SULLA GERARCHIA INIZIATICA ISLAMICA E AL-KHIDR

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a cura di Dario Chioli

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La denominazione più elevata è quella di Ghawth (SÝμ), 1 la «risorsa suprema» degli afflitti, il rifugio, il salvatore; è colui che, in ragione della sovrabbondanza della propria santità, e dell’influenza dei suoi meriti presso Dio, può, senza compromettere la propria salvezza, prendere su di sé una parte dei mali e dei peccati dei Fedeli. E questo è proprio il «Soter», salvatore degli Gnostici. Ma la credenza nel Ghawth non è limitata ai congregati. 2 La maggioranza dei musulmani crede che esista sulla terra una legione di santi che, da vivi, sono sconosciuti a tutti e a loro stessi. Sono sempre in numero di quattromila secondo gli uni, di trecentocinquantasei secondo gli altri, e formano ciò che viene chiamato il Ghawth al-`alam, 3 il «rifugio del mondo». «I beati che lo compongono sono disposti in sette classi, che vengono visti come altrettanti gradi misteriosi della loro beatificazione». La prima è occupata dal capo o corifeo di tale legione, distinto col nome di Ghawth a`zam 4 (grande Ghawth); la seconda, dal suo visir o primo ministro, con il titolo di Qutb, 5 che significa «polo»; la terza, è composta di quattro ministri Awtad 6 (paletti, puntelli di tenda)… 7 I nomi variano secondo i teologi e i dottori per quanto riguarda le altre classi di questi esseri privilegiati che da vivi hanno, a loro insaputa, accesso al cielo e un posto riservato nelle beate falangi che circondano il trono di Dio. La denominazione più elevata è quella di Ghawth (SÝμ), 1 la «risorsa suprema» degli afflitti, il rifugio, il salvatore; è colui che, in ragione della sovrabbondanza della propria santità, e dell’influenza dei suoi meriti presso Dio, può, senza compromettere la propria salvezza, prendere su di sé una parte dei mali e dei peccati dei Fedeli. E questo è proprio il «Soter», salvatore degli Gnostici. Ma la credenza nel Ghawth non è limitata ai congregati. 2 La maggioranza dei musulmani crede che esista sulla terra una legione di santi che, da vivi, sono sconosciuti a tutti e a loro stessi. Sono sempre in numero di quattromila secondo gli uni, di trecentocinquantasei secondo gli altri, e formano ciò che viene chiamato il Ghawth al-`alam, 3 il «rifugio del mondo». «I beati che lo compongono sono disposti in sette classi, che vengono visti come altrettanti gradi misteriosi della loro beatificazione». La prima è occupata dal capo o corifeo di tale legione, distinto col nome di Ghawth a`zam 4 (grande Ghawth); la seconda, dal suo visir o primo ministro, con il titolo di Qutb, 5 che significa «polo»; la terza, è composta di quattro ministri Awtad 6 (paletti, puntelli di tenda)… 7 I nomi variano secondo i teologi e i dottori per quanto riguarda le altre classi di questi esseri privilegiati che da vivi hanno, a loro insaputa, accesso al cielo e un posto riservato nelle beate falangi che circondano il trono di Dio. attribuita che a un morto; nessuno può aspirarvi da vivo; è la venerazione dei Fedeli che assegna questo onore postumo. Questi titoli tornano ad ogni momento nelle catene genealogiche degli ordini religiosi; ma non sono dati a caso e, sempre, l’epiteto che accompagna il nome d’un santo o d’un dottore ha il suo valore, perché indica, perlopiù, il grado d’importanza e d’influenza che il beneficiario ha avuto nella formazione dell’ordine che lo cita tra i propri sostegni. […] La credenza nella comunicazione di Dio con le sue creature è, in effetti, ammessa dai musulmani; essa può accadere per mezzo dei sogni, ma ha luogo soprattutto per mezzo di Sid al-Khadir. 