ABRAXAS. IL LOGOS DELLA GRANDE OPERA

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Nel suo “Contro le Eresie”, Ireneo testimoniò del culto di Abraxas da parte dei gnostici di Basilide: “distribuiscono le posizioni dei 365 cieli come gli astrologi. Infatti hanno accolto le dottrine di questi e le hanno adattate al carattere della loro dottrina. Il capo dei cieli è Abraxas e per questo esso vale 365”. Chi è questo dio il cui peso numerico (nella ghematria greca) vale 365, il totale dei giorni in un anno? Chi è questo dio il cui nome è la base per la formula magica più usata degli ultimi duemila anni (Abracadabra)? Vediamo di esplorare meglio uno degli archetipi del Logos nello gnosticismo.


di Mike Plato

 

Di Abraxas abbiamo fonti sia dirette che indirette. Indirettamente furono alcuni padri della Chiesa a conservare e documentare le teorie di alcune scuole gnostiche, criticandole e tacciandole di eresia: valentiniane, basilidiane, naasene, ofite, sethiane, carpocraziane ecc.. Oltre al già citato Ireneo, fu Ippolito nelle “Confutazioni” a citare Abraxas (o Abrasax): “infinite sono secondo i basilidiani le creature che si trovano negli spazi: principati, virtù, potenze, di cui essi fanno gran parlare e contano trecentosessantacinque cieli e chiamano il loro capo Abrasax, perché il valore numerico del suo nome corrisponde a trecentosessantacinque, sì che abbraccia ogni cosa e per questo l’anno ha tanti giorni”. In generale, i Padri della Chesa che combatterono tali presunte eresie gnostiche consideravano Abraxas una forma del culto di Satana, non consapevoli del simbolismo animale celato nelle immagini ricorrenti su Abraxas medesimo. Le fonti dirette sono alcuni testi gnostici facenti parte del Corpus di Nag Hammadi: il Vangelo degli Egiziani 52:26 e l’Apocalisse di Adamo 75:22. Quest’ultimo rotolo  ci rivela che Abraxas è un grandissimo eone (essere di luce, Elohim) che insieme a Sablo e Gamaliel, “libererà gli uomini dal fuoco e dalla collera e li porterà al di sopra degli eoni e degli Arconti delle potenze, liberandoli e dando loro l’eterna gloria della vita, introducendoli nella forza degli eoni”. In questo suo ruolo di liberatore e di avversario degli Arconti, sfondatore delle linee nemiche negli ultimi giorni di questa creazione, Abraxas mi ricorda il condottiero cosmico che guiderà tutti i suoi fratelli nell’uscita da questo universo, come da profezia di Michea 2:13: “chi ha aperto la breccia li ha preceduti; forzeranno e varcheranno la porta e usciranno per essa. Marcerà il loro re innanzi a loro, e il Signore sarà alla loro testa”. Che Abraxas sia un altro nome per il Cristo? Certo è che alcuni gnostici chiamavano Cristo “il Paraclito”, ovvero Difensore o Consolatore, ed altri, per esprimere il suo volto di Signore di tutti gli universi (cieli) lo chiamavano Abraxas. Pare che Basilide e i suoi, cristiani gnostici, veneravano Abraxas come il Supremo Dio, il che sottintende l’associazione tra Cristo e Abraxas. D’altronde Abraxas, come descritti negli amuleti e nelle gemme gnostiche, ha la testa di gallo, uccello regale legato a Mercurio, ma anche al Cristo, quale annunciatore del giorno e della luce che viene. Non si dimentichi che Pietro rinnegherà tre volte il Maestro ai tre canti del gallo, simbolo del Signore in noi che chiama l’uomo ai suoi doveri di Figlio di Dio che deve ritornare al Padre. 

