LA SAPIENZA DELLO ZOHAR

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Non scrivero’ piu di mio, ma continuerò a postare ciò che ritengo sia fondamentale che voi leggiate e contempliate, per il vostro bene, per la vostra evoluzione spirituale. Tuttò ciò dovrete farlo vostro.

Ricordate che se credete di essere su una via di ascensione e non provate meraviglia per quello che via via scoprite, NON SIETE SULLA VIA. Ce lo insegnò il nostro grande Maestro, nel Vangelo di Tommaso:

CERCATE E NON DESISTETE MAI DAL CERCARE…E QUANDO AVRETE TROVATO, SARETE MERAVIGLIATI

Che questa sensazione di meraviglioso che attiene a Dio Padre e al suo Messia, vi accompagni sempre. Anche quella musica che talvolta potrebbe inviarvi in sogno. Quando ascolterete quella musica, allora sì che vi sarà permesso di piangere. Che gli altri facciano la loro vita di morte, senza il meraviglioso. Quando tutto questo sarà finito, le Stelle si avvarranno del fascino del loro Dio per l’eternità. Avete la mia parola, ma spetterà a voi meritarvelo.

ABBATTETE IL MURO

Gli studi cabalistici che seguono riguardano pochi fra i milioni di versetti dello Zohar, il testo sacro della vera Cabala

I GERMOGLI SONO APPARSI SULLA TERRA

«I germogli sono apparsi sulla terra, è giunto il momento dell’usignolo e la voce della tortora è udita sulla nostra terra» (Cantico dei Cantici, 2, 12).

Nell’articolo “Hanitzanìm” (I germogli) Rabbi Shimon BarIochai ci spiega come l’uomo s’innalza, giorno dopo giorno, ascendendo la scala Spirituale fino a meritare di giungere al livello più elevato della realtà.

Rabbi Shimon aprì: «I germogli sono apparsi sulla terra». I Germogli – questo è l’Atto di Bereshìt (Genesi).

Ogni parola del Libro dello Zohar ha un significato particolare. Di conseguenza, quando Lo Zohar ci racconta che “Rabbi Shimon aprì“, intende alludere che Rabbi Shimon “svela” per chi legge il Libro dello Zohar i canali della Abbondanza Superiore.

I “germogli” si riferiscono all’Atto di Bereshìt. Bereshit in ebraico è (“Genesi”, “in principio”), vale a dire l’inizio del cammino Spirituale. Secondo la Kabbalah “terra” (Eretz) significa desiderio (Ndr. Ratzòn, proviene dal vocabolo Eretz) e simboleggia il desiderio primario di procedere nel cammino Spirituale che si risveglia in una creatura.

L’espressione «I germogli sono apparsi nella terra» simboleggia l’inizio del processo Spirituale che la creatura sperimenterà nel futuro. La comparsa dei germogli nell’albero simboleggia l’inizio dello sviluppo del frutto. In modo simile, parlando dell’uomo i “germogli” simboleggiano l’inizio del suo cammino Spirituale.

«Sono apparsi sulla terra. Quando? Nel terzo giorno, essendo scritto “E la terra produsse”. Allora sono apparsi sulla terra».

La saggezza della Kabbalah spiega che la parola “giorno” simboleggia l’azione del Creatore sulla creatura. I sei giorni di Bereshìt sono paragonati alle sei azioni per mezzo delle quali il Creatore innalza la creatura alla Spiritualità, fino a farla giungere alla sua correzione finale che avviene “Il giorno del Sabato”.

“Il terzo giorno” allude alla rivelazione della terza azione di correzione per mezzo della quale il Creatore sviluppa l’anima della creatura. Il significato delle parole «E la terra produsse» è che l’anima inizia a correggersi per mezzo del Creatore ed a ricevere il Suo attributo, la qualità della Dazione assoluta.

Le parole «Allora sono apparsi sulla terra» alludono al fatto che gli attributi del Creatore si rivelano nel desiderio della creatura. In questa fase la creatura inizia il processo della correzione che produrrà, al suo termine, frutti spirituali.

«È giunto il momento dell’usignolo. Questo è il quarto giorno, nel quale ci fu la potatura degli oppressori. Perciò è scritto a riguardo “Siano luminari” (Genesi 1,14) senza la Vav, (Ndr. Nel testo originale è scritto “Meorot”, luminari, senza la lettera ebraica “Vav”), e ciò è un vocabolo che esprime maledizione».