19 Sid al-Khadir è il profeta Elia che, come il profeta Idris (Enoc), ha bevuto alla fonte della vita ed è stato risparmiato dalla morte. La sua personalità è sdoppiata: Elia erra sulla terra, Al-Khadir vive sul fondo del mare. Un giorno all’anno, si incontrano per mettersi d’accordo: Al-Khadir è allora l’intermediario ordinario tra Dio e gli uomini, svela loro l’avvenire e, soprattutto, conferisce loro i doni della baraka 20 e del tasarruf, 21 22 vale a dire il potere di fare miracoli e d’essere esauditi in tutto ciò che domandano per sé o per gli altri. Si comprende come l’investitura da parte di un simile personaggio conferisca importanza al suo eletto, presso un popolo pieno di fede e credulo 23 come il popolo musulmano. Così è in gran parte al carattere sovrannaturale della rivelazione fatta ai loro fondatori che bisogna attribuire l’influenza considerevole di cui godono le sette religiose degli `Isawiyya, dei Qadiriyya, dei Sanusiyya 24 e altre. Tutti i loro membri in effetti partecipano alla baraka trasmessa dagli eredi dei fondatori per mezzo dei capi dell’ordine, che possono, in talune condizioni note e chiaramente formulate nei libri di dottrina, entrare in comunicazione segreta e diretta con Al-Khadir e con il Profeta. Esiste sulla terra, a detta dei musulmani, un numero sempre costante di santi, quattromila secondo gli uni, trecentocinquantasei secondo gli altri. Distribuiti in sette classi, secondo il loro grado di santità, questi esseri privilegiati hanno, fin da questa vita, accesso al cielo e formano con la loro riunione il «rifugio del mondo», Ghawth al-`alam. 25 Al vertice della gerarchia si trova il «grande Ghawth», Ghawth a`zam, 26 il rifugio supremo, il salvatore; tale è la sovrabbondanza dei suoi meriti che egli può, senza compromettere la sua propria salvezza, dar soddisfazione per i peccati altrui. Sfortunatamente nessuno lo conosce, e lui stesso s’ignora. – Dopo il Ghawth, 27 ma a un grado inferiore, è posto il suo visir o primo ministro, col titolo di Qutb, 28 «stella polare, polo, asse del mondo»; è il santo più influente della sua generazione, quello che occupa il vertice dell’asse intorno al quale la povera umanità gira senza fine. Per maggior precisione, lo si chiama spesso Qutb al-waqt, 29 «il polo dell’epoca», Qutb al-aqtab, 30 «il polo dei poli». – Al di sotto del Qutb, si incontrano gli Awtad 31 o «puntelli»: non ve ne sono che quattro alla volta, uno per ognuno dei punti cardinali, con La Mecca al centro. – A differenza dei puntelli, i Khiyar 32 ovvero «gli eletti, i scelti, i migliori» sono missionari erranti; poco numerosi – non se ne contano che sette – sono sempre in movimento, portando in giro ovunque la fiaccola dell’Islam. – Gli Abdal o «mutanti» occupano il quinto grado della scala misteriosa; taluni interpreti ne contano sette, altri quaranta, altri infine settanta; ma, in ogni caso, i loro quadri sono sempre formati: quando uno di loro viene ad essere rapito dalla ineluttabile morte, un altro lo rimpiazza all’istante; da ciò il loro nome collettivo di «mutanti». – Mentre gli Abdal vivono soprattutto in Siria, i Nujaba’ 33 o «eccellenti», settanta di numero, preferiscono soggiornare in Egitto. – Il resto dell’Africa è posto sotto la protezione di trecento Naqib 34 o «capi di gruppo», noti soltanto ai loro eguali o ai loro superiori in santità; essi non hanno personalmente coscienza del proprio merito. I titoli che precedono si applicano a personaggi viventi; al contrario, quello di Wali 35 o «santo», corrispettivo del Makarios dei Greci, non potrebbe convenire che ai morti; è il risultato d’una sorta di canonizzazione popolare.

