L’UOVO COSMICO, PERCORSI DI UN SIMBOLO

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di Massimo Fongaro 

Nella mitologia di molte religioni arcaiche è presente il mito dell’uovo cosmico che, nella sua valenza cosmogonica, simboleggia l’unità primordiale dell’essere, la totalità perfetta, indivisa, che precede la separazione degli elementi e la nascita dell’universo visibile. A questo simbolo, come per tutti i simboli religiosi, appartiene una forma essenziale o mitema, cioè la struttura logica di elementi caratterizzanti che sono riconoscibili, al di sotto di ogni espressione particolare, in ogni mito. Seguirò a ritroso i percorsi di questo simbolo a partire dalle tradizioni greca, indiana e cinese, allo scopo di risalire fino al suo mitema archetipico, che ebbe origine, come tutte le credenze umane, in un determinato contesto storico e culturale.

Grecia 
In Grecia il mito dell’uovo cosmico è presente innanzitutto nella tradizione orfica, ricostruita attraverso i frammenti sopravvissuti al tempo. Noto è il frammento DK 1 A 12 reperito da Aristof. Uccelli 693-702, dove sono descritte le prime fasi della creazione cosmica: “In principio vi era il Caos e la Notte e il nero Erebo e l’ampio Tartaro, e non vi era la Terra né l’Aere né l’Oceano; negli infiniti recessi di Erebo generò per primo la Notte dalle nere ali un uovo senza seme, dal quale, con volgere delle stagioni, germoglia Eros desiderato splendente nella schiena per le ali dorate, simili a vortici tempestosi” (1). L’uovo compare nella fase iniziale della cosmogonia, quando si avviano le prime generazioni divine; l’universo, rappresentato dall’uovo, è nella sua forma embrionale, indivisa, non ancora dispiegata. In un secondo frammento si pone al principio di tutto non il caos e la notte ma l’acqua e la materia:
“In principio vi era l’acqua e la materia, da cui si condensò la terra, ponendo innanzi tutto questi due princìpi, l’acqua e la terra… Crono, dragone, genera una triplice generazione: l’Etere, dice, umido, il Caos infinito e terzo oltre questo Erebo nebbioso… Ma in questi Crono generò un uovo… E come terzo accanto a quelli il dio incorporeo, con ali dorate sopra le spalle e con teste taurine attaccate sui fianchi e sopra la testa un dragone immane…” (DK 1 B 12). Qui Crono è definito dragone, e un secondo dragone, stavolta immane, compare nel corso del divenire cosmico; ciò potrebbe sembrare curioso se lo stesso essere non ricomparisse anche in un terzo frammento il cui contenuto mitico è giudicato il più stravagante della tradizione orfica; la citazione è un po’ lunga, ma contiene elementi che sono decisivi per orientare l’indagine nella giusta direzione. Si parla di Orfeo: “L’acqua era per lui il principio di tutte le cose, e dall’acqua si formò il fango, e da entrambi nacque l’animale dragone, con una testa di leone attaccata e nel mezzo un aspetto di divinità, di nome Eracle e Crono. Questo Eracle generò un uovo straordinariamente grande, il quale, essendo pieno, per la violenza di chi lo generò, fu spezzato in due dallo sfregamento. La metà dalla parte della sommità divenne Urano e quella in basso la Terra; ne procedette un dio dal doppio corpo” DK 1 B 13.  Anche in questo frammento l’acqua è il principio di tutte le cose, compreso il dragone di nome Eracle e Crono che genera l’uovo cosmico; ma la creazione vera e propria dell’universo inizia con la rottura dell’uovo in due parti: rispettivamente il cielo e la terra. L’uovo, simboleggiando l’unità primordiale dell’essere, rappresenta l’universo nella sua unità e totalità, l’uno perfetto o cosmos; la separazione di cielo e terra è l’atto iniziale e necessario della creazione perché solo con la frantumazione dell’unità originaria possono dispiegarsi le molteplici determinazioni dell’universo.
Nel mito pelasgico della creazione si descrive con maggiori particolari la generazione del molteplice dopo la schiusura dell’uovo cosmico. Tutto inizia dall’abbraccio amoroso tra la dea Eurinome, emersa dal caos, e il serpente Ofione: “Subito essa, volando sul mare, prese la forma di una colomba e, a tempo debito, depose l’Uovo Universale. Per ordine della dea, Ofione si arrotolò sette volte attorno all’uovo, finché questo si schiuse e ne uscirono tutte le cose esistenti, figlie di Eurinome: il sole, la luna, i pianeti, le stelle, la terra con i suoi monti, con i suoi fiumi, con i suoi alberi e con le erbe e le creature viventi” (2). Non passi inosservata l’analogia tra il dragone di nome Eracle e Crono e il serpente Ofione. Il drago e il serpente sono due simboli permutabili di un secondo mitema, quello del mostro marino, che compare spesso nelle cosmogonie accanto al mitema dell’uovo. Sinteticamente, il drago, il serpente o il mostro marino, rappresentano l’elemento acqueo da cui si origina l’universo intero; ma come ogni simbolo sacro, anche il drago possiede un carattere ambivalente: se da un lato è la forza o potenza primordiale delle acque e come tale incontrollabile, selvaggia, imprevedibile come lo straripare di un fiume (spesso il drago è metafora del fiume), dall’altra è un simbolo di fecondità e di buon auspicio come il drago cinese Long, animale associato alla pioggia e quindi alla fertilità.