 

Le perplessità di G.Mead

Dobbiamo molto a George Mead. La sua è stata un opera meritoria per la sua dedizione alla causa gnostica, e al suo sforzo di traduzione e di interpretazione dei testi gnostici. Direi che Mead sta alla gnosi cristiana ed ermetica  come Corbin sta a quella sufica-iranica: si tratta di due grandissime menti spirituali. Definire autorevole Mead è il minimo che si possa fare. Nel testo “Gnosticismo e Cristianesimo delle Origini”, Mead però mostra riserve sulla natura di Abraxas come Dio supremo, e certamente non lo associa al Cristo. Mostra ampie riserve soprattutto sul fatto che Basilide ritenesse Abraxas il Dio più alto: “un errore grossolano frutto di interpretazioni errate”. Mead parte dalla convinzione che esistano molte dimensioni, che egli associa giustamente a precisi stati di coscienza o reami di vibrazione. Secondo lui, Ippolito, nel parlare di Abraxas, alludeva ad uno stadio ben più basso della creazione di quello del Dio al di sopra di tutto. Non sarebbe chiaro se associare Abraxas al grande arconte dell’Ogdoade (cielo intermedio tra il cerchio zodiacale e il regno della luce) o a quello dell’Ebdomade (zodiaco e pianeti, il nostro universo). Mead fa notare che nella Pistis Sophia, che il nostro considera il trattato gnostico più elevato, i misteri dell’embriologia sono effettuati da una gerarchia di poteri elementali e costruttori in numero di 365, i quali seguono i dettami della legge karmica e plasmano il nuovo corpo a seconda delle azioni passate. Tutto ciò verrebbe esposto dalla Pistis con molti particolari, come pure lo schema astrologico dell’uno capo dei quattro, ognuno dei quali è a sua volta capo di novanta, formando in tutto 365 poteri. Fu solo nel 1853 quando lo Schwartze tradusse dal copto la Pistis Sophia che l’errore su Abraxas fu smascherato. Mead fa inoltre notare che l’antico trattato gnostico anonimo, che occupa il manoscritto superiore del Codice di Bruce (la Pistis è detta Codice di Askew), fa ampio uso, tra le sue infinite gerarchie, del numero 365, ma che non fa in alcun luogo menzione del nome di Abraxas. Le forze elementali che fabbricano il corpo sono i più bassi poteri della creazione e servi della legge karmica. Furono probabilmente questi poteri inferiori – secondo Mead –  che formarono l’Abraxas della plebe. Il Dio Altissimo è il supremo governatore, attraverso il Figlio, di un’infinità di galassie di arconti, dei, arcangeli, autorità, poteri, tutti superiori ai 365. Scriveva Mead: “nella questione dell’Abraxas, come in tutte le altre cose, lo gnosticismo seguì la sua propria tendenza naturale di andare, per così dire, un passo più avanti di ogni forma di credenza od anche di superstizione. Senza dubbio la plebe ignorante aveva, per molto tempo innanzi, creduto in Abraxas come nella grande potenza che generava le nascite e gli affari giornalieri, secondo le nozioni astrologiche; i talismani, le invocazioni e tutto il resto dell’apparato che le menti volgari sempre richiedono, in una forma o in un’altra, recavano inciso questo possente nome di potere. Tuttavia, oltre la superstizione c’erano fatti occulti che astrologi volgari e fabbricanti di talismani ignoravano. Sembra tuttavia che i fatti reali fossero conosciuti dai dottori della gnosi, i quali trovarono il luogo adatto per essi nei loro sistemi universali. Così Abraxas, il gran Dio degli ignoranti, fu posto fra le gerarchie inferiori della gnosi, e l’idea popolare di lui fu assegnata ai più bassi poteri edificatori dell’embrione”. Insomma, Mead, dall’alto della sua indiscutibile preparazione e acutezza nelle cose della gnosi, suggerisce che Abraxas non sia il Cristo ma il suo antagonista: il Princeps eius mundi, l’Arkon tou toutou kosmou, insomma il Dio di questa dimensione con tutto il suo corredo di Arconti. Abraxas sarebbe un’icona della Dominazione arcontica in questo regno dimensionale. Accusa che polverizzerebbe molte convinzioni radicate sull’Abraxas nel mondo esoterico. Questa radice si rinviene in Genesi 41:43 ove è detto che Giuseppe viene chiamato o osannato come “Abrach”, termine che a tutt’oggi non ha ancora trovato una valida traduzione. Resta fermo che il termine viene associato qui all’investitura di Giuseppe come capo di tutto l’Egitto che, secondo gli gnostici, rappresenta questo mondo. Anche per questa via, Abraxas potrebbe rappresentare il Demiurgo, il Dio di questo sistema.

