Le origini del Sufismo, sigillo della Tradizione

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Il Sufismo si inserisce nell’alveo della Tradizione Primordiale di modo che risalti il suo ruolo di sigillo della rivelazione divina, e di sintesi degli insegnamenti iniziatici del passato, di quella tradizione che punta all’esperienza diretta del divino in noi.

 

Di Mike Plato

 

Cos’è il sufismo? La mia ipotesi è che questo movimento iniziatico in buona parte, sia una derivazione delle correnti essene e alessandrine che produssero lo gnosticismo di Alessandria. La cavalleria spirituale degli Ashishin (ismailiti di Alamut) fu erede della sapienza del tempio esseno, a tal punto che v’è una sospetta correlazione tra gli “ashidim” (esseni) e gli “ashissin”. Indiscutibili furono le influenze di questi cavalieri ismailiti sul sufismo, come le furono sui Templari. I resoconti storici documentano di scambi tra le correnti ismaelite, sufiche e templari, come è giusto che sia tra “fratelli in spirito”, a prescindere dalla religione o dal libro sacro di appartenenza. Si potrebbe ritenere che il Sufismo, nel suo intento di unione intima con Dio, debba le sue origini anche allo sciamanesimo che rimane comunque il nocciolo della Tradizione Primordiale, dato che esso insegna la salvezza individuale e le tecniche per “sciamare” verso la divinità interiore, indipendentemente da una religione organizzata. Molti concetti di evoluzione spirituale relativi ai regni sovra-mondani vennero, indiscutibilmente, da popolazioni sciamaniche del Turkestan, della Siberia e del Caucaso. Tuttavia, il sistema esoterico sufico è troppo sofisticato ed elegante per pensare che la matrice sufica sia solo sciamanica. E’ giusto, comunque, sottolineare che, al di là delle influenze iraniche, sabee, esseno-qabalistiche e sciamaniche, la peculiarità del sufismo è la diretta discendenza dagli insegnamenti e dalle rivelazioni esoteriche di Maometto, colui che aveva il privilegio di parlare con l’Angelo di Dio e di attuare l’ascensione (miraj), proprio come il cristianesimo gnostico deriva dalle rivelazioni del Cristo storico sulla costruzione del corpo di luce. Non si può prescindere da questo, né dal Corano, sul quale si concentrano gli sforzi interpretativi dei Sufi, che pure non disdegnano i testi sacri di altre rivelazioni divine. Inevitabilmente, i Sufi si prodigarono per replicare l’esperienza diretta del divino da parte di Maometto, proprio come alchimisti e rosacroce tentarono di replicare l’esperienza della “Merkaba” di Gesù.