India
Il simmbolo dell’uovo cosmico ha una grande importanza nel pensiero induista. Esso è chiamato il Germe d’Oro (hiranyagarbha), la sorgente della luce dorata, il Dio Sole, il seme o l’embrione di tutta la creazione. L’uovo simboleggia la natura stessa della Divinità; nei Veda sta scritto: “In principio sorse il Germe d’Oro: Egli fu, non appena nato, il Signore dell’Essere, sostenitore della Terra e di questo Cielo… Quando le Acque potenti giunsero, portando con sé il Germe universale, da cui scaturì il Fuoco, allora venne in essere l’Unico Spirito di Dio… Questo Uno che nella sua potenza abbracciò con uno sguardo le Acque pregne di forze vitali, che generano il sacrificio, Egli è il Dio degli Dei e nessuno è pari a lui” (3). L’uovo o germe è concepito dalle acque primordiali che, come nella concezione orfica, costituiscono il principio generatore anche nell’induismo: “In principio, in verità, questo mondo era acqua, null’altro che un mare d’acqua. Le acque desiderarono, “Come possiamo propagarci?” Esse infiammarono il proprio ardore, compiendo proprio questo gesto con fervore. Raccogliendo la propria energia creatrice esse si riscaldarono e si produsse un uovo d’oro” (4).
Nella Chandogya Upanisad si descrive come dall’unità si passi alla molteplicità dell’universo visibile: “Il sole è il Brahman: ecco l’insegnamento. Ed ora la spiegazione: Al principio questo universo era Non essere. Esso divenne l’Essere. Si sviluppò. Divenne un uovo. Giacque per lo spazio d’un anno. Poi s’aperse. Le due metà dell’uovo erano una d’argento, l’altra d’oro. La metà d’argento è questa terra, quella d’oro è il cielo, la membrana esterna costituisce le montagne, la membrana interna le nubi e la nebbia. Le vene sono i fiumi, l’acqua della vescica è l’oceano” (5). La somiglianza con il mito pelasgico visto in precedenza è notevole: l’uovo, la totalità perfetta del cosmo, si schiude e ne escono i vari elementi dell’universo; questa cosmogonia è giudicata dagli esegeti un po’ incongruente, in quanto il sole, immagine astrale del divino, è generato dopo la rottura dell’uovo cosmico.
Gli elementi principali del mitema dell’uovo cosmico sono presenti anche nella mitologia induista: le acque primordiali generano l’uovo del mondo; l’uovo si spezza e le sue parti generano l’universo visibile. Ma come si spiega questa rottura dell’unità originaria? Nel mito orfico l’uovo è “spezzato in due dallo sfregamento” per la violenza di chi lo generò; nel mito pelasgico l’uovo si schiude dopo esser stato avvolto sette volte dal serpente Ofione; la riflessione vedica concepisce invece la creazione in termini di sacrificio, il sacrificio dell’uomo primordiale Purusa.
Per il pensiero vedico la creazione non è né una questione puramente divina, né un tentativo meramente umano, né un cieco processo cosmico; è umano, divino e cosmico al contempo. Ovverosia è cosmoteandrico. Il Purusa si auto-immola affinchè l’universo possa venire in essere. Da questo sacrificio totale, cioè dalle membra dell’Uomo cosmico, derivano tutte le cose animate e inanimate (6).
Fondamentale per il concetto di sacrificio del Purusa è l’inno RV X, 90, il quale descrive la formazione del mondo dal corpo dell’Uomo primordiale, che, come si legge al verso 1, è così vasto da coprire e debordare dalla terra: “Mille teste ha l’Uomo mille occhi, mille piedi; cingendo la Terra da ogni lato, la superò per l’ampiezza di dieci dita”.
Successivamente viene raccontato come gli dei eseguirono il sacrificio del Purusa per creare gli esseri viventi (versi 8-10), le caste (verso 12) e, infine, ai versi 13-14 gli elementi del mondo fisico: “La Luna nacque dalla sua mente; il Sole venne in essere dai suoi occhi; dalla sua bocca vennero Indra e Agni, mentre dal suo respiro il Vento fu generato. Dal suo ombelico sgorgò l’Aria; dalla sua testa si dispiegò il Cielo, la Terra dai suoi piedi, dalle sue orecchie le quattro direzioni. Così sono stati organizzati i mondi”.
Particolarmente interessante è quanto si legge nella Aitareya Upanisad, in cui viene descritta la creazione dell’universo da parte dell’Atman: “Esso pensò: “Ecco i mondi. Ora voglio creare i guardiani dei mondi”. Traendolo fuori dalle acque, Esso foggiò l’uomo cosmico. E lo covò. Dopo che lo ebbe covato, la bocca di lui s’aperse come un uovo: dalla bocca sorse la parola, dalla parola il fuoco. S’apersero le narici: dalle narici venne il respiro, dal respiro il vento. S’apersero gli occhi: dagli occhi sorse la vista, dalla vista il sole. S’apersero le orecchie: dalle orecchie sorse l’udito, dall’udito i punti cardinali. S’aperse la pelle: dalla pelle sorsero i peli, dai peli le erbe e le piante. S’aperse il cuore: dal cuore sorse il pensiero, dal pensiero la luna. S’aperse l’ombelico: dall’ombelico sorse l’apana, dall’apana la morte. S’aperse il membro virile: dal membro virile sorse lo sperma, dallo sperma le acque” (7). In analogia con RV X, 90, il macrantropo originario è il mezzo per cui la creazione si realizza: il suo enorme corpo viene smembrato e le singole parti vanno a formare gli elementi del cosmo e della civiltà. Il simbolo dell’uovo viene così trasfigurato nell’uomo primordiale, il Purusa, la cui bocca schiudendosi come un uovo pronuncia la parola creatrice che genera gli esseri del mondo. In tal modo il mitema dell’uovo cosmico si arricchisce di un terzo elemento: oltre all’elemento teologico (unità dell’essere) e a quello cosmologico (unità del cosmo), la concezione vedica presenta anche un elemento antropologico ossia il carattere personalistico della totalità della realtà.

