LA CONOSCENZA DEI PENSIERI SATANICI CHE AFFIORANO ALLA COSCIENZA

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di Ibn Arabi

Se Allâh ci facesse conoscere le saggezze che si trovano in essa vedrei che la realtà è troppo elevata per essere alla portata del pensiero e delle aspirazioni (himam). Essa è tanto sottile che neppure le Somme delle Parole (jawami‘u-l-kalim) te la fanno vedere[1]!

I pensieri che si presentano alla coscienza (khawatir)[2] possono essere solo di quattro tipi: un pensiero di origine dominicale (rabbani), un pensiero di origine angelica (malakî), un pensiero originante dalla «nafs»[3] ed un pensiero di origine satanica; non ce ne sono altri.

Abbiamo già trattato della conoscenza dei pensieri che si presentano alla coscienza sia in questo che in altri nostri libri[4] ed in questo capitolo tratteremo in modo particolare dei pensieri di origine satanica.

Sappi che i demoni (shayatîn) sono di due tipi, uno non sensibile (ma’nawî) e uno sensibile (hissî)[5], e che a sua volta il tipo sensibile è suddiviso nel tipo umano e nel tipo dei «jinn».  Allah, il Potente e Maestoso, ha detto: « … i demoni degli uomini e dei jinn: alcuni di loro suggeriscono ad altri l’orpello retorico per trarre in inganno e se il tuo Signore avesse voluto non l’avrebbero fatto. Quindi abbandona loro e ciò che inventano!» (Cor. VI-112) definendoli quindi come la gente che inventa menzogne contro Allâh; e fra questi due si genera (hadatha) nell’uomo un demone non sensibile. Ciò vale a dire che i demoni degli uomini e dei jinn[6], quando uno di loro getta nel cuore dell’uomo qualcosa, non lo allontana con ciò da Allâh; talora vi getta qualcosa di specifico, cioè qualcosa che in se stesso è specificamente satanico, e talora vi getta qualcosa di generale e lo lascia. Ora, se si tratta di qualcosa di generale ciò gli apre in questo modo una via verso delle cose a cui né il demone dei jinn né quello umano avrebbero pensato: in questo caso è la «nafs» che approfondisce la conoscenza di ciò (tatafaqqaha fihi)[7] e che deduce da quegli argomenti speciosi (shubah) delle cose, che quando l’uomo le profferisce Iblîs impara da lui la trasgressione.

Questi aspetti che si schiudono alla sua coscienza riguardo a quella modalità (uslub) generale che inizialmente gli è stata presentata dal demone degli uomini o dal demone dei jinn, vengono chiamati demoni non sensibili, in quanto nessuno dei demoni degli uomini e dei jinn li conosce e mira ad essi in modo specifico. Di primo intento essi vogliono soltanto che gli si apra questa porta, sapendo che egli ha la capacità e l’acume di vagliare accuratamente questa cosa tanto che si producono in lui delle idee perniciose che non si riescono a respingere.

La ragione di questo fatto sta nel principio (asl) su cui si basa, in quanto l’uomo lo prende come buono e fa affidamento su di esso e continua ad approfondirne lo studio (tafaqquh) finché in questo modo non si scosta da quel principio. È questo l’iter che segue la gente dell’innovazione e delle tendenze eretiche (ahwâ’); i demoni ispirano loro un principio valido, di cui essi non dubitano, poi balenano a loro delle idee confuse (talbisât), per mancanza di comprensione, al punto che essi deviano. Ora, tutto questo, per quanto riguarda il principio, va attribuito al demonio, ma se sapessero che in queste questioni il demonio è loro allievo ed impara da loro!

Ciò è quanto mai evidente nella «Shi’ah», soprattutto negli Imâmiti: inizialmente i demoni dei jinn insinuarono loro l’amore per la «Gente della Casa»[8] (ahlu-l-bayti) e la dedizione per essa, ed essi quindi videro in ciò uno tra i modi più elevati per avvicinarsi ad Allâh. Cosi sarebbe se essi si fossero fermati a ciò e non vi avessero aggiunto altro; senonché essi dall’amore per la «Gente della Casa» sono passati a due diverse vie: c’è chi è passato ad odiare i Compagni e ad ingiuriarli, in quanto non attribuisce loro la precedenza, essendosi immaginato che la «Gente della Casa» fosse più degna di questo rango temporale[9], ed è a costoro che pertiene quanto è già noto e risaputo.