Il quarto giorno è giunto il momento dello Zamir (Usignolo). Zamir– viene dal vocabolo Zazmerà (cesoie). “Il momento dello Zamir” accenna ad una fase molto avanzata nello sviluppo Spirituale della creatura. In codesta fase la creatura percepisce che è giunto il tempo dell’elevazione Spirituale. La creatura percepisce di dover staccarsi dal suo stato attuale e  iniziare l’ascesa. “Lo Zamir” simboleggia quest’azione. In questa fase la Luce del Creatore abbandona la creatura per dargli la possibilità di innalzarsi con le proprie forze. La lettera vav mancante nella parola “Meorot” simboleggia quest’abbandono.

«E la voce della tortora. Questo è il quinto giorno, dove è scritto, “brulichino le acque” eccetera, per generare la prole».

“La voce della tortora” è l’ascesa Spirituale che ha sperimentato la creatura nella quinta azione del Creatore operata su di lei. Nel quinto giorno è scritto ” abbondino le acque affollate d’esseri viventi”.

Il significato della parola “scritto” è quel qualcosa che si rivela nella creatura. Nella Kabbalah la parola “acqua” (in ebraico, Maim) indica la qualità della Sfirà di Binà, la qualità della Dazione assoluta.

L’acqua permea la “terra” (il desiderio della creatura) è l’espressione allegorica dell’Attributo Divino che permea il desiderio della Creatura. Questa è la “prole”, le conseguenze desiderabili delle quali parla il Libro dello Zohar. Così la creatura ascende, il quinto giorno, al livello del Creatore.

«Fu udito. Questo è il sesto giorno, essendovi scritto, “facciamo l’uomo”, il quale nel futuro farà precedere il fare all’ascolto, poiché qui è scritto: “facciamo l’uomo”, e lì v’è scritto, “faremo e sentiremo”».

“Sentiremo” allude all’avvento del sesto giorno nel quale si rivela l’ultima azione della correzione: “facciamo l’uomo”. Oramai, dopo molte azioni compiute dalla creatura sul suo desiderio di godere, ella è ormai pronta a realizzare il suo fine- quello di essere simile al Creatore e di giungere alla sensazione di eternità e completezza. La creatura è denominata Adamo (dall’espressione ebraica “Edamè laElion, sarò simile al Superiore), in nome del suo compito di diventare simile al Creatore.

«Nella nostra terra. Questo è il giorno di Sabato, che è come la terra della vita, ed è il mondo dell’avvenire».

“La nostra terra” (Eretz) sono i desideri (Ratzòn) dell’uomo. Il giorno di Sabato è lo stato Spirituale più elevato in cui la creatua corregge tutti i suoi desideri e merita una Vita Spirituale e completa (“la terra della vita”). Il Kabbalista merita questo stato Spirituale meraviglioso nel percorso della sua vita, e tale stato si chiama “il mondo dell’avvenire”.

ECCO QUANT’E’ BUONO E QUANTO E’ PIACEVOLE CHE I FRATELLI DIMORINO INSIEME

Nel libro dello Zohar è scritto: “Ecco quant’è buono e quant’è piacevole che fratelli dimorino anche assieme. Codesti sono gli Amici che, quando stanno seduti assieme, e non si separano uno dall’altro. All’inizio sembrano facenti la guerra, che vogliono ammazzarsi a vicenda. E dopo tutto ciò loro tornano ad essere nell’amore fraterno. Che dice il Creatore riguardo a loro: Ecco quant’è buono e quant’è piacevole che fratelli dimorino anche assieme. La parola “anche” giunge per includervi insieme la Schinà – la Divina Presenza “. E non solo, ma il Creatore ascolta il loro discorso, ed Egli prova contentezza e ne gioisce.

(Zohar, Achareì Mot, brani 64.65, Commento del HaSulam)

“Ecco quant’è buono e quant’è piacevole che fratelli dimorino assieme” è uno dei versi più toccanti e belli dei Salmi di Davide. Rabbi Shimon Bar Iokhai (Rashbi) c’insegna che questo verso, il quale diventava anche una notissima canzone ebraica, tratta esclusivamente del Vero Amore fra persone che desiderano giungere alla Spiritualità.

Tutti i libri di Kabbalah ed in particolare il libro dello Zohar, effettivamente, descrivono i rapporti di amore e Dazione che sussistono fra le anime. Per comprendere ciò che è scritto nello Zohar è necessario sapere che esso non tratta di forze astratte che operano chi sa dove, ma parla di noi. Rashbi ci spiega qual è il sistema di rapporti che deve svolgersi fra noi, affinché siamo amici amati e umanità unita.