Cina
Tra i miti della Cina arcaica compare un mito simile a quello indiano. Si tratta del mito di Pan Gu, il creatore del mondo (8), appartenente alla tradizione taoista.
All’inizio del mondo, cielo e terra formano un grande uovo, all’interno del quale Pan Gu cresce per diciottomila anni. Alla fine diventa un vero gigante e, con un colpo di scure, rompe il guscio in due parti: in questo modo divide il cielo, che sale, dalla terra, che si distende. Pan Gu cresce ancora per altri diciottomila anni e alla fine ogni parte del suo corpo si trasforma. Petto, ventre, braccia e gambe si mutano in montagne. Gli occhi prendono posto in cielo: il sinistro diventa il sole, il destro la luna. Del suo respiro sono fatte le nuvole e il vento. È la sua voce a brontolare nel tuono. Il sangue di lui forma i fiumi. I suoi peli si drizzano e sono alberi, la sua barba sfavilla nelle stelle. Le sue pulci divengono gli uomini e le altre quattro specie di esseri viventi: animali, piante, spiriti e fantasmi.
In questo mito l’uovo rappresenta l’unità originaria del mondo in cui cielo e terra sono ancora indivisi e stretti l’uno all’altra. La separazione e la creazione del mondo visibile avviene grazie a Pan Gu, il gigante che dorme nell’uovo e che ad un certo punto si sveglia. Spaccato l’uovo in due, i gusci vanno a formare il cielo e la terra; ma per completare la creazione è necessario che il corpo di Pan Gu, in analogia con il Purusa vedico, si divida e che le parti si trasformino negli elementi del cosmo. La somiglianza con la concezione indiana è notevole ma non esclusiva, dato che anche nella mitologia germanica esiste un mito analogo, quello del gigante Ymir, il quale viene ucciso e con le parti del suo corpo è creato l’universo. Lo schema tipico di questi miti è quello del sacrificio cosmico ben noto per le sue implicazioni rituali e antropologiche; verificherò se il concetto del sacrificio di un essere primordiale appartenga strutturalmente al mitema dell’uovo cosmico oppure se sia una giustapposizione successiva, più recente.

