SU UNA NUOVA LETTURA DELLA GENESI

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di Luca Lamonaca (www.simmetria.org)

 

Pubblichiamo volentieri una relazione pervenutaci da Luca Lamonaca sulla Genesi, (o sul Genesi se ne parliamo come libro).  Lamonaca riporta il pensiero di Carlo Enzo pubblicato nel libro “Adamo dove sei” in cui viene proposto che il primo libro biblico rappresenti, sinteticamente, un “codice di vita” per un uomo nuovo. Da vecchi tradizionalisti noi concordiamo poco con tale interpretazione che, a nostro avviso riduce un po’ troppo ad un livello etico-psichico un messaggio spirituale e trascendente. Ne deriva una visione antropocentrica in cui l’uomo diventa il senso, il fine e il termine dell’evoluzione. E qui ricadiamo nel solito tentativo di antropomorfizzare l’opera divina per renderla, in qualche modo, traducibile con termini umani e di… confinare l’infinito. La interpretazione metastorica di Gianni Cappelletto nel testo sulla Genesi ricordato da Lamonaca, è, a nostro avviso, assai più interessante anche se la riduzione ad una “Lectio popolare” ci sembra di nuovo limitativa. Insomma se trascuriamo il fatto che, nella parola “sapienziale” non esiste soltanto un messaggio metafisico e metastorico ma soprattutto un insegnamento iniziatico (di cui il testo scritto rappresenta solo un aspetto) come al solito ci troviamo di fronte a problemi filologici su cui si può seguitare a “parlare” per il resto dei nostri giorni trovando sempre nuove soluzioni “ad usum” della cultura del momento. Ma la relazione di Lamonaca ha termini assai interessanti e non prende “posizioni” apodittiche. Propone e fornisce un sistema semplice e assai efficaci per analizzare i primi versetti biblici. Da leggere con attenzione.

C.L.

Chi traduce in modo letterale è un bugiardo
ma colui che aggiunge qualcosa è un blasfemo.
Megillah della Tosefta (III, 21

La verità era uno specchio che cadendo si ruppe.
Ciascuno ne prese un pezzo
e vedendo riflessa in esso la propria immagine
credette di possedere l’intera verità. 
(Jalal al-Din Rumi)

 

Premessa
Molte persone oggi, anche credenti, rifiutano di leggere la Bibbia e, soprattutto, i primi capitoli del libro della Genes1] perché li ritengono pura fantasia, privi di qualsiasi nozione scientifica, una fiaba per bambini. Il loro rifiuto dipende dal fatto che non ammettono la possibilità che, attraverso questi testi, possa giungere un messaggio che contribuisca in qualche modo a rivelarci il mistero dell’esistere, anche se in un linguaggio diverso da quello contemporaneo.

Gli studiosi biblici affermano che il linguaggio poetico[2] con il quale questo libro è espresso, risulta oggi incomprensibile perché parlava agli uomini antichi ed usava il loro linguaggio; è necessario pertanto fornirsi di un’adeguata conoscenza della lingua, delle usanze, del modo di rapportarsi con il mondo e la realtà adoperati nei diversi tempi in cui è stato scritto; prendere atto della necessità di un’inevitabile mediazione culturale in grado di mostrarci l’autenticità e la possibile validità del messaggio contenuto. Non si tratta di affrontare il testo con una metodologia scientifica  o solo razionale, ma di fare propria la capacità di comprendere e interpretare il “mito” (ovvero la struttura espressiva del racconto) come una possibilità di accesso al possibile mistero. L’analisi di questi antichi testi evidenzia una palese contraddizione: da un lato mette in crisi la convinzione che con l’evoluzione scientifica e tecnologica dell’umanità tutte le forme di espressione e di conoscenza siano oggi non solo diverse ma più efficaci di quelle del passato; dall’altro ci rende consapevoli che la forma, il significato, la capacità espressiva e la suggestione delle lingue degli uomini, quanto più si va indietro nel tempo, tanto più appaiono profondi e complessi, al punto da ridurre le nostre moderne lingue occidentali a semplici strumenti di comunicazione tecnica e di servizio. Come è possibile tutto ciò? Com’è possibile conciliare il miracolo dello sviluppo tecnologico con la perdita della comprensione delle potenzialità espressive delle lingue antiche? Ma, ancora più importante, com’è possibile che le caratteristiche proprie delle lingue antiche lascino intuire una “conoscenza” non solo diversa ma più profonda di quella contemporanea?[3]

Ma forse è possibile. Per comprendere questo possibile, almeno nell’ambito della nostra indagine sul Genesi, è necessario prima di tutto considerare che i capitoli iniziali del primo libro della Bibbia non ci presentano storie vere, come le intendiamo oggi, oppure cronache giornalistiche,  ma sono narrazioni che dicono un vero su determinati problemi e secondo l’ottica della fede di chi le racconta; e soprattutto – anche ammesso che intendano descrivere l’origine e la formazione dell’universo e lo svilupparsi dell’umanità –  non sono scritte con intenti scientifici[4] o realistici, secondo la metodologia della nostra scienza moderna; si tratta invece di narrazioni simboliche, ispirate, mitiche, compilate non solo con l’uso della ragione, capaci di evocare quanto non si conosceva scientificamente e di farlo sperimentare quale proposta di significato al vivere di chi ascoltava. In questo senso, i racconti del libro della Genesi si accostano – nell’ambito delle opere scritte –  ai grandi poemi antichi come l’Enuma Elish (Quando in alto)uando in alto), alle storie di Atrahasis e di Ghilgamesh, ai libri dei King o dei Veda, al Libro delle Piramidi ed altri testi di altre culture e civiltà antiche che hanno cercato di rispondere alle eterne domande dell’uomo sulla sua identità, sulla sua origine e sul destino futuro, messi in relazione con un mondo divino, ma percorrendo strade diverse.

 

Tutti questi racconti si collocano (o partono) in un Allora o in un In principio perché siano archetipi o modelli di riferimento per coloro che li accostano; si presentano come un tentativo di andare al cuore, alla radice autentica del mistero del mondo, non solo a livello temporale quanto soprattutto esistenziale; sono racconti di origine perché fondano e spiegano il presente.

 

Un processo misterioso di conoscenza portava l’uomo antico a parlare della realtà attraverso racconti collocati fuori della storia, per spiegare la storia; quello che gli studiosi chiamano etiologia metastorica. Lo scopo di questo lavoro è dunque quello di capire, approfondire, cercare significati che le parole scritte nascondono, per ragioni diverse e complesse, anche involontariamente. Un punto di partenza è quello di mettere a confronto l’interpretazione tradizionale del Genesi con alcune nuove  interpretazioni, in particolar modo quella scritta da Carlo Enzo nel libro Adamo, dove sei? (ed. Il Saggiatore, Milano 2002). Si tratta di uno studio suggestivo  per la complessità del tema e le particolari competenze filologiche. In questa sede ci limiteremo tuttavia ad un semplice accenno, confrontando l’interpretazione delle prime cinque parole che costituiscono il versetto 1 del primo capitolo del Genesi.

 

In principio (Be-resh-it) crea (bara’) Dio (El-ohim) 
il cielo e la terra (eth-ha-shamaim w’eth-ha-aretz).

