MANGIARE DELL’ALBERO DELLA VITA

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di Alessandro Conti Puorger

PREMESSA
La Bibbia, nei primi tre Capitoli del libro del Genesi, tanto esaminati e discussi, presenta la creazione dell’uomo, la sua situazione di privilegio nel giardino dell’Eden, l’errore volontario in cui viene a cadere per essersi cibato dell’albero del bene e del male trasgredendo al comando del Signore Dio e la conseguente perdita dello stato di privilegio che godeva prima della cacciata dal Paradiso.
Di fatto, con un racconto di genere favolistico che rientra nella categoria dei midrash ebraici, con linguaggio figurativo ed in modo allegorico, è sintetizzata la meditata causa della infelicità dell’uomo.
In questa parabola della Genesi il fatto che l’uomo è soggetto a fatiche, malattie, vecchiaia e morte, in definitiva, alla precarietà dell’esistenza umana sulla terra, è messo in contrapposizione al non potersi cibare dell’albero della Vita che, appunto, stava nel mezzo del giardino.
C’è, quindi, una tensione dell’uomo a poter rientrare nello stato primigenio che in verità non gli è stato tolto in modo definitivo.
Il succo del messaggio biblico è la tensione in Dio a far ricuperare all’uomo la dignità a cui era ed è destinato, nonostante che un essere contrario a Dio susciti nell’uomo la tentazioni di voler essere assoluto padrone della propria esistenza e gli inciti concupiscenza ed istinti animaleschi.
Un essere contrario a Dio, o ipotesi di non esistenza di un Dio, o comunque di un Dio buono che ama gli uomini, sono alternative che debbono essere stato ammesse da Dio stesso quali possibilità aprioristiche, perché l’uomo fosse libero di una scelta, altrimenti impossibile.
Poter mangiare dei frutti di quell’albero è così veramente questione di vita o di morte e su tale tema cercherò di avere altre informazioni investigando nella Bibbia stessa.
Inizio con l’osservare che mangiare dell’albero della Vita in mezzo del giardino del versetto Gen 2,9 in ebraico è scritto così:



Ora il sostantivo “vita” in ebraico è “hai” ed è un nome di genere femminile.
Il femminile plurale sarebbe dovuto essere “haiot”, usato in altri casi come al termine del versetto 2 Samuele 20.
In quel versetto Genesi 2,9 però è usato “haiim” che non potendo essere un plurale maschile è da considerare un plurale duale, perciò l’albero della vita in effetti è albero delle vite e più precisamente si può pensare come “l’albero delle due vite“.
La cacciata dal paradiso ha il senso di evitare nella vita a venire che Adamo dopo il peccato rimangi di quell’albero della vita e così rimarrebbe per sempre in disgrazia anche nella seconda vita.
Il testo del racconto, infatti, così recita: “Il Signore Dio disse allora: Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!”. (Genesi 3,22)
È lecito perciò concludere che Dio mentre li caccia pensa già alla redenzione.
Altro pensiero è che le parole “albero” e “legno” in ebraico sono individuate dallo stesso termine , molto vicino a consiglio () onde si può tradurre “albero delle due vite“, “legno delle due vite” e pensare anche “consiglio per le due vite”; aleggia così l’idea di uno cibo consolatore che suggerisce una seconda vita.
Nel concetto “due”, in ebraico “shenajjm”, dal radicale di “ripetere, rinnovare”, c’è la lettera che evoca nella mente a chi aduso a vedere le lettere ebraiche anche come ideogrammi la traccia grafica dello splendore del fuoco e della risurrezione.
Con riferimento a questo discorso fa leggere quel radicale come “della risurrezione l’energia entra “.
Visto in assoluto si può pensare che il concetto di due, cioè della pluralità di eventi e quindi di successivo, sia legato al risorgere del sole che “accende energia nel mondo ” e che scandisce appunto il tempo sulla terra.
Per vivere in eterno l’uomo deve così mangiare dal “legno delle due vite” e quindi del frutto che pende dal legno.
Il numero due abbiamo visto implica la possibilità di rinnovarsi ed ha implicito ha in sé il concetto di tempo tra due eventi in successione, che seguendo quel racconto scatta automaticamente al mangiare dei frutti dell’albero del bene e del male, il che poi richiede o il morire o il mangiare dell’albero della vita.
Per il cristianesimo il legno da cui scende la risurrezione è la croce di Cristo, ed il frutto è Cristo stesso morto e risorto; infatti, “Gesù disse: In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risuscuterò nell’ultimo giorno.” (Giovanni 6,53-54).
Il mangiare dell’albero della vita è perciò gustare un frutto, farmaco di immortalità, che reca la risurrezione e la vita eterna.

L’ULTIMA CENA
Momento essenziale, comune a tutti i Vangeli, è quello detto dell’ultima cena, quando Gesù con gli apostoli, cioè la sua famiglia spirituale, celebra a Gerusalemme il rito della Pasqua ebraica. (Vedi “Le Pasque della Santa Famiglia“)
Le tre feste dell’ebraismo che comportavano d’andare a Gerusalemme per celebrarle, infatti, erano:

  • la Pasqua, o festa degli azzimi, alla prima luna piena di primavera;
  • la Pentecoste, 50 giorni dopo la Pasqua, festa della mietitura e delle primizie, che fa memoria anche della promulgazione della legge a Mosè sul Sinai;
  • la festa delle Capanne, in autunno, per la raccolta dei frutti.

La Pasqua, detta festa della primavera, fa memoriale di quel 14 di Nisan in cui avvenne la liberazione degli ebrei dalla schiavitù dell’Egitto.
Gesù fece preparare con cura questa festa del 30 d.C., in una sala superiore addobbata con tappeti, “il cenacolo”, che continuerà ad essere luogo di riunione dalla Chiesa nascente.
Ci sono molte ipotesi sul perché questa cena sia stata fatta preparare da Gesù un giorno prima rispetto alla festa ufficiale, vale a dire alla sera del giovedì, mentre la cena della Pasqua ufficiale era dopo il venerdì.
Pare così che Gesù seguisse l’osservanza della festa mobile, anziché con inizio nel sabato più vicino al giorno della luna piena di primavera, nell’esatto giorno di luna piena, come peraltro facevano gli Esseni, da quanto risulta dai documenti relativi all’organizzazione di quella comunità di monaci di Qumran.

Il Calendario esseno era basato sul sole, mentre la Pasqua ebraica era legata alle fasi lunari. Alla cena, “Tebilà”, gli aspiranti erano ammessi dopo un periodo di prova, si ritiene tre anni. Il Paqid il preposto alla Comunità era coadiuvato da un consiglio di 12 membri e compivano prima della cena in cui importante era la benedizione del pane e del vino, un rito di purificazione nelle famose vasche a sette gradini trovate a Qumran. C’è chi riferisce l’episodio della lavanda dei piedi (Giovanni 13,1-11) a tale rito. Pare che i partecipanti avessero posti predefiniti secondo un ordine di importanza e quello sarebbe stato il discorrere degli apostoli quando si interessavano di avere un buon posto nel regno dei cieli. Alla madre dei figli di Zebedeo che chiedeva: “Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno” Gesù rispose: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere? Gli dicono: Lo possiamo. Ed egli soggiunse: Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio.” (Matteo 20,21-23) Attendevano infatti l’avverarsi della promessa fatta poco prima: “E Gesù disse loro: In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.” (Matteo 19,28)

La Pasqua ebraica, che ha un suo ordinamento specifico detto “seder“, è più di una commemorazione, ma un memoriale, momento capace di rinnovare la condizione di grazia del giorno della prima Pasqua si che ogni partecipante dovrebbe sentirsi destinatario della liberazione come se fosse stato presente, qualunque sia la condizione esistenziale prima della festa.
Il rito è inglobato in una festa familiare in cui tutti, dal più anziano al più giovane, sono chiamati a partecipare in modo attivo, ed il sentirsi coinvolto aiuta a predisporsi a ricevere tutta la grazia e lo spirito dell’esodo.
La cena, prevista e inclusa nel rito, ha peraltro un ruolo fondamentale per la trasmissione della fede ai figli con i racconti, “haggaddah”, delle opere di Dio nella vita di chi partecipa relativamente a fatti storici, sia di esperienze personali dei convenuti.
Gesù coglie questo momento in tutta la sua pienezza per porre un sigillo all’insegnamento spirituale dato agli apostoli e per sancire l’inizio ed il significato di nuova alleanza tra Dio e l’uomo rispetto a quella di Mosè.
Questa alleanza, anche con la sostanza del sacramento, è garanzia d’essere riaccolti nel Paradiso, ove ci si può nuovamente nutrire dell’albero della Vita, di cui ho detto nelle premesse, e di cui l’errore d’Adamo ci privò, anticipo e promessa di una comunione completa con Dio.
Ci sarà poi un preciso momento, quando penderà dal legno della croce, che questo frutto dell’albero della vita del paradiso sarà pronto e tutti si potranno nuovamente nutrire per fare nel tempo esperienza della vita del cielo.
Un anticipo di questo banchetto, appunto nel cielo tra fratelli con il Padre che dispensa il cibo della vita eterna, è in pratica da trovare in questa cena durante la quale Gesù che Lo rappresenta, istituì “l’eucarestia” ed indicò se stesso quale cibo in sostituzione delle azzime e della 3° coppa di vino, detta “della benedizione”.
Lui così è il vero ed unico frutto che fa passare dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita, come i fedeli cantano nella notte di Pasqua con l’antichissimo inno dell’exultet.
Nella celebrazione della veglia della notte di Pasqua, infatti, liturgicamente è introdotta dal rito del Lucernario, già praticato in ambito giudaico ed ereditato dalla Chiesa delle origini a partire dal IV secolo, in cui è inserito tale inno di laus o benedictio cerei.
Nell’Italia meridionale, tra il X e il XIV secolo, questa formula liturgica era scritta su rotoli di pergamena, con i segni rudimentali della melodia, e con figure dipinte al contrario rispetto a testo per consentire al diacono di srotolarlo dall’ambone e lasciarlo svolgere verso il popolo permettendo così ai fedeli, come con odierne diapositive, di vedere per immagini il contenuto dell’Exultet (il più lungo è un rotolo di 5,25 metri).
Riporto il testo dell’exultet denso di riferimenti all’Antico Testamento:

«Esulti il coro egli angeli, esulti l’assemblea celeste: un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto.
Gioisca la terra inondata da così grande splendore; la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo.
Gioisca la madre Chiesa, splendente della gloria del suo Signore, e queso tempio tutto risuoni per le acclamazioni del popolo in festa…
È veramente cosa buona e giusta esprimere con il canto l’esultanza dello spirito, e inneggiare al Dio invisibile, Padre onnipotente, e al suo unico Figlio, Gesù Cristo nostro Signore. Egli ha pagato per noi all’eterno Padre il debito di Adamo, e con il sangue sparso per la nostra salvezza ha cancellato la condanna della colpa antica. Questa è la vera Pasqua, in cui è ucciso il vero Agnello, che con il suo sangue consacra le case dei fedeli. Questa è la notte in cui hai liberato i figli di Israele, nostri padri, dalla schiavitù dell’Egitto, e li hai fatti passare illesi attraverso il Mar Rosso.
Questa è la notte in cui hai vinto le tenebre del peccato con lo splendore della colonna di fuoco.
Questa è la notte che salva su tutta la terra i credenti nel Cristo dall’oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo, li consacra all’amore del Padre e li unisce nella comunione dei santi.
Questa è la notte in cui Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro. Nessun vantaggio per noi essere nati, se lui non ci avesse redenti. O immensità del tuo amore per noi! O inestimabile segno di bontà: per riscattare lo schiavo, hai sacrificato il tuo Figlio!
Davvero era necessario il peccato di Adamo, che è stato distrutto con la morte del Cristo. Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!
Il santo mistero di questa notte sconfigge il male, lava le colpe, restituisce l’innocenza ai peccatori, la gioia agli afflitti…
O notte veramente gloriosa, che ricongiunge la terra al cielo e l’uomo al suo creatore! In questa notte di grazia accogli, Padre santo, il sacrificio di lode, che la Chiesa ti offre per mano dei suoi ministri, nella solenne liturgia del cero, frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce
Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero, offerto in onore del tuo nome per illuminare l’oscurità di questa notte, risplenda di luce che mai si spegne. Salga a te come profumo soave, si confonda con le stelle del cielo. Lo trovi acceso la stella del mattino, questa stella che non conosce tramonto: Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti fa risplendere sugli uomini la sua luce serena e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen.»

Gli ebrei quella notte della Pasqua dell’esodo mangiarono, tra l’altro l’agnello, secondo l’ordine dato da Mosè e col sangue di tale agnello prima erano stati segnati gli stipiti delle porte per indicare all’angelo sterminatore di non fermarsi nelle loro case; il sangue di questo agnello perciò indicava la vita che non poteva essere uccisa dalla morte, quindi era figura della presenza del frutto all’albero della vita.
Ora il vero agnello da mangiare per fare Pasqua è Gesù, infatti, Giovanni il Battista lo indicò con “Ecco l’agnello di Dio.” (Giovanni 1,29b).
Gesù quella notte dopo la cena vera e propria, prese il pane e il vino e pronunciate le benedizioni rituali del “Seder” li diede ai discepoli.
Sull’azzima disse: “Prendete e mangiate questo è il mio corpo” (Matteo 26,26b) e sulla coppa del vino: “Bevetene tutti perché questo è il mio sangue dell’alleanza versato per molti, in remissione dei peccati.” (Matteo 22,19).
Gli altri due sinottici concordano e l’unica aggiunta più sostanziale è in Luca ove sul’azzima Gesù dice “Questo è il mio corpo dato per voi; fate questo in memoria di me.” (Luca 22,29)
Il radicale del verbo mangiare è e si può spezzare in uno e tutti il che evoca il pensiero “uno per tutti” e se ne risente un’eco nelle parole di Paolo:

  • “Poiché l’amore del Cristo ci spinge, al pensiero che uno è morto per tutti e quindi tutti sono morti.” (2 Corinzi 5,14)
  • “…poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù.” (Galati 3,28)

È quella di Gesù alleanza “berit” che ci assicura il mangiare dell’albero della vita e la lettura delle lettere porta a dire:



“Da dentro del corpo che sarà appeso () da uno per tutti si vedrà scendera la vita con una forte acqua “.

Gesù come Melkisedek, sacerdote del Dio Altissimo, offre pane e vino al nuovo Abramo, cioè alla sua piccola chiesa in formazione, ma nel segno aggiunge un contenuto nuovo, io sono il frutto che vi permette di fare Pasqua nel vero senso di “passaggio”, sono io il frutto e farmaco della immortalità.
D’ora in poi non si farà più solo il memoriale dell’Esodo, ma quel memoriale farà parte dell’haggaddah, cioè del racconto delle opere di Dio che preparano la totale Pasqua, la liberazione in Gesù Cristo dalla morte, cioè il passaggio alla vita eterna che si consegue mangiando di Lui, frutto della vita.
Quindi l’Eucarestia è il memoriale efficace cioè sacramento, della Pasqua di Gesù Cristo ed è vero cibo per il corpo e per lo spirito che produce intimo rapporto d’amore tra Dio e la sua creatura ed è un segno efficace perché ha il potere di portare il cielo e la terra in contatto facendo presente il banchetto escatologico della vita eterna.
In definitiva Gesù in persona fa del credente il suo tempio.
La profezia di Isaia era chiara e precisa circa questo atteso banchetto.

Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli su questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati.
Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti.
Eliminerà la morte per sempre.
” (Isaia 25,6-8a).

E San Paolo che, quale fariseo e poi apostolo, ben conosce la storia della salvezza, dice ai fratelli Ebrei:
Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne anch’egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all’impotenza mediante la morte colui che della morte ha il potere, cioè il diavolo e liberare così quelli per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita.” (Ebrei 2,14-15).

È diventato partecipe della nostra carne e del nostro sangue perché col frutto della sua carne e del suo sangue si rientra nella vita che non perisce.
La sua carne ha nascosto la divinità e, mentre per l’uomo diviene frutto per la vita, per la morte è divenuta veleno.
Il mangiare dall’albero del bene e del male comportò il mangiare il contrario della volontà di Dio, che aveva detto: “Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero del bene e del male non devi mangiare, perché quando tu ne mangiassi, certamente moriresti.” (Genesi 2,16-17).

Il cibo di Gesù Cristo è fare la volontà del Padre, quindi mangiare di Lui, che ha detto “sì” al Padre, è dire con Lui “sì” alla volonta di Dio, cioè rinnegare liberamente la propria libertà, il che è il massimo della libertà come osserva San Paolo: “Il figlio di Dio, Gesù Cristo … non fu ‘sì’ e ‘no’, ma in Lui c’è stato il ‘sì’.” (2 Corinzi 1,19).

Riporto una lettura per decriptazione del versetto di Genesi 2,9b relative a “…l’albero della vita che sta in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male” secondo il criteri del mio metodo inserito in “Parlano le lettere“.
Quelle lettere ebraiche con i significati intrisici nei segni così dicono:



“Dal legno di vita un mare da dentro il Crocifisso si porterà . La rettitudine fuori scorrerà . L’energia porterà in azione . Scenderà nel mondo da aiuto nel tempo . Dal cuore la porterà , un pozzo si vedrà .”

“Dal legno di vita un mare da dentro il Crocifisso si portata.
La rettitudine fuori scorrerà.
L’energia porterà in azione.
Scenderà nel mondo da aiuto nel tempo.
Dal cuore la porterà, un pozzo si vedrà.”

A questa attesa rispose il Crocifisso come risulta dai Vangeli in quanto l’aiuto del Cristo verrà dal pozzo del suo cuore.
Cioè “l’aiuto dal pozzo uscirà” e con le lettere considerato che la lettera è sia aiutare che mano che battente, quindi porta, e per pozzo può scriversi si ottiene la parola ebraica déborah che indica l’ape , che “dalla porta del pozzo entra/esce “. Debora, ape, come nome proprio di persona si trova in Genesi 35,8, la nutrice di Rebecca, moglie di Giacobbe e di una profetessa, giudice d’Israele in Giudici 4,5.