C’è poi un altro gruppo che all’ingiuria nei confronti dei Compagni ha aggiunto la critica (qadh) nei confronti dell’Inviato di Allâh, su di lui il Saluto e la Pace, di Gabriele, su di lui la Pace, e di Allâh, sia magnificata la Sua Maestà, perché essi non hanno designato in modo esplicito il loro rango (i.e. il rango della «Gente della Casa») e la loro precedenza nei riguardi del califfato per gli uomini, tanto che alcuni di questo gruppo hanno recitato: «Colui che ha inviato il “Fedele” (amîn) non è stato fedele!».

Tutto questo accade a partire da un principio valido, cioè l’amore per la «Gente della Casa», ma attraverso la loro riflessione sortisce corrotto: essi quindi deviano e fanno deviare!

Osserva ciò a cui conduce l’eccesso (ghuluww) nella vita tradizionale: esso li ha fatti uscire dal limite (hadd) e la cosa è girata all’opposto! L’Altissimo ha detto: «O Gente del Libro, non oltrepassate il giusto limite nella vostra tradizione e non seguite le tendenze eretiche di gente che già nel passato aveva deviato ed aveva fatto deviare molti e si era allontanata dalla giusta strada!» (Cor. V-77).

Ad un altro gruppo i demoni hanno gettato (nel loro cuore) un principio valido, di cui essi non dubitano, e cioè che il Profeta, su di lui il Saluto e la Pace, ha detto: «Chi stabilisce una buona regola, a lui spettano la ricompensa per essa e la ricompensa per coloro che vi si attengono!»; poi, dopo aver fatto sì che essi desiderassero agire secondo questo principio, i demoni li hanno lasciati[10].

Qualcuno di loro, per bramosia del bene, si è messo allora a pensare con il desiderio di ottenere le ricompense derivanti dall’agire in quel modo; dopo aver stabilito una buona regola ha avuto però paura che, attribuendola a se stesso, nessuno l’avrebbe accettata ed ha quindi inventato, per far sì che venisse accettata, un «hadîth» dell’Inviato di Allâh, su di lui il Saluto e la Pace, riguardo ad essa! Egli ha interpretato che tutto ciò rientrasse nel regime (hukm) del suo detto: «Chi stabilisce una buona regola…» ed ha quindi legittimato la menzogna nei confronti dell’Inviato di Allâh, su di lui il Saluto e la Pace, ed il fatto di affermare sulla sua autorità ciò che egli non aveva mai detto e che la sua lingua non aveva proferito: in tutto ciò egli ha visto un bene, poiché i principi lo sostenevano!

E quando l’angelo gli ha fatto sovvenire il pensiero (akhtara lahu) del detto del Profeta, su di lui il Saluto e la Pace: «Chi mente nei miei confronti in modo deliberato prenda posto nell’Inferno!», come pure il pensiero del suo detto: «Mentire su di me non è come mentire sugli altri: chi mente nei miei confronti in modo deliberato prenda posto nell’Inferno!», egli ha interpretato tutto ciò come qualcosa gettato in lui da Satana riguardo al primo pensiero che gli era sovvenuto e gli ha quindi risposto: «Ciò si applicherebbe a me se io incitassi alla deviazione, ma non ho fatto che stabilire una buona regola!». Costui sarà sicuramente ricompensato per aver stabilito una buona regola, ma sarà coperto da un velo (ma’zûr) per aver mentito nei confronti dell’Inviato di Allâh, su di lui il Saluto e la Pace, dichiarando che egli aveva sostenuto ciò che in realtà non aveva mai detto.

Analogamente se si tratta di qualcuno della gente che pratica ritiri spirituali e l’ascesi (riyâdât), costui sollecita la padronanza ancor prima che Allâh gli abbia aperto una delle porte della Sua servitu (‘ubudiyyah): egli è dunque legato alla via della veridicità (sidq), ma non si ferma neppure all’Inviato di Allâh; su di lui il Saluto e la Pace, come faceva il primo, bensì ricorre all’invenzione di menzogne nei confronti di Allâh, facendo risalire quanto egli stabilisce come regola ad Allâh stesso, l’Altissimo. Egli interpreta che «non c’è agente (fa‘il) se non Allâh!» e che Egli, l’Altissimo, è Colui che fa parlare i Suoi servitori: da quel momento egli diventa perciò Ash‘arita[11] e fatalista (majbûr).

Egli dice: «Tutto ciò è bene, giacché io non intendo altro che appoggiare quella buona regola e non vedo modo piu efficace per rafforzarla che farla risalire ad Allâh, l’Altissimo, essendo essa in realtà una creazione di Allâh, l’Altissimo, (creazione) che Egli ha fatto fluire sulla mia lingua!».

