elements of Shamanism”, Element Books, London, 1991, pp. 93ss. Molto interessante è, a proposito di Lynn Andrews, il sito internet di presentazione dei suoi insegnamenti, http://www.lynnandrews.com, in gran parte simili a quelli castanediani.

[139] È il già citato Centro Studi Sulle Nuove Religioni di Torino, in Via Juvarra 20.

[140] Mi riferisco soprattutto a “Shaman’s Drum”, rivista americana specializzata sullo “sciamanesimo esperienziale”.

[141] A. N. Terrin, “New age, la religiosità del postmoderno”, (cap. “Sciamanismo. Il viaggio mistico nell’aldilà e l’arte di saper guarire”), op. cit., p. 203-204.

[142] F. Donner, “Shabono”, Mondadori, Milano, 1984.

[143] F. Lamb, “Wizard of the Upper Amazon”, North Atlantic Book, Berkeley, 1974.

[144] M. Harner, “The Way of the Shaman”,  op. cit.,  p.97.

[145] Cfr. A proposito C. L. Albanese, “Nature Religion in America: From the Algonkian Indians to the New Age”, University Press, Chicago, 1990, pp. 153 ss.

[146] G. Filoramo,  “Millenarismo e New Age.Apocalisse e religiosità alternativa”, op. cit.,  p. 65.

[147] Cfr. H. Zinser, “Schamanismus im “new age”. Zur Wiederkehr schamanistischer Praktiken und Seances in Europa“, in Zwischen den Zeiten. Der New Age in der Diskussion, a cura di M. Pilger – S. Rink, Diagonal Verlag, Marburg, 1989, pp. 63-71. (Documento presente al Cesnur, con relativa traduzione in italiano nei fascicoli riguardanti il Neosciamanesimo).

[148] Cfr. a proposito M. Eliade, “Lo sciamanismo e le tecniche dell’estasi”, op. cit.,  pp. 46 ss

[149] Idem. Pp. 103 ss.

[150] Le citazioni in questo senso di Don Juan nell’opera di Castaneda si sprecano.

[151] Cfr. soprattutto C. Castaneda, “A scuola dallo stregone”, op. cit.

[152] Interessante a proposito è il messaggio espresso da C. Castaneda ne “L’arte del sognare”, op. cit., ove siamo noi che abbiamo la possibilità di crearci i nostri sogni, dirigerli consapevolmente ed essere un unicum con la nostra percezione.

[153] Cfr. M. Eliade, “Lo sciamanesimo e le tecniche dell’estasi”, op. cit.,  pp. 118 ss.

[154] Cfr. J. Halifax, “Lo sciamanesimo e l’origine del sacro”, “Conoscenza religiosa”, 3-4, 1982, pp. 227-255.

[155] Cfr a proposito le tesi di G. Devereux, “Saggi di etnopsichiatria generale”, Armando, Roma 1978, I. M. Lewis, “Le religioni estatiche”, Ubaldini, Roma, 1972,  E. Bourguignon, “A Framework for the comparative study of altered states of consciousness”, in “Religion, Altered States of Consciousness and Social Change”, a cura di E. Bourguignon, State University Press, Ohio, 1989,  pp. 3-38.

[156] J. Sudbrack, “La nuova religiosità. Una sfida per i cristiani”, Queriniana, Brescia, 1988,  p. 143.

[157] Cfr. E. Gruber, “Trance-Formation. Schamanismus und die Auflosung der Ordnung”, Basilea, 1982, p. 36. Id. “Traum, Trance und Tod. Aus der geheimnisvollen Welt der Schamanen. Einfuhrung und Erfahrungsbericht”, Friburgo, 1985 (nota ripresa da J.Sudbrack, “La nuova religiosità. Una sfida per i cristiani”, op. cit., p.144).

[158] J. Sudbrack, “La nuova religiosità. Una sfida per i cristiani”, op. cit., pp. 143-144.

[159] Idem, p. 145.

[160] Idem, p.145.

[161] S. Grof, “Oltre il cervello”, Cittadella editrice, Assisi, 1988.