 

Questa è – grosso modo – la traduzione italiana delle prime cinque parole della Bibbia. Tutti le conosciamo e tutti abbiamo sempre pensato che queste parole si riferiscono al racconto della creazione dello spazio, del tempo e del mondo da parte di Dio. Il libro di Carlo Enzo, in base a precisi riferimenti linguistici e a comparazioni con l’intero corpo letterario della Bibbia ebraica, propone invece un’interpretazione nuova, le indica come l’inizio di un “codice di vita” scritto in linguaggio simbolico, rivolto ad un tipo d’uomo nuovo, un giusto, che si deve distinguere da tutti gli altri giusti (di 310 mondi diversi[5]) perché destinato alla Torah. Per comprendere ciò è necessario partire  dalle interpretazioni tradizionali, numerose e spesso distanti tra loro, anche per via delle traduzioni nelle diverse lingue storiche che ci hanno tramandato il testo biblico: ebraico, aramaico, greco, latino, italiano. Tutte queste traduzioni si succedono l’un l’altra nel corso della storia a partire dall’ebraico Ma il testo ebraico originario si ispira – forse – ad altri testi, diversi per lingua, luogo ed epoche storiche in cui sono stati redatti; questi testi, a loro volta, sono il risultato finale (talvolta approssimativo o sintetico) di una lunga e complessa tradizione orale durata non si sa quanto e andata probabilmente in gran parte perduta. La Bibbia ebraica,[6] come oggi la conosciamo, fu fissata dagli Ebrei di Palestina agli inizi dell’era cristiana.[7] E’ dunque essenziale conoscere i criteri con cui sono state scritte e poi tradotte le parole che costituiscono questo libro; e magari sapere anche da chi e quando. Ma ritornando a quanto di scritto ci ha lasciato la tradizione, dobbiamo chiederci:  con quali criteri sono state realizzate le diverse traduzioni della Bibbia e, nel caso che stiamo esaminando, di queste prime cinque parole del Genesi? E, in linea generale, come leggere questo testo?[8] E soprattutto: l’interpretazione della dottrina contenuta in questo libro (e in particolare in Genesi 1-3) è in grado di dimostrare che essa è ancora valida per un abitante di questo pianeta oppure, come tante altre, ha fatto il suo tempo, fa parte delle tante dottrine religiose sul mondo e sull’uomo?

 

L’interpretazione tradizionale 
Secondo l’interpretazione tradizionale, le prime cinque parole del Genesi costituiscono l’inizio del racconto di creazione del mondo,  attribuito alla fonte sacerdotale (P), che intende fornire una classificazione logica ed esauriente degli esseri, creati in una settimana che si conclude col sabato (shabbat, cioè cessò).[9]
L’interpretazione ufficiale della Chiesa[10] ci è data dal testo della Bibbia detta della CEI, del 1971, la cui versione italiana è stata curata da un gruppo di biblisti sotto la direzione di F. Vattioni. Il testo è accompagnato da una guida, la celebre Bible de Jerusalem, del 1984, opera dei migliori esegeti cattolici francesi. La traduzione è stata fatta a partire dai testi originali ebraico, aramaico e greco. Per l’ebraico si è seguito il testo Masoretico ™.

L’interpretazione della CEI afferma che le parole iniziali del Genesi aprono il racconto della creazione degli esseri viventi da parte di Dio, secondo un ordine crescente di dignità, fino all’uomo, immagine di Dio e re della creazione. Il testo utilizza una scienza ancora in fasce. Non bisogna ingegnarsi a stabilire concordanze tra questo quadro e la nostra scienza moderna, ma piuttosto leggervi, sotto una forma che porta l’impronta della sua epoca, un insegnamento rivelato, con valore permanente, su Dio, unico, trascendente, anteriore al mondo, creatore […]. Il testo afferma che ci fu un inizio del mondo: la creazione non è un mito atemporale: essa è integrata nella storia, di cui è l’inizio assoluto (vedi Allegato 1). Il racconto del Genesi 1 – 2, che culmina in Adamo creato direttamente da Dio, per la Chiesa sarebbe la prefigurazione del nuovo Adamo, Gesù Cristo, Figlio di Dio, attraverso il quale ha inizio l’umanità nuova; e attraverso il quale si aprono per l’umanità cieli nuovi e terre nuove.

Nuove proposte esegetiche 
Dopo il Concilio Vaticano II si allargarono in certo qual modo le maglie dell’interpretazione biblica e frotte di esegeti e studiosi si gettarono a capofitto nello studio di ciò che, fino allora, era considerato un pericoloso tabù. Le conseguenze sono state spesso nefaste e confuse e non pochi studiosi di genio hanno finito col rasentare l’eterodossia o abbandonare l’abito sacerdotale! Dopo l’entusiasmo iniziale, gli studiosi oggi procedono con armi esegetiche più obiettive e prudenti ma con risultati spesso di grande valore. Molti hanno cominciato a leggere la Bibbia (e Genesi in particolare) con maggiore attenzione alla lingua originale, l’ebraico, al contesto storico e narrativo (il mondo semitico del II/I millennio a. C.), senza preclusioni o preconcetti religiosi. Secondo l’esegetica moderna,  con un’attenta lettura letterale, le prime cinque parole della Genesi potrebbero essere interpretate in questo modo:

A partire da quel momento (bereshit) dà inizio (bara’) la pluralità di Dio (El-hoim) all’universo (ai cieli e alla terra) [ordinato (aggiunta del r.)].

Bereshit corrisponderebbe infatti all’espressione da quel momento in poi e quindi indicherebbe non un inizio ma una continuazione.

Bara’ è verbo che indica mettere ordine ad una cosa, cominciare una cosa nuova; è singolare ed è  sempre associato all’azione di Dio; e quindi non significa creare da nulla ma mettere ordine, far sì che una cosa assuma un aspetto nuovo rispetto a quello precedente.

El-hoim indicherebbe non Dio ma la divinità propria di ogni popolo del medioriente; è costituito da El o Il con la desinenza plurale hoim: sarebbe cioè il complesso degli dei semiti e/o la potenza di El in tutti i suoi aspetti. El significherebbe Lui, il Signore, l’Essere supremo, indicato con un pronome dimostrativo corrispondente al latino Il-est (egli è) = Ille; in arabo è Al-lah. Il nome dell’El di Israele sarà  Ja-whè, ovvero: Io sono – chi è, rivelato a Mosé da El sul monte Oreb.[11] I cieli e la terra, rappresentano infine l’universo nella sua totalità. Si tratterebbe di un’espressione tipicamente semitica che semplificava i concetti complessi con l’opposizione di due termini: se cielo e Terra indica il complesso dell’universo, l’albero del bene e del male indica la conoscenza del tutto, l’uomo e la donna indicano l’umanità intera e così via.

 

Fatto salvo il senso religioso e sacro dato dalla Chiesa al testo biblico, gli esegeti sono dunque propensi ad interpretare il racconto della creazione, proposto in Genesi 1 – 2, come un momento di inizio per l’umanità in cui la forza creatrice di Dio mette ordine all’universo e ne finalizza il senso, rappresentato dalla nascita della vita, di cui l’uomo sarebbe il punto di arrivo in quanto ne diventa la coscienza consapevole. Attraverso l’uomo si realizzerebbero i cieli nuovi e le terre nuove.