Faccio notare come nell’inno dell’exultet, che ho prima riportato, ha una particolare menzione i ruolo delle api che producono la cera.
La cera, vergine, infatti è la materia base del cero pasquale che viene benedetto all’inizio della notte di Pasqua per il rito del Lucernario che è un sacramentale del Cristo che illumina le tenebre del mondo.
Quel cero è segno del corpo di Cristo in terra, cioè dalla Chiesa e dei fedeli.
Ne consegue perciò la conseguente simbologia dei cristiani con le api e la Chiesa come ape regina.
Ora, la Chiesa di Cristo nuovo Adamo è la sua sposa, nata dal suo Costato come Eva da Adamo.
Proseguendo nella simbologia delle api, nel cuore di Cristo è come se ci sia un pozzo, in diretta comunicazione con Dio, ove c’è un favo ed ove risiede l’ape regina che uscendo ha portato un nuovo sciame che vuole tornare in quel foro per albergarvi.

Parole ebraiche che si collegano a tale tema sono:

  • Api = “diborim”, parola che richiama la Parola “dabar” e che con i significati delle lettere contibuisce a quella simbologia in quanto “nella Parola sono a vivere ” o anche “s’insinuano () nel corpo dov’è la vita “. Riferendoci poi al tema dell’albero della vita un tale tipo di api vi s’insinua in quanto “nella Parola c’è la vita “, “nella Parola c’è la Madre ” che è la regina delle api.
  • Miele = spesso unito al concetto di latte come in Esodo 3,17: “E ho detto: Vi farò uscire dalla umiliazione dell’Egitto verso il paese del Cananeo, dell’Hittita, dell’Amorreo, del Perizita, dell’Eveo e del Gebuseo, verso un paese dove scorre latte e miele.”
    C’è così da domandarsi quale sia dal punto di vista criptico questo paese ove scorre latte e miele, che nella parte finale di quel versetto è scritto così: .
    La decriptazione di quell’intero versetto di Esodo 3,17 porta a questi pensieri.
    “Li condurrà l’Unigenito vivi col corpo dall’Unico in alto; dal mondo verranno, retti vivi nel seno. Angeli saranno i viventi su con il corpo a stare i viventi con Dio; nell’Unigenito nel corpo saliranno dal mondo. Così, gli angeli a vedere inviati saranno. Ed entrati a chiudersi nel Crocifisso saranno portati dal mondo all’Unico vivi con il corpo a stare ed entreranno al volto. Nel (Suo) corpo questi saranno portati. Nel mondo l’annunciò che sarebbero stati portati ad entrare e che sarebbero stati dentro condotti nel foro. Saranno a Dio nell’Unigenito nel corpo a salire. Questi dentro il Crocefisso chiusi nel cuore li porterà; s’insinueranno nel Risorto.”
  • Cera = “donag” “aiuta a recare lo splendore ()“. La parola “cera” si trova nel Salmo 22,14s: “Spalancano contro di me la loro bocca come leone che sbrana e ruggisce. Come acqua sono versato, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere.” Questo Salmo è proprio quello che Gesù recitava sulla croce e di cui ho riportato la decriptazione con “I salmi, conforto del Crocifisso” e la decriptazione di quei due versetti riguarda proprio la Chiesa che nascerà dagli apostoli con i sacramenti che sgorgano dal costato del Cristo; là la parola cera fu spezzata come “per mano li porterà nello splendore ()“.


IL RACCOLTO
Il racconto della Passione, riportato da tutti e quattro i Vangeli canonici, è sostanzialmente una buona notizia.
Per chi crede che quell’uomo in croce fosse nel contempo uomo e Figlio di Dio il racconto è un canto d’amore perché gli fa rendere conto del grande pazzo amore di Dio per il singolo uomo e per l’umanità tutta intera.
L’amore veramente divino traspare dalla mitezza e dalla determinazione con cui il Cristo s’è sottoposto a grandi vessazioni ed offese per salvare l’uomo.
La dimostrazione della eccezionale virulenza del peccato nel mondo e del grado di gravità di servitù in cui tiene l’uomo risulta evidente dalla constatazione di come sia stato ridotto un innocente, umiliato, tradito, abbandonato, fustigato, ferito e crocefisso con una tortura di ore.
I sinottici descrivono con la stessa sequenza l’evento del trasferimento dal Cenacolo al monte degli ulivi, dell’arresto ed del tradimento di Pietro con pressoché gli stessi particolari di Gesù del suo arresto al Getsemani.
Sull’uscita dal cenacolo i sinottici informano:

È dopo aver cantato l’inno uscirono verso il monte degli ulivi.” (Marco 14,26)

Allora Gesù andò con loro in un podere chiamato Getsemani.” (Matteo 26,36)

Uscito se ne andò, come al solito, al monte degli ulivi.” (Luca 22,39)

Dalle tre descrizioni si ricava che uscì con i discepoli dal cenacolo cantando l’inno alleluiatico previsto a conclusione dell’ordinamento – seder – pasquale e andò in un posto che gli era usuale, ai piedi del monte degli ulivi, in un podere chiamato Getsemani, probabilmente perchè c’era un frantoio per l’olio. Infatti la traduzione dall’ebraico di Get – semani porta a get = tino e seman = olio.
Il vangelo di Giovanni fornisce alcuni dettagli sull’uscita dal cenacolo che inducono ad altre considerazioni in linea con il nostro filone.

Gesù uscì con i suoi discepoli e andò al di là del torrente Cedron, dove c’era un giardino nel quale entrò con i discepoli.” (Giovanni 18,1)

Questa descrizione fornisce sostanzialmente la stessa notizia, ma siccome nulla è detto tanto per dire, serve a suggerire alla mente un altro giardino in cui Dio passeggiava, quello dell’Eden, in cui pure c’è un corso d’acqua e nel quale il Cristo farà rientrare la sua sposa, la Chiesa quella che nascerà dagli apostoli; cioè questo è il segno del nuovo Adamo e della nuova Eva.
In effetti, c’è un altro dettaglio, non scritto da Giovanni nel suo vangelo, ma che evidentemente era noto a tutti i lettori dell’epoca a cui il vangelo era destinato che ora si può ricavare dalla conoscenza della toponomastica della città di Gerusalemme.
In questa valle del Cedron c’è una sorgente particolarmente ricca d’acqua: la sorgente Ghicon.
Questa sorgente fu incanalata in una galleria sotterranea fatta scavare dal re Ezechia nel 701 a.C. e che immette acqua nella piscina di Siloe.
E, guarda un pò, questa sorgente ha lo stesso nome “Ghicon” di uno dei quattro fiumi alimentati dalle acque del fiume del giardino dell’Eden: “Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c’è l’oro e l’oro di quella terra è fine; qui c’è anche la resina odorosa e la pietra d’onice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno tutto il paese d’Etiopia. Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate.” (Genesi 2,10-14)
La piscina di Siloe o dell’Inviato, inoltre, è il luogo ove Gesù mandò a lavarsi, il cieco nato, come racconta lo stesso Vangelo di Giovanni, (Giovanni 9,7).
È figura questo del battesimo, idea sempre evidente in Giovanni, che insiste con l’idea delle acque che escono dal Paradiso che aprono al ritorno per portarci al momento della raccolta del frutto dell’albero della Vita.
Questo arresto di Gesù è quindi proprio la raccolta del frutto, il Cristo, che avviene appunto in un posto che richiama volutamente quel giardino del Genesi.
Si tratta, infatti, di un frutto perfetto, di carne, quindi terrestre e non può che venire dal giardino dell’Eden.
Nel corso della sua passione Cristo viene flagellato con il flagrum, frusta con cinghie a molti capi con estremità plurime di elementi duri che provocano lacerazion ed è schernito con la corona di spine, e con un mantello rosso ed è tutto rosso per il sangue e la veste.
L’essere rosso richiama alla mente in ebraico Adamo (radicale “‘adm” = essere rosso) in relazione al colore della terra lavorata – Adama’ – ed al fatto che il neonato è rosso di sangue (dam).
Questo Gesù è il nuovo Adamo pronto per essere raccolto per il Paradiso e nel contempo è il frutto che se gli uomini mangeranno avranno la risurrezione e nel contempo aprirà la strada per andarvi.
Tanto che dopo la flagellazione il Vangelo di Giovanni sottolinea che Gesù è tutto rosso sia per il sangue che per il mantello rosso: “Gesù uscì portando la corona di spine ed il mantello di porpora. E Pilato disse loro: ECCO L’UOMO.” (Giovanni 19,5), cioè profeticamente “Ecco l’uomo” che conclude in sé il progetto di Dio.
Nel profeta Isaia c’è una visione profetica del giudizio di Dio:

“Chi è costui che viene da Edom, da Bozra con le vesti tinte di rosso?
Costui, splendido nella sua veste, che avanza nella pienezza della sua forza? Io, che parlo con giustizia, sono grande nel socccorrere.
Perché rossa è la tua veste e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel tino?
Nel tino ho pigiato da solo e del mio popolo nessuno era con me.
Li ho pigiati con sdegno, li ho calpestati con ira.
Il loro sangue è sprizzato sulle mie vesti e mi sono macchiato tutti gli abiti.
Poiché il giorno della vendetta era nel mio cuore e l’anno del mio riscatto è giunto. Guardai: nessuno aiutava; osservai stupito; nessuno mi sosteneva.
Allora mi prestò soccorso il mio braccio, mi sostenne la mia ira.
Calpestai i popoli con sdegno, li stritolai con ira, feci scorrere per terra il loro sangue.” (Isaia 63,1-6).