 

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Il Padre dei figli della luce e il Dio della potenza

Una cosa è certa. Questo importante genio della gnosi si ritrova su molti amuleti, e Jean Marques Riviere, nel suo “Amuleti, Talismani e Pentacoli”, scrisse che Abraxas e Mitra, nella ghematria greca, avevano pari valore (365), ed entrambi godevano di un simbolismo solare che si avvicina strettamente al principio del “sole di giustizia”, ovvero al Cristo-Logos. L’Abraxas più ricorrente era una figura con testa di gallo, gambe serpentine, un frustino nella mano destra, e uno scudo con inciso il nome di YHWH nell’egitto alessandrino: IAO. Questo nome alludeva al Grande Vecchio nell’uomo, ed era un IO allargato, un’allusione al Sé superiore. Spesso i due nomi erano fusi: IAOABRAXAS. Charles William King, nel suo splendido trattato sulla gnosi, “The Gnostic and their Remains”, fa un distinguo tra Abraxas e gli Abraxaster. Questi ultimi sono gemme o amuleti con l’incisione del Dio Abraxas. Secondo King, queste gemme furono mutuate da antichi culti misterici e adattate dagli gnostici al loro specifico culto e alle loro nuove idee, in senso più spirituale e cristico, se mi è concesso, ma sempre nel rispetto degli insegnamenti degli antichi misteri cd. pagani. Sarebbe stato l’Egitto e la sua antica iconografia religiosa ad influenzare particolarmente la configurazione degli Abraxaster, classificabili in sette categorie: gli Abraxas dalla testa di gallo (attributo di Hermes e di Apollo), dalla testa di leone (Mithra), dalla testa di Serapide, dalla testa di Anubi (con testa doppia per indicare l’Io umano e quello divino), dalla testa umana (con o senza ali), senza figure ma con trascrizioni ebraiche, gli Abraxas stravaganti. King era convinto che l’associazione Abraxas-Anubi-Hermes conduceva a ritenere che nel nome di potenza Abraxas si celasse un’energia legata all’Intelligenza capace di condurre le anime oltre le Potenze del Male che schiavizzano questo sistema di realtà, teoria palesemente in contrasto con l’ipotesi del pur autorevole Mead. La parola di potenza Abrach o Abraxas sarebbe poi divenuta, nella sua volgarizzazione, la formula magica cabalistica per eccellenza: Abracadabra. Secondo Riviere, questa parola verrebbe dall’ebraico “abrech ad habra”, che significa “invia il tuo fulmine fino alla morte”. E qui potrebbe essere celato uno dei più grandi misteri del cristianesimo esoterico, a parte il mistero della resurrezione del corpo di luce. È noto che due dei discepoli rappresentavano la cerchia più stretta del Cristo, quelli ai quali il Cristo offriva i segreti più intimi e potenti. Questi due – Giovanni e Giacomo – erano detti Boanerghes, “Figli del Fulmine”. Perché? Il motivo è semplice. Essi erano divenuti padroni degli elementi e potevano invocare il potere del fulmine con il dito di Dio (l’indice di Luca 11:20) e con la pronunzia di una parola di potenza. In Luca 9:54, i due eletti chiedono al Cristo che non era stato ben accolto in Samaria: “Signore, vuoi che diciamo:CHE SCENDA UN FULMINE DAL CIELO E LI CONSUMI, come fece Elia?”. Ma il Cristo li rimprovera. Anche Elia è capace di invocare il fulmine col dito di Dio e con la parola di potenza. Ciò è narrato in 2 Re 1:10. Ora, qualcuno ha ipotizzato che Giacomo e Giovanni fossero Figli del fulmine perché impulsivi, ma la verità è molto più profonda e attiene alla padronanza degli elementi. Per questo dopo la tempesta sedata, i discepoli dissero di Cristo: “chi è mai costui a cui i venti e il mare obbediscono?” (Matteo 8:27). Abrach-Abraxas potrebbe essere la parola-chiave per invocare la potenza del fulmine, la potenza di Dio. Ma potrebbe anche essere un termine gnostico per identificare l’energia fulminante Kundalini, suggerita dalla doppia energia serpentina delle due gambe dell’Abraxas. Non a caso il termine ebraico per fulmine “barach” ha a che fare con l’ebraico “beracha-benedizione” e con l’arabo “barachà” che indica l’investitura iniziatica e la trasmissione dell’influenza vibrazionale dal maestro all’allievo. In realtà, la trasmissione di poteri avviene solo allorché un fascio di energia elettro-magnetica investe l’asse cerebro-spinale. Non prima. E Abraxas potrebbe essere quell’energia ormai liberata nell’essere umano. Il Dio trasferisce tutti i suoi poteri all’uomo, e l’uomo diventa Dio: Osiride diviene Horus