[162] Cfr. Cap. 3, par. 3.1 di questo lavoro.

[163] J. Lovelock, “Le nuove età di Gaia”, Bollati Boringhieri, Torino, 1991.

[164] J. Halifax, “The fruitful darkness”, Harper, San Francisco, 1993 e “Lo sciamanesimo e l’origine del sacro”, “Conoscenza religiosa”, 3-4, 1982, pp. 227-255

[165] Cfr. su questo punto D. Vazeilles, “Lo sciamanesimo”, ed. Paoline, Cinisello Balsamo (Mi), 1993.

[166] Cfr. F. Donner, “Essere nel sogno. Una iniziazione al mondo degli stregoni”,  ed. il Punto d’Incontro, Vicenza, 1993.

[167] Cfr. T. Abelar, “Il passaggio degli stregoni”, con prefazione di C. Castaneda, ed. il Punto d’Incontro, Vicenza, 1996.

[168] Cfr. C. Fort, “Conversazioni con Castaneda”, ed. Il punto d’Incontro, Vicenza, 1994.

[169] Cfr. L’introduzione di questo lavoro.

[170] Cfr. per un inquadramento storico generale, A. Lòpez Austin, “La religione della Mesoamerica”, in G. Filoramo (a cura di), “Storia delle religioni”, Laterza, Roma-Bari, 1997,  pp. 5-75.

[171] Basta dare un’occhiata alla rivista “Shaman’s Drum”, citata precedentemente.

[172] Cfr. per il termine  “signore della dualità”  P. Scarpi,  “Le grandi religioni dell’America precolombiana”, in G. Filoramo, M. Massenzio, M. Raveri, P. Scarpi, “Manuale di Storia delle Religioni”, op. cit. pp. 140-142.

[173] Per le opere di C. Castaneda rimando all’introduzione e alle note del Cap. 2, par. 2.2 di questo lavoro.

[174] Tanto per chiarire: le idee espresse da Don Juan – personaggio inventato oppure “reale” – rappresentano la  proposta e la visione data Castaneda al mondo Occidentale, quindi ho deciso di non fare differenza alcuna citando in maniera equivalente ora il “maestro” ora il  “discepolo”.

[175] Cfr. Cap. 2, par. 2.2.

[176] Cfr. C. Castaneda, “L’isola del Tonal”, op. cit., soprattutto la seconda parte.

[177] E. Zolla, “I letterati e lo sciamano, l’indiano nella letteratura americana dalle origini al 1988”, B. Dubant, M. Marguerie, “Castaneda, la via del guerriero”, i libri del Graal, Roma, 1992, p. 19.

[178] C. Castaneda, “L’isola del Tonal”, op. cit., p. 246.

[179] Cfr. Cap. 2, par. 2.2, e  “Viaggio a Ixtlàn”, op. cit., pp. 195 ss.

[180] C. Castaneda, “L’isola del Tonal”, op. cit., p. 192.

[181] Si tratta di un’idea che i newagers si sforzano superficialmente di mettere in accordo con le ultime teorie della fisica moderna. In particolare si rifanno all’opera di F. Capra, “Il Tao della Fisica”, op.cit.

[182] La Via del Guerriero rappresenta nei testi di Castaneda la strada che deve percorrere l’uomo, combattendo contro i suoi nemici veri o immaginari, per giungere alla verità, alla consapevolezza, all’arte dello sciamano. Essa è una lotta contro i limiti personali, contro le forze del suo destino come uomo comune, per la sua libertà, la sua armonia, la sua forza /potere interiore e soprattutto per la vera conoscenza.

[183] Come leggiamo in “Viaggio a Ixtlan”, op. cit., p. 149: “L’uomo è soltanto la somma del suo potere personale…”

[184] Cfr. C. Castaneda, “Il fuoco dal profondo”, op. cit.,  parte iniziale, che comincia dal tema della lotta contro i tirannelli che la vita ci infligge, da cui si può passare a capire che il mondo degli oggetti esterni non esiste, ma sussiste invece un insieme di campi di energia facenti capo a ciò che don Juan denomina “l’Aquila”.