Legami d’Amore

I fratelli di cui parla il Libro dello Zohar sono chiamati “amici”, cioè persone semplici come te e me, che hanno deciso di unirsi assieme per un’unica meta comune, quella di conseguire il Mondo Spirituale. Loro comprendono che, per giungere alla percezione Spirituale denominata “che fratelli dimorino anche assieme”, dovranno innalzarsi sopra i loro calcoli egoistici ed amarsi a vicenda. Lo Zohar dice che Amici del genere non si separano, avendo un unico e comune desiderio. Loro anelano a giungere alla Spiritualità e conoscere la Realtà Superiore, nella quale esistono solamente Amore ed Unione. Nel corso della via Spirituale che tutti gli Amici percorrono assieme, ognuno vede i propri Amici come le persone più importanti della sua vita. Lui sa che solo con il loro aiuto potrà sopraffare l’ego che è impresso in lui ed innalzarsi al livello Spirituale di “Amore”. Al termine del cammino, quando l’uomo giunge a questo supremo livello Spirituale, nel quale egli è legato nell’Amore ai suoi Amici, egli riesce a scoprire, per mezzo di questo legame, il Creatore.

Quant’è buono e Quant’è piacevole

Rabbi Shimon Bar Iokhai ci racconta che, all’inizio della via Spirituale, quegli stessi Amici sono simili a “facenti la guerra, che vogliono ammazzarsi a vicenda”.

Nella saggezza della Kabbalah la Spiritualità è denominata Vita. Chi rifiuta di sopraffare i propri calcoli egoistici è comparato allegoricamente ad “una persona che desidera uccidere i propri Amici”, dato che egli preclude ad essi il conseguimento della Spiritualità, la Vita. Lo Zohar, però, c’insegna che anche codeste situazioni sono considerate “Quant’è buono e Quant’è piacevole”, dato che esse costituiscono una fase importante nel cammino Spirituale. In questa fase gli amici non hanno ancora sopraffatto il proprio ego e sentono di non essere ancora giunti allo stato completo. Ciononostante gli Amici hanno la percezione di una gran gioia nel dimorare anche assieme – si sono uniti in base ad una meta comune, con la speranza di superare i calcoli personali e giungere assieme all’Amore.

Il versetto “Quant’è buono e Quant’è piacevole” si riferisce alla Meta della nostra vita, quella di giungere all’Amore e all’Unione Spirituale.

 

Né si siede sul banco degli schernitori

Nel verso “che fratelli dimorino anche assieme” la parola “anche” simboleggia la Schinà (la Divina Presenza). Lo Zohar spiega che la Schinà è l’insieme delle anime, anime che operano in Amore ed agognano a innalzarsi assieme verso la conoscenza del Mondo Superiore. Quando noi ci uniamo e desideriamo scoprire all’interno del nostro legame lo Shochen (Colui che dimora), il Creatore, questa connessione è denominata Schinà. Inoltre, la parola “anche” allude al fatto che, se desidereremo ardentemente giungere all’Amore reciproco e unirci veramente, l’ego che ora ci divide si unirà anch’esso al nuovo Amore che avrà dimora fra noi.

Questo vuol dire che i conti personali non ci intralceranno più la strada verso la Spiritualità. Per giungere a questo, però, dobbiamo arrivare alla situazione nella quale il legame fra noi sarà solamente nell’ambito dell’Intenzione Spirituale. Per questa ragione i grandi Kabbalisti hanno rilevato che il legame fra noi deve scaturire solamente dall’Intenzione di giungere al collegamento col Creatore, il che vuol dire giungere alla qualità d’Amore e di Dazione. Solo allora questo è chiamato “che i fratelli dimorino anche assieme”, assieme al Creatore.

I Kabbalisti hanno aggiunto che anche lo studio della saggezza della Kabbalah deve aver origine dalla stessa Intenzione. Se però chi studia la Kabbalah desidera collegarsi agli altri senza l’Intenzione di conseguire la meta Spirituale, questo stato è denominato nel linguaggio Kabbalistico, “banco degli schernitori”.

Questa differenza è talmente importante che il Re Davide scelse di iniziare il libro dei Salmi con il versetto “Beato l’uomo che non cammina secondo il consiglio degli empi”  e continua con le parole “Né si siede sul banco degli schernitori ” (Salmi di Davide, 1,1).

Per poter dimorare tutti anche assieme come fratelli, dobbiamo farci aiutare dalla via che i grandi Kabbalisti hanno lastricato per noi. Con l’aiuto della saggezza della Kabbalah potremo imparare come unirci in un legame d’Amore, giungendo come “un unico uomo con un solo cuore” all’agognata Unione col Creatore.

 

 

IL CONDUTTORE DEI SOMARI


Questo è un aneddoto su Rabbi Elazar, il quale andò a trovare Rabbi Iossi

e Rabbi Aba che camminava con lui. Un uomo conduceva i loro somari. Rabbi Aba disse: Apriamo i varchi della Torà, dato che ora è giunto il momento di essere corretti nella nostra strada”.