 

Abraxas è il Pleroma?

Abraxas sarebbe il nome con cui gli gnostici di Basilide veneravano Melkizedek, il grande Re-Sacerdote dell’Altissimo, il supremo psicopompo? Un altro nome per il Metatron dei cabalisti e per il Michael degli ebrei e cristiani? Certo è che l’unione di cielo e terra, suggerita dal serpente piumato Abraxas (testa di gallo e serpenti), suggerisce un’inevitabile accostamento dello stesso con Hermes e con il suo caduceo (serpenti intrecciati e ali). Abraxas sarebbe, per questa via, il simbolo dell’uomo-dio, dell’uomo perfetto il cui sigillo ebraico è la stella a sei punte (unione del principio maschile fuoco-spirito con quello femminile acqua-anima). E se interpretiamo piuttosto il Giuseppe di Genesi 41 come archetipo dell’uomo perfetto e del Maestro di Giustizia, quell’Abrach potrebbe risultare un interessante addentellato con l’Abraxas. Questo termine, da molti esegeti massonici, viene interpretato come “Re senza macchia” come documentato da Jules Boucher ne La Simbologia Massonica. Quindi Mosè, autore di Genesi, conosceva il termine, appreso in Egitto, a tal punto che egli stesso era un “Abrach”, un Gran Maestro. Potremmo azzardare un’ipotesi egizia, il termine derivando da “Ib” (cuore) “Ra” (Dio) “Ka” (spirito): “colui che ha lo spirito dell’Altissimo nel cuore”, il che sarebbe coerente con l’archetipo del serpente piumato che proprio nel cuore unisce la natura umana e divina. Insomma Abraxas come altro nome per il Cristo.

A prescindere dall’associazione tra l’Abraxas e la chiamata del Cristo-Gallo già menzionata, direi che vi sono altri elementi che possono condurci ad associare Abraxas al Logos:

1 – Il frustino dell’Abraxas rimanda al frustrino adoperato da un terribile Gesù nel tempio per cacciare i mercanti. Ricordo che il frustino era uno degli attributi del faraone, indicante la leva del rigore e della forza iniziatica;

2 – Lo IAO presente sullo scudo non è altro che una sintesi di “Io sono l’Alfa e l’Omega” (Apoc. 21:6) e dell’Io Sono (YHWH-YHSWH) che Gesù dice di essere più volte nel Vangelo di Giovanni;

3 – La presenza dei termini ADONAI (mio Signore) e SABAOTH (schiere, cavalleria celeste) sulle gemme sono un riferimento al Cristo Michele, ovvero ADONAI TSEBAIOTH (nostro Signore degli Eserciti);

4 – Gesù dice ai suoi: “siate puri come colombe e astuti come serpenti”. Qui è semplice intuire che il Maestro alluda al principio del serpente piumato, all’archetipo dell’uomo perfetto, un invito ad essere perfetti come perfetto è il padre nostro che dimora nel nostro tempio-anima. E se la testa di gallo fosse un’allusione velata al “galileo” ? Non lo escluderei. Credo che associare il Gallo al Cristo sia ancor più intrigante se, con occhio più attento, intuiamo che il gallo Abraxas è, più di ogni altra cosa, un gallo da combattimento, ciò confermato dalla presenza del già citato frustino (arma d’attacco) e dello scudo (strumento di difesa contro le potenze avverse, citato più volte nei Salmi).