La fonte di irraggiamento
L’uomo è una realtà storica e, come tutte le creazioni umane, anche i miti hanno avuto un’origine nello spazio e nel tempo. Ritengo sia possibile dimostrare che alcune credenze religiose siano nate in età storica, e che le prove di ciò siano rintracciabili nella documentazione scritta più antica. Evidentemente per i miti nati in età preistorica o in epoche ancestrali ciò non è possibile. Tale convinzione nasce dalla constatazione che il mitema, come tutti i mitemi, possiede una struttura complessa e risulta difficile sostenere un’origine indipendente in diverse culture antiche, soprattutto quando gli stessi studiosi giudicano un mito stravagante o incongruente perché dissonante con una tradizione. Inoltre la comparazione linguistica offre strumenti che possono sostenere l’ipotesi della diffusione di una credenza a partire da un centro in cui una determinata civiltà ha creato la forma essenziale del mitema; l’archetipo, allontanandosi dalla sua origine attraverso le strade delle migrazioni, delle conquiste, dei commerci, viene assimilato da altre tradizioni religiose trasformandosi esteriormente per l’adattamento alle nuove mentalità, ma conserva il suo schema di fondo anche se parziale e trasfigurato. All’obiezione che la testimonianza scritta rappresenti l’ultima fase di un’elaborazione culturale, e che quindi documenti credenze nate in età anteriori prive di scrittura, rispondo che per alcuni miti, come per l’uovo cosmico, l’obiezione resta a livello di congettura non dimostrabile mentre il documento scritto e l’etimologia forniscono prove materiali, concrete e falsificabili a sostegno di un’ipotesi di lavoro. Di fronte a dati storici le uniche obiezioni ammissibili sono quelle d’ordine storico. Dal punto di vista cronologico il pensiero indiano è il più antico delle tre tradizioni fin qui esaminate. La riflessione vedica, infatti, iniziò nel XVI sec. A. C., mentre in Cina il mito di Pan Gu è attestato per la prima volta nell’opera di Gé Hong,, il famoso pensatore e alchimista taoista della dinastia Jin (IV sec. D.C.); in Grecia le testimonianze scritte più antiche non vanno oltre l’VIII sec. A.C, anche se sulla biografia di Orfeo e sulla costituzione della tradizione orfica, certamente non anteriori, non vi sono dati certi.
L’analisi etimologica confermerà il passaggio del simbolo dell’uovo cosmico dall’India alla Cina, attraverso il Tibet. Più difficile è invece individuare la fonte di irraggiamento in Occidente; a volte è stata ipotizzata una migrazione di concezioni religiose e filosofiche dall’India, ma tra Grecia e India c’è una vasta area culturale, il Medio Oriente, in cui hanno prosperato civiltà ben più antiche: in primis i Sumeri, poi gli Accadi, gli Ebrei, gli Ittiti, gli Assiri e così via, solo per accennare al numero e alla grandezza dei popoli di questa regione, per non menzionare più a Ovest gli Egiziani. Anticipo subito che il mitema dell’uovo cosmico non ebbe origine in India ma in Mesopotamia nel II millennio a.C., e che le analisi etimologiche indicano come poi si sia diffuso in tutte le direzioni, raggiungendo luoghi anche molto lontani.
La civiltà sumerica, che prosperò tra il 2900 e il 1900 a.C., presenta le testimonianze scritte più antiche dell’umanità. Già in età protostorica (3200 a. C.), la città di Uruk rivela i caratteri della città-stato; i primi esempi di scrittura, il cuneiforme inciso su tavolette di argilla, risalgono al 3100 a.C. ma solo alcuni secoli dopo troviamo i primi testi letterari e mitologici. A partire dal 2600 a.C., si possono rinvenire nelle tavolette diversi elementi strutturali del mitema dell’uovo cosmico, pur non presentando la mitologia sumerica questo simbolo. Il primo elemento è il tema dell’esistenza di uno stato primordiale indifferenziato che precede la separazione del cielo e della terra: “Cielo e terra erano legati l’uno all’altra (formando) un tutt’uno, non si erano ancora sposati” (9). Non si parla della natura di questo stato primordiale, esso costituisce l’unità originaria, embrionale, indifferenziata che precede l’azione creativa; potremo anche parlare di preesistenza di cielo e terra, riferiti al momento in cui essi erano ancora inscindibilmente uniti.
Secondo elemento è il tema della separazione di cielo e terra che sancisce l’inizio dell’azione cosmogonica: “Quando An prese per sé il cielo, quando Enlil prese per sé la terra” (10). L’idea della separazione di cielo e terra, an e ki, non è affatto scontata nel pensiero arcaico in quanto presuppone una scissione all’interno della percezione dello spazio vitale. L’atto della creazione, infatti, rompe l’unità dello stato iniziale, omogenea e indifferenziata, producendo le determinazioni molteplici della realtà esistente.
L’Acqua come principio cosmogonico è il terzo elemento rilevante che incontriamo. Assieme a cielo an, terra ki e montagna kur, nella mitologia sumerica l’acqua è uno dei principi fondamentali del cosmo su cui regna il dio Enki, il signore dell’abisso delle acque abzu; con la riforma del re Sulgi, durante la terza dinastia di Ur (2100 a. C.), il dio della saggezza Enki assume un nuovo primato sugli altri dei: “Magniloquente Signore del cielo e della terra, sublime per propria natura, padre, Enki, generato dal toro, che il seme del toro selvaggio ha fatto nascere, benvoluto da Enlil, la Grande Montagna, prediletto dal santo An… drago eccelso che stai in Eridu, la cui ombra ricopre cielo e terra… la tua casa eccelsa è costruita sull’Abisso, le sue colonne (portanti) sono quelle di cielo e terra” (11). Notare come Enki, divinità tutelare di Eridu, venga identificato con il drago che abbiamo già visto essere legato alle acque primordiali.
La storia della Mesopotamia non fu affatto lineare. I sumeri convissero con altri popoli di origine semitica giunti nella regione a partire dal 2400 a.C.: dapprima gli Accadi, poi gli Amorrei e successivamente gli Assiri; queste genti assimilarono e rielaborarono il patrimonio religioso sumerico secondo la loro mentalità e ciò che ne risultò fu l’Enuma elish, la sintesi più imponente del sapere mesopotamico. Compilato nella forma definitiva verso gli ultimi secoli del II millennio a.C., l’Enuma elish celebra il dio Marduk, la divinità tutelare di Babilonia che con Hammurabi (1792-1750 a.C.) assurge a capitale politica e culturale di tutto il Medio Oriente.
Un tema fondamentale presente in questo poema è quello della natura acquea del principio generatore di tutte le cose:
“Quando Lassù il cielo non aveva ancora nome, e Quaggiù la terra ferma Non era ancora chiamata con un nome, soli, Apsu-il-primo, loro progenitore, e Madre, Tiamat, genitrice per tutti loro, mescolavano insieme le loro acque” (12).
Al principio di tutte le cose c’è dunque l’acqua; l’abisso delle acque primordiali è costituito dalla mescolanza delle due masse d’acqua cosmiche: le acque dolci -Apsù in accadico-, principio maschile, e il mare salato Tiamat, principio femminile. L’originario abisso sumerico Abzu è scomposto in due entità acquee di genere maschile e femminile, probabilmente per spiegare la loro capacità generativa.
Ancor più rilevante per il mitema dell’uovo cosmico è quanto si legge al termine della quarta tavoletta dell’Enuma elish, in cui si descrive come viene creato l’universo a partire dal cadavere di Tiamat, sconfitta e smembrata da Marduk (13):