Il giuramento

Le persone, più tardi note come Derwisci fecero nell’anno 623 d.c. un giuramento di fraternità e di fedeltà in Arabia. Questi costituivano il nucleo di Sufi musulmani, gli originari 45 individui della Mecca che fecero il patto insieme ad uno stesso numero di persone di Medina. E’ una costante delle grandi fratellanze vincolarsi alle origini con un sacro patto. Il patto fu sacro per gli esseni (come evincesi dai rotoli qumraniani), fu sacro per i templari, fu sacro per la massoneria delle origini. I Sufi non fanno eccezione. Ma i patti delle singole confraternite sono solo lo specchio di un patto primordiale, quello sancito dagli Angeli Vigilanti che calarono sul monte Hermon: “Giuriamo, tutti noi, e ci impegniamo che non ci ritireremo da questo piano, nessuno di noi, e lo porteremo a compimento. Allora tutti insieme giurarono e tutti quanti si impegnarono vicendevolmente” (Libro dei Vigilanti VI:3). Chi ha la vista lunga intuisce che gli stessi angeli che giurarono sull’Hermon saranno poi gli stessi grandi esseri che costituiranno le grandi confraternite iniziatiche votate alla Destra di Dio. Con il patto, ufficialmente, nacque quello che possiamo chiamare l’Ordine dei Sufi. In realtà, non dovremmo parlare di Ordine, per come esso viene concepito dagli iniziati occidentali, poiché essi ritengono che un Ordine debba avere schemi, regole ed una ritualità fissa. L’Ordine, per i Sufi, non è un’entità che si auto-perpetua con una gerarchia e premesse fisse. Il motivo risiede nel fatto che la natura del sufismo è evolutiva, e si adatta ai tempi e alle circostanze, la rigidità non essendo da loro contemplata. Quindi sarebbe più corretto parlare di scuole, di circoli (tekke), come lo sarebbe per la vera Rosacroce, che non si è mai strutturata in un Ordine costituito con una molteplicità di gradi, al modo della massoneria. Verso la metà del VII° secolo d.C., i Califfi arabi iniziarono ad espandere i confini dell’Islam a Nord, Est e Ovest, annettendo regioni sedi di antiche scuole mistiche e centri di conoscenza: l’Egitto alessandrino, da cui partì lo gnosticismo dei primi secoli dopo Cristo; Cartagine, ove S.Agostino aveva studiato ed insegnato le dottrine esoteriche pre-cristiane; la Palestina e la Siria, culle delle tradizioni segrete essene, ebraiche e frigie; l’Asia centrale col buddhismo esoterico; l’India con la sua tradizione esoterica vedica. I mistici arabi viaggiavano in questi centri esoterici, poiché credevano esistesse una profonda unità fra gli insegnamenti segreti di tutte le religioni. Anche gli altri esoterismi, secondo loro, originavano dalla “nicchia delle luci della profezia”. In buona sostanza, ricomponevano metaforicamente lo smembratissimo Corpo di Osiride o Corpo Ermetico, il corpus frammentato della conoscenza mistica. La particolarità dei loro insediamenti fu che questi antichi centri si trasformarono in centri di saggezza sufi. Il loro intento era evidentemente quello di integrare una conoscenza perduta e creare una rete che connettesse tutte le antiche sedi della Tradizione Primordiale. I Sufi, in un certo periodo della storia, furono veramente i depositari e custodi dell’antica saggezza, veri cherubini in terra. Lo divennero perché si comportarono come agisce un’ape che prende da fiori diversi. Essi stessi erano convinti di ritenersi eredi di un unico insegnamento, altrove diviso in molteplici parti, che poteva servire l’umanità come strumento di sviluppo. La Tradizione tramanda che i Sufi, nel senso di iniziati all’antica tradizione, siano esistiti in tutti i luoghi e tutti i tempi.


