Della Bile e degli esseri superiori

melancholia.jpgLa Bile Nera, o Atrabile, è quella che è nota come Melancolia o Malinconia. Fate attenzione. Melas è Nero, e il Cole è la Bile. Quindi, partiamo da questo dato. Nel Museo Ermetico- Alchimia e Mistica (Alexander Roob), alla pag. 203 è scritto: 

La Bile nera, il temperamento saturnino-melanconico, fu lodato dai neoplatonici fiorentini quale stato d’animo capace di stimolare geniali voli intellettuali e una profonda conoscenza di sè

E non è finita qui. John Milton, oltre al Paradiso Perduto, scrisse Melancholia (1631), e un passo si intitola IL PENSEROSO, in cui al poeta appaiono Hermes e Platone per spiegargli i misteri di Dio. Qui, la descrizione del Penseroso Melanconico è quella che si farebbe di un buon iniziato alchimista durante la sofferenza della Nigredo.

Dice Wikipedia: La melanconia, che non è la MALINCONIA, è un “umore nero” non nel senso moderno di rabbia o stizza, ma più intesa come un dolce oblio, una leggera venatura di tristezza che pervadeva il carattere, rendendolo profondo ed orientato alla pace ed all’introspezione. Ancora oggi riconosciamo agli artisti un carattere prevalentemente melanconico, proprio per questo capace di cogliere gli aspetti della vita che sfuggono ai più audaci ed irruenti.
 
In realtà il melanconico è un solitario che sente nostalgia per una patria lontana, è uno che si sente fuori posto, come la bella illustrazione di Durer mostra. E’ anche colui che è in fase di nigredo e si trova a metà tra terra e cielo, non essendo più dell’una ma non ancora accettata dall’altro. Il melanconico non è solo triste e contemplativo, sotto ispirazione e intuizione, non contempla solo l’est mistico, ma è pervaso dalla rabbia -come è evidente nell’illustrazione- una rabbia “gnostica”, la rabbia di essere ove non si vuol essere e di non essere ove davvero si vuole, la rabbia di sentirsi prigionieri nella materia. 
Della Bile e degli esseri superioriultima modifica: 2009-02-20T19:25:00+01:00da mikeplato
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2 Responses

  1. rovigatti
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    Il tema della melanconia/nostalgia mi è particolarmente caro da profonda gnostica quale mi considero. Si tratta di una nostalgia che diventa lamento di quella esistenza che fu e, al contempo, richiamo irresistibile per ritornare al Pleroma.

    Il ritorno al Pleroma, o casa del Padre, è l’obiettivo principale del cammino di ogni gnostico, la meta agognata di un sentiero verso la luce che l’anima deve compiere proprio guidata dalla voce della nostalgia.
    Lo gnostico non trova risposte nella Creazione, nella ciclicità dello spazio-tempo, nella caducità della materia, ma si pone continuamente domande, ed incarna uno spirito antisociale, in quanto non vede nel sociale e nei suoi ideali fallaci un punto di arrivo per il suo movimento di ricerca. L’unica soluzione ad un universo feroce nel quale non si riconosce è immergersi interiormente verso un Dio prima di dio, un Dio che, essendo indifferenziato, è totalmente estraneo al dolore del cosmo.
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    L’anima gnostica si chiede continuamente sul perché è oggi imprigionata in un corpo. Ecco perché la nostalgia gnostica non può essere scambiata per depressione dato che, finchè non è raggiunta la perduta Pienezza, questa melanconia continuerà dando un senso di mancanza che non si colma mai. La nostalgia quindi non è una fuga per non voler affrontare il presente, ma si deve intendere come pallido ricordo di ciò che fu, e che può tornare ad essere volendolo tenacemente. E’ un peso insostenibile per alcuni, ma una splendida via di redenzione per altri.
    Chiara

  2. Katia
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    Grazie Chiara, prendo spunto per parlare dello stesso modo di sentire la melancolia/nostalgia anche nella tradizione sufica, anche qui è presente lo stesso lamento, la stessa sofferenza per la separazione.

    L’uomo essendo venuto su questa terra è caduto nello stato di separazione.Nascendo, prendendo corpo, l’essere umano ha dimenticato, ma non del tutto, si sente legato a qualcosa d’indicibile: si ricorda della propria origine e aspira al momento in cui tornerà ad esservi unito.L’unicità è il principio essenziale dell’Islam, e dunque la Via dei Sufî non è che un continuo lavoro per realizzare in sè l’Unità di Dio.Come preparare questa unione? Per prima cosa con la sottomissione a Dio ( questo il significato del termine Islam ), è il concetto di HIZMET, il servizio totale, il lavoro – che si deve compiere non solamente all’esterno, ma anche, sopratutto, all’interno di noi stessi, la necessità di disfarsi dei veli dell’ Ego, il distacco dalla realtà illusoria.
    Lo scopo dell’intera vita di un Sufi é nel ricordarsi di Dio, un ricordo che porta a trasformarsi, consumarsi, annullarsi ed infine a risorgere nello splendore del manto delle Qualità divine ma, del resto, i loro modo di intendere, i loro principi sono stati ispirati da Al-Khidr, il Maestro immortale, colui che bevve dall’acqua della Vita, il servitore di Dio che riceve la Conoscenza direttamente dalla Presenza Divina.

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