Il blog di XPublishing -Mike Plato

Contro la Chiesa del Progresso, per una civiltà dello Spirito

di John Anthony West

La civiltà è come un parco. Non è “naturale”, non accade semplicemente nel corso normale delle cose. La Natura, lasciata a sé stessa, non produrrà mai un parco. Allo stesso modo, gli esseri umani, interessati solamente alla procreazione, al cibo, a un riparo e all’assicurarsi beni materiali, non produrranno mai una civiltà. Sia i parchi che la civiltà sono contingenti alla volontà, all’intelligenza, all’industria e all’intervento umano – e alla comprensione del fatto che sia il mondo naturale che gli esseri umani posseggono un potenziale nascosto o occulto. Sia un parco che la civiltà possono essere visti come esaltazioni dell’ordine naturale. Solamente gli esseri umani possono portarle a manifestarsi. Un bel parco (i giapponesi sono probabilmente i più grandi maestri di quest’arte) non rappresenta la “conquista”, e nemmeno la sottomissione della natura selvaggia, ma un potenziamento estetico delle sue qualità molteplici ma nascoste. E una valida civiltà non richiede la soppressione, la repressione o la deformazione della nostra natura umana, ma piuttosto la sua trasformazione in qualcosa di più alto; qualcosa che la natura (ossia “gli dèi”) non ci hanno concesso liberamente, se non come potenziale.

E fu il caos…
Il parco è la metafora della civiltà, le imponenti querce e gli aceri rappresentano le grandi religioni; il prato e i fiori, invece, costituiscono il complesso delle sofisticate amenità che distinguono le civiltà avanzate dalle cosiddette società primitive. Esse non sono meno soddisfacenti o spiritualmente sviluppate di per sé stesse, ma si esplicano in accordo con la natura e sono disinteressate o esplicitamente in disaccordo con l’asservimento della natura ai valori umani. Quindi, per estendere ulteriormente la nostra metafora, queste società primitive o tradizionali non sono civiltà nell’usuale accezione del termine. Una volta stabilitosi, il parco/civiltà richiede infinita collaborazione e intelligente attenzione se si vuole che fiorisca. Quando i giardinieri, cioè i sacerdoti, gli scienziati, i filosofi e gli artisti, sono ubriachi, pazzi, avidi e pigri, il parco degenera velocemente. Quando il processo di degenerazione comincia, non vi è nessuna guida dall’alto. Senza tale guida, gli addetti alla concimazione, modesti ma vitali per la cura del parco, si avvantaggiano velocemente di questa situazione di anarchia. Insoddisfatti del loro infimo status, essi eufemizzano la loro figura in “uomini d’affari”, “industriali”, “imprenditori”, “manager”, “dirigenti della pubblicità” e “finanzieri” e acquistano posizioni di potere. Il loro potere viene mantenuto grazie a una gerarchia di mercenari, tirapiedi e portaborse, che con un simile eufemismo si autodefiniscono “politici”. Ne deriva il caos. E in questa particolare situazione il caos viene chiamato “progresso”.  A questo punto viene inventata una pseudo-scienza per giustificare la produzione e la distribuzione di quantità sempre più grandi di escrementi. Questa pseudo-scienza viene chiamata “economia”. Essa non ha base nella realtà, eppure sembra il contrario – una volta che i trasportatori di letame hanno assunto il controllo del parco. In assenza di una religione funzionante, basata sulla spiritualità, l’economia a sua volta viene glorificata in una sorta di pseudo-religione: la teo-economia, che, sostenuta dalla conseguente filosofia della Metafinanza, diviene il catechismo della Chiesa del Progresso. È questo il nostro stato odierno. Le querce e gli aceri appassiscono e marciscono dall’interno; i prati dilagano fuori da ogni controllo, i laghetti sono stagnanti, erbacce, rovi ed edere velenose si appropriano di ogni spazio aperto e tutto è coperto di escrementi. Non c’è spazio per gli orsi, per i cervi e per i lupi, ma gli insetti e i vermi prosperano. Ciò che un tempo era l’esaltazione della natura diviene il suo degrado – uno stato molto meno soddisfacente rispetto alla natura lasciata a sé stessa, cosicché a sua volta provoca una nostalgia per tempi più semplici. Lasciato a sé stesso, prima o poi il parco tornerà al suo stato naturale, lasciando pochissime tracce del suo precedente aspetto. Ma nel frattempo, la vita nel parco – eccetto che per gli insetti, i vermi e i trasportatori di letame – è infernale. Allora come invertire il processo? Ovviamente non può essere fermato. Deve fare il suo corso. Niente può portare le querce e gli aceri al loro stato precedente (nel parco della civiltà occidentale questi alberi sono rachitici, malati e grottescamente deformi, e la loro conversione in utile legna da ardere provocherebbe pochi rimpianti). Falciare i prati sarebbe pressoché inutile. Ci rimangono solamente un paio di alternative.