A mente fresca, il Signore contemplò il cadavere di Tiamat: voleva tagliarne la carne mostruosa per trarne cose belle.
La tagliò in due, come un pesce da seccare, e ne dispose una metà che incurvò come il Cielo.
Ne tese la pelle, su cui insediò guardiani ai quali affidò la missione di impedire alle sue acque di erompere… 
Raccolse la bava di Tiamat e Marduk ne formò la nuvola che assegnò a Adad il dio dei fenomeni metereologici…
Disposta allora la testa di Tiamat, vi ammucchiò sopra una montagna dove aprì una fonte nella quale un fiume fremeva. Aprì nei suoi occhi l’Eufrate e il Tigri…
Sui suoi seni ammucchiò le montagne lontane, e vi creò delle fonti per defluire in cascate.
Infine, curvò la sua coda e l’attaccò al grande cavo al di sopra del quale egli l’Apsu…
Dispose il sedere di Tiamat a sostenere il Cielo e soffittò la sua altra metà a consolidare la Terra”.

Pur non comparendo in primo piano il simbolo dell’uovo cosmico, in questi miti antichissimi sono presenti i suoi elementi strutturali:
1. lo stato di cose che precede la creazione del cosmo è uno stato indifferenziato e caotico, in cui tutte le cose sono mescolate e non ancora distinte tra loro;
2. la natura di questo stato è l’acqua;
3. la creazione dell’universo prende inizio con la separazione degli elementi costitutivi del cosmo, in primis del cielo e della terra, e successivamente con la generazione di tutte le altre cose del mondo;
4. le parti del cosmo sono ricavate dallo smembramento di un essere primordiale, il cui schema, quindi, appartiene strutturalmente al mitema dell’uovo cosmico; potremmo anche dire che l’uovo e l’essere primordiale sono due immagini equivalenti dell’unità precosmica. È poi di secondaria importanza se l’essere primordiale è un dio, un uomo o un mostro come si trova espresso nelle diverse tradizioni religiose. Nel mito babilonese Tiamat viene spaccata in due come un pesce da seccare, o come un’ostrica o un uovo secondo altre traduzioni, e con le sue parti sono formati il cielo, la terra e gli altri elementi dell’universo. Inoltre, nel poema si descrive Tiamat (madre abisso) come un essere enorme, immenso, dalla forza mostruosa e indomabile, così che a questo essere primordiale appartiene anche il carattere del gigantismo che si riscontra negli altri miti analoghi esaminati in precedenza: il Purusa, Pan Gu, Ymir sono tutti esseri giganti.