Come ho già accennato in altro numero, Cristo è l’eroe interiore e la vita di Gesù, nonché la sua missione, sono un archetipo formidabile del “grande di Guerra”, che è poi il significato celeste del nome “Yeoshua”. E Salmi 23.8 afferma proprio, al riguardo del Messia: “chi è questo grande di guerra?”. Adriano Forgione, nel presente numero, fa riferimento all’archetipo di Ramses e alla vera guerra santa, quella interiore e quella contro gli Arconti di questo sistema (vedi pag. 36). Quindi Abraxas sarebbe l’archetipo del guerriero di luce che fu celebrato, più di tutti, dagli egizi con Horus vendicatore, e dagli esseni i quali affermarono che il Grande di Guerra era con loro, nella loro assemblea. Sarebbe il difensore e protettore delle anime (le galline ne sono il simbolo), il pastore delle pecore che egli protegge dagli assalti delle Tenebre, il simbolo della luce nascente, l’annunciatore dell’alba della coscienza, il Re dei re (la cresta è una corona), la vigilanza iniziatica su sé stessi e sull’esterno.  C.W King afferma, smentendo Mead, che il numero 365 non si riferisca agli Eoni inferiori (Arconti) ma alle 365 emanazioni eoniche del primo Principio, il che potrebbe essere anche un simbolo per la “pienezza”, ovvero il “pleroma” (regno di luce) dei sistemi gnostici. Laddove Abraxas sarebbe l’insieme dei Figli della Luce, secondo Paolo in Cristo risiede tutto il Pleroma della divinità (Colossesi 2:9), con tutto il suo corredo di Intelligenze angeliche e le nove sephiroth (dimensioni quantiche). Cristo-Abraxas sarebbe Tutto in Uno, l’Albero della Vita cosmico, ed è per questo che, allorché un angelo si presenta in sogno o in visione, quell’angelo è solo una modalità di manifestazione del Verbo, adatta alla sapienza e allo stato di coscienza del soggetto visitato dalla Presenza. E tutto ciò avviene dentro di noi perché in noi risiede il Cristo, l’Iper-Coscienza con tutti i suoi attributi angelici, sia in termini di rigore che di misericordia. Insomma, nell’ambito della gnosi alessandrina, Abraxas sarebbe l’Agatodaimon, la divinità tutelare e il buon Dio che risiede nei Figli della Luce, il principio buono della creazione, colui che Frank Herbert, nel suo grandioso romanzo sci-fi “Dune” chiamò “Kwisatz Aderach-l’Essere Supremo”, l’uomo che reintegra la sua primordiale condizione più che sovrumana. Nell’Antico Testamento, solo Enoch raggiunse questa condizione, e non a caso visse 365 anni, la cifra ghematrica di Abraxas

 