Tutti i libri di Kabbalah ed in primo luogo il Libro dello Zohar descrivono la serie delle situazioni interiori che passa il Kabbalista nel corso del suo  cammino spirituale. L’aneddoto si riferisce a due alunni fra i dieci eminenti discepoli di Rabbi Shimon Bar Yokhai e non è che descriva una gita in Galilea. Il significato di ciò riguarda (solo) due Kabbalisti che sono andati a trovare Rabbi Iossi ed essi in effetti, desideravano ascendere la scala dei gradini spirituali ed innalzarsi ad un livello più alto. Poiché essi possono innalzarsi verso questo gradino solamente con il richiamo d’una forza Superiore e, per ottener ciò, devono correggersi  ad un livello più elevato. Questo è il significato dell’espressione “Apriamo i varchi della Torà”.

L’espressione in aramaico “Deta’in Khamri” vuol dire “Il conduttore dei somari”. “Tain” significa “chi pungola” ed è l’appellativo del conduttore dei somari che ha l’abitudine di pungolare i somari affinché si affrettino a procedere. L’origine della parola ebraica “Khamor –  somaro” è la parola ebraica “Khomer – materia”.

Secondo la saggezza della Kabbalah la nostra materia è chiamata egoismo. Nella scala dei gradini spirituali ogni uomo deve imparare come trasformare nel  modo giusto la propria materia per svilupparsi spiritualmente. La natura egoistica dell’uomo è opposta alla natura spirituale e per obbligarla a procedere verso il gradino successivo è necessario “pungolarla”. Le sofferenze provate dall’uomo hanno un unico scopo, quello di  indirizzarlo ad attirare la “Luce che riporta al Meglio”. L’uomo consegue questa Luce, che è l’unico mezzo per cambiare la sua natura egoista, per mezzo dello studio dei libri di Kabbalah. Dopo aver cambiato la sua natura egoista, egli sarà in grado di  rivelare “I misteri della Torà”, vale a dire la realtà completa. Solo dopo che gli saranno rivelati i misteri della Torà “il somaro” che è in noi saprà come cambiare e verso cosa egli dovrà innalzarsi.

Quando iniziarono a scoprire i segreti della Torà il conduttore dei somari, che li conduceva dietro ai saggi, incominciò a fare domande molto profonde alle quali  essi  non poterono rispondere. Codeste domande lasciarono Rabbi Elazar e Rabbi Aba senza alcuna risposta.

Il conduttore dei somari sembra apparentemente un uomo semplice, il quale cammina a loro fianco mentre loro invece “montano il somaro”. La salita da un gradino spirituale al successivo significa la correzione di un’altra parte egoistica dei desideri dell’uomo. Il conduttore dei somari – il Mekhamer, chiede ai Kabbalisti domande che sono collegate alle leggi che si riveleranno  ad essi nel loro susseguente livello spirituale.  Essi non furono in grado  di rispondere a quelle domande dato che non  avevano ancora conseguito quello stesso livello spirituale. Le domande del Mehamer svelano la loro   incapacità di innalzarsi al gradino successivo con le proprie forze. Il Mehamer li conduce al prossimo gradino e, per questa ragione, è chiamato “Il conduttore dei somari”. Lui, infatti, è colui che conduce la loro “materia – homer“, il loro desiderio egoistico non corretto. I due Kabbalisti rivelano la grandezza di quel semplice conduttore di somari che prima disdegnavano, mentre  egli, è colui che passa “a capo del seguito” e li conduce.

Lo Zohar spiega che il caso del “Mehamer è l’anima che è stata mandata dall’Alto per aiutare le anime ad innalzarsi da un gradino all’altro della scala spirituale. I due Kabbalasti non avrebbero potuto innalzarsi ad un livello spirituale più elevato senza questo aiuto.

All’inizio  all’uomo sembra che l’anima che lo accompagna sia “un’anima semplice”, non riconoscendola come un aiuto che gli è stato  inviato. Viene richiesto all’uomo solamente di desiderare questo aiuto, aiuto che giunge quando egli lo brama nella misura necessaria. In questo modo è mandata dall’Alto “un’anima elevata” ad ogni uomo che già desidera innalzarsi, anima che lo aiuterà e lo condurrà lungo la scala dei gradini spirituali.

Rabbi Elazar e Rabbi Iossi hanno chiesto al Mekhamer di  chiarire loro “Come il Creatore ha fatto in modo che tu sia giunto a noi e per tuo mezzo siamo giunti ad un gradino più elevato?”. Il conduttore dei somari promise che nel futuro avrebbe raccontato loro questo fatto…

L’estratto dello Zohar che abbiamo appena letto richiama su ognuno di noi il suo “Tain khamrei” che  inizierà ad influenzare l’anima e ad innalzarla  verso l’Alto, da dove giunse il “conduttore dei somari”.