 

Proposta di interpretazione etiologica metastorica
*  L’interpretazione di Gianni Cappelletto

Un’interpretazione equilibrata e attenta dei primi capitoli del libro della Genesi è quella del biblista Gianni Cappelletto[12] che propone un percorso di lettura come una Lectio divina popolare. Egli attribuisce la compilazione di questa prima parte della Bibbia al momento dell’esilio babilonese. L’autore (o gli autori) del testo scritto si preoccupa infatti non tanto di rispondere alle domande su come è avvenuta la creazione, da quando esiste, da dove e quando ha avuto inizio l’universo, quanto piuttosto di interrogarsi sul senso della sua realtà, della sua condizione di esiliato a Babilonia, sul significato della sua esistenza alla luce dell’atto di fede nel Signore Liberatore e Creatore. La condizione di schiavitù in cui viveva a Babilonia si accende di speranza al ricordo che chi scrive fa parte del popolo che Dio ha già liberato dalla schiavitù, quando era in Egitto, e lo ha guidato progressivamente verso la terra promessa, stabilendo con lui un’alleanza. L’autore biblico, attraverso la riflessione sulla tradizione religiosa del suo popolo, confrontata con i miti religiosi della civiltà babilonese, desidera esprimere la propria fede in forma di lode a colui che ha creato tutti gli esseri e tutte le persone mediante la forza della sua parola, capace di realizzare quanto dice (Dio disse… e fu). Se Dio ci ha liberati dall’Egitto, anche ora saprà fare altrettanto, perché è Signore non solo della storia ma anche del creato, capace di separare le acque superiori ed inferiori perché appaia la terra asciutta su cui l’umanità possa vivere libera. Nessuna subordinazione quindi del suo Elohim semita rispetto agli dei di Babilonia. Nel testo di Genesi 1, 1-2,4a l’autore raccoglie e sintetizza la mitologia mesopotamica[13] che ha conosciuto, vivendo in esilio, sul Dio Creatore e sul senso delle realtà create; la rielabora con la storia del suo popolo, adoperando uno stile narrativo ricco di ripetizioni, espressioni, immagini peculiari. Tutto il racconto si snoda attraverso l’intreccio di due schemi: quello temporale di sette giorni (sei volte “e fu sera e fu mattina”), quello operativo dell’agire (10 volte si adopera il verbo fare), quello del parlare di Dio (10 volte si usa l’espressione Dio disse). Dio che ha creato il suo popolo come popolo dell’alleanza (con i dieci comandamenti) nel racconto del Genesi dà vita all’universo con dieci parole. La liberazione dalla schiavitù d’Egitto sfocia in un atto creativo che, al Sinai, costituisce il popolo ebraico come famiglia di Dio; la creazione del mondo in Genesi è vista come liberazione della vita dal caos iniziale perché sia possibile all’umanità – la grande famiglia di Dio – vivere sulla terra. Per l’autore del Genesi si tratta dunque di un’interpretazione della vicenda del suo esilio utilizzata per ricostruire una storia più antica, sconosciuta ma intuita per analogia, confrontando le vicende della storia del suo popolo e i miti della Mesopotamia antica. Riguardo alle prime cinque parole in esame, anche Cappelletto afferma che l’autore biblico non intende parlare di un’azione creatrice di Dio dal nulla, concezione entrata nella mentalità ebraica solo in età ellenistica; l’autore biblico desidera affermare che all’inizio di tutto (non solo temporale ma soprattutto esistenziale) c’è Dio e la sua azione creatrice; non vuole dimostrare l’origine ontologica dell’esistenza della terra: essa c’era già e da qui inizia il suo sguardo sull’azione di Dio: non il mondo e neppure gli esseri viventi sono l’inizio. L’universo (indicato con l’espressione cielo e terra) è il luogo dove Dio sta per mettere ordine attraverso la sua azione creatrice. Lo spirito di Dio aleggiava sulle acque primordiali. Allora Dio crea. Il verbo bara’, creare, viene utilizzato 49 volte nella Sacra Scrittura e ha sempre Dio come agente. Esso non indica tanto il modo di originare le cose quanto il risultato dell’opera di Dio. Etimologicamente significa fare tagliando, separando, dar inizio a qualcosa di inedito, novità assoluta rispetto a quanto già esiste. Si tratta di compiere un’azione sorprendente che suscita gioia e un senso di ordine e di bellezza. Nel primo versetto del Genesi bara’ descrive il passaggio da un universo caotico a un mondo ordinato, buono e bello, nel quale è possibile la vita degli esseri viventi. Dio entra così in azione nel cosmo mettendo ordine nelle sue tre parti principali (secondo la concezione tipica del mondo semitico di allora): il cielo, le acque, la terra. L ’unità e l’armonia della realtà è data da due principi: quello della differenza “secondo la propria specie”(differenza di vita, dunque, di tempo e di spazio) e quello di essere “a sua immagine e somiglianza” (dipendenza della creatura dal proprio Creatore).

* L’interpretazione di Carlo Enzo 
Per prima cosa Carlo Enzo chiarisce che l’interpretazione che vuole dare a Genesi 1 – 4 non è un commentario, cioè una spiegazione, bensì un midrash, un’investigazione su ciò che il Tanakh (cioè la raccolta dei testi biblici) dice su questo testo, cioè su Bereshit. Solo attraverso la chiave di lettura di tutto il linguaggio biblico è possibile intendere il significato di questo libro (Genesi) e delle sue parole, delle cose narrate, degli eventi descritti, l’uso sacro, quello che, alla maniera dei geroglifici, mira a rivelare ai figli di Israele (e a nascondere agli occhi degli altri) la Da’aT, cioè la conoscenza di YHWH a loro destinata, al fine di divenire un popolo di santi.


Midrash, dalla radice DaRaSh (che significa ricercare), è la spiegazione del testo sacro fornita dagli antichi maestri dei testi biblici; la spiegazione (o meglio interpretazione) era fornita attraverso gli stessi libri biblici.[14]

 

Questa investigazione non può essere fatta senza la conoscenza della lingua (e della “forma” in cui questa lingua è stata scritta), che non è semplicemente la lingua ebraica, ma la lingua ebraica propria di questo Libro sacro (vedi allegato 2). Genesi 1-4 è come la struttura originaria della storia di Israele, il luogo dello svelamento del suo disegno, quello in cui tutta la storia di questo popolo trova il suo senso, il suo linguaggio, la sua finalità.

Presso i popoli che hanno inventato il pensiero metafisico, il concetto di creazione è soprattutto quello di un Dio che realizza in essere un universo partendo dal nulla. Presso i popoli mesopotamici, invece, creare indica l’azione che chiama all’apparire le modalità di esistenza mai apparse prima. Creare un mondo e un uomo è inventare per un popolo una modalità di esistenza nuova rispetto a quelle che già ci sono. Ovvero: tra gli Elohim mesopotamici che hanno creato uomini e mondi diversi, l’Elohim di Israele – YHWH – ha dato una nuova modalità di esistenza, una diversa qualità di vita al suo popolo. Gli Elohim sono gli Dei dei popoli mesopotamici, un dio per ciascun popolo; sono Enti pensati dai popoli al di sopra degli uomini; che abitano sopra i cieli di ciascun popolo e che hanno i desideri, i pensieri, i sentimenti, i progetti, le scelte, le decisioni, che ciascun popolo sente, produce, esprime durante lo svolgimento e in funzione del suo esistere. In Genesi 1-4, pertanto, non si intende parlare dell’azione del Dio dell’essere, che fa apparire dal niente l’universo come si mostra agli occhi di coloro che lo abitano, bensì si intende parlare dell’invenzione, in una zona della Terra, di cieli nuovi e di terra nuova, di nuovi regni dei giusti e di nuove comunità che li generano, di un mondo nuovo come nuovo modo di vivere! Si tratta di una creazione non dall’assenza di ogni esistenza ma dall’assenza di quella forma di esistenza o di modo di vivere; mentre esistono altri universi e altri mondi e altri modi di vivere. In definitiva, in Genesi 1-4 al verbo creare  è dato il significato di progettare, nell’ente che è questa piccola Terra, un nuovo modo di esserci per l’uomo, un mondo mai visto prima, migliore di tutti gli altri che già esistono, un mondo esclusivo per il popolo dell’Elohim YHWH. Attraverso questa chiave interpretativa Carlo Enzo analizza le prime cinque parole che ci interessano:

 

Be-resh-it (in principio) bara’ (crea) El-ohim (Dio)

BeRe’ShiT: è la prima parola di tutta la Bibbia nella redazione attuale. E’ usata in assoluto, ovvero non è detto di che cosa principia in quanto lo dà per scontato, suppone che chi legge sappia del principio di che cosa si tratta. Cosa poteva pensare un Israelita di quel tempo? Certamente non avrebbe pensato che si intendesse In principio del cosmo in quanto sapeva bene il significato del termine cieli e terra, ovvero mondo proprio di un Dio e di un popolo. BeRe’ShiT, nella Bibbia, si usa sempre per indicare l’inizio di un regno, il punto di partenza di una nuova monarchia. E’ quindi da intendersi come “come prima cosa”, ovvero come primo inizio della generazione dell’aDaM riguardo al progetto del suo nuovo mondo.

BaRa’: voce verbale che appartiene alla riflessione della letteratura post-esilica. Il verbo si riferisce alle azioni degli Elohim per le opere dei cieli e della terra. Non è mai seguito da espressioni che indichino la materia di cui El si serve, poiché le opere riguardano il “mondo adamico”. E’ un’azione che non ha nulla a che fare con l’origine del cosmo ma che, nel pianeta su cui si svolge l’azione dell’uomo, inizia e accompagna l’origine di un “mondo di divenienti adamo”.

 

‘eLoHiM: plurale grammaticale di eLoHa, nome comune, designa tutto quanto è ritenuto divino, cioè potente e vero presso un popolo. Può essere soggetto sia di un verbo plurale che singolare. Può indicare sia YHWH che il Dio o gli Dei di altri popoli. Non può essere tradotto con Deus, ovvero Dio, perché il volume di senso che un tale sostantivo veicola per un uomo dell’Occidente gli è estraneo (ovvero l’essere assoluto, che esiste di per sé, che non esiste in virtù di ciò che esiste già, che non ha un rapporto necessario con l’esistente, ma ne è indipendente, quindi assoluto). In greco è tradotto impropriamente theòs, in latino Deus, nel Targum palestinese “figlio di YHWH”. In questo primo versetto del Genesi designa tutta la Divinità dei popoli che nella Bibbia hanno “cieli e terra” e un aDaM.

‘eT Ha-ShaMa-YiM  We’eT Ha’-aReTs: l’espressione indica l’insieme non di due “luoghi” ma delle due dimensioni, delle due condizioni di esistenza proprie del mondo dell’aDaM, con tutto ciò che ciascuna contiene. Non designa pertanto le cose che formano il cielo astronomico e la Terra come pianeta; è quanto genera l’aDaM con il suo buon operare; e non comprende gli inferi (She’ol) opera dell’aDaM malvagio (altra condizione d’esistenza e non luogo geografico).

ShaMa-YiM è il nome che l’Elohim dà allo scudo che separa le acque che sono in alto dalle acque che rimangono in basso. E’ il luogo in cui appaiono il luminare maggiore e minore, Dio e la sua RuaCh (spirito), il re e la regina, il padre e la madre, il forte e il debole, i giusti e i potenti. E’ il luogo in cui l’aDaM è destinato a salire per diventare stella e dar vita a quel “regno dei cieli” che è sinonimo di “regno dei giusti”.

 

aReTs : è il nome che l’Elohim dà all’asciutto; è la totalità degli elementi che costituiscono il “mondo” degli Elohim, il “sicuro” dentro al quale crescerà l’aDaM e sul quale potranno “salire” tutti i viventi. Il termine, da solo, indica anche nazione, popolo, comunità. Sulla eReTs, l’aDaM coltiva la sostanza adamica e custodisce la conoscenza del suo Elohim.

Conclusione

Confrontando le diverse proposte di interpretazione, mi sembra di poter concludere che le prime cinque parole che danno inizio al racconto biblico del Genesi ci vogliono parlare non tanto della creazione dell’universo ex nihilo[16] quanto della “creazione di un nuovo universo”, diverso da quelli esistenti prima, espressione di una vita in evoluzione di cui l’uomo è il punto momentaneo di arrivo, e la vita è un’esigenza stessa della creazione; e nell’uomo, soltanto nell’uomo, nel progresso libero e indefinito della sua coscienza, questa esigenza di creazione si afferma. L’uomo esprime il significato e l’essenza più profonda della vita, costituisce il “termine” e il “fine” dell’evoluzione stessa. Questa sarebbe allora la nuova creazione.

Arrivati alla fine di questa relazione non possiamo che riproporci la domanda iniziale: vale ancora la pena metterci di fronte a questo antico testo, vale la pena sobbarcarci di questa improba fatica linguistica, storica, antropologica, culturale per interpretare la dottrina contenuta in questo libro (e in particolare in Genesi 1-3)? E’ un messaggio ancora valido per un abitante di questo pianeta oppure, come tante altre dottrine, ha fatto il suo tempo, fa parte delle tante rivelazioni sul mondo e sull’uomo che non hanno più alcun impatto con le nostre urgenze quotidiane? Potremmo rispondere prendendo in prestito le parole di Romano Madera, nell’introduzione al libro di Carlo Enzo:

“Solo continuando a tornare su queste pagine, avvicinandole con nuove parole, le rivelazioni o i miti originari possono continuare a vivere per noi e intessere, con noi, la storia presente…”.

Lo dimostra quali possibili nuove interpretazioni possono scaturire già dall’analisi documentata e approfondita della lingua in cui il racconto biblico è stato scritto. Come ha scritto A. Rosmini[17], dalla Sacra Scrittura noi impariamo che Dio fu il primo a nominare le diverse realtà create, applicando a ciascuna un proprio nome, affinché ognuna fosse interamente conoscibile dall’uomo. Col crearle le aveva rese percettibili all’uomo, ma col nominarle le aveva rese conoscibili. Così Dio, nella prima istituzione del linguaggio umano, lo ordinò a due scopi e lo stabilì quasi mediatore tra i due grandi ordini delle cose visibili e di quelle invisibili; in questo modo il primo scopo del linguaggio fu di rendere intelligibile l’universo sensibile; il secondo scopo fu quello che il linguaggio fosse il mezzo attraverso il quale l’uomo trapassasse oltre i confini dell’universo sensibile. E da qui, prendendo il volo, pervenisse a conoscere cose maggiori, che non cadevano sotto i suoi sensi ma che erano per lui sommamente importanti, fine ultimo di tutto il senso della sua esistenza e della sua compiuta felicità.

“Non è qui in questione” – continua Romano Madera – “il rapporto fede-scienza, non si vuole in alcun modo accennare alle polemiche fra creazionisti ed evoluzionisti; non si vuole in alcun modo confutare o discutere o contrapporre qualsiasi indagine e concezione scientifica: né la teoria del big bang né la sua confutazione, né le possibili nuove scoperte sulla massa del neutrino e sulle sue implicazioni cosmologiche. Nulla di tutto ciò può in alcun modo toccare il senso dell’affermazione di fede che ci fa riconoscere come creature di Dio in un mondo di creature di Dio” .