Tutto questo egli lo dice solo a se stesso e a nessun altro, e quando egli è con gli altri fa loro vedere  che ciò gli è giunto da parte di Allâh, per la stessa via per cui arriva agli Intimi di Allâh. E quando l’angelo gli fa sovvenire il pensiero del detto di Allâh, l’Altissimo: «…e chi è più iniquo di colui che inventa menzogne contro Allâh, o dice – mi è stato rivelato -mentre non gli è stato rivelato nulla, e di colui che dice – farò scendere qualcosa di simile a ciò che ha fatto scendere Allâh – ?» (Cor. VI-93) egli, congiunto con la sua «nafs», interpreta ciò dicendo: «Non è a me che è indirizzato questo versetto, bensì alla gente della pretesa (da‘wa), cioè a coloro che attribuiscono l’azione a loro stessi; infatti Egli ha detto “inventa”, attribuendo quindi l’atto di inventare a colui che asserisce (che l’azione è sua). Io invece sostengo che tutti gli atti appartengono ad Allâh, l’Altissimo, e non a me, e che quindi è Lui che parla tramite la mia lingua. Non vedi che il Profeta, su di lui il Saluto e la Pace, ha detto riguardo alla “salât”: “Invero Allâh dice tramite la lingua del Suo servitore: «Allah ascolta colui che Lo loda»”? Così è anche questo caso! Poi l’Altissimo ha detto: “mi è stato rivelato…”, attribuendo la frase a lui, come l’espressione “a me” (mi); ma chi sono io da poter dire “a me”, giacché è Allâh che parla e che ascolta? Poi l’Altissimo ha detto: “…farò scendere qualcosa di simile a ciò che ha fatto scendere Allâh…”; ma io non sostengo ciò, bensi sostengo che tutto ciò che discende viene da Allˆåh!». Quindi, riflettendo nella sua anima su tutto ciò, egli inventa una menzogna nei confronti di Allâh ed il male di questa sua azione gli viene abbellito, tanto che egli la vede come un bene.

È Satana che ha gettato in questi due gruppi questo principio, per loro valido, e lo ha lasciato presso di loro, ed alcuni hanno continuato a riflettere su di esso per mezzo dell’anima (nafs). Ora, se l’uomo non è consapevole dei suoi pensieri (khawâtir) e non sa distinguerli tanto da discriminare l’ispirazione (ilqâ’) di Satana, anche se riguardasse una cosa buona, dall’ispirazione dell’angelo e dell’anima e discernere tra di esse in modo corretto – e altrimenti (è bene) che non agisca -, allora non avrà mai successo! Invero Satana arriva ad ognuno per mezzo di ciò che prevale in lui: ciò che egli vuole dai pii (sâlihîn) è che essi non sappiano quando stanno ricevendo qualcosa da lui, e se essi lo ignorano e attribuiscono ciò che ricevono ad Allâh, non conoscendo per quale via ciò è arrivato a loro, è come se egli traesse soddisfazione da loro per questo grado d’ignoranza e sapesse che essi sono in suo potere. E Satana non cessa di sedurli nel loro agire bene, finché non riesce a far sì che essi prestino fede ai pensieri da lui suscitati, credendo che essi vengano da Allâh: in questo modo egli li toglie dalla loro vita tradizionale (dîn), cosi come il serpente perde la sua pelle. Non hai mai notato che la forma della pelle che si è persa è come la forma del serpente? Cosi è in questo caso!

Iblîs venne da Gesù, su di lui la Pace, nelle sembianze, esteriormente sensibili, di un vecchio: per Satana infatti non c’è accesso all’intimo dei Profeti[12], su di loro la Pace, e quindi tutti i loro pensieri (khawìatir) sono o di origine dominicale, o angelica o provenienti dalla «nafs». Non c’è fortuna per Satana nel loro cuore. Quanto agli Intimi nella scienza di Allâh che sono preservati, essi sono in questa situazione per quanto riguarda la protezione (‘ismah) da ciò che Satana getta (in loro), ma non per quanto riguarda la protezione dalla venuta di ciò in loro. Quindi l’Intimo che è sotto la Divina Provvidenza (al-mu‘tanan bihi) è preservato in base ad un segno (‘alâmah) da parte di Allâh riguardo a ciò che gli viene ispirato da Satana: la ragione di questa particolarità è che egli non è legiferante, mentre i Profeti lo sono ed è per questo che il loro intimo è reso inaccessibile (a Satana).