[185] C. Castaneda, “L’arte del sognare”, op. cit.,  p. 121.

[186] Cfr. su questo punto, a proposito dei paragoni con altre tradizioni religiose, dallo yoga balinese, al taoismo e ai senoi australiani, E. Zolla, “I letterati  e lo sciamano, l’indiano nella letteratura americana dalle origini al 1988”, op. cit., pp. 34-36.

[187] Cfr. C. Castaneda, “Il dono dell’Aquila”, op. cit.

[188] C. Castaneda, “Il fuoco dal profondo”, p. 152.

[189] Cfr. a proposito C. Castaneda,“Una realtà separata”, op. cit..

[190] C. Castaneda, “Il fuoco dal profondo”, op. cit., p. 52.

[191] Idem, p. 157.

[192] Oltre a Don Juan, infatti, sembra che Castaneda abbia conosciuto anche altri apprendisti stregoni/streghe del posto, Don Genaro, la Gorda e le sue sorelline, Pablito, Catilina…e altri di minore importanza.

[193] C. Castaneda, “Il fuoco dal profondo”, op. cit., p. 58.

[194] Il punto d’unione è citato praticamente in tutte le opere di Castaneda. Qui mi riferisco comunque a “Il fuoco dal profondo”, op. cit., p. 109 ss.

[195] C. Castaneda, “Il fuoco dal profondo”, op. cit., p. 154.

[196] C. Castaneda, “Il dono dell’Aquila”, op. cit., p. 309.

[197] C. Castaneda, “Il fuoco dal profondo”, op. cit., p. 52.

[198] Importante a proposito è anche il concetto di  “ intento”, definito da Castaneda come “ la forza diffusa che ci mette in grado di percepire. Noi non acquistiamo consapevolezza perché percepiamo, bensì riusciamo a percepire in conseguenza dell’intrusione e del peso dell’intento. (C. Castaneda, “Il potere del silenzio”, op. cit., p. 13).

[199] Cfr. C. Castaneda, “Viaggio a Ixtlàn”,  pp. 10 ss.

[200] C. Castaneda,  “L’isola del Tonal” , op. cit., p. 324.

[201] Cfr. C. Castaneda, “Viaggio a Ixtlàn”, op. cit., p. 195.

[202] Idem, p. 196.

[203] Cfr.Cap. 2, par. 2.2. La descrizione ordinaria del mondo, afferma Don Juan, ci costringe a comportarci sempre secondo le sue indicazioni, quindi tutte le nostre azioni emanano dalla descrizione e a loro volta la convalidano. Qualsiasi tipo di azione che non sia coerente con la nostra descrizione del mondo o di noi stessi, costituisce il non-fare della persona.

[204] Nell’ambito del network delle terapie alternative “vicine” alle tecniche del neosciamanesimo castanediano così considerato, reputo interessante qui citare molto brevemente Marylin Ferguson, nata nel 1938 e tuttora vivente. Nel 1980 scrisse il libro “The Acquarian Conspirancy. Personal and Social Transformation in Our Time”,  ritenuto uno dei testi fondamentali del New Age. Appassionata di terapie alternative e Meditazione Trascendentale, l’autrice, sostiene che le diverse tecniche transpersonali e alternative hanno il loro focus tra mente e cervello. La Ferguson sostanzialmente spiega come, “castanediamente”, attraverso il tentativo di armonizzare i due emisferi del cervello, il lato destro e il lato sinistro, con l’ausilio di tecniche estatiche e di trascendimento della mente adeguate, l’uomo accederà ad una trasformazione personale della coscienza, passaggio che porterà, successivamente, ad una trasformazione collettiva. Questo mutamento avverrà, a parere della Ferguson, grazie all’avvento di una nuova era di amore e di luce, la “New Age”, l’Era dell’Acquario, che porterà alla nascita di un nuovo paradigma – l’autrice fa propria, ampliandone la portata, la teoria delle rivoluzioni scientifiche di Thomas Kuhn, formulata nel 1962, secondo cui, in certe epoche non si assiste ad un mutamento di singole teorie, ma ad un  sostanziale  mutamento del paradigma globale che regge la scienza.