Cap. II, pp. 80-82
«Fuqara’, 36 diceva Al-Junayd, 37 voi che conoscete Dio e che l’onorate, esaminate come siete di fronte a Lui allorché, isolati, meditate sull’Altissimo». È in effetti con l’esame attento della propria anima che i sufi, con l’aiuto del proprio discernimento più o meno sottile e dei propri rapimenti di spirito, riconoscono se vi è esatta corrispondenza tra i doveri compiuti e i loro risultati. Riconoscendo in sé questo primo stato estatico, il sufi neofita esce dalla prigione tenebrosa della propria essenza e prova una percezione ben precisa degli intimi pensieri celati al fondo del proprio essere. La sua anima sale così, di stazione in stazione, fino al grado sublime in cui i centosessantamila veli che avvolgono i segreti divini si scostano e gli lasciano vedere «l’Impenetrabile». 38 In questo istante, i raggi celesti inondano il suo cuore, e il suo spirito, guidato dall’immagine del Dio «Uno», viene a trovarsi nel campo delle  luci dominanti.  «Là constata che l’essere reale e il principio produttore sono Dio, che ogni essenza è una scintilla della luce dell’essenza divina, che ogni qualità, scienza, potenza, volontà, udito, vista, è l’effetto della riflessione delle luci della purezza di Dio e un prodotto dei suoi atti». L’idea dell’unità perfetta si forma nel suo spirito e, a tali splendori divini, si ricollegano le realtà degli attributi, la tavoletta dei decreti divini, la realtà di tutti i profeti ed inviati, gli uomini realizzati della religione di Muhammad. Tra questi ultimi, al primo rango della gerarchia esoterica gli appare il Qutb 39 o Ghawth, 40 41 poi vengono gli Abdal, 42 plasmati sui 40 Nujaba’, 43 presi a loro volta tra i 300 Nuqaba’, 44 45 tutti giunti a questi diversi gradi di santità tramite le loro pratiche sufi e le buone opere e sostituiti, a mano a mano che Dio li invia presso di Lui, da coloro che, in numero limitato, sulla terra sopportano il peso dei peccati commessi dagli esseri umani e intercedono in loro favore presso l’«Unico» nel giorno dell’ultimo giudizio. Nel percorrere la distanza che li separa dal loro Dio, non saprebbero raggiungerli i corsieri più rapidi, i venti più impetuosi. Nella loro aspirazione verso l’Altissimo, le loro anime salgono senza sosta nelle alte volte eteree, consacrandosi a volontà
alle buone opere.

Cap. II, pp. 83-86
Ma torniamo ai sufi assorti nell’abisso della confessione dell’unità. Giunti alla conoscenza del trono sovrano, annullati in questo contatto divino, la loro anima si purifica dalle umane sozzure, dagli accidenti temporali, e i più perfetti, quelli che l’Essere sovrano ha giudicato degni di uscire da questo stato indefinibile, i privilegiati insomma, ricevono l’ordine o l’autorizzazione di chiamare gli uomini per mezzo del proprio esempio. La bontà
dell’Essere Supremo trasmette loro una scintilla della potenza divina (baraka), benedizione suprema, grazia incommensurabile, potenza infinita che si manifesta per il bene e per il male e che si trasmette di generazione in generazione, presso gli eredi spirituali che si succedono e traggono ispirazione dall’insegnamento e dalle qualità divine professate dal loro «maestro», dal loro shaykh, incaricato di portare a perfezione i progressi di coloro che per gradi s’avanzano verso l’Aldilà. 46 Circa il ruolo d’intermediario coperto da Al-Khadir nella trasmissione della baraka, lo Sceicco Sanusi s’esprime così: «Tra le pratiche sperimentate che possono far percepire in visione Al-Khadir e il nostro profeta (che la benedizione e la salvezza siano su di lui!) non vi è che quella che consiste nel ripetere la preghiera detta “ addu` a’ as-sayfi ” quarantun volte nella notte in cui si deve manifestare l’apparizione d’Al-Khadir» ecc

 

NOTE

1 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «R’outs».
2 N.d.C.: Louis Rinn usa l’espressione «congréganistes» per indicare gli appartenenti alle confraternite sufi.
3 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «R’outs-el-Alem».
4 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «R’outs-Adham».
5 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «Qotb».
6 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «aoutad».
7 Nota di Louis Rinn: Mouradja d’Ohsson, tome I, p. 315. (Vedere nella Revue africaine del 1859, p. 15, un articolo di Brosselard).