Disse dunque Iblîs a Gesù, su di lui la Pace: «O Gesù, di “non c’è Dio se non Allâh”», ed avrebbe tratto soddisfazione da lui se egli avesse obbedito anche solo in questa misura al suo comando. Ma Gesù, su di lui la Pace, rispose: «Lo dico, ma non perché tu hai detto “non c’è Dio se non Allah!”» e Satana tornò indietro scacciato. Da ciò capisci la differenza tra sapere una cosa ed aver fede in essa e capisci che la felicità sta nella fede; cioè se tu dici ciò che sai perché lo ha detto il tuo secondo Inviato che è Muhammad, su di lui il Saluto e la Pace, e non perché lo ha detto il tuo primo Inviato che è Mosè, su di lui la Pace, o per la tua scienza, allora ti sarà riconosciuta la fede e ti sarà accordata la felicità. E se dici ciò non perché lui lo ha detto, facendo però apparire che lo dici per questa ragione, allora sei un ipocrita.

Allâh, l’Altissimo ha detto: «O voi che credete…» (Cor. IV-I36) in riferimento alla Gente del Libro in quanto dicono ciò che dicono per l’ordine dato dal loro Profeta Gesù o Mosè, oppure a chicchessia della Gente della fede in uno dei Libri precedenti; per questo ha detto loro: «O voi che credete…» ed ha poi aggiunto: «…abbiate fede in Allah!», cioè dite «non c’è Dio se non Allâh», perché lo ha detto Muhammad, su di lui il Saluto e la Pace, e non perché lo sapevate o per la vostra fede nel vostro primo Profeta: cosi riunirete le due fedi ed avrete due ricompense!

Satana trae soddisfazione dall’uomo quando lo inganna in tal misura che egli non sa più discernere ciò che viene da parte di Allâh, in quanto effettivamente viene da parte di Allâh, né sa distinguere tra la via dell’angelo, quella dell’anima e quella del demonio[13]. Ma Allâh ti ha fatto avere un’indicazione con cui riconoscere le diverse categorie dei tuoi pensieri. Come fai a riconoscere i pensieri di origine satanica, quand’anche fossero di incitamento all’obbedienza? Per la mancanza di stabilità nella singola cosa e per la rapidità con cui si cambia dal pensiero di una certa cosa al pensiero di un’altra: invero Satana è avido (harîs) ed è stato creato dalla fiamma del fuoco e la fiamma è dotata di rapidi movimenti. Quindi il principio di Iblîs è l’assenza di permanenza in una certa condizione sin dall’origine della sua creazione, ed egli è conforme al suo principio; l’uomo invece è dotato di stabilità in quanto deriva dalla terra, che è umida e fredda, e quindi è stabile nella sua occupazione: analogamente i pensieri provenienti dalla «nafs» hanno una stabilità che né l’angelo, né il demonio riescono a scuotere.

Ciò che è strettamente connesso con il principio dei pensieri di origine satanica è ciò che è proibito (mahzhûr), sia in atto che in omissione, seguito poi da ciò che è biasimevole (makrûh), in atto o in omissione: il primo caso riguarda la maggioranza degli uomini, il secondo concerne soltanto gli adoratori (‘ubbâd). Talora, nei confronti dei principianti tra la Gente della Via di Allah, la connessione (dei pensieri di origine satanica) è con ciò che è lecito (mubah), e nei confronti di coloro che sono ai gradi intermedi tra la Gente di Allah, cioè i compagni dell’audizione (samâ‘), con ciò che è raccomandato (mandûb). Invero Satana accosta ognuno in base a ciò che prevale in lui, poiché è sapiente sui luoghi ove cadono l’inganno e la seduzione!

Ai conoscitori (‘arifûn) Satana si presenta con le cose che son obbligatorie (wâgibât) e non smette con loro fin quando essi non manifestano l’intenzione, con Allâh, di compiere uno degli atti di obbedienza (ta’ât): questo in realtà è un impegno (‘ahd) che il conoscitore prende con Allâh e quando Satana si è assicurato di ciò da parte sua, in quanto il conoscitore è fermamente deciso e non resta che compiere l’atto, allora Satana suscita in lui l’idea di un altro atto di adorazione, tradizionalmente preferibile al primo.

A questo punto il conoscitore vede che sta perdendo il suo tempo col primo atto e quindi lo lascia e comincia il secondo: e Iblîs si rallegra perché è riuscito a fargli rompere il patto con Allâh dopo che lo aveva contratto. Il conoscitore non sa nulla di tutto ciò, perché se sapesse dapprincipio che ciò viene da parte di Satana saprebbe anche come riceverlo e come resistergli, così come fece Gesù, su di lui la Pace, e come fanno tutti coloro che ne hanno piena conoscenza (mutamakkin) tra la Gente di Allâh, cioè tra gli eredi dei Profeti, poiché vedrebbe che, per quanto buoni, essi sono pensieri suscitati da Satana.