 

SI PUO’ GIA’ SCOPRIRE IL TESORO

Rabbi Shimon stava seduto e piangeva. Egli disse, ahimé se lo rivelerò, ahimé se non lo rivelerò… dato che se non rivelerà andranno persi gli innovamenti della Torà e se lo rivelerà, forse lo sentirà chi non è degno dei misteri della Torà” (Zohar Nassò, Idra Raba).

 

Da sempre i Kabbalisti hanno cercato il modo di rivelare al popolo il metodo per giungere alla completezza. La consegna di questo metodo, però, è una cosa complessa ed esige che i Kabbalisti trovino il modo di superare varie limitazioni.

In questo articolo dello Zohar siamo testimoni della difficile titubanza che pervade Rabbi Shimon Bar Iochai. Egli desidera ardentemente raccontare al mondo sulla Saggezza della Kabbalah, ma teme di non poter essere compreso adeguatamente. Per comprendere, dato che la cosa è complessa dobbiamo conoscere uno dei segreti più grandi, qual è il vero significato del termine “Torà”.

La Torà come spezia

Rabbi Shimon disse, ahimé per l’uomo che dice che la Torà è giunta per raccontare semplici storie. Eppure tutte le parole della Torà sono fatti superiori e misteri dei Superiori”. (Zohar, Beaalotechà).

Lo Zohar ci rivela che la Torà non è una raccolta di racconti storici o di leggi morali terrene, come riteniamo abitualmente. In molti punti infatti, è sottolineato: “Ho creato l’indole maligna, ho creato per essa la Torà come spezia, dato che la Luce  contenuta in essa, la riporta al Meglio”.

I Kabbalisti spiegano che la Torà è una forza speciale (“Spezia”) che ha il compito di aiutarci ad implementare la Meta della Creazione – innalzarsi al di sopra dell’ego (l’indole maligna) ed equivalersi alla Forza Superiore che opera nella realtà – la forza dell’Amore e del Dare. Fin dall’inizio la Torà fu consegnata agli uomini solamente per questa necessità.

Aggiunta pericolosa all’ego

La Torà ha un attributo particolare: può giovare, ma anche nuocere. Se usata in conformità al suo fine, vale a dire con l’intenzione di equivalersi alla Forza Superiore, la Torà c’innalza ad una nuova vita. D’altro canto, se non ci s’impegna in Essa con quest’intenzione, la Torà nuoce, secondo come è scritto: “Se egli si purifica, essa diventa per lui la meidicina vitale e se non si è purificato, essa diviene per lui la medicina mortale” (Masechet Iomà, 72, p.2)

Il significato dell’espressione “pozione mortale” è che l’impegno nella Torà incrementa l’ego. Vale a dire che oltre all’ego materiale si aggiunge nell’uomo anche l’ego spirituale. Il nuovo supplemento dell’ego induce l’uomo a considerare se stesso come un Giusto, a pensare di meritarsi una ricompensa da parte del Creatore e dalle persone, sia in questo mondo che nel mondo a venire e che gli sia assicurato il posto nel paradiso. Ed è proprio su questo che Rabbi Shimon Bar Iochai urla: “ahimé!”

La meta di Rabbi Shimon è quella di offrire la Saggezza della Kabbalah solo a coloro che hanno un bisogno genuino di correggersi e di compararsi al Creatore. Egli però temeva che potesse succedere alla Saggezza della Kabbalah la stessa cosa che era già successa alla Torà, vale a dire che potesse essere usata come un mezzo per ottenere onore, denaro e dominio e che si sarebbe ritenutoche in essa ci fosse solo un significato letterale. Quindi Rabbi Shimon scrisse il suo libro santo in un “codice” speciale, sapendo anche che lo Zohar sarebbe dovuto essere celato per migliaia d’anni, fino a che la generazione ne sarebbe stata degna.

Beati coloro ai quali la domanda si è risvegliata nei loro cuori

“Rabbi Shimon alzò le mani, pianse e disse: ahimé a chi capiterà in quel tempo, e sarà beata la parte di chi capiterà e potrà esistere in quello stesso tempo . E lo interpreta: ahimé a chi capiterà in quel tempo è dato che, quando il Creatore verrà a visitare la cerva, osserverà tutte le azioni d’ogni singola persona. Beato sarebbe chi capiterà ed esisterà a quel tempo, perché meriterà quella Luce della gioia del Re”. (Zohar, Esodo).