8 Nota di Louis Rinn: Brosselard, loco citato.
9 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «Qotb-el-Ouoqt».
10 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «Qotb-el-Qtoub».
11 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «khiar».
12 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «Nedjib».
13 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «Nedjab».
14 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «Neqib».
15 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «ouali».
16 Nota di Louis Rinn: Questa parola ha stessa origine di quella di wali, governatore; è della stessa famiglia di mawla, maestro.
17 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «oula».
18 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «Ouali Allah».

19 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «Sid-El-Khadir» e poi «El-Khadir».
20 Nota di Louis Rinn: La baraka è la benedizione, ma qui col senso d’abbondanza, di profusione, di sovrabbondanza di beni. — Il senso primitivo di baraka (ÄnL) è “accovacciarsi”, “inginocchiarsi”, ma prima di tutto “accovacciarsi schiacciati sotto il peso del carico”.
21 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «Tessarouf».
22 Nota di Louis Rinn: Il tasarruf (¹n¡P), da sarafa (¹nz), è il dono d’essere dispensatore, e di disporre delle forze della creazione, nell’amministrazione del mondo.
23 N.d.C.: È qui evidente che Louis Rinn interpreta questi racconti come semplici leggende.
24 N.d.C.: Louis Rinn trascrive «Aouissya, Khadirya, Snoussya». Si tratta di tre note confraternite, l’ultima delle quali tra l’altro combatté strenuamente contro l’invasione italiana della Libia. Alla Qadiriyya, fondata da `Abd al-Qādir al-Jīlānī, appartenne l’emiro `Abd al-Qadir,
grande sufi e indipendentista algerino. Gli `Isawiyya sono anche noti come Aissaoua.
25 N.d.C.: Louis Petit trascrive: «Ghouts-el-Alem».
26 N.d.C.: Louis Petit trascrive: «Ghouts-Adham».

27 N.d.C.: Louis Petit trascrive: «Ghouts».
28 N.d.C.: Louis Petit trascrive: «Qotb».
29 N.d.C.: Louis Petit trascrive: «Qotb-el-Ouoqt».
30 N.d.C.: Louis Petit trascrive: «Qotb-el-Qtoub».
31 N.d.C.: Louis Petit trascrive: «aoutad».
32 N.d.C.: Louis Petit trascrive: «khiar».
33 N.d.C.: Louis Petit trascrive: «Nedjab».
34 N.d.C.: Louis Petit trascrive: «Negab».
35 N.d.C.: Louis Petit trascrive: «ouali».
36 N.d.C.: «Fuqara’» è il plurale di «faqir». Depont e Coppolani trascrivono: «Foqra».
37 N.d.C.: Depont e Coppolani trascrivono: «El-Djoneidi».