Analogamente Satana va dall’ipocrita della gente del Libro e gli dice: «Non sai che il tuo Profeta aveva già annunciato quest’uomo? Quindi già sapevi chi era lui, e la profezia li riunisce entrambi; perciò digli che lui è l’Inviato di Allâh perché l’ha detto il tuo Profeta, non perché l’ha detto lui, non essendoci differenza tra loro due!».

Allora l’ipocrita dice: «Invero tu sei l’Inviato di Allâh!», ma Allâh l’Altissimo li ha smentiti dicendo: «Quando vengono da te gli ipocriti essi dicono: noi testimoniamo che tu sei l’Inviato di Allâh…» (Cor. LXIII-1), secondo ciò che ha stabilito con loro Satana, ed ha aggiunto: «ed Allâh sa che tu sei il Suo Inviato ed Allâh testimonia che gli ipocriti dicono il falso» (Cor. ibidem), in quanto essi sostengono ciò perché tu l’hai detto, o Satana, non per ciò che sostengono, perché se il Corano avesse voluto dire questo allora avrebbe con ciò negato la Missione di Muhammad, su di lui il Saluto e la Pace.

Ti ho ormai istruito sulle vie di accesso di Satana alle anime del mondo, affinché tu possa guardartene: chiedi ad Allâh che ti fornisca dei segni con cui riconoscerlo (i.e. Satana)! Invero Allâh, in modo generale, ti ha già fornito la bilancia (mîzân) della legge tradizionale ed ha distinto per te tra ciò che, per Suo decreto, è obbligatorio, ciò che è raccomandato, ciò che è lecito, ciò che è biasimevole e ciò che è proibito, esprimendosi in modo esplicito a questo riguardo sia nel Suo Libro che tramite la parola del Suo Inviato.

Se ti sopravviene un pensiero concernente qualcosa di biasimevole o di proibito, sappi che esso proviene certamente da Satana[14]; se ti sopravviene un pensiero concernente qualcosa di lecito, sappi invece che proviene senza dubbio dalla «nafs ». Quanto al pensiero suscitato da Satana riguardo a ciò che è biasimevole e ciò che è proibito, fuggilo, sia che si tratti di un’azione che di una omissione! Riguardo a ciò che è lecito tu hai invece possibilità di scelta: se prevale in te la ricerca dei frutti (arbâh), allora evita ciò che è lecito ed occupati di ciò che è obbligatorio o raccomandato, a meno che tu non abbia la facoltà di disporre (tasarruf) riguardo a ciò che è lecito, facoltà che si fonda sulla coscienza (hudûr) che ciò è lecito e che, se non fosse che il Legislatore non ti aveva dichiarato che ciò è lecito, tu non avresti facoltà di disporre al suo riguardo[15]. In questo caso sarai ricompensato per l’azione da te giudicata lecita non perché essa è cosa lecita, bensì per la tua fede che essa è legge (shar‘) presso Allâh; invero il giudizio legiferante (hukm) non si è trasmesso (yantaqilu) dopo la morte dell’Inviato di Allâh, su di lui il Saluto e la Pace, e questo giudizio si identifica con la legge (shar‘), ma questa porta ormai è chiusa. Quindi ciò che è lecito è lecito e non sarà mai né obbligatorio, né proibito: e così per ogni giudizio.

Se ti sopravviene un pensiero concernente qualcosa di obbligatorio fa senza dubbio (ciò che ti suggerisce) poiché viene dall’angelo. Se infine ti sopravviene un pensiero concernente qualcosa di raccomandato ricordati dell’inizio del pensiero, poiché talvolta esso viene da parte di Iblîs, e sii saldo in esso: se poi ti sopravviene il pensiero di lasciarlo per un’altra cosa raccomandata, più elevata e più degna della prima, non allontanarti dalla prima e sii saldo in essa. Ricordati della seconda ed esegui sicuramente la prima, e quando l’hai completata incomincia la seconda e compi anche essa: in questo modo Satana se ne torna scacciato (khâsi’an) poiché non è riuscito nel suo proposito.

Con questa cura la malattia di Satana se ne va dalla tua anima; e tu sarai nella condizione di ‘Umar (‘umariyya-l-maqâmi)[16], per cui Satana non può trovarti in una strada senza prendere una strada diversa dalla tua, se lo tratterai in questo modo. Ricordati dunque di ciò su cui ho richiamato la tua attenzione! Invero Allâh fa l’elogio di coloro che «…sono solleciti nelle buone azioni ed in esse giungono primi» (Cor. XXIII-61). E basti questa misura «Ed Allâh dice il vero ed Egli conduce per la strada giusta» (Cor. XXXIII-4).