Nella sua lingua pittoresca lo Zohar racconta di Rabbi Shimon, il quale guardava avanti, piangendo riguardo ai giorni che giungeranno al termine dell’esilio. In quei giorni sarebbe stato necessario scoprire la saggezza della Kabbalah per realizzare la Meta della Creazione, ma Rabbi Shimon sapeva che una parte delle persone ne avrebbero fatto uso in modo errato ed era addolorato per questo. Rabbi Shimon si doleva pensando alle persone abituate ad impegnarsi nella Torà in modo errato, educate in una maniera che reprime le domande esistenziali che si risvegliano in loro, si sarebbero rivolte allo studio della Kabbalah con quella stessa attitudine errata. Rispetto a codeste persone lui diceva “ahimé”, aggiungendo pero, subito dopo, che ci sarebbero state anche molte persone che sarebbero giunte ad una Luce grande per mezzo della loro Saggezza.

Beati coloro i quali si risveglierà in essi la domanda “perché cosa viviamo” dato che questa domanda farà loro incontrare “La Luce che riporta al Meglio”, la quale si cela nei libri di Kabbalah. Allora “Quando il Creatore verrà a visitare la cerva”, vale a dire quando la Luce Superiore verrà a colmare la collettività delle anime, quelle stesse persone potranno gioire nella “Gioia del Re”.

Reggere assieme La Scala ed ascendere

La nostra generazione ha ricevuto il commentario del libro Zohar del “HaSulam” (La Scala). Il commentario del “HaSulam” è il primo e l’unico commentario che dà all’uomo la possibilità di indirizzarsi nel modo giusto allo studio della Kabbalah. Esso di conseguenza ci dà la possibilità di scoprire il tesoro che Rabbi Shimon ha celato per noi nello Zohar. Esattamente come propone il suo nome, il commentario è una scala per innalzarsi direttamente verso la completezza.

La rivelazione del Commentario del HaSulam non è casuale ed è una chiara dimostrazione del fatto che siamo proprio prossimi a percepire la “Luce della gioia del Re”. Tutto quello che ci rimane ora è di reggere assieme questa scala ed ascendere col suo aiuto alla dimensione Superiore Completa ed eterna che spetta a noi tutti.

 

 

 

RISVEGLIARE L’ANGELO DELLA VITA E ABBATTERE L’ANGELO DELLA MORTE

 

Due designati sono: l’uno è il responsabile della Vita e l’altro della morte ed essi sono preposti all’uomo. Quando l’uomo riscatta suo Ben (figlio), lo riscatta dalla mano di quel responsabile della morte ed egli non può dominarlo. Questo è il mistero di, E Dio vide tutto quello che aveva fatto. Ed ecco, era molto buono (Ndr. Originalmente “Tov meod” in ebraico). “Tov” (buono) è l’angelo della Vita, “Meod” (molto) è l’angelo della morte. E perciò in quel riscatto permane l’angelo della Vita e s’indebolisce l’angelo della morte. Con questo riscatto egli acquisisce la Vita, com’è stato detto, e quello stesso lato maligno lo lascia, e non lo  afferra”.

(Il Libro dello Zohar, Prefazione, brano 246).

 

Nell’articolo “I due designati” l’autore del libro Lo Zohar, il Tana Rabbi Shimon Bar Iochai (Rashbi) ci espone i misteri della Creazione e ci insegna che le due forze spirituali Ne formano la base: “L’angelo della Vita” e “L’angelo della morte”.

Però prima di accedere alla lettura del libro Lo Zohar, dobbiamo ricordarci la regola basilare definita dai Kabbalisti: tutti i personaggi, le persone ed i misteriosi racconti presentati nel libro simboleggiano solamente forze e processi spirituali e nient’altro.

“L’angelo della Vita e l’angelo della morte”, rigardo i quali ci racconta Rashbi, simboleggiano due forze spirituali che operano in ognuno di noi.

L’angelo della Vita è la forza che innalza l’uomo verso la sensazione della spiritualità. Questa sensazione sublime è chiamata nella Saggezza della Kabbalah “Vita”.

In confronto all’angelo della Vita, l’angelo della morte è la forza che attira l’uomo verso direzioni che lo allontanano dalla Vita Spirituale e di conseguenza è chiamato “Il responsabile della morte“.

Queste due forze, anche se non sembra così, hanno lo stesso compito, quello di attirare l’uomo alla Spiritualità, solo che ognuna lo compie in modo diverso. Quando l’uomo sceglie di allontanarsi dalla Spiritualità, l’angelo della morte lo induce a percepire un senso di vuoto e d’insoddisfazione, riportandolo così alla Spiritualità.

Quando, al contrario, l’uomo sceglie di interessarsi alla Saggezza della Kabbalah, percepisce come la forza della Vita lo conduce in modo positivo e piacevole verso il conseguimento del mondo Spirituale. Lo Zohar spiega che se l’uomo attua il metodo che porta all’elevazione Spirituale, evita le sensazioni negative che porta con sé il responsabile della morte.