(È attualmente in auge tra gli studiosi italiani del fenomeno, distinguere due versioni del New Age. La New Age come astrostoria, facente riferimento alla Teosofia e alla teoria astrologica di Paul Le Cour, tipicamente europea, e il New Age come nuovo paradigma. Questa seconda versione, tipicamente americana, fa riferimento principalmente a M. Ferguson e a F. Capra. L. Berzano, “New Age”, Il Mulino, Bologna 1999, pp. 25-39).

 

[205] C. Castaneda, “Il fuoco dal profondo”, op. cit., p. 28.

[206] Cfr. C. Castaneda, “Viaggio a Ixtlàn”, pp. 149 ss.

[207] Cfr. C. Castaneda, “Il dono dell’aquila”, pp. 280 ss.

[208] Idem, p. 279.

[209] Cfr. I quattro modi dell’agguato, C. Castaneda, “Il potere del silenzio”, op. cit., pp. 87-103.

[210] Cfr. C. Castaneda, “L’isola del Tonal”, op. cit., pp. 234 ss.

[211] Così come in altre tradizioni religiose anche qui è essenziale il metodo di respirazione finalizzato al  controllo delle proprie funzioni.

[212] Cfr. C. Castaneda, “Il fuoco dal profondo”, op. cit., pp. 25-45.

[213] Cfr. C. Castaneda, “L’isola del Tonal”, op. cit., p. 313.

[214] C. Castaneda, “Il fuoco dal profondo”, op. cit., p. 29.

[215] Idem, pp. 28 ss

[216] Cfr. C. Castaneda, “Il potere del silenzio”, op. cit., pp. 86 ss.

[217] Cfr. C. Castaneda, “A scuola dallo stregone”, op. cit., pp. 33-35

[218] C. Castaneda, “Viaggio a Ixtlàn”, op. cit., p. 36 ss.

[219] Idem, p. 87.

[220] Idem, p. 22.

[221] Idem, p. 27.

[222] Idem, p. 185.

[223] Idem, p. 75.

[224] C. Castaneda, “Il fuoco dal profondo”, op. cit., p. 28.

[225] Idem.

[226] Cfr. Cap. 4, par. 4.3 di questo lavoro.

[227] Cfr. C. Castaneda, “Viaggio a Ixtlàn”, p.159ss. La marcia di potere consiste, in termini generali, nella possibilità di spostarsi a gran velocità, utilizzando un’energia inusuale, senza dipendere dai sensi nel modo ordinario e senza che sia necessaria una conoscenza previa del terreno, anche in completa oscurità. Eseguendo la marcia di potere, afferma Don Juan, non è raro “sentire” di trasformarsi in qualche animale. Lo si sentirebbe nella respirazione, nella sicurezza degli spostamenti, nei suoni involontari che si emettono…

[228] Cfr. comunque C. Castaneda, “Il fuoco dal profondo”, op. cit., p. 154.

[229] C. Castaneda, “Il secondo anello del potere”, op. cit., p. 196.

[230] “Il Sognare” è quasi sempre sottolineato in corsivo anche nei libri di Castaneda.

[231] Don Juan definisce l’intento in vari modi; esso è sostanzialmente quel particolare tipo di concentrazione e volontà interiore che permette allo stregone di fissare la propria attenzione consapevole, in questo caso, nel sogno cosciente.

[232] Cfr. C. Castaneda, “Viaggio a Ixtlàn”, op. cit., pp. 145-146 e pp. 150-151.

[233] Cfr. C. Castaneda, “Il secondo anello del potere”, op. cit., pp. 270-274.

[234] Infatti uno degli aspetti “new age” più ripresi dell’opera castanediana è proprio questo, in cui il sognare viene visto come estremamente utile per la vita dell’uomo,  reciproco con l’ambito della quotidianità (una sorta di terapia curativa).