(Traduzione dall’arabo di Placido Fontanesi –  Rivista di studi Tradizionali n° 58-59)

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NOTE

[1] In merito ai versi posti all’inizio di ogni capitolo delle «al-futâhâtu-l-makkiyyah», lo stesso Ibn ‘Arabî fornisce le seguenti precisazioni: «Sappi che questa poesia (qasîdah), come tutte le altre poesie che si trovano all’inizio di tutti i capitoli di questo libro, non ha per scopo la ricapitolazione di ciò che si trova scritto in modo dettagliato nella parte in prosa del capitolo, né si tratta di un discorso sul suo contenuto. Al contrario la poesia è in se stessa parte integrante dell’esposizione di questo capitolo e non vi è ripetizione nel discorso che segue la parte in poesia: considera dunque, nella esposizione del capitolo, la poesia come parte integrante del discorso che vi si riferisce, allo stesso titolo della prosa. Nella poesia peraltro vi sono delle questioni inerenti a questo capitolo che non si trovano nella parte trattata in prosa…» (Al-futâhâtu-l-makkiyyah, cap. 293).

[2] Il termine arabo «khawâtir», al singolare «khâtir », costituisce uno di quei termini «tecnici» di cui è difficile trovare un equivalente nelle lingue occidentali: se useremo spesso l’espressione «pensieri che si presentano», che più comunemente viene impiegata per tradurre questo termine, riteniamo tuttavia che l’espressione «propositi che si presentano» sia più adeguata. La parola «proposito» infatti, derivando dal verbo proporre, implica un senso di «formulazione discorsiva» (dell’intenzione) e di «discorso» che, presente nella lingua italiana in espressioni come «a questo proposito», è ancor più evidente nel suo equivalente francese «propos»; ora, Ibn ‘Arabî insiste in modo particolare sul carattere «discorsivo» e non «figurato» o «formale» dei «khawâtir»: «…i khawâtir sono ciò che perviene del discorso (khitâb) al cuore ed alla coscienza senza avere permanenza, ed essi fanno parte di ciò che arriva (wâridât) senza uno sforzo da parte tua; se essi sono dotati di permanenza allora non sono khawâtir, ma si tratta di fantasticheria (hadîth nafsin) … I khawâtir sono sempre di natura discorsiva… ed essi non hanno permanenza come non ha permanenza nell’esistenza la forma della lettera dopo che la lingua l’ha profferita, in quanto essa non dura che per il tempo in cui viene pronunciata, poi scompare e nell’intelligenza di chi ascolta resta soltanto una immagine della sua forma». (Ibidem, cap. 264).

[3] Nel linguaggio di Ibn ‘Arabî, come in quello della maggior parte dei Sûfî, la «nafs» non è tanto l’anima, intesa come l’insieme delle modalità sottili dell’essere umano, quanto «ciò che vi è di difettoso (ma’lûl) nelle qualità del servo (‘abd)» (Ibidem, cap. 267). A questo riguardo si può anche consultare la traduzione del trattato dello Sheikh Tâdilî, La vie traditionnelle c’est la sincérité, pubblicata nel n. 28 di questa Rivista, a p. 146, nota 15.

[4] In un altro punto della sua opera, precisamente nel cap. 264 delle Al-futâhâtu-l-makkiyyah dedicato appunto alla conoscenza dei «propositi che si presentano», Ibn ‘Arabî precisa che i «khawâtir» sono essenzialmente degli ambasciatori (sufarâ’) che Allâh invia al cuore del Suo servo e che non hanno permanenza nel cuore del servo se non per la durata del loro passaggio in lui.

Allâh li ha creati nella forma del messaggio per cui sono stati inviati e quindi ogni «khâtir» è lui stesso il Suo messaggio: se questo messaggio arriva al cuore del servo senza incontrare ostacoli nel suo percorso allora si tratta di un «khâtir» di origine dominicale, il cui contenuto è sempre inerente alla scienza (‘ilm) e non all’agire; se invece viene «intercettato» dall’angelo «custode» del cuore, o dal demone che gli si contrappone o infine dalla «nafs» allora colui che lo intercetta, in virtu della facoltà di rappresentazione di cui è dotato, foggia una forma simile al «khâtir» originale ed è infine questo «khâtir» di secondo grado che viene presentato al cuore del servo. È cosi che hanno origine gli altri tre tipi di «khawâtir», i quali a differenza di quelli di origine dominicale hanno sempre un contenuto inerente all’agire e non alla scienza.