Le strade del mitema
Il mitema dell’uovo cosmico è nato in Mesopotamia per lenta elaborazione del patrimonio mitologico in seguito all’incontro delle civiltà sumerica e accadico-babilonese tra il III e il II millennio a.C.. La sua diffusione ha seguito le strade delle conquiste territoriali, dei commerci, delle migrazioni. Si ricordino le imprese di Sargon il grande (2334-2279 a.C.), fondatore della dinastia di Accad, che estese il suo impero a ovest e a nord fino al mediterraneo e a est fino all’Iran; Sargon e successori costituirono il ponte tra Oriente ed Occidente attraverso il quale si irradiò la cultura mediorientale. Nuovo impulso alla diffusione si ebbe con Hammurabi che fondò un nuovo regno vastissimo con al centro Babilonia, la metropoli economica, politica e culturale di guida per tutta la Mesopotamia. Successivamente, Assiri e Ittiti a nord, Medi e Persiani a Est a loro volta assimilarono e mediarono l’irradiamento dei simboli e delle concezioni mesopotamiche rispettivamente verso il Mediterraneo, il Mar Nero, e l’India. In questo modo non solo beni materiali, costumi, modelli di stato, ma anche credenze religiose e idee scientifiche si propagarono dal Medio Oriente in tutte le direzioni. Ovviamente ogni sapere importato viene selezionato, scomposto e assimilato in base alla mentalità e alle caratteristiche proprie di un gruppo etnico; ricondurre quindi un mito o un simbolo ad un archetipo storicamente determinato, non significa mettere in discussione l’originalità di una cultura, perché originale è il modo con cui una tradizione recepisce e rielabora il mitema che, ricordo, rappresenta solo lo schema o struttura di un mito o di un simbolo. I miti delle tre culture che abbiamo esposto sono il risultato di questa elaborazione.
India. Per quanto riguarda l’India, sono noti i rapporti commerciali della civiltà di Arappa con i Sumeri addirittura già nel III millennio. Più importanti per la nascita della civiltà indiana sono però le cosiddette invasioni arie da ovest nel Punjab, che si fanno risalire a metà del XVI secolo a.C.; queste migrazioni coincidono con l’inizio della riflessione vedica, ma è più fondato storicamente supporre un travaso di genti dall’Iran con la mediazione di Elamiti e Medi; queste genti importarono in India usi e istituzioni come la città stato nella forma della cittadella-tempio, il carro da guerra, la coltivazione del grano, e credenze religiose tra cui il mitema dell’uovo cosmico. È noto, inoltre, che la più importante scrittura sanscrita, il devanagari, deriva storicamente da un alfabeto semitico (forse l’aramaico) penetrato in India intorno all’800 a.C. attraverso la Mesopotamia.
Cina. Elementi culturali mesopotamici entrano in Cina attraverso due vie: dall’Asia centrale, grazie agli Sciti che si estendono dal mar Nero, ove hanno rapporti con gli Assiri, fino alla Cina a Nord-Ovest dell’impero; dall’India, attraverso il Tibet, già ripensati dalla riflessione indiana, a più riprese, non ultima con l’importazione del Buddhismo nel III-IV secolo d.C.
Grecia. In Occidente, la diffusione dei saperi mediorientali sul Mar nero, sul Mediterraneo e attraverso l’Anatolia è ampiamente attestata ed è facile dedurre la loro assimilazione nel I millennio a.C. dagli antenati dei Greci, i Pelasgi e i Traci (Orfeo era un trace). Dal Mar Nero, poi, Cimmeri, Sciti e Sarmati diffondono gli antichi saperi mediorientali verso il centro Europa, il Baltico e la Russia meridionale; non sorprende così di trovare nella cosmologia finnica, narrata nel Kalevala, il racconto di un’anatra che depone le uova sul ginocchio della madre delle acque; le uova, scivolando fuori dal nido, si rompono e i loro frammenti vanno a formare il cosmo:
La metà del guscio sotto diventò la madre terra:
l’altro mezzo guscio sopra si mutò nel firmamento:
quel che c’era sopra, giallo, brillò in cielo come sole:
quel che bianco c’era sopra diventò luna splendente;
quel che c’era di screziato brillò in cielo come stelle:
quel che l’uovo avea di scuro diventò nube nell’aria” (14).