Ho sottolineato le ripetizioni:

  • sul tema del rosso edom, rosso, sangue che portano ad Adamo;
  • vesti, abito, in ebraico le cui consonanti formano anche la parola perfidia e tradimento;
  • tino, in ebraico get , che viene recepito dai Vangeli, come accennato, col Get-semani = tino di olio, prova ulteriore che l’accostamento era stato colto.

Quando in una citazione vi sono molte ripetizioni, queste ridondanze volute sono un segnale che il discorso è criptato.
Ciò, peraltro, è ben chiaro al profeta Isaia che in un suo passo dice:

“Per voi ogni visione sarà come le parole di un libro sigillato; si dà ad uno che sappia leggere dicendogli: Leggilo. Ma quegli risponde: Non posso perché è sigillato. Oppure si dà il libro a chi non sa leggerlo dicendogli: Leggilo, ma quegli risponde: Non so leggere.” (Isaia 29,11.12)

che è in linea con quanto sostengo.
Ossia per Isaia c’è un I° ed un II° livello di lettura, uno normale, cioè il saper leggere usuale ed uno speciale, per leggere il sigillato, per il quale occorre avere una particolare iniziazione e, chi non sa leggere, non supera il I° livello e chi legge soltanto quanto ufficiale, non supera il II°.
Ho così decriptato quei versetti 63,1-6 d’Isaia rispettando rigidamente le regole del mio metodo “Parlano le lettere” “Parlano le lettere” in linea con le idee esposte in “Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche” ed ai tanti altri articoli in questo mio sito “BibbiaWeb“.

Isaia 63,1 – Tra i viventi questi entrerà in casa, dell’Unico la forza porterà ai viventi, nella prigione dell’oppressore tra la violenza sarà a vivere.
Da madre in una stalla, questi uscirà nel mondo; l’aiuto porta col corpo alla sposa. Dall’ignominia per condurla su agirà nel mondo.
Dentro alle moltitudini il vigore recherà.
Dall’Unico inviato sarà tra i lini il Figlio.
Al fango, alla polvere uscirà con un corpo a casa del serpente per soccorrere.

Isaia 63,2 – Tra i viventi per aiutare si recherà in azione in un Uomo il Potente.
Del serpente tra la vergogna la rettitudine si recherà.
Alla perfidia ci sarà così un retto per aiutare i fiacchi.
Lo spengerà dal cammino alla fine.

Isaia 63,3 – La Parola porterà in un corpo al mondo in giro la rettitudine.
Indicò che sarà dal serpente da solo.
Sarà portato da un seno in vita per stare tra i viventi.
Dall’Unico sarà inviato in un uomo l’Unigenito.
Completamente sarà a portarsi il magnifico.
Così in vita da casa l’ira sarà portata dall’Unico al verme.
La pienezza della vita dentro racchiuderà nell’uomo (in cui) sarà a portarsi.
Sarà in questi l’energia giù chiusa in vita, gli agirà nel cuore.
Il destino sarà a portare così al serpente.
I viventi del serpente dalla vergogna sarà l’Unigenito il redentore di tutta l’esistenza.

Isaia 63,4 – Così nell’esistenza sarà portata della vita l’energia.
Versata in un vivente dentro il cuore sarà portata alla luce.
L’invierà dalla croce in cammino.
L’Unico porterà al serpente la forza; da dentro l’Unigenito gli uscirà.

Isaia 63,5 – E del Padre sarà il Cuore recato dall’Unigenito.
Sarà inviato per aiutare.
Lo porterà da Donna scelta che porterà da madre.
Ai viventi porterà l’Unigenito che sarà inviato in pienezza.
Recherà la vita retta per portarla a tutti e sorgerà dall’alto la forza per colpire il male. Sarà a portare il veleno per finire dall’esistenza la perversità.
Dall’Unigenito. dal foro d’una piaga in croce. inviata sarà.

Isaia 63,6 – E il Padre porterà la pienezza ai popoli.
Un mare dentro d’ira sarà portata dall’Unigenito per bruciare con la rettitudine il verme.
Dentro il veleno dalla croce gli sarà portato.
L’Unico lo porterà in un corpo.
Sarà per sbarrare il serpente dell’Unigenito il corpo da amo giù col veleno.

È vero!
Dio nel giorno della sua ira ha lasciato far scorrere il sangue dell’uomo.
Quel sangue, però, fu una volta per tutti, d’un agnello sacrificale, dell’uomo in cui s’è incarnato il Cristo, suo Figlio, che ha accettato quel il calice.
In Gesù Cristo il giudizio di Dio per l’uomo è stato quindi: misericordia.

Padre perdonali, perché non sanno quello che fanno.” (Luca 23,24)

Luca, che la tradizione considera aver attinto con cura la testimonianza da Maria che stava sotto la croce (“Stabat Mater dolorosa iuxta Crucem lacrimosa dum pendebat filius…” – Iacopone da Todi), ricorda che il buon ladrone, che ruba all’ultimo istante anche il premio della vita eterna, si rivolge a Gesù dicendogli: “ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” e che Gesù rispose: “In verità ti dico oggi sarai con me nel Paradiso.” (Luca 23,42-43).
Paradiso, è un termine d’origine persiana, indica giardino custodito pieno di frutti squisiti, ed il frutto che dona la vita eterna, è Lui Gesù di Nazareth.

LA FENDITURA NELLA ROCCIA
Si racconta che quando i Romani nel 29 agosto del 70 d.C. comandati dal generale Tito figlio dell’imperatore Vespasiano, dopo il lungo assedio, entrati in Gerusalemme ed incendiato il tempio, nel Santo dei Santi non trovarono nulla, solo v’affiorava una roccia.
Questa roccia è quella che la tradizione indica come la cima del monte Moria su cui Abramo stava sacrificando Isacco e fu nominata “Sul monte il Signore provvede”. (Genesi 22,14).
Nelle benedizioni profetiche di Giacobbe ai figli nel Genesi al capitolo 49 versetto 24 nei riguardi del figlio Giuseppe si trova “Per le mani del Potente di Giacobbe, per il nome del Pastore, Pietra d’Israele.” (Vedi “Le benedizioni di Giacobbe e di Mosè“)

Dio, Iahveh, è la roccia d’Israele.
L’invito rivolto ai fedeli dal profeta Isaia è: “Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna.” (Isaia 26,4)
Un giorno nel deserto gli ebrei usciti dalla schiavitù dell’Egitto mormorarono contro Mosè “Dateci acqua da bere” (Esodo 17,2) e Mosè invocò così il Signore “che farò per questo popolo? ancora un poco e mi lapideranno.” (Esodo 17,4)
Eppure Mosè li aveva condotti fuori dall’Egitto manifestando segni e prodigi in nome del Signore, col bastone aveva fatto aprire le acque del Mar Rosso.
La critica era evidente, hai fatto quel miracolo, ora dacci da bere!
Per contro, accadde sotto la croce che “I sommi sacerdoti con gli scribi e gli anziani lo schernivano. Ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. È il re d’Israele scenda ora dalla croce e gli crederemo.” (Matteo 27,41.42)
Il Signore in quell’occasione disse a Mosè: “Passa davanti al popolo prendi con te alcuni anziani d’Israele. Prendi in mano il bastone con cui hai percosso il Nilo e và. Ecco io starò davanti a te sulla roccia sull’Oreb, tu batterai sulla roccia; ne uscirà acqua e il popolo berrà.” (Esodo 17,56).
“Mosè alzò la mano, percosse la roccia col bastone due volte e ne uscì acqua in abbondanza, ne bevvero la comunità e tutto il bestiame.” (Numeri 20,11)
Del pari sul Calvario: “Era verso mezzogiorno quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò in mezzo. Gesù gridando a gran voce, disse: Padre nelle tue mani consegno il mio spirito. Detto questo spirò.” (Luca 23,44.45)
Dice S.Paolo, fariseo, attento scrutatore delle Scritture: “…i nostri padri… tutti attraversarono il mare… tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo.” (1 Corinzi 10,1-4)
C’è una profezia del profeta Zaccaria (520-512 a.C.) all’epoca della costruzione del secondo tempio che dice: “In quel giorno vi sarà per la casa di Davide e per gli abitanti di Gerusalemme una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità.” (Zaccaria 13,1) e quella molto ampia al Capitolo 47 di Ezechiele sulle acque che usciranno dal tempio.
Si squarcia il velo dell’antico tempio e si apre il costato del Cristo . il nuovo tempio; infatti: “Vennero da Gesù: Vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.” (Giovanni 19,33s).
Il bastone ha colpito le rocce di Israele, la roccia si è aperta, il popolo assetato e incredulo può bere, e assieme a lui possono bere tutti i presenti.
Il centurione e quelli che con lui facevano la guardia a Gesù sentito il terremoto e visto quello che succedeva, furono presi da grande timore e dicevano: davvero costui era Figlio di Dio.” (Matteo 27,54)
La morte in croce di Gesù si può far risalire al 14 di Nisan ebraico, cioè alla vigilia (venerdì) della Pasqua ebraica; era il 7 Aprile del 30 d.C.