[5] Il termine «hiss», «senso», non si limita ai cinque sensi corporei ma può essere esteso anche al modo di percezione di realtà di ordine non corporeo, come ad esempio nell’espressione «al hissu bi-t-azali» comunemente tradotta come «senso dell’eternità». Nel caso in questione si tratta della percezione di esseri sottili appartenenti al nostro mondo, quali sono appunto i «jinn».

[6] Secondo l’insegnamento della tradizione islamica i demoni non sono esseri distinti perché definiti da condizioni d’esistenza differenti da quelle che definiscono gli altri esseri, né perché dotati di caratteristiche specifiche come quelle che ad esempio definiscono la «specie», bensì per il particolare «orientamento» da loro assunto. Quindi l’espressione coranica «…demoni degli uomini e dei jinn» non sarebbe da intendere come «…demoni che affliggono gli uomini ed i jinn» bensì nel senso che tra gli uomini ed i jinn vi sono dei demoni, come d’altra parte risulterebbe dall’ultimo versetto del Corano (CXIV, 6) ove l’espressione «appartenente ai jinn ed agli uomini» (min al-jinnati wa-n-nâsi) è stata da qualche autorevole commentatore interpretata come riferentesi al «bisbigliatore» diabolico (al-waswâs). A questo riguardo si può anche citare ‘Abdu-l-Karîm al-Jî1î che nel capitolo 59 dell’opera intitolata «Al-insanu-l-kâmil» afferma: «Sappi che i demoni sono i figli di Iblîs, che sia maledetto; …furono generati i demoni come le scintille sono generate dal fuoco e le piante dalla terra, ed essi sono la sua progenie (dhurriyyah: Cor. XVIII-50) ed i suoi seguaci… Tra di loro c’è quello in cui prevale la natura ignea e che quindi è annesso agli spiriti elementari (i.e. i “jinn”) e quello in cui prevale la natura vegetale ed animale e che quindi appare nella forma dei figli di Adamo ed è un demone puro (mahd). Questo è il senso del Suo detto: “…i demoni degli uomini e dei jinn” (Cor. VI-112); quelli che appaiono nella forma dei figli di Adamo sono i suoi (di Iblîs) cavalieri (khayl), in quanto essi sono piu potenti dei demoni annessi agli spiriti elementari: i primi sono per Iblîs le radici delle tentazioni (fitan) in questo mondo, gli altri sono i suoi rami, cioè i suoi fanti. In questo senso Allah ha detto: “…ed aggrediscili coi tuoi cavalieri e con i tuoi fanti!” (Cor. XVII-64)». Gli spiriti elementari di cui è questione in questo passo di ‘Abdu-l-Karîm al-Jî1î non hanno naturalmente nulla a che fare con gli «spiriti» degli spiritisti, né con realtà dell’ordine spirituale, trattandosi di esseri del dominio sottile; a questo riguardo si può consultare RENÉ GUÉNON, L’erreur spirite, p. 98.

[7] Il verbo «tafaqqaha» esprime in arabo il caratteristico modo di pensare dei «dottori della legge» (fuqahd) e va quindi distinto dal verbo «tafakkara», che pur essendo suo sinonimo per quanto concerne il significato di «sforzarsi di approfondire la conoscenza» implica però l’uso della meditazione come strumento di questo approfondimento.

[8] L’espressione «Gente della Casa», che è coranica (Cor. XXXIII-33), serve a designare Muhammad, suo cugino ‘Alî, sua figlia Fâtima, moglie di ‘Alî ed i loro due figli Hasan e Husayn.

[9] Il rango in questione è quello del califfato che, dopo la morte del Profeta, venne affidato successivamente a tre dei suoi Compagni, cioè Abû Bakr, ‘Umar e ‘Uthman.

[10] Questo «ritrarsi» dei demoni dopo aver gettato nei cuori le loro suggestioni è il significato del termine arabo «al-khannâs» (Cor. CXIV-4) «colui che si ritira, che si sottrae».

[11] Secondo le tesi del teologo al-Ash‘arî (873-935 d. C.) l’uomo non ha la facoltà (qudrah) di creare le proprie azioni, può solo acquisirle (kasb): l’atto creatore spetta ad Allâh, mentre all’uomo spetta solo l’atto di acquisizione. A questo riguardo si può consultare il libro di HENRI CORBlN, Histoire de la philosophie islamique, pp. 162-169.