Un’altra conclusione mi sembra altresì opportuna, questa volta tratta dalle parole di H. Bergson, nel suo studio sull’evoluzione creatrice precedentemente citato:

“Come il più piccolo granello di polvere è solidale con tutto il nostro sistema solare, ed è trascinato con esso in quel movimento indiviso di discesa che è la materialità stessa; così tutti gli esseri organici, dal più umile al più elevato, dalle prime origini della vita sino ad oggi, e in tutti i luoghi come in tutti i tempi, non fanno che manifestare in modo sensibile un impulso unico, inverso al movimento della materia e, in se stesso, indivisibile. Tutti gli esseri viventi sono congiunti insieme, e tutti cedono alla medesima formidabile spinta. L’animale ha il suo punto di appoggio nella pianta, l’uomo nell’animalità, e, l’umanità intera –  nello spazio e nel tempo –  è come un immenso esercito che galoppa al fianco di ciascuno di noi, avanti e dietro a noi, in una carica travolgente, capace di rovesciare tutte le resistenze e di superare moltissimi ostacoli, forse anche la morte”.

 

Allegato I

Genesi 1 è il luogo privilegiato della dottrina cosmologica e antropologica delle Chiese cristiane, che il Catechismo della Chiesa Cattolica così sintetizza:

La prima parola della Bibbia è Bereshit.

Cosa significa in ebraico? Ovvero, quale senso ha per un ebreo di oggi e quale senso poteva avere per un ebreo dell’età di Cristo, per un ebreo dell’età di Davide ( 1000 a . C.) o per un ebreo dell’età di Mosè ( 1250 a . C)?.

Bereshit in ebraico è scritta con questi caratteri ראשית ב[18] (si legge da destra verso sinistra).

in greco è reso con εν  αρχη

 

ce ne accorgiamo, se procediamo all’indietro, da alcuni particolari:

in principio in italiano vuol dire letteralmente “dentro il principio” (in questo caso del tempo), cioè “nel momento dell’inizio” ed esprime un’idea di stato;

in principium in latino non vuol dire “dentro il principio”, quanto “nel percorso del principio, da un punto del principio in poi”, essendo un evidente complemento di moto (in accusativo) e non di stato (in ablativo) come in italiano; in greco l’espressione è resa da εν con il dativo αρχη ed esprime nuovamente l’idea di stato in luogo;

in ebraico la labiale iniziale ב (beth) di ראשית ב (be-resh-it) costituisce una sorta di articolo mediativo  o integrale che esprime non solo uno stato ma anche un movimento, analogo alle preposizioni in, nel, con, grazie al, ecc. e potrebbe tornare allora l’idea di movimento.

Riassumendo:

ebraico =  idea di stato o moto

greco =     idea di stato

latino =     idea di moto

italiano =  idea di stato

 

E’ evidente che se l’intendiamo come stato, suggerisce l’idea di un inizio ex nihilo; se lo consideriamo come moto, è da intendersi come continuazione di un processo già iniziato.

Quanto poi al sostantivo che costituisce l’espressione ראשית ב , anche esso assume sfumature diverse di significato da lingua a lingua, a confermare quanto già detto per la preposizione iniziale.

 

ראש (rash) significa testa, capo, causa agente e quindi potenza in essere che si esprime nel divenire.

La traduzione greca è αρχη = sommità, causa prima, origine, capo. In latino: principium deriva  da princapio = prendo per cominciare, derivato di princeps composto da pris e mo e seguito da cap (che prende il primo posto). Ma non si tratta solo di etimologia: a renderne più complessa la lettura e l’interpretazione, bisognerebbe tener presente la triplice modalità di lettura suggerita dallo studioso Fabre d’Olivet nel suo lavoro “La lingua ebraica restituita” [19]. Costui, a pag. 46, afferma, a proposito della parola ראשית ב :

“… questa parola, nel posto in cui si trova, offre tre sensi distinti di lettura e interpretazione: uno proprio, l’altro figurato e il terzo geroglifico”

Era il metodo dei sacerdoti egizi. La stessa parola assumeva, a secondo delle loro intenzioni, uno dei tre sensi, quelli che Eraclito definisce parlante, significante, occultante. I primi due erano oratori, il terzo non esisteva che per gli occhi e non si usava che scrivendo. Le nostre lingue moderne sono del tutto inidonee a far sentire questo modo. Dopo aver dato il senso proprio e figurato della parola, lo studioso prova a darci quello geroglifico:

“La parola ראש sulla quale si eleva il modificativo ראשית ב , significa sì la testa, ma solo in senso restrittivo e particolare. In senso più lato e generale essa significa il principio. Ora, cos’è un principio? Dirò in che modo lo avevano concepito i primi autori della parola ראש . Essi avevano concepito una sorta di potenza assoluta, per mezzo della quale ogni essere relativo è costituito come tale e avevano espresso la loro idea attraverso il segno potenziale א (aleph) e il segno relativo ש (shin) riuniti. Nella scrittura geroglifica esso veniva rappresentato da un punto al centro di un cerchio . Il punto centrale, che dispiega la circonferenza, era l’immagine del principio. La scrittura letterale rendeva il punto con א e il cerchio con ס o ש . La lettera ס (samek) rappresentava il cerchio sensibile, la lettera ש rappresentava il cerchio intelligibile (che veniva rappresentato alato o contornato di fiamme). Un principio così concepito era, in senso universale, applicabile a tutte le cose, tanto fisiche che metafisiche; ma in senso più restrittivo veniva applicato al fuoco elementare; e, secondo che la parola radicale אש venisse assunta in senso proprio o figurato, stava a significare il fuoco sensibile o intelligibile, il fuoco della materia o dello spirito. Prendendo quindi questa stessa parola אש e facendola reggere dal segno del movimento proprio e determinante ר (resh), si otteneva un composto ראש , cioè, in linguaggio geroglifico, ogni principio dotato di movimento proprio e determinante, di forza innata, buona o cattiva. Questa lettera ר si potrebbe rappresentare, in scrittura sacra, con l’immagine di un serpente, in piedi oppure secante il cerchio. Nel linguaggio ordinario si vedeva in ראש un capo, una guida, la testa di ogni essere o cosa; nel linguaggio figurato si intendeva il primo motore, un principio agente, un genio buono o cattivo, una volontà retta o perversa, un demone ecc.; nel linguaggio geroglifico si segnalava il Principio primo universale, di cui non era consentito divulgare la conoscenza”.

L’esempio proposto, pur se in modo approssimativo e confuso, rende evidente la difficoltà di interpretare un testo antico senza l’adeguata conoscenza linguistica; e per il testo biblico questo è tanto più vero visto che il testo greco appare molto lontano da quello ebraico, giacché la lingua ebraica, quando il testo greco fu redatto, era stata sostituita dall’aramaico e non era più usata come lingua comune da almeno trecento anni.