È COMPIUTO!
Gesù sulla croce nell’esclamare “Tutto è compiuto” esprime e rappresenta al Padre la supplica, l’invito e l’attesa di tutta l’umanità da Lui in quel momento rappresentata in quella condizione, perché tutta l’umanità è appunto soggetta a tante sofferenze, perché di fatto è in croce condannato a malattie e nella migliore delle ipotesi a invecchiare prima di morire.
Dalla croce sgorgò un rivolo di acqua e sangue.
Se quell’uomo era il Figlio di Dio, la roccia d’Israele, quell’evento fu filtrato in base alle profezie, erano sgorgate le acque dal tempio di Gerusalemme, dal nuovo tempio, dal costato di Cristo.
Riverserò sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione, guarderanno a colui che hanno trafitto” aveva detto il profeta Zaccaria (Zaccaria 12,10).
L’evangelista Giovanni sul fatto “usci sangue e acqua” per mettere in attenzione, attesta: “Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.” (Giovanni 19,35)
È come se le acque del fiume del giardino dell’Eden siano sgorgate in terra, segno che è ristabilita comunione e continuità tra le acque di Dio, cioè le acque del cielo, e l’uomo.
C’è ora una nuova fonte da cui viene la vita, c’è un arco tra cielo e terra, c’è una scala, la via all’albero della vita è stata ripristinata, ci riè l’accesso al Paradiso.
La sorgente per lavare il peccato è stata attivata.
Tutti i deserti e le depressioni degli animi, tutti gli orgogli possono essere sommersi dal nuovo diluvio della misericordia che esce dal Figlio unico, primogenito del Padre, dal cui costato sgorgono i segni sacramentali del battesimo e dell’eucarestia, che indicano il parto della nuova Eva dal costato del nuovo Adamo.
S. Tommaso d’Aquino, dottore della chiesa, nelle sue “Opere” (opusc. 57 per la festa del Corpus Domini) parlando del prezioso e meraviglioso convito preparatoci con l’Eucarestia da Dio e da suo Figlio dice: “L’Unigenito Figlio di Dio, volendoci partecipi della sua divinità, assunse la nostra natura e si fece uomo per far di noi uomini dei… Nessuno, infine, può esprimere la soavità di questo sacramento. Per mezzo di esso si gusta la dolcezza spirituale nella sua stessa fonte e si fa memoria di quella altissima carità, che Cristo ha dimostrato nella sua passione.

Circa la visione di Ezechiele (Ezechiele 47) dell’acqua che esce dalla parte destra, Orientale, del tempio per inondare la valle del Giordano si segnala, che confrontando le foto della Sindone di Torino, positivi e negativi, quindi verificando la posizione che aveva effettivamente quel corpo d’uomo della Sindone, lo squarcio e la copiosa fuoriuscita di sangue con acqua è avvenuta sulla destra del torace.

Il fatto poi che il velo del tempio si squarciò nel mezzo fa ricordare che su tale velo (Vedi “I cherubini alla porta dell’Eden“) erano tessuti due cherubini a custodia del Santo dei Santi, a ricordo di quelli posti da Dio alle porte del Paradiso: “Scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante e, per custodire la via all’albero della vita.” (Genesi 3,24)
Il segno perciò è che ormai era libero quel passaggio, è stata aperta la nuova via,e la via ora è il Cristo stesso.
Lui è la porta per accedere al giardino della vita eterna.

In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.” (Giovanni 10,7)
Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.” (Giovanni 10,9)
Il Signore è il mio pastore non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce.” (Salmi 23,12)

Il discorso degli angeli non finisce qui!
Il vangelo di Giovanni racconta dell’incontro di Maria di Magdala con “due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dalla parte dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù.” (Giovanni 20,12)
Ed il vangelo di Luca narra dell’apparizione alle donne andate al sepolcro “Ecco due uomini apparire vicino a loro in vesti sfolgoranti… Essi dissero loro: Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui è risorto.” (Luca 24,4.5b.6b)

Cioè i custodi della via all’albero della vita appaiono un’ulteriore volta per guidare chi ha ancora dubbi a seguire la nuova unica via.
Giovanni riporta infine l’apparizione del risorto agli apostoli raccolti nel cenacolo la stessa sera della domenica della resurrezione e la trasmissione nello stesso giorno agli apostoli della sua missione e dello Spirito Santo.
Pace a voi! Come il Padre ha mandato me anch’io mando voi dopo aver detto questo alitò su di loro e disse: ricevete lo Spirito Santo a chi non rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi.” (Giovanni 20,21)
Riapparve, poi agli apostoli otto giorni dopo nello stesso modo, ma ora c’era Tommaso, ancora incredulo perché non era stato presente la prima volta e Gesù risorto gli disse: “Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani, stendi la tua mano e mettila nel mio costato e non essere più incredulo, ma credente.” (Giovanni 20,22)
Cioè Gesù stesso indica dove rivolgere gli occhi e la mente per ritrovare la continuità’ con Dio, dove è stato riattivato il corso dell’acqua viva.
Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio.” (Giovanni 20,28)
La prima lettera di Giovanni, sulla riapertura della comunione con Dio attraverso Gesù Cristo osserva: “E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il figlio di Dio? Questi è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo, non con acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che rende testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Perché tre sono quelli che rendono testimonianza: lo spirito, l’acqua e il sangue, e questi tre sono concordi… E la testimonianza è questa: Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio. Chi ha il Figlio ha la vita; chi non ha il Figlio di Dio, non ha la vita.” (1 Giovanni 5,5-8;11,12).

LA PAGINA DELLA “CADUTA” CONTIENE UNA PROFEZIA CRIPTATA
Il Capito 3 del Genesi è il notissimo brano in forma allegorica ove è descritto il dramma dell’uomo cacciato dal paradiso terrestre.
Su tale tema tanto è stato detto in campo cristiano, ebraico e laico prendendo il testo da tutte le parti e commentandolo alcuni anche irridendolo.
Il testo, nella traduzione CEI è il seguente:

“Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?
Rispose la donna al serpente: Dei frutti degli alberi del giardino noi possiamo mangiare, ma del frutto dell’albero che sta in mezzo al giardino Dio ha detto: Non ne dovete mangiare e non lo dovete toccare, altrimenti morirete. Ma il serpente disse alla donna: Non morirete affatto! Anzi, Dio sa che quando voi ne mangiaste, si aprirebbero i vostri occhi e diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male.
Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò.
Allora si aprirono gli occhi di tutti e due e si accorsero di essere nudi; intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture.
Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino.
Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: Dove sei?
Rispose: Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto.
Riprese: Chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare?
Rispose l’uomo: La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato.
Il Signore Dio disse alla donna: Che hai fatto?
Rispose la donna: Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato.
Allora il Signore Dio disse al serpente: Poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche; sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno.
Alla donna disse: Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà.
All’uomo disse: Poiché hai ascoltato la voce di tua moglie e hai mangiato dell’albero, di cui ti avevo comandato: Non ne devi mangiare, maledetto sia il suolo per causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita. Spine e cardi produrrà per te e mangerai l’erba campestre. Con il sudore del tuo volto mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai!
L’uomo chiamò la moglie Eva, perché essa fu la madre di tutti i viventi.
Il Signore Dio fece all’uomo e alla donna tuniche di pelli e le vestì.
Il Signore Dio disse allora: Ecco l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del bene e del male. Ora, egli non stenda più la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva sempre!
Il Signore Dio lo scacciò dal giardino di Eden, perché lavorasse il suolo da dove era stato tratto.
Scacciò l’uomo e pose ad oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada folgorante, per custodire la via all’albero della vita.” (Genesi 3)

Questa pagina non mi risulta sia stata avvicinata anche con un sistema di decriptazione onde saggiare se l’autore in quella forma favolistica avesse voluto trasmettere anche profezie di avvenimenti che auspicava si verificassero per attuare l’epopea del Cristo.
È, infatti, da pensare che tutta la Bibbia sia ispirata dall’idea del Messia e di come si sarebbe attuata la sua salvezza e non è dare per scontato che l’idea si sia necessariamente sviluppata nel tempo, ma che invece fosse completamente preformata, ma veniva espressa in sordina, lasciandola solo trapelare, perché in modo esplicito sarebbe stata troppo temeraria e quindi era coperta, come ho suggerito quando ho detto di Isaia e del suo cenno esplicito ai testi sigillati, cioè criptati.
Su tale idea rimando alla lettura dei già a tanti altri articoli di questa rubrica.
Visto che ormai il mio modo di decriptare ha dato risutati per me entusiasmanti su vari passi biblici ho applicato l’idea richiama nel citato articolo “Decriptare le lettere parlanti delle sacre scritture ebraiche” a tappeto su quei 24 versetti di Genesi 3 portando la mente ai Vangeli che sono l’attuazione di quelle profezie interne sul Messia come ho esplicitato nel metodo.
Per maggiore comprensione, a titolo esemplificativo, riporto la giustificazione della decriptazione del primo versetto con i significati e le regole di “Parlano le lettere“.

Genesi 3,1 – “Il serpente era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio. Egli disse alla donna: È vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare di nessun albero del giardino?





“Si portarono fuori gli angeli della tomba . Il Risorto che usciva furono fuori a vedere . Nel corpo gli si riportò la vita . Nelle piaghe () il vigore ci rifù completo . Uscì il Risorto dalla porta . Uscì l’Unigenito risorto , il corpo si vide luminoso . Nell’esistenza si riportò del mondo la divinità che entrata era di un vivente . E fu l’Unigenito della Madre alla vista . Con potenza entrò ; alla donna per prima parlò . Così fu a dirle che la divinità nel mondo sarà con la pienezza della perfezione () a portare ai viventi tutti . In azione scenderanno per il mondo in cammino gli apostoli .”

Tutto di seguito riporto l’intera decriptazione.