[12] Nell’opera intitolata Al-Ghunyah Abdu-l-Qadîr al-Jîlâni cita i seguenti «ahâdîth»: «…in un celebre hadîth il Profeta, su di lui il Saluto e la Pace, ha detto: “Non c’è nessuno di voi che non abbia un demone!” al che gli fu chiesto: “Anche tu, o Inviato di Allâh?”, “Anch’io – rispose il Profeta – se non che Allâh, sia benedetto l’Altissimo, mi è venuto in soccorso contro di lui ed egli è diventato musulmano”. Secondo un altro hadîth il Profeta, su di lui il Saluto e la Pace, ha detto: “Non c’è nessuno di voi che non abbia come compagno (qarîn) un jinn a cui è stato dato in carico!” al che gli fu chiesto: “Anche tu, o Inviato di Allâh?”, “Anch’io – rispose il Profeta – se non che Allâh mi è venuto in soccorso contro di lui ed egli è diventato musulmano e non mi incita che a fare il bene”». Questi ahâdîth stanno appunto a significare che il Profeta è preservato dai «propositi» di origine satanica.

[13] «Allâh ha posto fra Sé ed il cuore cinque vie, sulle quali questi khawâtir procedono verso il cuore; queste vie Allâh le ha istituite allorquando ha istituito le leggi, e se non vi fossero le leggi non sarebbero state istituite neppure queste vie. Allâh le ha fatte simili all’alone che circonda la luna ed ha chiamato “obbligo” (wujûb) e “precetto” (fard) la prima via, “raccomandazione” (nadb) la seconda via, “proibizione” (hazhr) la terza via, “rimprovero” (karâhah) la quarta via e “licenza” (ibâhah) la quinta. Creò poi l’angelo responsabile del cuore… e gli assegnò la via dell’obbligo e quella della raccomandazione; pose poi in contrapposizione a questo angelo un demone… sulla via del divieto e del rimprovero; poi Allâh mise sulla via della licenza un demone a cui non contrappose alcun angelo, ma fece sì che tutte le facoltà dell’anima e la sua disposizione naturale si occupassero di quella via ed ordinò a queste di salvaguardare la loro essenza dal demone di quella via» (Al-Futûthâtu-l-Makkiyyah, cap. 264).

[14] Ciò è conforme a quanto afferma il versetto (Cor. II-I69): «…egli (Satana) vi incita al male ed alla turpitudine ed a sostenere contro Allah ciò che non sapete», a cui fa da corollario il versetto (Cor. VII-28): «…invero Allâh non incita alla turpitudine…».

[15] Il dominio del «lecito», intermedio tra quelli di ciò che è obbligatorio e di ciò che è raccomandato da un lato e quelli di ciò che è biasimevole e di ciò che è vietato dall’altro, è il dominio proprio della «nafs», in cui essa può esercitare il suo potere di libera scelta. In questo contesto Ibn ‘Arabî fa riferimento allo sforzo di giurisprudenza (ijtihâd) messo in opera per formulare un giudizio di «liceità» in merito ad una azione o ad una situazione precedentemente non classificata in alcuna categoria giuridica e precisa che dopo la morte dell’Inviato il giudizio così formulato non può piu avere alcun carattere legiferante.

[16] Ibn ‘Arabî fa qui riferimento ad un hadîth riportato da Sa’d ibn Abû Waqqâs: «’Umar chiese il permesso di entrare dall’Inviato di Allâh, su di lui il Saluto e la Pace, mentre erano presso di lui delle donne dei Quraish che, ad alta voce, gli parlavano formulandogli le loro richieste. Quando ‘Umar chiese il permesso di entrare esse si alzarono e corsero a nascondersi: allora l’Inviato di Allâh, su di lui il Saluto e la Pace, ridendo gli diede il permesso di entrare. “Che Allâh faccia schiudere il sorriso sui tuoi denti, o Inviato di Allâh!” disse ‘Umar, ed il Profeta gli rispose: “Mi sono stupito di vedere quelle donne che erano con me correre a nascondersi al suono della tua voce!” “Tuttavia tu, o Inviato di Allâh – disse ‘Umar – hai maggior diritto ad incutere loro soggezione!”, poi aggiunse (rivolto alle donne): “O voi nemiche delle vostre anime, avete soggezione di me e non avete soggezione dell’Inviato di Allah?!” “Certo – risposero, – tu sei piu rude e piu rozzo dell’Inviato di Allâh!”; al che l’Inviato di Allâh disse: “Per Colui che mi tiene nella Sua mano, Satana non ti ha mai incontrato in una strada senza prendere tosto una strada diversa dalla tua!”». (Sahîh al-Bukhârî, voI. IV, cap. 59, paragrafo II, hadîth n. 26).

LA CONOSCENZA DEI PENSIERI SATANICI CHE AFFIORANO ALLA COSCIENZAultima modifica: 2018-06-01T12:46:12+02:00da mikeplato
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