38 Nota di Depont-Coppolani: Il poeta Jami (De Sacy, Notice des manuscrits de la bibliothèque du roi, 1831), con un’esuberanza di dettagli incredibile, dispone gli «spirituali» in gradi che fa corrispondere a degli stati, più o meno perfetti, degli uomini che praticano il sufismo. E c’è bisogno, tanto elevata è talora la sottigliezza dei termini,di molta perspicacia per coglierne le sfumature: per esempio, il punto preciso in cui il faqir perviene alla qualificazione suprema di sufi, o l’uomo che, in cammino lungo la via, giunge alla stazione immutabile del parvenu, del sommerso nell’oceano della contemplazione. La stessa cosa vale per le altre qualità o imperfezioni che distinguono i Malamati, i Khadim ecc., i cui stati spirituali sono egualmente particolari.
39 N.d.C.: Depont e Coppolani trascrivono: «Qotb».
40 N.d.C.: Depont e Coppolani trascrivono: «Ghouts».
41 Nota di Depont-Coppolani: «Il rango che occupa tra i santi (wali), è paragonabile al punto centrale del cerchio (in rapporto ai raggi raffiguranti i santi), l’armonia del mondo dipendendo dal centro di questo cerchio» (hadith riportato da Ibn Mas`ud).
42 Nota di Depont-Coppolani: «Gli Abdal del mio popolo sono in numero di 40 individui, di cui 22 occupano la Siria e 18 l’Iraq. Ogni volta che uno d’essi muore, Dio lo rimpiazza con un altro. Quando verrà l’ora del giudizio ultimo, saranno tutti richiamati a Dio» (hadith secondo Anas bin Malik).
43 N.d.C.: Depont e Coppolani trascrivono: «nedjab».
44 N.d.C.: Depont e Coppolani trascrivono: «nekab».
45 Nota di Depont-Coppolani: «Si racconta, come riportato da Ibn Mas`ud, quanto segue: L’Inviato di Dio (su di lui la benedizione e la pace divina) ha detto: Dio, il Benedetto, l’Altissimo, ha sulla terra 300 uomini la cui anima è fatta ad immagine di quella di Adamo, 40 la cui anima è fatta ad immagine di quella di Mosè, 7 la cui anima è fatta ad immagine di quella di Abramo, 5 la cui anima è fatta ad immagine di quella di Gabriele, 3 la cui anima è fatta ad immagine di quella di Michele, 1 la cui anima è fatta ad immagine di quella di Israfil. «Quando l’ “Unico”, l’ultimo menzionato, muore, Dio gli dà un sostituto di tra i tre (che vengono immediatamente dietro di lui); quando uno dei tre muore, Dio gli dà un sostituto di tra i cinque; e similmente per le altre serie fino a quella di 300, i cui sostituti sono presi tra i  gli uomini comuni. «È per loro tramite che Dio storna i mali dal popolo musulmano». Gli autori musulmani non sono concordi sul numero dei personaggi in questione, ma la fede in ciò che riguarda il loro stato o la loro missione è generale. Si riportano di `Ali bin Abu-Talib (Dio sia soddisfatto di lui), queste parole: Gli Abdal dimorano in Siria, i Nujaba’ (i nobili) in Egitto, gli `Asa’ib (i legatori) in Iraq; i Nuqaba’ (capi preposti) nel Khorassan; gli Awtad (paletti, puntelli) sono sparsi su tutta la superficie della terra e Al-Khadir (il profeta Elia) è il maestro della Legione. Si riporta di Al-Khadir quanto segue: Il numero di 300 rappresenta i Wali; quello di 70, i Nujaba’; 40, gli Awtad al-`ard; 10, i Nuqaba’; 7, gli `Urafa’ (che ben conoscono); 3, i Mukhtarin (eletti, scelti); uno di questi ultimi tre è il Ghawth. (Estratto del Rawd al-riyahin (Vita dei Santi) [N.d.C.: più precisamente, il titolo di questo testo di al-Yafi`i, sufi yemenita del XIV secolo, è Rawd ar-riyahin fi hikayat as-salihin, ovvero “Giardino delle brezze che spirano dai racconti di santi”], pp. 8-9, traduzione di Sicard, interprete militare al Governo generale).