Genesi 3,1 – Si portarono fuori gli angeli della tomba.
Il Risorto che usciva furono fuori a vedere.
Nel corpo gli si riportò la vita.
Nelle piaghe il vigore ci rifù completo.
Uscì il Risorto dalla porta.
Uscì l’Unigenito risorto, il corpo si vide luminoso.
Nell’esistenza si riportò del mondo la divinità che entrata era di un vivente.
E fu l’Unigenito della Madre alla vista.
Con potenza entrò; alla donna per prima parlò.
Così fu a dirle che la divinità nel mondo sarà con la pienezza della perfezione a portare ai viventi tutti.
In azione scenderanno per il mondo in cammino gli apostoli.

Genesi 3,2 – Ed il Crocifisso disse, entrando, alla donna che da Dio rientrerà con gli angeli; dalle tombe risorgerà i viventi.
Soffiando nei corpi. spazzerà giù rimosso l’energia dell’angelo (ribelle) che lo mangerà.

Genesi 3,3 – E dai viventi per il soffio dai corpi sarà ad uscire.
L’azione la sozzura brucerà nei corpi dentro; completa si riporterà la rettitudine.
Cacciato via l’angelo che originava amarezza, che maledetto fu dalla parola dell’Unico, a tutti a mangiare lo porterà ai viventi da manna e porteranno (così) il rifiuto finale al cammino del peccare.
Dentro per il portato soffio energico il Crocifisso tra i morti porterà l’angelo.

Genesi 3,4 – Portato che sarà dall’Unigenito dai viventi dai corpi fuori l’angelo lo chiuderà nel fuoco: il maledetto dalle origini arso uscirà.
A maledire fu la vita il serpente, originò la morte, alla fine tra i morti si porterà l’angelo.

Genesi 3,5 – Così sarà con forza sbarrata l’azione del maledetto!
Sarà la piaga che c’è dentro un giorno mangiata dalla retta vita che nei viventi abiterà.
E l’energia il Verbo (al tempo fissato), versandola nella prigione, porterà in azione; per l’opprimere che ci sarà. l’aneleranno e nel mondo sarà ad riesistere la purezza della rettitudine di Dio che uscì dai giorni sbarrata dalle rovine nei cuori portate dentro al portarsi del cattivo.

Genesi 3,6 – E il Crocifisso, rivedendo la Donna, la rettitudine fu nel cuore a portarLe dentro.
Entrò il consigliere (Spirito Santo) perché iniziasse tutti portando la rettitudine che c’è (fino ai confini) ai confini.
Iniziò a portarsi per il mondo con Lui che la potenza per agire era ad inviarLe.
Fu la Madre a portarsi con gli apostoli nelle assemblee per i viventi aiutare nel mondo.
Per i consigli il serpente usciva bruciato dalla rettitudine che era ad accompagnarla e tutti riversava nelle assemblee.
Tra i viventi frutti porta e segna per l’Unigenito tutti recando la fine del drago beneficando gli uomini del mondo.
I popoli del mondo a portare è all’Unico tutti.

Genesi 3,7 – E del Crocifisso parlavano riversando la grazia nel mondo (tanto che) si vedeva che chi oppresso era rinnovato nell’esistenza.
Per il mondo i viventi a recare erano la conoscenza.
E così era nelle città la vita dei viventi ad aprirsi.
A vivere a recarsi furono ai confini per far frutto ed innalzavano la Croce a chi incontravano ed erano all’opera recando, da boccone delicato nelle feste, il corpo del Crocifisso.

Genesi 3,8 – Ed erano della risurrezione i viventi a sentire che riportò l’Unigenito dalla croce.
Per rovesciarlo ve lo portarono i potenti (ma) del Signore per la divinità entrata (quel) vivente dai morti riuscì con potenza per la rettitudine che dentro scorreva.
L’energia potente nel corpo recava racchiusa che uscendo fu a riportarlo in vita.
E fu il Crocifisso dalla tomba da dentro per primo ad uscire.
Gli uomini e le donne tutti riporterà in vita.
Il soffio ad inviare sarà il Signore.
La divinità ad entrare sarà nei viventi.
Dentro tutti si porterà la rettitudine che agirà rialzandoli.
Usciranno camminando da angeli.

Genesi 3,9 – Ed il diletto Unigenito sarà dal mondo a recarli fuori.
Da Dio entreranno a stare da vivi.
La maledizione nell’uomo, che c’è dall’origine per l’essere ribelle che il serpente portò, ricominciando ad esserci la rettitudine, uscirà.

Genesi 3,10 – E ci risarà l’originaria vita.
Nei corpi verrà riversata la potenza.
Per la rettitudine accesa nei viventi il tempo sarà dentro a scorrere che l’angelo (ribelle) portò con i guai nei corpi (quando) all’origine la rettitudine spazzata fu dal verme.
Per incontrarlo così saranno portati i fratelli a casa dall’Unico.

Genesi 3,11 – E furono all’origine per l’essere ribelle i viventi ad essere scacciati.
Furono alla porta con il serpente.
Così, con la rettitudine che spazzata era stata dai corpi, i viventi vennero nel mondo a vivere.
Dell’angelo entrò in azione la sozzura.
Il rettile portò la forza a finire nell’esistenza.
Tutto logorò.
Alla fine sarà dall’Unico la vergogna della vita ricusata in tutti completamente.

Genesi 3,12 – E sarà la primitiva vita nei corpi a rientrare nell’uomo.
Per l’Unigenito, con la risurrezione, uscirà la felicità; l’energia del Crocifisso alla fine entrerà a risorgerli.
Sarà Lui ad inviare il drago fuori.
Dal Potente dalla destra uscirà in azione con il comandamento di mangiarlo.

Genesi 3,13 – E sarà l’Unigenito per il ribelle una calamità.
La maledizione gli sarà in pienezza con la risurrezione.
Uscirà dai viventi fuori colpito.
Verrà per l’azione infuocata che ci sarà in tutti portato alla fine.
La primitiva vita nei corpi rientrerà.
Per primo bruciato uscirà.
Entrando l’energia nelle tombe della risurrezione entrerà un fuoco forte che per primo l’angelo si porterà a mangiare.

Genesi 3,14 – E fu l’Unigenito al ribelle, che uscì per portarsi ad entrare nel mondo, a maledire.
Fu nei viventi la maledizione per l’angelo che vi si chiuse; erranti furono.
L’azione della risurrezione che ci fu nel Crocifisso a colpire venne il maledetto.
Dall’Unigenito in croce uscì con l’acqua la sposa che il bestiale porta dai viventi tutti ad uscire.
Per finire nel mondo il demonio uscì dall’alto a scorrere la grazia.
Così l’indicazione in cammino portava; l’azione portava frutti.
Finiva mangiato il maligno nell’acqua che c’era nelle assemblee con la forza che c’è della rettitudine.

Genesi 3,15 – E guai dentro al mondo con la donna fu il Crocifisso a portare in casa ad esistere all’angelo (ribelle) per la rettitudine che recava.
Da dentro erano apostoli ad uscire dalla donna, che recavano dentro la forza del Nazareno.
Agiva la rettitudine portata dentro agli oppressi a colpire il cattivo; usciva la perversità dagli uomini.
E con il soffio della rettitudine, che nel popolo la donna reca, viene la virtù nelle persone che le portano nell’agire a versarla dentro.

Genesi 3,16 – La maledizione con la donna uscì dell’Unigenito per l’essere ribelle, (in quanto) un popolo abitava il mondo che dalle insidie usciva per il consiglio intelligente che la rettitudine reca.
E nel mondo per (quel) popolo l’angelo si spegneva addolorato dal Crocifisso.
A partorire è figli che sono la vita a recare di Dio; uomini retti.
Con le virtù, per la versata rettitudine portata da Lui, è a dominarlo in casa così.

Genesi 3,17 – E sul serpente, che nell’uomo originò una vita fiacca, è ad illuminare i viventi.
Nel tempo, al serpente a versare reca il rifiuto, illuminando l’oppressione che porta ed indica che l’originaria vergogna dall’angelo uscì.
Al sentire le sozzure del rettile, portata è l’indicazione che sono in prigione i viventi nel corpo per il serpente che venne all’origine la vergogna nei viventi ad abitare.
(Onde) il maledetto esca dal mondo, dagli uomini escono preghiere che da dentro la recata fiacchezza che li abita con l’afflizione portata dall’angelo finisca, che dell’Unigenito in tutti l’energia entri, (onde) per la rettitudine del Potente nei giorni la vita sia retta.

Genesi 3,18 – E a risvegliarsi porta le generazioni aiutando i popoli.
Finisce giù nei viventi la forza che ammala con la rettitudine e, l’Unigenito, a tutti indica che riverrà in azione per rapirli dal demonio del mondo.

Genesi 3,19 – In casa lo colpisce nel tempo per l’Unigenito.
A soffiare è la rettitudine, indicando di mangiare il pane eterno per convertirsi (onde) l’affliggere del serpente esca dall’uomo.
Entra così a stare nei viventi la vita angelica (la manna) uscita dal Potente che versa nelle assemblee del Crocifisso.
La rettitudine spazza, con il soffio, dai corpi i guai della perversità.
Dio (così) agisce facendo frutti completi di conversione.