[235] C. Castaneda, “L’isola del Tonal”, op. cit., p. 343.

[236] Idem, pp. 344-345.

[237] Cfr. C. Castaneda, “Il dono dell’aquila”, op.cit., pp. 138-139.

[238] Don Juan afferma anche che uno dei vantaggi del non-fare del sogno è che, durante i sogni, il punto d’unione si sposta  in  modo  naturale  dalla  sua  posizione  abituale; per questo che, secondo lui,  risulta molto più facile portarlo verso posizioni non abituali.

[239] Cfr. C. Castaneda, “Il secondo anello del potere”, op. cit., pp. 270-274; c’è qui anche una presentazione di Castaneda di una tecnica particolare da compiere nella realtà “normale”: l’osservazione di oggetti specifici da dover “ritrovare volontariamente” nel sognare.

[240] Cfr. C. Castaneda, “Viaggio a Ixtlàn”, op. cit., pp. 99 ss.

[241] In tutta l’opera di Castaneda troviamo inoltre molti suggerimenti “tecnici” il cui scopo è quello di ottenere le migliori condizioni per l’esercizio del sognare: dormire con una cuffia o una fascia intorno alla testa, concentrarsi prima di dormire sulla punta dello sterno – Don Juan dice che è da lì che emanerebbe l’attenzione specifica del sognare -, addormentarsi seduti in una culla stretta, massaggiarsi i polpacci, evitare di dormire in luoghi ampi o pianeggianti, preferire sempre le ore iniziali o finali del sonno, le migliori per sognare (Cfr. C. Castaneda, “Il dono dell’aquila”, op. cit., pp. 139-141 e 250-256).

[242] Cfr. C. Castaneda, “L’arte di sognare”, op. cit.,  pp. 32-46.

[243] Idem.

[244] Cfr. C. Castaneda, “L’arte di sognare”, op. cit.,  pp. 55-56.

[245] Molto interessante a mio parere in questo caso l’analogia con le terapie junghiane assai riprese dal New Age: “Il procedimento utilizzato dagli analisti junghiani è l’amplificazione che consiste nel richiedere al soggetto di intrattenersi sul proprio sogno, fornendo le sue impressioni su di esso, arricchendolo con altre immagini e simboli, illuminando così i temi onirici in tutte le loro sfumature di possibili significati, riuscendo a utilizzare anche l’immaginazione attiva che porta il paziente a entrare da sveglio nello stato mentale del sogno, seguendo spontaneamente le fantasie, le immagini e i simboli che ne emergono”. (G. Perfetto, “Dossier l’arte di dormire”, in “Essere & Benessere”, Ottobre 1998, pp. 66-82).

[246] Cfr. C. Castaneda, “Il dono dell’aquila”, op.cit., pp. 56 ss.

[247] Idem, pp. 130 ss.

[248] In questo caso il testo “sacro” per eccellenza ripreso dal New Age nell’ambito dell’opera castanediana è sicuramente C. Castaneda, “The Art of Dreaming”, Harper Collins Publishers, Inc., New York, 1993; (trad. it. “L’Arte di Sognare”, op. cit.).

[249] Cfr. E. Zolla, “I letterati e lo sciamano, l’indiano nella letteratura americana dalle origini al 1988”,  Marsilio Editori, Venezia, 1990.

[250] Cfr. Per il termine “sogno lucido”, Stephen La Berge, “Lucid Dreaming”, Jeremy P. Tarcher, Los Angeles, 1985.

[251] E. Zolla, “Il ruolo pedagogico di Castaneda”, pres. Nel “Saggio Introduttivo” a B. Dubant, M. Marguerie, “Castaneda, la via del guerriero”, ed. Libri del Graal, Roma 1992,  p. 32.

[252] Cfr. a proposito: W. Dement, “Report IV (B): Comments to Report VI”, da Lairy, G. C., e Salzarilo, “The experimental study of human sleep: methodological problems”, Elsevier, Amsterdam, 1975, p. 286-289; E. Aserinsky e N. Kleitman, “Regularly occurring periods of eye motility and concomitant phenomena during sleep”, “Science”, 118, 1953,  pp. 273-275.