Il riscatto del primogenito

Quando l’uomo risponde al richiamo dell’angelo della Vita e studia per mezzo della Saggezza della Kabbalah il Mondo Spirituale, egli giunge alla situazione denominata “Il riscatto del primogenito”.

Il concetto “Ben” (figlio) simboleggia nella Kabbalah la situazione Spirituale seguente che l’uomo agogna di raggiungere, mentre il concetto “Av” (padre) simboleggia l’attuale gradino Spirituale nel quale egli si trova.

La saggezza della Kabbalah aiuta l’uomo ad accrescere e a rafforzare la propria attrazione verso la Spiritualità, risvegliando in questo modo l’angelo della Vita. Quando questo succede, l’angelo della morte s’indebolisce e l’uomo si libera dal suo dominio. Egli giunge alla situazione Spirituale denominata “Ben“, il che vuol dire innalzarsi al gradino spirituale successivo. “Il riscatto del primogenito” simboleggia l’intenzione dell’uomo di giungere a questa elevata situazione o, in altre parole, nascere verso la prossima fase del suo sviluppo spirituale.

Il libro dello Zohar ci ha raccontato già duemila anni fa che giungerà il tempo nel quale queste due forze si risveglieranno in molte persone, apportando uno speciale processo Spirituale. I Kabbalisti più eminenti hanno definito che questo processo inizia già ai nostri tempi, in un periodo nel quale molti percepiscono un crescente bisogno di comprendere per quale fine essi vivono.

L’angelo della Vita, il quale si risveglia al giorno d’oggi in molti di noi, ci dà l’opportunità di percepire il Mondo Spirituale in tutta la sua magnificenza. L’unica cosa che ci rimane da fare è lasciar posto alla saggezza della Kabbalah nella nostra vita e così giungere, assieme all’intera umanità, alla vetta del percorso Spirituale. Solamente allora noi tutti giungeremo alla completa consapevolezza del Mondo Spirituale e al godimento infinito che porta con sé l’angelo della Vita.

 

 

LA VISIONE DI RABBI HIYA

“Rabbi Hiya si sdraiò per terra, baciò la polvere della terra, poi pianse e disse…”

 

Questa è la storia di Rabbi Hiya, che fu uno dei nove allievi prescelti da Rabbi Shimon Bar Yochai, con i quali scrisse il Libro dello Zohar.

La storia inizia con la domanda che sì risvegliò in Rabbi Hiya a proposito dell’anima del suo maestro, Rabbi Shimon Bar Yochai.

Egli vide, grazie al suo altissimo conseguimento spirituale, che le anime fanno ritorno alla loro radice, allo stato spirituale più elevato solo dopo aver corretto il loro desiderio egoistico. Per questa ragione, Rabbi Hiya si domandò: «Come è possibile che un’anima elevata quanto quella di Rabbi Shimon Bar Yochai, non possa completare la propria correzione, ma debba invece attendere finché tutte le altre anime non completino la loro correzione?»

Rabbi Hiya non capiva perchè un Kabbalista di un livello così elevato, attraverso il quale la Luce illumina tutto il mondo, non potesse correggere sé stesso fino a che l’ultimo degli esseri umani non avesse completato la propria missione. Lo Zohar racconta che questa domanda risvegliò in Rabbi Hiya un tale tumulto di emozioni che egli si sdraiò per terra, piangendo, e disse:

«Polvere, o polvere, quanto sei testarda, quanto sei insolente. Consumerai tutte le colonne di luce del mondo, quanto sei sfrontata. La luce santa che illuminava tutto il mondo, Rabbi Shimon, la cui purezza sostiene il mondo, è stata inghiottita in te.»

Secondo la saggezza della Kabbalah, l’uomo si reincarna in questo mondo per correggere la propria anima. Il processo della correzione inizia con il desiderio del Creatore di donare tutto il Bene e l’Abbondanza che Egli possiede, e per questo motivo Egli ha creato la creatura chiamata “L’anima generale”.

Nel corso di questo processo la creatura si frantumò in una miriade di piccoli frammenti, chiamati “anime”. Queste stesse anime perdono il contatto con il Creatore, e si allontanano fino allo stato più basso dell’esistenza, chiamato il livello di “Questo Mondo”.

Da questo stato gli esseri umani devono cominciare a correggere le proprie anime, per tornare a unirsi con il Creatore. La saggezza della Kabbalah spiega che il processo della correzione deve avvenire mentre l’uomo vive in questo mondo, quando le anime sono ancora “rivestite” del corpo fisico.

Lo scopo di questo processo è quello di dare la possibilità alle anime di acquisire con le proprie forze il legame con il Creatore, questa volta, però, in modo cosciente, con libero arbitrio.