46 Nota di Depont-Coppolani: Secondo i musulmani, taluni sufi possono egualmente ricevere la baraka e il dhikr per la mediazione di Al- Khadir o Al-Khidr (il profeta Elia), che dirige la legione dei personaggi: Abdal, Nujaba’ ecc. di cui abbiamo parlato in precedenza. «I musulmani (come del resto molti cristiani del medioevo e anche dei giorni nostri) credono che due umani privilegiati siano stati esentati dalla morte: Enoc ed Elia. Per i musulmani, Enoc (Idris) è entrato vivo e con scaltrezza nel Paradiso; poi non ha più voluto uscirne. Quanto a Elia, hanno sdoppiato la sua personalità e ne hanno fatto due personaggi distinti: uno, Elia, deve, per ordine divino, errare sulla terra fino al giorno dell’ultimo giudizio, l’altro, Al-Khadir (che per i cristiani d’Oriente è oggi San Giorgio), vive abitualmente sul fondo del mare. «Una volta all’anno, Elia ed Al-Khadir si incontrano per accordarsi. Al-Khadir è l’intermediario tra Dio e gli uomini che Dio ha scelto per svelare loro il segreto di ogni cosa (ciò che viene chiamato Fath, apertura), ovvero per conferire loro qualche dono sovrannaturale, tra gli
altri quello d’essere con certezza esauditi nelle preghiere che fanno, sia a favore che contro una creatura (ciò è detto il dono di baraka)». (Estratto da un lavoro di Pilard, interprete militare in congedo, sui Sanusiyya, 30 maggio 1874). La leggenda musulmana non conosce l’identità di questi due personaggi l’uno dei quali è «Mukallaf al-barr» (occupato sul continente) e l’altro «Mukallaf al-bahr» (occupato sul mare). Essi s’incontrano annualmente in occasione del pellegrinaggio alla Mecca. Quanto alla loro genealogia, «Elia è il figlio di Yasin, figlio di Eleazaro, figlio e successore d’Aronne ecc. ovvero, secondo altri, Elia è figlio di Pinehas, figlio di Eleazaro. Mas`udi fa menzione dell’identità di Elia con Idris (Enoc)». A queste informazioni tratte dal Culte des saints chez les musulmans (“Revue des Religions”, 1880-2), in cui Ignace Goldziher rigetta un’opinione di Ganneau, consistente nell’affermare che Al-Khadir – Elia non costituiscono presso i musulmani che un solo personaggio, l’autore aggiunge: «Quanto a Al-Khadir, è cugino o visir di Alessandro il Grande o Dhu’l-Qarnayn; secondo altri, il figlio di un babilonese credente che espatriò insieme ad Abramo ovvero un figlio proprio di Adamo». «Al-Khadir è ugualmente un titolo d’onore nella gerarchia dei sufi più elevati. Ciò si ricava da un passo di Abu Hajar al-`Asqalani [N.d.C.: morto nel 852/1448]: «Quando il Khidr muore, il Ghawth recita la preghiera dei morti su di lui nella cella d’Ismaele, sotto la grondaia, nella Ka`ba. In questa occasione cade su di lui una foglia, su cui è scritto il suo nome. Egli così diviene Khidr; il Qutb della Mecca allo stesso tempo perviene alla dignità di Ghawth. Si dice che il Khidr del nostro tempo è Hasan bin Yusuf az-Zubaydi, della tribù di Zubayr [N.d.C.: nel testo francese c’è “Zoubeïl” ma mi pare un errore ] dello Yemen; si trovano informazioni più precise su di lui in `Abd al-Ja`far bin Nuh al-Qusi [N.d.C.: egiziano, morto nel 708/1308] nella sua opera Al-wahid fi suluk ahl al-tawhid (Ad-durar alkamina. Manuscrits de la bibliothèque impériale de Vienne, cod. mixte n° 245, vol. II, fol. 1719) (vedi Corano, versetto 64 e segg. del cap. «La Caverna»). Quanto al nostro argomento, dobbiamo soprattutto tenere a mente che il dono di baraka conferisce al santo sufi il potere sovrannaturale di operare miracoli. Noi trarremo, più avanti, da questa credulità che fa sì che i musulmani in generale finiscano per considerare i più gravi eventi o le futilità della vita come conseguenza della benedizione o della maledizione d’un beato detentore della baraka, le deduzioni che tale credulità comporta [N.d.C.: è evidente che anche Depont e Coppolani, come già Louis Rinn, manifestano totale incredulità verso i miracoli dei sufi].

SULLA GERARCHIA INIZIATICA ISLAMICA E AL-KHIDRultima modifica: 2010-02-24T13:42:00+01:00da mikeplato
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