Scambi di conoscenze

Prima dell’Islam di Maometto, egli stesso Sufi, già esistevano con questo nome. Ma in realtà il loro vero nome era “Tasawwuf” che stà per “Sentiero, Percorso Spirituale” e la Via del Sufi è detta Tarika-Sufiyya. Possiamo affermare che, per la sua capacità provvidenziale di accoglimento e sintesi di tutte le forme della Tradizione Universale, fu l’Islam a poter leggere il nome del Graal scritto nelle stelle. Quindi, non dobbiamo solo ai Templari se la Tradizione di Melkisedeq e dei Vigilanti approdò in Europa, che ne era rimasta priva dalla fine della dinastia Merovingia (gli eredi della stirpe di Gesù) fino al 1118, anno di costituzione dell’Ordine dei Templari; lo dobbiamo anche e soprattutto ai Sufi. Il vicino Oriente, in quei tempi, era un crogiuolo dove si mescolavano e a volte si amalgamavano dottori ebraici, filosofi gnostici, cristiani nestoriani, manichei e sufi musulmani. Un simile crogiuolo lo potremo trovare più in là solo in Spagna, creando de facto una situazione irripetibile e irripetuta. Certamente vi furono scambi di idee tra gli iniziati che non si limitavano a semplici conversazioni. E’ abbastanza indicativo che le gilde salomoniche legate ai Templari abbiano preso per simbolo la rosa, prodotto alchimistico persiano, introdotta da Tibaldo IV di Champagne a Provins, e poi legata alla croce. E pare proprio che la tecnica alchemica alla base delle famose magiche vetrate delle cattedrali stesse fosse stata mutuata dai Sufi, capaci di fabbricare vetrate alchemiche già prima della loro introduzione in Europa, a partire dal 1100. Molti affermano che i Templari non avessero bisogno di apprendere dagli alchimisti musulmani, poiché avevano le Tavole della Legge alchemica (Tavole di Smeraldo), tratte dagli scavi sotto il tempio di Gerusalemme. E’ certo tuttavia che, a causa della vasta esperienza alchemica che i Sufi avevano sviluppato anche sulla base dei testi presenti ad Alessandria, alcuni Templari umilmente vennero iniziati da questi maestri di saggezza arabi. I Sufi, composti da Persiani e Siriaci, acquisirono le loro vaste conoscenze di astrologia, medicina e dottrina esoterica dell’antichità dai Grandi Magister sopravvissuti all’oscurantismo. La rottura del vecchio ordine nel Vicino Oriente, secondo la tradizione sufica, riunì le scuole esoteriche che operavano in Persia, in Egitto e nell’impero bizantino, facendoli confluire nella corrente sufica. A riprova, si trovano ancor oggi insediamenti sufici tra i turchi, i persiani, gli afghani, gli indiani, gli arabi, i malesi ecc. Di siffatto patrimonio gnostico si accorse persino S. Francesco, assetato di gnosi divina, il quale proprio da maestri Sufi dovette appropriarsi della “lingua degli uccelli”, un modo per indicare la segreta lingua e scienza degli spiriti (uccelli) e che fu il titolo, non a caso, di una nota favola iniziatica scritta da uno dei grandi maestri del sufismo: Farid ad-din Attar. I Francescani si appropriarono, traducendolo e studiandolo, di un’opera di un maestro Sufi, Avicebron di Malaga, il cui titolo era “Fonte di Vita”, opera basata sulla tipica filosofia di illluminazione sufi. Non fu casuale, poiché pochi sanno che l’ordine francescano, come quello benedettino, avevano fortissime connotazioni esoterico-iniziatiche. Lo stesso Francesco ebbe contatti ripetuti con i maestri Sufi e col Sultano di Babilonia e, unendosi agli eserciti della Quinta Crociata, visitò la Terra Santa, ove i primi Templari avevano la loro sede.


Il rapporto con l’ortodossia islamica

Il sufismo, pur nel rispetto della Sharià (legge islamica), ha sempre puntato al “batin”, il senso nascosto e spirituale delle scritture. Gli Ulama, i dottori della legge si scontrarono inevitabilmente con i Sufi, a causa del loro intento di monopolizzare l’interpretazione coranica. Essendo appoggiati dai governanti di Baghdad, inquisirono e perseguitarono molti Sufi, rei di insegnare l’esperienza diretta di Dio. Il maestro Mansur Al Hallay fu crocifisso a Baghdad nel 922, a mo’ di esempio per tutti. Questa politica persecutoria cessò in buona parte dopo il 1080, poiché il dottore della Sharià, Al Ghazali, attuò una politica di tolleranza nei confronti della famiglia esoterica dell’Islam, abbracciandone in segreto la corrente esoterica. Nel XII secolo sorsero i primi ordini del sufismo, grazie alla limitazione del potere califfale di Baghdad, e si diffusero le “tekke”, le loggie sufiche in cui le diverse scuole praticano e insegnano la via esoterica sotto la guida di uno Shaikh esperto. Ciò creò il terreno alla produzione di opere sublimi e alla libera espressione di grandi maestri dell’umanità: Ibn Arabi, Jalal od-din Rumi, Omar Khayyam, Farid ad-din Attar. Mi piace ricordare i primi due come fra i più grandi angeli vigilanti che mai abbiano messo piede sulla terra, autori di opere che è obbligatorio leggere e studiare per chi cerca realmente. L’influenza di questi esseri è ancor’oggi poco compresa.