L’uovo, il gigante, il drago
L’analisi etimologica del lessico utilizzato nei miti esaminati fornisce le prove linguistiche al quadro storico appena delineato. Se il mitema dell’uovo cosmico si è veramente diffuso dalla Mesopotamia a partire dalla prima metà del II millennio a.C., allora se ne dovranno trovare i segni nelle parole con le quali ha viaggiato sulla bocca degli uomini. Così se consideriamo il termine uovo, i temi del greco oon e oion e del latino ovum sono riconducibili all’accadico uwwu (uwum, uwun) cioè utero (15); la stessa base agisce nel latino uter (utero): dall’accadico atru, watru, matru (gonfio, sporgente,) cfr. ataru, watàru, col significato di sovrabbondare, eccedere. Queste radici accadiche forniscono la chiave per segnare anche i percorsi del mitema in Oriente: sempre dall’accadico atru, ataru, derivano le voci sanscrite udhas, udhar e udhan (utero) (16); il cinese jidan (uovo) risulta essere un adattamento del sanscrito udhan (17).
Per completare l’etimologia della parola uovo con il termine indiano Hiranyagarbha, il germe d’oro, si noti che è parola composta dalle componenti hiranya (oro) e garbha (germe). Hiranya, con radici sanscrite hari harit, richiama l’accadico husum (oro) della base di accadico Haràsu (scavare, trarre via); il sanscrito Garbha (germe), in analogia con il latino gemma, il greco gonfos, ha il valore originario di cima, ciò che emerge: ebraico gib’à, accadico gab’u (cima, cfr. ebraico gèvà, ga’avà (elevazione, magnificenza).
Il significato del termine sanscrito Purusa, inteso come “l’uomo primigenio”, latino priscus, persiano parsi “cittadino, persona”, si illumina se si ricollega al valore originario contenuto nell’accadico parsàwu (parsàmu), parsuwu (parsumu), (anziano, senator).
Il cinese Pan Gu è assimilazione del sanscrito panu (re, signore); la componente Pan richiama l’accadico pan (avanti), panù (parte anteriore), col significato di ciò che precede, il primo; Pan Gu è il primo uomo come il Purusa vedico. Notare come Pan Gu abbia la stessa radice del cinese pangdà che significa gigante, enorme.
Veniamo ora al dragone di nome Eracle e Crono. Il greco drakon è voce che indica sia drago che serpente; si ricollega al greco derkonai (vedo, guardo) il cui significato originario è però emanare fuoco, balenare, con richiamo all’accadico serhu (splendore). L’attributo dell’immane dragone è dato dall’aggettivo pelorios (pelorios drakon) che significa mostruoso enorme; la voce richiama la base corrispondente ad accadico ba’alum, bàlu (enormemente grande), a sua volta calcato sull’ebraico pele (prodigio).
Il serpente Ofione richiama invece un’altra voce greca: ofis (serpe, vipera), latino anguis (anguilla) con valore semantico di ydra, riconducibile all’accadico abbu (acquitrino, pantano, inondazione, cfr. ebraico ‘af’à, arabo ‘af’a (vipera).
Il mitema del drago o mostro marino è presente anche nella religione indiana e in quella cinese. Nella mitologia indiana si narra del drago Vrtra o Verethra, il drago simbolo delle piene distruttrici del fiume, sconfitto da Indra, la cui base etimologica riconduce all’accadico bèrta (corso d’acqua), bèni bùru (fonte), con la componente corrispondente ad accadico Atru (enorme). In Cina, il drago è forse il simbolo più importante della religione tradizionale, ma al contrario delle versioni occidentali, non ha valenza negativa o maligna. Anzi, essendo legato alla pioggia e ai fenomeni atmosferici, il drago cinese è simbolo di fertilità e di buon auspicio. L’analisi linguistica rivela come anche il drago cinese sia imparentato con i suoi cugini occidentali: il termine cinese Long (drago), al pari del greco dolicos (lungo) e del latino longus, richiama l’accadico durgu duruku (lontano), cfr. accadico arku (lungo), arraku (molto lungo), e l’accadico ullu (quello), babilonese allu (altro).
Il dragone di nome Eracle e Crono, il serpente Ofione, il drago Vrtra e il drago cinese Long sono tutti legati all’elemento acqueo e al pari possiedono l’attributo del gigantismo; questi esseri sono tutte derivazioni del mostro marino Tiamat di cui si narra nell’Enuma elish, rivisitati in modo originale dalle singole culture ma senza alterarne lo schema di fondo. Così, troviamo un’altra immagine di Tiamat nel mito omerico della creazione: “Certuni dicono che tutti gli dèi e tutte le creature viventi nacquero dal fiume Oceano che scorre attorno al mondo, e che Teti fu la madre di tutti i suoi figli” (18). Teti, la dea del mare, è la forma addolcita e grecizzata di Tiamat, la madre di tutte le creature nell’Enuma elish, mentre Oceano, greco Okeanos, ha significato originario di acqua del fiume: le forme originarie sono ogenos ogen per cui si veda l’accadico agù (acqua profonda, oscura, sumerico a-gi-a, a-gij-en-na (acqua alta).
La comparazione linguistica offre opportunità ancora inesplorate. Per concludere , ad esempio, si può richiamare il nesso tra l’uovo cosmico e il caos che in alcune trattazioni vengono accomunati nell’idea di principio generatore, ciò da cui tutto proviene. I due concetti hanno invece significati leggermente diversi perché l’uovo simboleggia l’unità del cosmo in potenza, ancora da dispiegare, mentre il caos, non è tanto l’insieme informe di tutte le cose, quanto la grande fossa oceanica, la cavità profonda e tenebrosa delle acque generatrici: caos, infatti, deriva dalla base del greco casco nel senso di spaccare, spalancare; il significato di tenebra scopre l’interferenza della base corrispondente ad accadico hasù, ebraico hàsah (essere oscuro, hàsoh (profondo, oscuro). Per cui è più legittimo identificare il caos con l’abisso delle acque primordiali. Se questo è vero, quando Esiodo canta nella sua Teogonia che “in principio c’era il caos e poi venne la terra ecc.” è come se dicesse che in principio c’era l’acqua e poi venne la terra ecc., attingendo come Omero, Orfeo, Talete ad una sapienza ben più antica, quella sumero-accadica, che pose l’origine di tutte le cose in remoti abissi acquei.