La scienza dell’Immortalità
La più facile, naturalmente, sarebbe distruggere tutto, dare fuoco ad ogni cosa e ripartire da zero. Antiche leggende e testi di tutto il mondo sembrano indicare che ciò sia già accaduto in passato. Sodoma e Gomorra potrebbero riferirsi a un evento del genere. L’Atlantide platonica potrebbe essere un altro riferimento simile. Nel profetico libro ermetico di Asclepio (II sec. d.C. ca.), Ermete Trismegisto (il tre volte grande), nome neoplatonico per Djehuti, o Toth, l’antica personificazione egizia della saggezza divina, dichiara inequivocabilmente che questo è stato l’invariabile fato dei parchi quando i loro giardinieri impazziscono. E ovviamente il potenziale per una conflagrazione del genere è sempre in agguato al giorno d’oggi (che sia di tipo nucleare, o ambientale, o pestinenziale o una combinazione delle precedenti).
Se questo è ciò che in realtà ci aspetta, gli apocalittici sono i depositari dell’unica soluzione. Rifugiatevi sulle colline, preparate bunker provvisti di armi d’assalto e provviste di maiale e fagioli e sperate di attraversare indenni l’olocausto. 
Ma se questo non è il finale preordinato e ineluttabile, forse il parco può essere rivitalizzato anche mentre attraversa il suo necessario processo di dissoluzione. Salvare il salvabile, smantellare e riciclare ciò che non lo è, disfarsi di ciò che è nocivo, tossico e non essenziale e ristabilire la corretta catena di comando sono i prerequisiti per un ordine nuovo. Tutto ciò richiede tempo, fede, traguardi comuni e una grande varietà di capacità complementari. Giardinieri illuminati devono piantare nuovi alberi (è un fatto alquanto curioso che, prima di morire, gli alberi spesso producono molti più frutti e semi di quanto non facciano nella loro piena salute e maturità).  In questo caso, gli alberi non saranno cloni genetici dei precedenti (qui l’analogia parco/civiltà non è esatta – ma le analogie non lo sono mai), bensì delle fruttuose mutazioni basate sugli stessi eterni principi su cui si basa la creazione. Ciò che Schwaller De Lubicz chiamò “la dottrina del ritorno alla sorgente” e ciò che Graham Hancock chiama “la scienza dell’immortalità”.  Nell’Antico Egitto i giardinieri erano i seguaci di Osiride, divino creatore della civiltà, incarnazione del principio di rigenerazione e rinnovamento, il “dio” mortale che ha in sé il germe della vita eterna (Horus). Gli architetti del paesaggio (figli e figlie di Ptah, architetto del cielo e della terra) devono ridisegnare l’intero piano affinché esso si confaccia alle condizioni radicalmente cambiate della nuova era precessionale.  I giardinieri devono rinsavire – oppure essere sommariamente eliminati e rimpiazzati. Gli arroganti trasportatori di letame devono essere spogliati del potere e rintuzzati ai loro posti legittimi, onorabili ma subordinati. Ma prima di effettuare qualsiasi opera di giardinaggio costruttivo, di modellare il paesaggio su grande scala e di pulire gli stagni e riempirli di pesci, la terra deve essere accuratamente purificata. I rovi devono essere potati, le edere velenose sradicate alla radice, la legna morta eliminata e le erbacce trasformate in concime. In Egitto, questo era il lavoro di Sekhmet, la leonessa, aspetto femminile del principio igneo, colei che distrugge e cura… con il fuoco e la purificazione. Appropriatamente equipaggiata di lanciafamme e sega elettrica per affrontare le tenaci razze contemporanee di erbacce, rovi ed edera velenosa, il compito di questo secolo per Sekhmet è quello di preparare la strada ai nuovi, e allo stesso tempo antichi, giardinieri e architetti. Minare le fondamenta della Chiesa del Progresso. La civiltà non è un diritto di nascita, è un privilegio. Possiamo comportarci di conseguenza o ignorarla – quest’ultima a nostro rischio e pericolo.

Contro la Chiesa del Progresso, per una civiltà dello Spiritoultima modifica: 2009-03-03T23:30:48+01:00da
Reposta per primo quest’articolo