L’influenza sufica in occidente

Si dovrebbe anche ricordare che la gran parte della tradizione alchemica dell’Occidente è giunta tramite fonti sufiche arabe, e che la cosiddetta Tavola di Smeraldo di Ermete Trismegisto si ritrova, nella sua forma originaria, in arabo. I Sufi sostengono che il termine “Grande Opera” sia una frase sufica tradotta, e che la dottrina della coincidenza microcosmo-macrocosmo si trova anche nella tradizione sufica. Notevoli furono le conoscenze sufiche in termini architettura sacra. Dalla Sicilia, attraverso i sultani battezzati, tedeschi della stirpe Hohenstaufen, l’Europa settentrionale ricevette un tipo di questa conoscenza; prova ne sia l’adozione dell’architettura sufica per il grande castello Hohenstaufen, e il simbolismo sufico per il mantello dell’incoronazione del Re Ruggero I. Il grande Raimondo Lullo, maestro dell’Arte Combinatoria, alchimista e illuminato, era un adattatore di libri ed esercizi sufici. Ruggero Bacone sosteneva che la conoscenza derivante dall’Antica Tradizione era nota a Noé, Abramo, ai maestri caldei ed egizi, a Zaratustra, a Ermes, Pitagora, Anassagora, Socrate, Platone e ai Sufi. Alberto Magno, sapiente e mago, studiò nelle scuole arabe e ispirò Tommaso d’Aquino. Perfino Papa Silvestro II, segreto iniziato, fu iniziato alla saggezza sufica. Salomon Ibn Gabirol, un cabalista ebreo di Malaga si basò su dottrine iniziatiche sufi. Nel nono secolo d.c. uno dei personaggi più illuminati d’Europa fu Ibn Masarrah di Cordoba, che insegnò ad un gruppo selezionato di discepoli quello che sapeva delle altezze che la coscienza umana può raggiungere; e lo fece con i metodi sufi. Gli astronomi più celebri erano Sufi arabi. I Pianeti e le costellazioni traggono i loro nomi e il loro significato occulto dalla lingua araba.


I “sufi” senza maestro

E’ noto che i Sufi usassero indossare la “khirqa”, una pelle di lana di cammello, considerata il simbolo dell’investitura iniziatica, come faceva l’esseno Giovanni Battista (Marco 1.6), un ‘altro addentellato di rilievo con i mistici di Qumran, e persino con lo zoroastrismo iranico dato che Zarathustra era il “sacerdote (zaothar-sacrificatore) dal pelo di cammello (hustra)”, a testimonianza di una universalità della tradizione. Ciò spiega perché accanto ad un sufismo sunnita, molto legato al Corano e all’essoterismo islamico, si sviluppò parallelamente un sufismo iranico, vero erede della religione della luce di Zarathustra, e che trovò in Yaya Shorawardhi il suo misconosciuto e grandioso campione, talmente grande da meritare di morire martirizzato. Il sufismo iranico, a mio modo di vedere, potrebbe essere ancor più vicino alla Tradizione rispetto a quello sunnita. Essendo erede dello zoroastrismo, forse la religione alla base del sistema esoterico egizio, il sufismo persiano non contemplava la partecipazione dei suoi “cherubini” ad una “tariqat” (confraternita). I Sufi persiani detestavano che si sostituisse lo “shaykh” (maestro) all’imam nascosto, il maestro interiore. Per loro, l’esperienza doveva essere realmente diretta, verticale, senza bisogno di entrare in una tariqat e di qui nella “silsila” (catena iniziatica). Nessuna mediazione per giungere a Dio, tranne che quella dell’Angelo della Presenza, colui a cui si prostrerà il Sufi sunnita Ibn Arabi, colui che Arabi venererà come il Khidr (il verdeggiante), l’erede islamico di Osiride, il grande verde degli Egizi. In tal senso, quasi tutti i maestri Sufi persiani, e alcuni sunniti, saranno ricordati come “owaysi”, coloro che non hanno avuto un maestro umano, coloro che “scelgono” Khidr-Melkisedeq-Sophia, il maestro dei senza maestro. Forse, all’origine del sufismo ci fu questo afflato verso l’istruzione diretta da parte dello Spirito Santo. Ma, come è noto, nella mente umana c’è sempre la tendenza ad organizzare e strutturare, e quindi a complicare ciò che per natura è semplice e spontaneo.