Note

Nota 1
Per questo e i successivi frammenti Cfr. H. Diels – W. Kranz, I presocratici: testimonianze e frammenti, 2 vol., Biblioteca universale Laterza, Bari 1996.
Per il testo greco si veda Otto Kern, Orphicorum fragmenta, Dublin Zurich 1972.

Nota 2
Per la ricostruzione di questo mito Cfr. Robert Graves, I miti Greci, Longanesi, Milano 1983, p. 21.

Nota 3
RV X, 121, 1-7-8. Per questo e i successivi inni vedici Cfr. Panikkar Raimundo, I Veda. Mantramanjari. Testi fondamentali della rivelazione vedica, 2 vol., RCS Libri S.p.A., Milano 2001.

Nota 4
SB XI, 1,6,1 Vedi anche i seguenti passi: RV X,82,5-6; AV X,7, 28; SB VI,1, 10-11.

Nota 5
Ch. Up. 3, 19, 1-2. Per questo e i seguenti passi delle Upanisad Cfr. Upanisad, a cura di Carlo della Casa, UTET, Torino 1983.

Nota 6
Per quanto riguarda l’idea del sacrificio primevo cfr. RV, X, 81,3; X, 130; TS, VII, 1,1,4; TB II, 1,2,1; AB II, 18.

Nota 7
Ait. Up. 1, 1, 3-4.

Nota 8
Per la ricostruzione di questo mito Cfr. Helft Claude, La mitologia cinese, Motta Junior 2002, p. 20. Per una trattazione più accurata Anne Birrell, Chinese mythology. An Introductions, Johns HopkinsUniversity Press, Baltimore 1993.

Nota 9
Giovanni Pettinato, Mitologia sumerica, Utet, Torino 2001, I 1, 5-6.

Nota 10
Ivi, I 5, 11-12; Cfr. anche I 6, 11; I 14, 1-3; I 15, 1; VI 2.

Nota 11
Ivi, I 16, 1-10.

Nota 12
Jean Bottero-Samuel Noah Kramer, Uomini e dei della Mesopotamia, XIV 50, I 1-5.

Nota 13
Ivi, IV 135 e Sgg.

Nota 14
Kalevala, a cura di Paolo Emilio Pavolini, Remo Sandron 1910, I 213-224.

Nota 15
Per l’etimologia delle parole latine e greche si consultino le rispettive voci in Semerano Giovanni, Le origini della cultura europea, Volume 2 Dizionari etimologici Basi semitiche delle lingue indeuropee, Olschki Editore, Firenze, 2000.

Nota 16
Per le voci indiane è stato consultato il The Cologne sanskrit dictionary project, By University of Cologne, Germany, consultabile su Internet all’indirizzo
Http://Webapps.uni-koeln.de amil.

Nota 17
Per le voci cinesi è stato consultato il Chinese-English dictionary, distributed by Yale University Press, U.S.A., consultabile su Internet all’indirizzo http:// 
www.zhongwen.com.

Nota 18
Omero, Iliade, XIV 201.

L’UOVO COSMICO, PERCORSI DI UN SIMBOLOultima modifica: 2018-11-27T20:31:45+01:00da mikeplato
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