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La Pietra alchemica

Altro livello di interpretazione, non secondario, è che Abraxas raffiguri la pietra dell’alchimia, necessaria per prepararsi alla discesa del corpo di luce, come detto dal Battista: “preparate nel deserto le vie del Signore”. L’acqua di fuoco o il fuoco liquido degli alchimisti sarebbe suggerito dall’unione del gallo solare con il serpente umido. Una prima forma di benedizione, coincidente con l’iniziazione alchemica, sarebbe costituita dal primo sacramento dell’Ordine di Melkizedek, che Abraxas simboleggerebbe. Non a caso, alcuni termini della lingua moderna, analoghi al Dio di Basilide, rimandano al potere “abrasivo” e “corrosivo” della pietra alchemica, capace di “spezzare” (in inglese “break”), ossia di separare il puro dall’impuro. Infatti, il Cristo-Pietra dice di portare la spada della separazione. E Paolo scrisse che gli ebrei nel deserto “bevvero da una roccia spirituale e quella roccia era il Cristo”. Aleister Crowley intuì il simbolismo alchemico di Abraxas. In “Magik” scrisse che Abraxas o Abracadabra valesse cabalisticamente (gematricamente) 418, che è il numero della Grande Opera e del suo compimento. Egli sosteneva che Abraxas-Abracadabra era la Sacra Formula del Santo Graal, poichè vela la realizzazione della Grande Opera, la costruzione della Merkaba-Corpo di Luce. A supporto di tale interpretazione, Abraxas, letto al contrario, è “saxum rubeus-pietra rossa” : il famoso “carbunculus” (pietra filosofale) degli alchimisti o “corpo di luce” (virata al rosso dell’iter alchemico). Abraxas è il Logos che i Templari identificavano nel Bafometto, l’Androgino ermetico. In lingua sanscrita, il termine più simile è “bhras” (splendere) e “abhraja-nato dalle nuvole, dalla pioggia, dall’inondazione”. Ciò getta luce sull’affermazione di Gesù, in Luca 21:27“E allora vedranno il Figlio dell’Uomo venire su una nube con potenza e gloria grande”. Forse la rivelazione più profonda del termine ci è offerta dalla lingua enochica che impregna le tavolette dei 18 Ethir di John Dee, che personalmente non ritengo un falso. Ivi, “abraassa” significa “sia fatto”, quindi legato alla suprema volontà di creare, come evincesi dal testo di Genesi ove il Fiat è alla base della creazione; una dichiarazione suprema di volontà espresso con la Parola, con il Suono, con il Logos creatore. In tal senso, il termine derivato “abracadabra” è palesemente un’espressione di volontà creativa supportata dal Verbo.

 

La garanzia è Basilide

Basilide fu un grandissimo maestro gnostico. Molti suoi insegnamenti, tramandati dai Padri, coincidono con alcune grande rivelazioni della Tradizione Eterna come: “conosci tutto il mondo, ma il mondo non conosca te”. Peraltro, secondo gli Stromates di Clemente di Alessandria, egli fu discepolo di Mattia, uno dei settantadue discepoli del Cristo e sostituto di Giuda Iscariota (Atti 1:26). Ergo, ebbe accesso ai segreti insegnamenti del più puro cristianesimo cosmico anti-arcontico. Basilide è uno da prendere molto sul serio, e con lui il suo Abraxas. Se si vuole comprendere l’Abraxas, occorre meditare gli insegnamenti gnostici di Basilide, ed in particolare la dottrina dell’emanazione della sua scuola, cui rimando.

ABRAXAS. IL LOGOS DELLA GRANDE OPERAultima modifica: 2009-07-31T16:19:58+02:00da mikeplato
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7 Responses

  1. rovigatti
    at |

    Onestamente sulla questione ABRAXAS ho qualche dubbio anch’io come Mead anche perché mi sembra che anche tra gli gnostici le idee non siano sempre così chiare in merito. Basilide dice che è il reggente dei 365 cieli che sovrastano questo nostro mondo e questo, secondo me, ne fanno il Demiurgo per eccellenza. Si dice anche che le lettere che compongono il nome di Abraxas siano la radice del nome dei 7 angeli/Arconti che hanno creato il mondo per cui me lo fa intendere come quella intelligenza che ha dato luogo ad ogni creazione mondana. D’altra parte un certo sincretismo di ambito cabalistico si dice che le prime 3 iniziali di ABRAXAS indichino le 3 parole A(b, il Padre), B(en, il Figlio) e R(uach, il Soffio/Spirito) manifestando così la Trinità Divina… Come spesso, i concetti non sono poi sempre così chiari in fatto di appartenenza.
    Chiara