AA. VV.  La Bibbia di Gerusalemme, EDB, Bologna 1988
Bibbia ebraica, a cura di Rav Dario Disegni
Carlo Enzo, Abramo dove sei?, Saggiatore, Milano 2002
Genesi 1 – 11, a cura di Gianni Cappelletto, Edizioni Messaggero, Padova 2000
Fabre-d’Olivet, La lingua ebraica restituita, a cura del collettivo officina
Munk E., La voix de la Torah, Genèse, Ed. Colbo
Testa E., Introduzione – Storia primitiva, Marietti, 1969
Soggin, J. A., Genesi 1- 11, Marietti 1991
Westermann C., Genesi, Commentario, Piemme, 1990
Enrico Bergson, L’evoluzione creatrice, Signorelli, Roma, 1980
Massimo Baldacci, Prima della Bibbia, Mondatori, 2000
Giacomo Devoto, Avviamento alla etimologia italiana, Mondadori, 1985
Jhon L. McKenzie, Dizionario biblico, Cittadella editrice, 1981

 

 


[1] Intendiamo la parola al femminile perché tale è il genere in italiano e tale in greco. Quando si dice il Genesi si intende Il libro della Genesi. Pertanto non si può dire Il libro del Genesi.
[2] Sono infatti dei versi con un ritmo cadenzato e ripetitivo, dal tono solenne, tipico delle celebrazioni cultuali; una sorta di poema liturgico, vero inno al Principio che dà inizio al mondo in cui viviamo.

[3] Cfr. Enrico Bergson, L’evoluzione creatrice, Signorelli, Roma, 1980. In questo testo il filosofo parla dell’uomo come culmine dell’evoluzione; il suo modo di conoscere (attraverso l’intelligenza, attraverso la ragione, attraverso l’intuizione) si esprime con modalità e intensità diverse lungo la linea dell’evoluzione della vita.

[4] Uso il termine nella sua accezione contemporanea.

[5] Cfr. Ginzberg, L. Le leggende ebraiche (1925), Adelphi, vol. I, X

[6] In ebraico è chiamata Tanakh, parola costituita dalle iniziali dei libri che la compongono:
T = Torah, cioè Legge. Corrisponde al Pentateuco.
N = Nebh’im, cioè Profeti

K = Ketubh’im, cioè Agiografi

[7] Questo testo palestinese tuttavia non ci è pervenuto, ma è probabile che si rifacesse a redazioni precedenti tra le quali, le più importanti furono, in ordine, quella del primo regno (IX /VIII a. C.), quella post esilica (VI /V a. C.), infine quella di Esdra, redatta tra il 400 e il 300 a . C. L’attuale versione ebraica del testo biblico parte da quella masoretica (TM), fissata nei secoli VIII e IX della nostra era dai rabbini ebrei. Il testo latino della nostra Bibbia, detto Vulgata, è stato scritto da San Girolamo nel IV secolo e si rifà a quello greco promulgato in età ellenistica per gli ebrei della diaspora e chiamato dei Settanta (non dal numero degli scrittori, che erano cinque, ma dal consiglio del Sinedrio che l’aveva approvato).

[8] Alcuni studiosi suggeriscono una metodologia che prevede tre momenti centrali:
lettura del testo: analisi della struttura narrativa (lettura sincronica) con la ricerca di eventuali tradizioni teologiche (lettura diacronica);
interpretazione: per far emergere i significati culturali e religiosi del testo;
applicazione dei significati emersi alla vita di ogni giorno, cercando di prolungare nell’oggi i significati del testo mediante l’analogia delle situazioni

[9] Il primo testo scritto della Bibbia ebraica, che chiameremo da ora in poi del Tanakh, secondo la tradizione (Graf e Welhausen) parte da quattro documenti posteriori all’epoca di Mosé (XIII secolo a. C.):

  1. Tradizione Jahvista (J), redatta nel IX  secolo a. C. in Giuda
  2. Tradizione Eloista (E), redatta nell’VIII secolo a. C. in Israele
  3. Tradizione Deuteronomista (JED), redatta dopo il re Giosia (640- 609 a . C.)
  4. Tradizione Sacerdotale (P), redatta dopo l’esilio babilonese ( 537 a . C.)

Dopo il 722 a . C. J ed E furono fusi in un unico testo.

Oggi si ritiene che tutte queste tradizioni risalgano a fonti orali molto più antiche e sono considerate cristallizzazioni di correnti di tradizioni che hanno origini non conosciute e che sono continuate a sgorgare per centinaia di anni.

La sovrapposizione delle diverse tradizioni è ancora rintracciabile nelle redazioni definitive; vi sono infatti:
2 racconti di creazione
2 genealogie di Caino
2 racconti del diluvio
2 testi del decalogo
4 calendari liturgici e così via.

[10] Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica, ed. 1992, al punto 115 e seguenti si afferma che la Sacra Scrittura va letta secondo diversi sensi: letterale, spirituale, allegorico, morale, anagogico. E’ compito degli studiosi contribuire alla più profonda intelligenza ed esposizione del senso della Sacra Scrittura, per contribuire a maturare il giudizio della Chiesa (ma nuovamente sottoposto, in ultima istanza, al suo giudizio).
[11] L’espressione proclamata con forza da YHWH fu “Ehyeh asher ehyeh”, tradizionalmente tradotta con “Io sono colui che sono”. Interessante ci appare – tra le tante shakespeariane astruserie –  l’interpretazione di Harold Bloom (Gesù e Jahvè,  Rizzoli, 2006): “Io sarò presente ogni qualvolta e ovunque sarò presente”.

[12] Cappelletto Gianni, Genesi (Capitoli 1 – 11), Messaggero di Sant’Antonio, 2000)

[13] Nelle prime sette tavolette d’argilla dell’Enuma Elish, conservate nel British Museum, sono descritte la creazione dei cieli e della terra e di tutto ciò che vi è in essa, compreso l’uomo (nelle prime sei tavolette), e la lode al dio Marduk (settima tavoletta) che nel settimo giorno si riposò (cessò ogni suo lavoro).

[14] Vedi SPINOZA, Baruch, Trattato teologico-politico, Einaudi  1972, pagg. 185-228

[15] E’ il nome dell’uomo e del mondo (aDaMaH) di Genesi. Non va confuso con l’uomo di altri mondi, con l’uomo sinonimo di specie umana o con il maschio della specie umana.  ‘aDaM è l’uomo degli Elohim e di YHWH, quello che si sono scelti e al quale hanno affidato l’elaborazione del loro progetto del mondo.

‘aDaMaH è la sostanza adamica (il corrispondente femminile di ‘aDaM) che una ‘eReTs o un ‘aDaM devono venerare, servire, coltivare per raggiungere la dimensione di nazione o di uomo che piace a Dio.

[16] “Il mito non conosce alcuna creazione dal nulla […]. Il mito presuppone sempre un caos dai cui elementi prende forma l’opera della creazione” . Creazione dal nulla e auto-limitazione di Dio, in G. Scholem, Concetti fondamentali dell’ebraismo, Marietti, Genova 1896.

[17] A. Rosmini, Teodicea, Città Nuova, 1977, pagg. 90-91

[18] Secondo il Fabre-d’Olivet la scrittura ebraica ha tre diversi modi di essere letta: due sono sonori ed uno visivo; i primi due hanno significato letterale e figurale, il terzo ha significato geroglifico.

[19] Fabre d’Olivet, La lingua ebraica restituita,  Parigi 1825. Traduzione italiana a cura di Maria Luisa Mazzini, Arché, Milano, 1980

SU UNA NUOVA LETTURA DELLA GENESIultima modifica: 2010-07-05T16:17:00+02:00da mikeplato
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23 Responses

  1. BETH
    at |

    CARO PAOLO FORGIONE, MIKE PLATO, ROBERT FLUDD O COME DIAVOLO TI FAI CHIAMARE. SPERO CHE TU NON C’ENTRI NIENTE CON GLI ULTIMI COMMENTI LASCIATI NEL MIO BLOG, IN PARTICOLARE RIGUARDO LA SCIACALLATA ANONIMA, PERCHE’ GIURO CHE SE E’ COSI AVRAI DAVVERO MOTIVO DI PREOCCUPARTI
    FINCHE SI SCHERZA SONO PRONTA A TUTTO, MA CERTI ARGOMENTI E IL RISPETTO PER CHI NON C’E’ PIU IO LO ESIGO.
    LO ESIGO.
    SPERO DI ESSERE STATA CHIARA.
    DEVO SCAPPARE, MA NON FINISCE QUI.