Perché Sufi

Il termine “sufi” può avere una molteplice etimologia. Gli “Ahl Us-Suffa” erano “quelli della veranda”, i “compagni del profeta (Maometto)” che avevano lasciato ogni cosa per seguirlo, vivendo senza possedere nulla. “Safa” vuol dire “purezza” : i Sufi sono i “Puri” (in arabo “saf”) e condividevano questo appellativo con i fratelli esseni, già accomunati dalla qualifica di “poveri” in senso spirituale. La purezza è indice di appartenenza a quel piccolo popolo che è nel mondo ma non è del mondo, che professa una religione che il Corano descrive come religione delle origini: Hanifiyya. Essa è la religione pura ed assiale, ed Abramo è l’Imam degli uomini in seno a questa: “Abramo non era nè ebreo, nè cristiano, era un Hanif, dedito interamente a Dio e non era un idolatra (n.d.a. non adorava la forma fisica, la materia e le Potenze angeliche altrimenti note come Arconti) (Corano 3:67)”. Il Corano 98:5 afferma che la vera Religione sia adorare e glorificare Dio in semplicità di Culto. Gli Hanif non sono pagani, non antropomorfizzano la divinità ma la venerano in spirito e verità, pagano la decima (zakat) a Melkisedeq-Khezr, e temono l’Ultimo Giorno. E’ l’antichissima religione dei devoti, dei sottomessi, di coloro che si annientano per fare la volontà del proprio Signore, degli Amici di Dio, di coloro che puntano a divenire uomini nuovi realizzando in sè “colui che viene” :”Datti a me’ disse il Signore ad Abramo. ‘Ecco, tutto a te mi son dato’…’Figlioli miei, Dio vi ha scelto la sua religione, e non morite in altra fede che non sia la totale dedizione a Lui (Corano 2:131)”. E’ lo stesso principio enunciato da Gesù in Matteo 22:37, e considerato il massimo comandamento, come già decretato da YHWH in Deuteronomio 6:5 : “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, tutta la tua anima e la tua mente…Amerai il tuo prossimo come te stesso”. I Sufi, attraverso la voce di As Sulami, insegnano parimenti: “Non ho trovato nulla di più utile, oltre all’attestazione dell’Unità con Dio, della compagnia dei fuqara (n.d.a. i poveri Sufi)”. (8) Il passo citato sgombra il campo da facili interpretazioni. Quando Gesù parlava dei prossimi, intendeva sempre e solo i simili in spirito, i fratelli. Ora, proprio di Gesù, e non solo di Maometto, i Sufi erano emuli. A mio parere, se ammettiamo che l’Islam sia il sigillo della profezia, la chiusura della rivelazione, ebbene il sufismo a maggior ragione è il sigillo della rivelazione iniziatica. Ed è qui che forse troviamo il significato ultimo del termine “sufi”. Sia in ebraico che in arabo “sof” o “suf” significa “fine, termine”, proprio perché il sufismo è la sintesi ultima degli esoterismi. E lo è, per certi versi, ancor oggi. Il misterioso termine “araba fenice” si schiuderebbe, così, nel senso della grande resurrezione (già proclamata da Sabbà, Gran Maestro degli Ashishin) della Tradizione Primordiale attraverso il sufismo


Per approfondire il tema della dottrina iniziatica sufica attraverso il catalogo di Booxtore si consigliano:

Sciamanesimo e Tecniche dell’Estasi, M. Eliade, Mediterranee

La Lingua degli Uccelli, F. A. Attar, Mediterranee

Sufismo, Velo e Quintessenza, F. Schuon, Mediterranee

La Scienza Iniziatica, Al Qaisary, Il Leone Verde

La Vigilanza, Al Ghazali, Il Leone Verde

L’Essenza del Reale, Rumi, Psiche 2

Il Nodo del Sagace, Ibn Arabi, Mimesis

Introduzione al Sufismo, As-Sulami, Il Leone Verde

I Sufi, Idries Shah, Mediterranee

Un Santo Sufi del XX secolo, Martin Lings, Mediterranee;

Il Libro di Mirdad, Michail Naimy, Mediterranee

 

 

 

 

Le origini del Sufismo, sigillo della Tradizioneultima modifica: 2009-08-07T18:00:00+02:00da mikeplato
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