  2. antonlogos
    at |

    Sinceramente è un gran bel mistero questo di ABRAXAS, che ho scoperto la prima volta leggendo il Vangelo degli Egiziani. Questo testo gnostico è un manuale battesimale sethiano in cui viene presentato l’universo della creazione con le varie potenze, emanazioni, luminari, e Abraxas occupa il posto di uno degli assistenti dei luminari del Regno della Luce. Niente di arcontico quindi. Sembrerebbe quindi che Abraxas sia un Eone della Luce, destinato a proteggere le anime e a riportarle in Alto. E’ vero che è associato anche al 365, numero arcontico, ma ogni atto demiurgico di Jaldabaoth è sempre uno scimmiottamento del mondo spirituale della Luce, per cui il 365 potrebbe anche indicare le schiere angeliche dell’Altissimo.
    Poi non so, sta il fatto però che il Vangelo degli Egiziani presenta un fatto del tutto singolare: la figura di Seth. In questo testo Seth viene presentato come il Salvatore, il Cristo, Colui che si è rivestito del “Gesù Vivente”, che ha portato la Conoscenza al Popolo Eletto per salvare le anime dal dominio arcontico. Nel mito di Osiride, però, Seth incarna tutt’altro aspetto, è l’Anti-Cristo, l’Arconte, la Tenebra, il nemico del Re-Sacerdote Osiride.
    Questa come la vedi Mike? Ho diversi dubbi…
    Ciao
    Antonio

  3. Katia
    at |

    Antonio caro,

    anche a me sembra non si parli dello stesso SET.

    SET, uno dei tre figli di Adamo (Genesi 4,25), è colui che viene tramandato come il Custode della Tradizione.
    Set, cioè, ‘posto’, ‘stabilito’ o ‘saldo’: dalla sua discendenza l’umanità sarebbe continuata ad esistere fino alla fine dei tempi e da lui sarebbe disceso il Messia.
    Luca, infatti, lo annovera nella genealogia di Gesù ( Lc 3,38) e nelle 1Cronache 1 è inserito fra i dieci patriarchi.

    L’ altro SET è, invece, citato in Numeri 24,17 (Bibbia di Gerusalemme) nella profezia di Baalam:

    ” io lo vedo, ma non ora,
    io lo contemplo, ma non da vicino:
    una stella spunta da Giacobbe
    e uno scettro sorge da Israele,
    spezza le tempie di Moab
    e il cranio dei figli di SET ”

    Questo è il SET avversario dell’HORUS-KRISTOS, chiari i legami al mito di Osiride, e i figli di Set sono i figli delle Tenebre, gli Arconti e tutti i loro accoliti.

    Non so se può esserti utile, abbi pazienza, sono un po’ fuori allenamento per quanto riguarda il blog.

    Un saluto a tutti.

    Un grosso abbraccio, un triplice bacio e un immenso grazie a i miei Veri Fratelli:
    Mike, Antonio e Chiara.

  4. antonlogos
    at |

    Sorella mia, che piacere rivederti sul blog.
    Grazie per le osservazioni, mi saranno senz’altro utili. C’è bisogno del contributo di tutti per arrivare a RICORDARE ciò che è stato dimenticato, e qualunque intervento, suggerimento o intuizione può essere importante.
    Un grosso abbraccio, M-K-C
    Antonio

  5. at |

    El momento del reggaetón cristiano» « ¿ Crees que el reggaeton es bueno? 205 Responses to“ La Factoria feat. Eddy Lover- Si Alguna Vez” karyna mendez says:

  6. roberto
    at |

    Per cortesia , lasciate stare le cose che non conoscete ! Non siete portatori certamente

    di “cose nuove”. Una istituzione umana cerca da secoli di distruggere “una” verità e voi portate la legna per nuovi roghi.

  7. mike plato
    at |

    AMICO…NON SI ENTRA IN UNA CASA…SI SPARANO QUATTRO PAROLE POCO CIRCOSTANZIATE…E POI SI SCAPPA….

    DI QUALE ISTITUZIONE UMANA PARLI?
    QUALE LA VERITA’ DA DISTRUGGERE?
    QUALE LA LEGNA CHE NOI FACCIAMO ARDERE?

    UNA VOLTA TI AVREI RISPOSTO ACIDO….MA ORA TI CHIEDO DI ESSERE Piu’ PRECISO

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