[253] Green, C., “The decline and fall of Science”, Hamish Hamilton, London, 1976, pp. 110-111.

[254] Green, C., “Sogni lucidi”, ed. Mediterranee, Roma, 1998.

[255] Green,C., “The decline and fall of Science”, Hamish Hamilton, London, 1976, p. 109.

[256] Tart, C., “Altered States of Consciousness”, E. P. Dutton, New York, 1975.

[257] Garfield, P., “Creative Dreaming”, Ballantine Books, New York, 1974.

[258] Faraday, A., “The Dream Game”, Harper & Row, New York, 1976, p. 263.

[259] Hartmann, E., “Dreams and other Hallucinations: an approach to the underlyng meccanism”, da Siegal, R. K. and West, L. J., a cura di, “Hallucinations”, John Wiley & Sons, 1975, p. 74.

[260] Berger, R., “The circularity of experience”, W. H. Freeman & Co., San Francisco, 1977, p.121.

[261] Dement, W., “Report IV (B): Comments to Report VI”, da Lairy, G. C., e Salzarilo, P., “The experimental study of human sleep: methodological problems”, op. cit., p. 290.

[262] Rechtschaffen, A., “The single-mindedness and isolation of dreams”, “Sleep” 1, 1978, pp. 97-109.

[263] La Berge, S. e Dement, W. C.,“Psychological parallelism in lucid dreams“ da Ahsen, A.; Dolan, A. T.; e Jordan C. S. a cura di, “Handbook of imagery research and practice”, Brandon House, New York, 1985.

[264] La Berge, S., “Sogni Coscienti”, Armenia editore, Milano, 1985, pp. 74-86.

[265] Cfr. a proposito anche F. Speziale, “Sogni lucidi”, ed. Il punto d’incontro, Vicenza, 1999, p. 48.

[266]Cfr. anche  Norbu, N., “Lo yoga tibetano del sogno e la pratica della luce naturale”, Ubaldini, Roma, 1993.

[267] Hearne, K. M., “Lucid dream induction”, “Journal of Mental Imagery”, 1983 Spr, Vol 7(1), pp. 19-23; e Moss, K., “Performing the light-switch task in lucid dreams: A case study”, “Journal of Mental Imagery”, 1989 Sum, Vol 13(2), pp. 135-137.

[268] Sebbene non sia stato inventato, fino ad ora, nessuno strumento che garantisca a tutti di raggiungere e ottenere il successo sperato nella pratica dei sogni lucidi, sono stati progettati dei dispositivi elettronici che ne agevolano sensibilmente l’induzione, quali il “NovaDreamer” e il “SuperNovaDreamer”. In Italia è l’Istituto di ricerca per il sogno lucido (con sede a Gorizia, associato al Lucidity Institute di La Berge) che rende disponibili questi mezzi, opera le ricerche su questo campo e ne cura la divulgazione a livello scientifico. (Cfr. http://www.sogni.org)

[269] Cfr. A. Oliverio (direttore dell’Istituto di Psicobiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche), in “Tutta la vita in una notte”, “Newton”, n. 4, Aprile 2000, p. 26.

[270] Idem, pp. 26-27.

[271] C. Castaneda, “Viaggio a Ixtlan”, op. cit., p. 98.

[272] C. Castaneda, “Il secondo anello del potere”, op. cit., p. 151.

[273] C. Castaneda, “L’isola del Tonal”, op. cit., p. 124.

[274] Il corsivo è mio.

[275] E. Zolla, “Il ruolo pedagogico di Castaneda”, op.cit., pp. 32-33.

[276] Idem, p. 33.

[277] Cfr. C. Castaneda, “L’arte di sognare”, op. cit., pp. 65-66.

[278] E. Zolla, “I letterati e lo sciamano, l’indiano nella letteratura americana dalle origini al 1988”, op. cit., p. 34.