  2. mike plato
    at |

    BETTY GALANTI, ASCOLTAMI…

    ORA, TU ED ALTRI MI AVETE ROTTO I COGLIONI. NE HO PIENE LE SCATOLE DI VOI.

    SECONDO TE, CON TUTTO QUEL CHE HO DA FARE, MI VIEN PURE LA VOGLIA DI VENIRE SUL TUO BLOG E FIRMARMI CON NOMI FASULLI?

    NON AVEVI DETTO CHE POTEVI CAPIRE DA DOVE O DA CHI VENGONO I COMMENTI?

    MA SAI CHE ME FREGA DI TE, DI COSA SCRIVI, COSA PENSI?

    FATTI LA VITA TUA CHE IO DEVO PENSARE ALLA MIA.

    NON CE LA FACCIO PIU’. CHE DIO VI STRAMALEDICA

  3. barionu
    at |

    Da un primo sguardo che ho potuto dare, vedo uno studio molto ben fatto. Caro Mike,se contatti l’Autore, penso potremmo fare un ulteriore midrash qui sul tuo blog

    Tra le letture non convenzionali del Bereshit, trovo magnifica quella del Fabre d’Olivet

    http://it.wikipedia.org/wiki/Antoine_Fabre_d'Olivet

    to dod ( zio ot in Ebraico )

  4. mike plato
    at |

    SONO PERFETTAMENTE D’ACCORDO CON TE. POSSEGGO LA LINGUA EBRAICA RESTITUITA DI de Olivet, e devo dire che è sopra le righe. Fu uno dei pochi a leggere al contrario talune facili interpretazioni

  5. barionu
    at |

    שָׁלוֹם בֵּית יֶדׅידָה

    דּוֹד וֹת

  6. Sante
    at |

    Con la parola terra si intende proprio la terra come elemento. Il verso 10 della genesi parla esplicitamente dell’elemento terra e descrive il nostro pianeta.Nei versi precedenti c’é la separazione delle acque e anche qui il testo, non distinguendo, indica che il tema della sua trattazione é proprio il nostro pianeta, fino a risalire al verso 2 dove ci sono “le acque” e la “terra”.
    Dato che tali “acque” e “terra” sono indicati come appartenti al nostro pianeta, ciò significa che anche “terra” del primo verso intende l’elemento visto che il testo non distingue in alcun modo le 2 terra perché per l’autore hanno lo stesso senso.
    Nel secondo versetto si distingue tra terra e acqua e questo avverrebbe solo nel caso in cui si stesse parlando di elementi(appunto).
    Il primo verso, perciò, può essere considerato come un prologo della “creazione”(difatti ad una attenta lettura, gli dei non creano(demiurgo) ma separano ciò che é già preesistente(e questo gli autori citati nell’articolo hanno pienamente ragione))

    In più quando nella genesi si parla di terra e cielo non li si distingue mai tra “cieli e terra” indicati nel primo versetto quindi anche questo fa pensare che siano la stessa cosa(il cielo e laterra, proprio come elementi del nostro pianeta).
    Per “cieli” gli ebrei intendevano 3 cieli:quello di giorno(Genesi 2:19, 7:3, 23; Sal. 8:8, ecc) (Lam. 4:19) di notte(Deuteronomio 17:3, Ger. 8:2; Matt. 24:29), e il mondo immateriale(non spirituale) di dio(Deut. 10:14; 1 Re 8:27, Sal. 115,16; 148:4, 2 Cor. 12:2).
    … quindi niente a che vedere con tutto l’Universo!
    Conferma ciò il fatto che nel versetto 8, separazione del firmamento, c’è “cielo”, al singolare, perché é ancora generico in quanto il processo iniziato non é ancora “finito”(oltreutto c’é l’errore che i giorni passano prima della creazione del cielo del sole e della luna e con “giorni” intende i giorni letterali visto che esplicita dicendo “e fu sera e fu mattina”.
    Infine in Atti 17:24 é chiaro che l’autore,conosce solo il nostro mondo e il regno immateriale di dio quindi “cieli” non sta per “tutto l’Universo”: Atti17,24:Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è signore del cielo e della terra”

  7. Nico
    at |

    Avete letto il libro del professor Igr Sibaldi “LA CREAZIONE DELL’UNIVERSO. La Genesi 1-11”?

  8. Antonlogos
    at |

    Caro Mike, a proposito di Genesi, ci terrei ad avere un tuo parere su una certa questione.

    Personalmente, ho sempre avuto difficoltà a conciliare il racconto gnostico della creazione con quello giudaico dell’Antico Testamento. La questione della Genesi non mi è per niente chiara, anzi, più la leggo e meno ci capisco, ci sono troppi elementi contrastanti da entrambi i lati. Non si capisce questo benedetto DIO chi sia, se l’Altissimo o il Demiurgo.

    Se si tratta dell’Altissimo, come dice la Genesi ebraica, perchè allora crea i cieli e la terra? La creazione del firmamento e di tutto il mondo fisico è di pertinenza del Demiurgo, non dell’Altissimo che si trova al di là di questa creazione.
    Poi viene detto che plasma l’uomo dalla polvere e insuffla in lui lo spirito vitale. Ma questa non è la tipica azione del Demiurgo mediante la quale conferisce vita agli esseri del mondo? Gli Arconti plasmano le anime con la loro materia strale e poi immettono la NEPHESH per dare vita biologica al corpo.
    E perchè poi addormenta Adamo per estrarre da lui la donna? E’ il Demiurgo che fa sprofondare Adamo nel torpore e lo polarizza come elemento maschile distruggendo l’Androginia Primordiale.
    E perchè, dopo che Adamo ed Eva mangiano del frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male, si adira dicendo: “Ecco, l’uomo è diventato come UNO DI NOI, per la conoscenza del Bene e del Male”? Per quale motivo la conoscenza del Bene e del Male dovrebbe far adirare il VERO DIO? Che minaccia potrebbe essere per LUI? A meno che non si tratti del Demiurgo che deve nascondere all’uomo la verità sull’inganno di questo mondo.
    E infine, perchè inserisce delle tuniche di pelle prima di scaraventare Adamo ed Eva nel mondo? E’ il Demiurgo che riveste le anime di gusci corporei.

    Insomma, tutti questi elementi mi fanno venire il forte dubbio che nella Genesi si parli della Creazione Arcontica del Demiurgo, come sostengono i racconti gnostici della creazione ma…

    Se veramente l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male è l’ALBERO DELLA GNOSI che il Demiurgo vieta all’uomo per non fargli acquisire consapevolezza, che senso ha parlare di PECCATO? Peccato verso chi? Non certo verso DIO perchè in tal caso l’uomo si sarebbe ribellato all’incantesimo del Demiurgo per conoscere la VERITA’ che gli è stata nascosta, col SERPENTE che rappresenterebbe il CRISTO. Ma se è stato Cristo a spingere l’uomo verso la GNOSI, come è possibile che poi il Demiurgo si riappropri di nuovo dell’uomo scaraventandolo nel mondo fisico immerso in una tunica di pelle, inebriato dal calice dell’oblio? E come è possibile che il Demiurgo riesca a sottomettere il SERPENTE-CRISTO condannandolo a strisciare per terra e mangiare polvere per tutti i giorni della sua vita?