Genesi 3,20 – Porta l’obbedienza del popolo riunito nel mondo all’Unigenito con il sangue del Risorto.
Alle centinaia a bere lo reca nelle assemblee ed entra la rettitudine che è (propria) di Lui.
Nel mondo fu dal Crocifisso ad uscire l’unica Madre di tutti i viventi.

Genesi 3,21 – A recare è il sentire della risurrezione del Signore.
Della divinità nel mondo è la pienezza con il sangue a recare che il rifiuto bevendolo porterà con la rettitudine al drago, portando un limite al peccare.
A saziare è i cuori con il Nome.

Genesi 3,22 – A portare è all’Unico di viventi un popolo (in cui) del Signore la divinità, entrata a stare nella Madre, entrata negli apostoli, entra negli uomini per una vita retta.
Fratelli di sangue con l’acqua gli apostoli portano a partorire, che sentono il Crocefisso nel cuore portarsi dentro.
E dal popolo il peccare per azione del Crocifisso esce, le persone sono tratte fuori dalle strette in cui erano dell’essere impuro portato dal serpente.
Versa la grazia la Madre in seno, che rialza per uscire a vivere l’esistenza.
Ai viventi porta l’originaria rettitudine che li accompagnerà con la probità per sempre.

Genesi 3,23 – Ed è ad illuminare che per il serpente che li ha imprigionati nel mondo portandoli in forza della perversità Dio uscito fu dei viventi da scudo.
L’ha visto, l’ha giudicato del Potente il Servo, l’Unigenito, il Crocefisso, al mondo tra gli uomini rientrerà (dal quale) la Donna dal corpo guizzò rovesciandola dalla quinta costola con l’acqua.

Genesi 3,24 – Porterà la forza per scacciarlo.
Riverrà tra gli uomini per portarli a riesistere con la risurrezione; così l’angelo dai viventi rovescerà dal sangue.
Per la potenza che scorrerà per l’energia dell’Eterno belli tutti usciranno; la rettitudine nelle moltitudini ci sarà dei viventi.
Porterà l’Unigenito alla fine il serpente, entrato nei cuori, ad uscire arso; il bestiale finirà così.
Il Crocifisso dal serpente li avrà custoditi, (infatti) riverranno le generazioni così a vedersi rialzare, (in quanto) riuscirà a vivere chi era vivente.

È tratteggiata, con dettagli, una profezia sull’evangelizzaazione che seguirà all’evento della risurrezione del Cristo da parte della Donna uscita dal suo costato.

GLI INVITATI
Gesù aveva dichiarato: “In verità in verità vi dico se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue è vera bevanda.” (Giovanni 6,53)

In effetti ora tutto è pronto.

Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio.” (Matteo 22,2)

C’è la fidanzata, la piccola Chiesa nascente di Gesù di Nazareth.
C’è il posto, il giardino terrestre ricostruito, la nuova Gerusalemme.
C’è l’acqua, il pane, il vino e l’agnello.
Per le nozze manca solo di mandare gli inviti e di attendere gli invitati.

Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra.” (Atti 1,7-8)

Matteo alla fine del suo Vangelo riporta il comando di Gesù:

Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo.” (Matteo 28,19-20)

Marco commenta:

Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme a loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano.” (Marco 16,20)

Questi sono i messaggeri, i nuovi angeli, il nuovo carro di fuoco si mette in moto, la “Merkaba”, Lui è in mezzo a loro li accompagnerà fino alla fine del mondo, lui il Figlio dell’uomo della visione del carro di fuoco di Ezechiele. (Vedi “Il carro di fuoco di Ezechiele: ufo e/o macchina del tempo?“)
Il carro va in tutte le direzioni dei venti, fino ai confini della terra, il motore è lo Spirito Santo, la gloria del Signore va a raccogliere gli esuli, i pellegrini di questa terra, tutti quelli che sono i figli di Dio e li riporta a casa, invitati alle nozze dell’agnello.
E Gesù “fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo. E, poiché essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: perché state guardando il cielo? Questo Gesù che è stato tra voi assunto al cielo tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo.” (Atti 1,9-11)
Ancora due angeli ad indicare la via.
Lo sposo è andato a preparare le nozze.
Ancora la sposa si prepara e questa attività si compie in cielo e in terra.
La promessa dell’arco dal cielo e della scala di Giacobbe si è incarnata; gli angeli salgono e scendono.
Dove si è verificata questa ascensione?
La località precisa non è indicata.
Dopo l’ascensione Luca comunque continua la descrizione della preparazione della sposa e fa intendere che l’ascensione si verificò sul monte degli ulivi dal giardino ove erano scesi a consolare Gesù prima della passione e dove “sudò” sangue, al giardino di Dio perché: “Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato.” (Atti 1,12)
Luogo davvero denso di significato, segno e conferma del ponte che con Cristo e la Chiesa si instaura tra le terra promessa e il cielo promesso.
Gli apostoli tornarono in città e “salirono al piano superiore dove abitavano“; è la descrizione del cenacolo.
Erano assidui e concordi nella preghiera “insieme con alcune donne e con Maria la Madre di Gesù.” (Atti 1,14)
Comincia il banchetto ecauristico anticpo e promessa di quello eterno in Paradiso.
Il giorno di Pentecoste su tutti ci fu l’effusione dello Spirito Santo in forma di lingue di fuoco con il dono delle lingue, tanto che gli stranieri capivano l’annuncio del kerigma, della buona notizia di Gesù Cristo: “Questo Gesù Dio l’ha resuscitato e noi tutti ne siamo testimoni… È stato crocefisso per i nostri peccati ed è stato risorto per la nostra giustificazione. Sappia dunque con certezza tutta la casa d’Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocefisso… Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei peccati… Salvatevi da questa generazione perversa.” (Atti 2,32-40)
Ogni generazione ha la necessità d’essere evangelizzata, ogni uomo della terra deve essere iniziato ed il Signore elegge, incarica e invia i suoi ministri ed annunciatori e questi vengono chiamati, resi testimoni di quanto vanno annunciando, pronti a dare la vita per la missione.
E gli uomini nati prima di Cristo?
E quelli nati dopo, ma in posti dove non sono arrivati gli apostoli?
Il giorno del sabato Santo è il segno del riposo sulla terra del Signore; in quel giorno il suo corpo riposò nella tomba.
Quel giorno Cristo era morto e non ancora risorto; la Chiesa non c’era.
Gli apostoli e i discepoli erano paurosi e dispersi.
Cristo però secondo la fede della Chiesa è disceso agli inferi, cioè è disceso negli abissi della morte per annunciarsi da solo a tutti quelli che lo hanno atteso.
E ci sarà un giorno, l’ultimo, in cui si annuncerà e si rivelerà a tutti per essere accettato o no nella libertà, perché non c’è uomo che desiderando la vita eterna non sarà accolto da Cristo.

Evidentemente gli antichi criptatori s’erano chiesti come sarebbe potuto avvenire il transito dalla terra al cielo, quale sarebbe stato il varco e la strada che ci avrebbe portato nel mondo di Dio.
La risposta evidentemente fu:

  • Dio Padre ed il suo Cristo sono in comunicazione;
  • tra il cuore dei due c’è quindi un canale figurato di comunicazione;
  • il cuore del Padre è lassù;
  • quando ritornerà in potenza, da risorto, il cuore del Cristo sarà quaggiù;
  • se i risorti entreranno nel cuore di Cristo, veranno portati dal Padre.

Questo pensiero l’ho trovato più volte nel decriptare brani biblici dell’A.T..
Al riguardo presento, senza dimostrazione, il risultato della decriptazione della seconda metà del I Capitolo dell’Esodo.
Riporto il testo CEI e la decriptazione:

“Allora vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati per opprimerli con i loro gravami, e così costruirono per il faraoni le città-deposito di Pitom e Ramses. Ma quanto più opprimevano il popolo, tanto più si moltiplicava e cresceva oltre misura; si cominciò a sentire come un incubo la presenza dei figli d’Israele. Per questo gli Egiziani fecero lavorare i figli d’Israele trattandoli duramente. Resero loro amara la vita costringendoli a fabbricare mattoni d’argilla e con ogni sorta di lavoro nei campi: e a tutti questi lavori li obbligarono con durezza.
Poi il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, delle quali una si chiamava Sifra e l’altra Pua: Quando assistete al parto delle donne ebree, osservate quando il neonato è ancora tra le due sponde del sedile per il parto: se è un maschio, lo farete morire; se è una femmina, potrà vivere.
Ma le levatrici temettero Dio: non fecero come aveva loro ordinato il re d’Egitto e lasciarono vivere i bambini.
Il re d’Egitto chiamò le levatrici e disse loro: Perché avete fatto questo e avete lasciato vivere i bambini?
Le levatrici risposero al faraone: Le donne ebree non sono come le egiziane: sono piene di vitalità; prima che arrivi presso di loro la levatrice, hanno già partorito!
Dio beneficò le levatrici. Il popolo aumentò e divenne molto forte. E poiché le levatrici avevano temuto Dio, egli diede loro una numerosa famiglia. Allora il faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo: Ogni figlio maschio che nascerà agli Ebrei, lo getterete nel Nilo, ma lascerete vivere ogni figlia.” (Esodo 1,11-22)

Esodo 1,11 – E sarà in dono i viventi a recare in alto; vi saranno portati con i risorti corpi per stare a vivere nella pienezza.
Saranno nella Parola in seno.
Li invierà alla vista degli angeli.
Tutti recherà a casa, convertiti; del serpente puri riporterà.
Portati saranno dal Figlio che agì con il corpo che fu da misero portato in croce dal serpente, Faraone del mondo.
L’Unigenito dalla Croce il soffio della purezza riporterà.
Verrà il male consumato.