[279] Cfr. K. J. Gergen, “The Saturated Self. Dilemmas of Identity in Contemporary Life”, Basic Books, New York, 1991; T. Peters, “The Cosmic Self: A penetrating Look at Today’s New Age Movements”, Harper’s, San Francisco, 1991; G. Filoramo, “Le vie del sacro. Religione e Modernità”, Einaudi, Torino, 1994, pp. 37 ss. e “Millenarismo e New Age. Apocalisse e religiosità alternativa”, op. cit., pp. 59-80.; P. L. Berger, “Una gloria remota. Aver fede nell’epoca del pluralismo”, Il Mulino, Bologna, 1994; F. Champion, “Religieux flottant, èclectisme et syncrètismes”, op. cit, pp. 742-772; A. N. Terrin, “New Age, la religiosità del postmoderno”, op. cit., pp. 177-207.

[280] Mi riferisco soprattutto alla figura, in questo lavoro più volte ripresa apposta,  di don Juan.

[281] Cfr. J. Vernette, “L’avventura spirituale dei figli dell’Acquario”, in “Religioni e Sette nel mondo”, 2/2, 1996, pp. 37-50; G. Filoramo, “Concezioni della salvezza nei “nuovi movimenti religiosi”, in “Religioni e società”, 6, 1988, pp. 27-41 e, “Esoterismo e scienza: il caso di Ecologia profonda” in Idem, “Figure del sacro”, op. cit., pp. 295-314; M. Introvigne, “I nuovi movimenti religiosi e le loro proposte terapeutiche”, in Fizzotti (a cura di), “Religione o Terapia?”, op. cit., pp. 37-54, e “Millenarismo e nuove religioni alle soglie del duemila. Mille e non più mille”, op. cit, pp. 151-183; E. Fizzotti, “Problemi e sfide della nuova religiosità: Cronache e commenti di studi religiosi 6: La religione tra natura e cultura”, SAS, Roma 1991, pp. 131-154; C. L. Albanese, “Nature Religion in America: From the Algonkian Indians to the New Age”, op. cit., pp. 155 ss.;

[282] Cfr. G. Filoramo, “Millenarismo e New Age. Apocalisse e religiosità alternativa”, op. cit., pp. 78-79.

[283] Cfr. C. Colpe, “Syncretism and Secularization: Complementary and Antithetical Trends in New Religious Movements?”, “History of Religions”, 17, 1977, pp. 158-176; G. Guizzardi, “Secolarizzazione: alcuni nodi essenziali”, in: (a cura di) Acquaviva e Guizzardi, “La secolarizzazione”, Bologna, 1973, pp. 23-50. B. Wilson, “Secularization: the inheredited Model”, in: Hammonds, Ph. E., (ed), “The sacred in a secular age”, Berkeley, Los Angeles, University of California Press, 1985.

[284] Cfr. nota 289.

[285] World Wide Web (W.W.W.),  ossia la grande ragnatela mondiale.

[286] Cfr. A proposito del rapporto fra mnemotecnica e Internet M. Nacci (docente di Storia del pensiero politico all’Università dell’Aquila), “Un clic e sei subito in  paradiso”, “Avvenire”, 30 Gennaio 2000, p. 21.

[287] Igor Sibaldi, per esempio, autore di “I maestri invisibili. Come incontrare gli spiriti guida”,  e l’ormai famosa medium Rosemary Altea che spopola anche su Internet.

[288] A proposito di Hulkrantz e H. P. Duerr, J. Sudbrack, “La nuova religiosità. Una sfida per i cristiani”, op. cit., pp. 138 ss.

[289] Cfr. “Padre Nostro che Sei nei Cieli”, a cura di G. Burrini e A. Gallerano, Bompiani, Milano, 1998, pp. 35-45.

[290] Fra gli stati “altri” di coscienza, che in questi anni sono stati studiati scientificamente vi sono ad esempio: l’ebbrezza da droga e da alcool, le visioni ESP, gli stati di trance dei medium, l’esperienza della quasi-morte, il digiuno e la meditazione, i sogni guidati e la deprivazione sensoriale.

