IL TRIANGOLO del DRAMMA GRECO

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Il cosiddetto “Triangolo del Dramma Greco” è un’utile metafora per comprendere il tipo di relazioni che si instaurano tra individui ordinari (cioè non consapevoli sul piano interiore e spirituale) e come tale relazioni siano di norma controproducenti per tutti. Questo modello di riferimento prende il nome dai ruoli che costituivano la rappresentazione del dramma nella Grecia classica (*), ma a ben vedere i medesimi ruoli sono ancora oggi ricoperti dagli attori del cinema moderno così come dai personaggi dei cartoon, a significare che sono ruoli realmente universali. In ogni rappresentazione, infatti, troviamo una “vittima” (il cosiddetto “innocente”), un “cattivo” (il “carnefice” o il “persecutore”) ed un “salvatore” (il cosiddetto “buono”). Ovviamente i ruoli non è detto siano limitati ad un singolo personaggio, il cattivo può essere una banda malavitosa (anche se c’è sempre un cattivo per eccellenza su cui si concentra la nostra disapprovazione e condanna), così come la vittima può essere un gruppo di persone, una comunità, una famiglia (ma non di rado è rappresentata da una donna, cioè “la dama da salvare” delle favole) e infine non e’ raro trovarfe il salvatore incarnato in una coppia di eroi (uno dei quali è una “spalla” in appoggio, come in Batman e Robin, a rappresentare il subarchetipo filiale dell’archetipo maggiore “salvatore”). In ogni caso ciò che è interessante notare è quanto questi ruoli siano intercorrelati e interscambiabili durante gli eventi della rappresentazione, ad es. il “salvatore” può essere catturato nel tentativo di salvataggio (e dunque diventa “vittima”) e la causa diretta o indiretta di tale cattura può essere proprio la “vittima” originale (che quindi diventa “carnefice”), la quale però alla fine contribuirà alla liberazione del proprio soccorritore (diventando quindi, in quel momento, “salvatore”) infine ogni tanto anche il “carnefice” può avere un barlume di compassione o di magnanimità (incarnando il “salvatore”) e spesso si viene a sapere che è diventato così cattivo a causa di un grave torto subito nell’infanzia (dunque è anche una “vittima”), ecc…


Nelle favole, nelle commedie e nei film di azione, in cui si incarnano eventi eroici che di rado si verificano nella realtà, questi ruoli archetipici sono definiti molto nettamente, invece nelle rappresentazioni che si avvicinano allo svolgersi della vita quotidiana i ruoli sono più sfumati perché più lontani dal piano dei principi, e più vicini al piano dei fatti, laddove non esistono più archetipi puri ma solo ruoli spuri.

Se osserviamo il modo di porci nelle nostre relazioni vediamo subito che abitualmente ricopriamo uno dei tre ruoli: siamo “salvatori” se tendiamo ad essere caritatevoli, protettivi e di sostegno verso gli altri, “vittime” se siamo le pecore nere della situazione o gli eterni imbranati o coloro che hanno spesso e volentieri bisogno di aiuto e sostegno dall’esterno, “carnefici” se tendiamo a essere normativi, bastiancontrari, polemici od oppositivi nelle discussioni. 

Nelle relazioni di coppia la situazione è emblematica, e talvolta nelle discussioni si passa da un ruolo all’altro nel giro di pochi minuti “Io ti accuso – tu ti difendi – ci resti male – mi scuso – tu allora controattacchi con cattiveria – sono ferito – ti accorgi di aver passato il limite – tendi a minimizzare – io continuo a fare l’offeso – tu ti arrabbi ancora di più – ecc…” e non vi può essere più comprensione di sorta. Per uscire da questi ruoli orizzontali che sono solamente controproducenti (in quanto si rincorrono eternamente e l’uno genera l’altro per la legge del controbilanciamento della polarità) è necessario compenderne la dimensione superiore e sovrapersonale (legata alla Coscienza) ed imparare a vivere attraverso di essa.

Dimensione sovraemozionale del SALVATORE: 


donare il proprio aiuto solo nell’ambito stretto dei propri limiti (energetici, affettivi, fisici, materiali, finanziari,…) e dopo aver provveduto ai propri bisogni. Anche in ambitro spirituale, ad es. è essenziale prima evolvere adeguatamente a livello personale, e solo in seguito insegnare e trasmettere ad altri ciò che abbiamo appreso, anche se istintivamente vorremmo subito che anche gli altri beneficino di ciò che ha fatto bene a noi (non a caso è scritto “Crescete e moltiplicatevi”…). 
Inoltre sarebbe molto importante essere disponibili a dare solo se vi è stata una richiesta specifica a tale riguardo, senza autoproporsi, poiché in ta modo ci assumiamo personalmente la responsabilità della richiesta di aiuto mancante (è stato detto “Bussate e vi sarà aperto” – “Chiedete e vi sarà dato” per cui è bene che sia la richiesta prima di dare… poiché spesso è anche un esercizio di umiltà per il richiedente). 
Per realuizzare la dimensione sovraemozionale del “salvatore” è indispensabile pulire il bisogno di accettazione e stima degli altri!

Dimensione sovraemozionale della VITTIMA: 


il ruolo di “colui che necessita” può essere ricoperto positivamente imparando ad ammettere i propri bisogni in maniera diretta e responsabile, il posizionarsi nel ruolo della vittima spesso infatti comporta una richiesta passiva affinchè siano i salvatori presenti nell’ambiente a intervenire (ad es. in una festa mi metto in un angolo aspettando che qualcuno sia colpito dal mio stato di isolamento e venga a salvarmi), oppure una richiesta iperemozionale, petulante, ossessiva – come quella di un bimbo affamato che piange – e che determina nei più un senso di fastidio. E’ necessario pulire la sensazione di non essere all’altezza di sopravvivere da soli e di non avere ricevuto sufficiente nutrimento materno, inoltre bisogna imparare a chiedere aiuto.

Dimensione sovraemozionale del CARNEFICE: 


il “carnefice” in positivo interviene quando si impara a dire di no e a farci rispettare (se abitualmente non siamo in grado di farlo). Se invece la tendenza è quella di essere ipercritici possiamo imparare ad essere oppositivi solo in seguito ad un’elaborazione consapevole degli eventi, e a criticare portando sempre almeno una soluzione positiva.
A questo livello è necessario pulire il proprio vissuto emozionale di rifiuto o abbandono, altrimenti scatta la dimensione reattiva “prima che tu mi rifiuti di nuovo ti attacco e ti rifiuto io” e si cade nel ruolo persecutorio.

IL TRIANGOLO del DRAMMA GRECOultima modifica: 2013-11-10T17:01:20+01:00da mikeplato
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