Esodo 1,12 – Ed afflitto dalla risurrezione dei corpi sarà, che agirà ricusandol completamente, con la recata rettitudine, l’angelo che è nei corpi dentro con la perversità.
La rettitudine inviata, che risarà a soffiare nei corpi, giù lo recherà.
Sarà alla fine a riportare la vita nelle persone che saranno figli in forza della rettitudine di Dio.

Esodo 1,13 – E spazzato solo sarà portato dai viventi il nemico.
Risaranno vivi a venire i figli che lo saranno in forza della risurrezione dei corpi che di Dio la vita soffierà nei corpi con la rettitudine.

Esodo 1,14 – Porterà a cambiare i corpi e riverrà la vita che fu ad uscire dai viventi.
Dentro il Servo nel mondo verserà la risurrezione che entrerà dentro da veleno che sazierà dentro il serpente.
L’energia che sarà nei viventi recata dentro a tutti agirà dentro d’aiuto; uscirà da dentro il demonio.
Rientrerà l’originaria perfezione per l’agire dentro della legge divina.
Nei viventi l’Unigenito avrà bruciato il male che solo portava il bestiale dentro con il soffio che infiacchisce.

Esodo 1,15 – Porterà a spazzare da dentro l’essere impuro dai viventi che angustia è per la vita perché li fecondò tutti entrando in azione dentro i corpi (in quanto) fu a segnare le donne.
Con i corpi risorti i viventi gli usciranno fratelli.
Saranno belli fuori portati dalla risurrezione.
I viventi usciranno esseri rinnovati.
Saranno tutti al Verbo a portarsi alla vista fuori.

Esodo 1,16 – E sarà l’originaria vita nei corpi dentro rigenerata dalla rettitudine.
Verranno nell’aldilà ad essere portati tutti.
Ed alla vista saranno tutti degli angeli.
Innalzati al Padre con gli angeli, saranno a vivere con l’Unigenito la vita dei figli.
Lui li porterà fuori dai morti tra gli angeli; all’Unico tutti porterà e con l’Unico vivranno.
A casa tutti con Lui li porterà a vivere.

Esodo 1,17 – E tutti saranno con il corpo ad incontrarlo da vivi.
Saranno potenti per l’aiuto che li ha segnati.
Verranno a Dio dal mondo a stare a vivere.
Si porteranno potenti (come) prima per l’agire della risurrezione che avrà recato la rettitudine.
Felici per l’aiuto, ricreati dalla potenza, saranno ad entrare tra gli angeli i viventi.
Per la potenza anelata scesa nei corpi saranno dalla morte vivi in forza dell’energia venuta che a rigenerare sarà stata i viventi.

Esodo 1,18 – E con il diletto Unigenito Re i viventi su con il corpo staranno a vivere perché sarà stata la potenza con la legge divina riportata.
Sarà per l’Unigenito dell’essere ribelle la potenza uscita con l’energia che vi viveva dell’essere impuro che vi agiva.
Per l’azione della risurrezione saranno tutti angeli che entreranno come api in Questi (Unigenito).
Tutti si porteranno ad entrare nel chiuso dov’erano a stare gli angeli dell’Unigenito; completamente rigenerati saranno i viventi.

Esodo 1,19 – Si porteranno nel Crocifisso Unigenito a vivergli nel corpo.
Da angeli v’entrarono i viventi rigenerati tutti; le migliaia nel corpo si viddranno entrare.
Bruciature al serpente avrà originato la rettitudine la cui energia con la risurrezione fu nei viventi.
Uscirà dai viventi giù dal corpo (dove) stava.
Con il Crocifisso dal mondo nell’aldilà saranno tutti.
Così saranno vivi portati dal Crocifisso dal mondo tra gli angeli.
Gli usciranno da dentro al cuore con il corpo gli uomini; a casa li condurrà dell’Unico.
Il maledetto angelo uscito dai viventi sarà stato dalla potenza bloccato della legge divina (in quanto) era il serpente un essere impuro.

Esodo 1,20 – E saranno per stare nel cuore dentro di Dio ad entrare in forza della Parola i viventi rigenerati.
Tutte portate saranno le moltitudini; entrarvi si vedranno.
Vivi porterà a stare dal legno i viventi; li condurrà a vivere sulla nube.

Esodo 1,21 – Da dove fu ad uscire la forza della rettitudine saranno a stare.
Nell’Unigenito nel corpo si porteranno per entrarvi a vivere.
Saranno a guizzare dalla porta del Crocifisso.
Verranno a Dio dal mondo ad essere i viventi portati.
Saranno a vederlo standovi tranquilli a vivervi.
A casa del Crocifissero staranno i viventi.

Esodo 1,22 – E saranno su a vederne il volto per il male uscito del serpente da tutti per l’azione di circoncisione (attuata) dell’Unigenito.
Vivi col corpo tutti gli entreranno a casa.
Gli angeli ad entrare saranno ad accompagnarli dalla porta.
Ne entrerà un fiume.
Fuori da tutti bruciato il serpente sarà dalla rettitudine.
La perversità portata da tutti uscirà da dentro finalmente strappata via.
Saranno riportati angeli.

LA SPOSA E LE NOZZE
Su Maria, la Madre di Gesù sono stati scritti tanti libri e ci sono tanti studi.
Per la fede cristiana Dio in Gesù s’è fatto uomo, figlio di una donna, Maria ed hanno vissuto per almeno 30-33 anni assieme.
Si lascia all’intuizioni comprendere quale legame profondo li unisse.
Di Giuseppe, “nutrizio di Gesù” i Vangeli non indicano quando morì.
L’ultima traccia che se ne trova nei Vangeli è quando Gesù a 12 anni andò a Gerusalemme con i genitori e si trattenne nel tempio con i dottori.
La funzione di Giuseppe, come quella di ciascun padre ebreo, è stata di istruire il figlio nella tradizione dei padri e di insegnargli il mestiere.
Di Maria è detto che conservava nel suo cuore i fatti e la storia come insegnamenti illuminati del Signore e del pari gli stessi Vangeli confermano la presenza di Maria anche in alcuni momenti della vita pubblica del figlio.
Non ci vogliamo soffermare su questi in particolare sotto la croce.
Giovanni, che nel suo Vangelo si definisce “il discepolo che Gesù amava”, racconta il seguente episodio, che non raccontano gli altri evangelisti.
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: Donna ecco tuo figlio. Poi disse al discepolo: ecco tua madre. E da quel momento il discepolo la prese a casa sua.” (Giovanni 19,25-27)
Cioè ad un discepolo Gesù consegna la Madre e questi la prende con sé a casa sua, segno che a ciascun Cristiano è il discepolo che Gesu ama, cui è consegnata quella stessa Madre, perché nato a nuova vita dal fonte battesimale e dall’eucarestia direttamente discese dalla croce.
La Chiesa è l’insieme dei Cristiani di ogni tempo che hanno detto si nel profondo accoglendo con gioia lo Spirito di Cristo: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa purificandola per mezzo del lavacro dell’acqua accompagnato dalla parola per farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.” (Efesini 5,25-27)
Dalla visione dell’Apocalisse, “la rivelazione“, ultimo libro del Nuovo Testamento per coloro che faranno parte della nuova Gerusalemme abbiamo raccolto quali sono i doni per i vincitori a cui:

  • “…darò da mangiare dall’albero della vita che sta nel paradiso di Dio.” (2,7)
  • “…darò la manna nascosta e una pietruzza bianca sulla quale sta scritto un nome nuovo, che nessuno conosce all’infuori di chi lo riceve.” (2,17)
  • “…darò autorità sopra le nazioni, le pascolerà con bastone di ferro e le frantumerà come vasi di terracotta, con la stessa autorità che a me fu data dal Padre mio e darò a lui la stella del mattino.” (2,26-28)
  • “…sarà dunque vestito di bianche vesti, non cancellerò il suo nome dal libro della vita ma lo riconoscerò davanti al Padre…” (3,5)
  • “…lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio, e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, da presso il mio Dio, insieme con il mio nome nuovo.” (3,12)
  • “…lo farò sedere presso di me sul mio trono, come io ho vinto e mi sono assiso presso il Padre mio sul suo trono.” (3,21)

Nel descrivere la visione della nuova Gerusalemme si ritrova:

  • il fiume: “Mi mostrò poi il fiume d’acqua viva limpida come cristallo che scaturiva dal trono di Dio e dell’Agnello.” (22,1)
  • l’albero della vita “In mezzo alla piazza della città e da una parte e dall’altra del fiume si trova l’albero della vita che dà dodici raccolti e produce frutti ogni mese; le foglie dell’albero servono a guarire le nazioni.” (22,2)
  • ma non c’è più l’albero della conoscenza del bene e del male, perché ormai la conoscenza non serve più visto che la verità, l’Amen, si vedrà faccia a faccia.

Lo Spirito e la Sposa dicono: Vieni e chi ascolta ripeta: Vieni! Chi ha sete venga, chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita.” (22,17)

MANGIARE DELL’ALBERO DELLA VITAultima modifica: 2018-06-25T19:19:31+02:00da mikeplato
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