[291] Spesso affiancate in un curioso mixage ad altre svariate forme di meditazione e di trance: dallo yoga al satori dello zen, alle tecniche di trance dei druidi, dei sufi, dei buddhisti tibetani, alle varie forme di candomblè e di macumba tipiche del mondo religioso afrobrasiliano contemporaneo.

[292] Cfr. M. Eliade, “Lo sciamanismo e le tecniche dell’estasi”, op. cit.; H. Jeanmaire, “Dioniso”, Boringhieri, Torino 1972; G. Rouget, “Musica e trance. I rapporti fra la musica e i fenomeni di possessione”, Einaudi, Torino 1986; I. M. Lewis, “Le religioni estatiche”, Ubaldini, Roma, 1972.

[293] “Il sincretismo si può definire la religione fai-da-te. Una religione puzzle, di cui ciascuno sceglie le tessere che preferisce e le combina a suo gusto”. C. Fiore, “Tempo di sincretismi”, ed. Elle Di Ci, Leumann (To), 1996, pp. 4.

[294] Ho sommato approssimativamente il numero di volte in cui compare il termine “new age” all’inizio di ogni ricerca nei differenti motori di ricerca italiani.

[295] Nuovi Movimenti Religiosi

[296] Osho Bhagwan Shree Rajneesh (1931-1990), nel 1989 abbandona il nome “Bhagwan Shree”, in quanto in India conserva ancora il significato di “Dio”. Osho è considerato uno dei maestri della dimensione meditativa della ricerca interiore: “Anche in passato, i Maestri ricorrevano a stratagemmi improvvisi per spezzare il sonno della coscienza. Tecniche e metodi sono sempre esistiti in quanto il semplice click che porta a intuire ciò che siamo, esula da tutto ciò che siamo di noi stessi  e della vita. Oggi però occorre fare i conti con qualcosa di nuovo, di insolito: noi siamo uomini fortemente slegati dal ritmo dell’universo, dal naturale silenzio della natura. La mia esperienza dell’uomo moderno mi conferma che la cosa per lui più difficile è sedersi senza far nulla. Per questo devo escogitare vie e metodi nuovi, in grado di indurvi al silenzio”. Osho Rajneesh, “Iniziazione alla meditazione”, trad. it. di Swami Ananda Videdha, ed. Mediterranee, Roma, 1999, p. 9; per una trattazione del pensiero di Osho, rimando ad A. N. Terrin, “Nuove Religioni”, Morcelliana, Brescia, 1985, pp. 69-98.

[297] Sai Baba (1926), è un famoso guru indiano ripescato dal New Age di oggi. Ha molti seguaci in India e ormai un po’ in tutto il mondo e vive a Putthaparti, il  piccolo villaggio indiano dove è nato, meta ormai  di continui pellegrinaggi. È considerato dai suoi seguaci un dio vivente e predica un insegnamento semplice, che può essere accettato da chiunque anche senza aderire all’induismo.

[298] Cfr. C. Castaneda, “Tensegrità”, Rizzoli, Milano 1998.

[299] Ho avuto la possibilità di intervistare a proposito alcuni praticanti castanediani della Cleargreen di Torino, contattandoli tramite posta elettronica all’indirizzo teleia@hotmail.com, constatando effettivamente, a parte la cieca fede negli insegnamenti trasmessi da don Juan, la verità di tali affermazioni e del metodo seguito.

[300] Per esempio hanno annunciato l’uscita di un nuovo libro di Castaneda tradotto in italiano, “La Ruota del Tempo”, Rizzoli, Milano 1999 (senza ovviamente neanche accennare al dibattito in corso sull’autenticità del lavoro).

[301] Cfr.di V. Sanchez, “I toltechi del nuovo millennio”, ed. Amrita, Giaveno (To), 1999.

IL SACRO TERAPEUTICO-SCIAMANICO TRA NEW AGE E NEXT AGEultima modifica: 2018-03-24T13:18:26+01:00da mikeplato
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