Prima di discendere in questo mondo, le anime erano connesse nel Mondo Spirituale in legami d’amore e nel dare reciproco. Il processo della discesa delle anime in questo mondo simbolizza l’allontanamento l’una dall’altra, finché non sentano più la connessione esistente tra loro. Il ruolo degli esseri umani è quello di ripristinare i legami tra le anime durante la vita in questo mondo, e di ritornare gradualmente al preesistente stato di completezza. Alla fine di questo processo, chiamato Gmar HaTikun HaPratì – La Fine della Correzione Personale”, ogni anima corregge sé stessa, e ascende di nuovo al Mondo Spirituale. Lo stato in cui tutte le anime sono corrette si chiama “Gmar HaTikun HaKlalì – La Fine della Correzione Generale”.

La “polvere” a cui si rivolge Rabbi Hiya nella storia dello Zohar simbolizza le anime non ancora corrette che, di conseguenza, impediscono la Fine della Correzione (Gmar HaTikun) delle anime più elevate. Rabbi Hiya non può accettare il fatto che questo processo trattenga l’anima di Rabbi Shimon che sembra dover  “attendere” la Fine della Correzione Generale (Gmar HaTikun HaKlaì) per correggere la propria anima. Questa è la ragione per cui Rabbi Hiya esige di “vedere” Rabbi Shimon, il che significa elevarsi allo stato in cui potrà comprendere l’ordine della correzione delle anime, e ricevere con questo una risposta alla propria domanda.

Però, la richiesta di Rabbi Hiya viene respinta, dato che egli non è ancora degno di elevarsi a questo stato sublime. Di conseguenza, Rabbi Hiya decide di “digiunare quaranta giorni”. Questa azione simbolizza nella Kabbalah l’acquisizione della qualità chiamata Binah, rappresentata nell’alfabeto ebraico dalla lettera “MEM” (il cui valore numerico è, secondo la ghematria, 40). Dopo che la richiesta di Rabbi Hiya viene declinata per la seconda volta, egli continua a “digiunare” altri “quaranta giorni”, vale a dire a correggere  sé stesso,  innalzandosi ad uno stato spirituale più elevato. Allora “viene innalzato” alla “Sede Superiore”, allo stato in cui tutte le anime corrette sono connesse tra loro e  si trovano nello stato di amore reciproco, attaccate al Creatore e colme di  Luce Superiore.

Quando Rabbi Hiya si innalza a questo grado spirituale, è come se osservasse sé stesso dall’esterno, scoprendo che anche la sua anima si trova già lì, tra le anime corrette, nello stato di “Gmar Tikun – Fine della Correzione. Allora egli si stupì ancor di più: Come è possibile che il suo stato corretto esista già, quando lui, Rabbi Hiya, non ha ancora completato la correzione della sua anima?

Il Libro dello Zohar ci spiega, attraverso il racconto su Rabbi Hiya, che la Realtà Superiore esiste già. Noi tutti ci troviamo già in Essa, alla Fine della Correzione, in tutta la nostra completezza e magnificenza. Questo mondo, d’altro canto, non è altro che un’immagine apparente che percepiamo nel nostro attuale stato di sviluppo.

Il Libro dello Zohar ci rivela un nuovo punto di vista sulla vita, mostrandoci che tutti i problemi e le disgrazie che sperimentiamo hanno il solo scopo di portarci alla percezione del nostro stato non corretto. Per innalzarci verso la percezione spirituale completa e per una vita migliore, dobbiamo preferire l’interiorità al di sopra dell’esteriorità, cioè trovare le opportunità di rendere la Kabbalah parte della nostra vita. Quando questo accadrà, ci eleveremmo come Rabbi Hiya, ad uno stato spirituale Superiore, alla realtà in cui esistiamo veramente. In tale stato saremo come tutti i grandi Kabbalisti del passato, e scopriremo l’unica realtà in cui tutte le anime sono già connesse in uno stato perfetto.

LA SAPIENZA DELLO ZOHARultima modifica: 2009-12-16T15:33:00+01:00da mikeplato
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One Response

  1. timor
    at |

    Questa è la Musica che fa’ risuonare la mia Anima.
    Nessuna sbavatura, nessuna fastidiosa o spiacevole distorsione
    solo equilibrio, saggezza, umiltà e tanto desiderio del Suo Amore ad indicarci il cammino

    http://www.youtube.com/watch?v=J6PXzzh6uM4

    Ricordo quando eravamo nella Luce,
    quando eravamo Luce.
    Poi la perdemmo e Lei rimase lì
    inalterata e bellissima (dal futuro)
    ad illuminarci il ritorno

    Grazie Mike per queste perle

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