    Non so proprio cosa pensare, non ci capisco più niente. Questo racconto della Genesi mi sembra tutta un’accozzaglia di elementi sparsi buttati qua e là senza un minimo di coerenza. C’è da uscire pazzi, è un manicomio…

    Sono portato a pensare che la trattazione della Genesi presente sia nella Bibbia che in certi gnosticismi è decisamente CORROTTA perchè mi sembra che nè gli uni nè gli altri avessero le idee molto chiare sull’argomento. Invece, trovo un messaggio molto più efficace nel racconto della Pistis Sophia, nei testi mandei e in alcuni gnostici cristiani tipo Marcione.

    Un abbraccio

  9. sphinx
    at |

    Eh si, Antonlogos….. non sei solo a voler capire… difficile però mettere ordine nella cronologia e nei fatti, chi a creato cosa, in che giorni della creazione, ecc.,ecc., se l’Albero della Gnosi è l’Albero della Vita, ma è davvero un albero o qualche altra cosa. Dio(quale?) disse ad Adamo di non mangiare dal frutto proibito sennò morirà… Come poteva sapere cos’è la morte, essendo incorruttibile la vita in quel Giardino? Insomma, tutto mischiato e allegorizzato ad arte. Va a districare questo gomitolo… un rompicapo..
    Ci sono state più creazioni… per le leggi universali… L’idea che mi sono fatto e che l’addensamento della materia sottile è stato graduale e ogni gerarchia aveva il suo compito, di coordinare la dimensione sottostante con la creazione di “abiti- veicoli” per le anime, per compiere il progetto divino. L’Eden forse doveva essere l’ultima tappa, o forse no… comunque qualcosa è andato storto.
    Non so se c’era una concorrenza tra vari “demiurghi”, chi farebbe un uomo più perfetto, o siamo stati ideati davvero per essere a loro servizio, e poì accade che per la buona (o chissà quale) volontà di qualcuno l’uomo è riuscito a diventare consapevole, però fu imprigionato nella ruota del carma.

  10. sphinx
    at |

    Un’ulteriore domanda, come poteva portare alla morte il mangiare dal frutto che si trova in un Giardino Eterno? Se era di quel giardino, l’Albero in causa, doveva per forza essere inoquo, tutt’altro che danneggiare. Non poteva far altro che donare vigore e vita eterna. E allora, e allora?… Invece ci ha resi dannati, come mai? Se era l’Albero del bene e del male cosa ci faceva lì in quel benedetto(?) paradiso??? (il male, voglio dire). No… non quadra, quello lì era un “albero”- “serpente” estraneo… Tutto allegoria, c’è poco da fantasticare.

  11. sphinx
    at |

    errata digitazione: innocuo.

  12. mirvena
    at |

    non siete gli unici, fratelli, ad esprimere l’angoscia di perdersi in significati e riletture delle sacre scritture…. vi capisco molto bene…..
    in Marco è scritto: ‘Gesù disse loro: guardate che nessuno vi inganni! Molti verranno in mio nome dicendo:’sono io’ e inganneranno molti’. numerose sono le ammonizioni di Gesù a non ridursi ad ascoltare le dottrine esteriori degli psichici che oscurano i puri misteri della Luce…’conosci ciò che ti sta davanti e ti sarà manifestato ciò che è nascosto’…
    Ippolito scrisse:’lascia la ricerca di Dio , la creazione e le questioni simili. CercaLo partendo da te stesso’.
    ma poi in Tomaso: ‘il regno del Padre è diffuso sulla terra e gli uomini non lo vedono’
    La via al Regno è la conoscenza di sè attraverso l’introspezione intellettiva…
    L’uomo -humanitas- non vede il Regno finchè è vincolato all’identità con la terra, la carne, l’humus… Le anime tendono al Regno (movimento) mentre il Regno è immanente permanente e trascende il divenire… in Tomaso non dice infatti Gesù: alzate un sasso, io sarò lì?….
    e la Pistis Sophia non ci ricorda forse ciò che dobbiamo fare? anche il perfetto psichico ha bisogno di avere i misteri del regno della Luce per procedere oltre…’ quando andate in città, regni, regioni predicate così: investigate in ogni tempo e non desistete fino a quando troverete i misteri che vi condurranno nel regno della Luce’…

  13. mirvena
    at |

    per quanto riguarda Genesi: Fabre d’Olivet scrisse che è ‘frutto di ispirazione divina e racchiude in poche pagine gli elementi di ciò che è stato e di ciò che deve essere. Tutti i segreti della Natura gli sono stati affidati. Tutti. Esso assembla in sè e nel solo Bereshit più cose che non tutti i libri ammassati in tutte le biblioteche europee (…) Ma è legittimo porre sul velo che lo ricopre la mano temeraria?’
    più avanti parlando della lettera R rdirà anche che è il principio del movimento, la forza innata e che in ieratico sarebbe strata rappresentata da un serpente…. in linguaggio figurato come il primo motore… curioso vero?

  14. teresasadi
    at |

    Antonlogos, sono d’accordo con te in toto e x quanto concerne:
    “Ma se è stato Cristo a spingere l’uomo verso la GNOSI, come è possibile che poi il Demiurgo si riappropri di nuovo dell’uomo scaraventandolo nel mondo fisico immerso in una tunica di pelle, inebriato dal calice dell’oblio? E come è possibile che il Demiurgo riesca a sottomettere il SERPENTE-CRISTO condannandolo a strisciare per terra e mangiare polvere per tutti i giorni della sua vita?”
    Credo ke ciò possa essere successo perchè noi abbiamo rifiutato la gnosi e il Cristo ke è in noi, siamo stati noi a sottomettere il Cristo condannandolo a mangiare polvere ecc,, relegandolo in un angolo buio del nostro io , sommergendolo di polvere..in modo da non doverlo vedere ed ascoltare….
    Ergo dobbiamo essere noi a togliere la polvere e a farlo ri nascere….Come non lo so …ma spero che ritorni presto, lo chiamo lo invoco ogni momento….
    Mike sai come fare per farlo arrivare prima possibile….credo di si illuminaci…
    Ciao a tutti Teresa

  15. mike plato
    at |

    TERESA…IL MESSIA GIUNGERA’ QUANDO E’ GIUSTO CHE SIA, QUANDO SARANNO MATURI I TEMPI MESSIANICI. LE NOSTRE PREGHIERE, SUPLLICHE E INVOCAZIONI SERVONO A NULLA

    ANTONLOGOS…LA TUA DOMANDA SULLA CREAZIONE MERITA MAGGIORE SPAZIO; COSA CHE CERCHERO’ DI FARE IN QUESRI GIORNI. TI ANTICIPO QUALCOSA. ALLORA, ELOHIM CREAI SHAMAIM WA ARETZ e SI DICE CHE ARETZ(TERRA) è INFORME E CAOTICA. ATTENTO QUI, PERCHE’ I CIELI E LA TERRA SONO L’IMMANIFESTO E IL MANIFESTO, L’ETERE E LA MATERIA, NON I CIELI FISICI E IL PIANETA TERRA O L’UNIVERSO FISICO: STIAMO ATTENTI. QUELL’ELOHIM DI GENESI 1 NON E’ IL DEMIURGO, NONOSTANTE POI IL DEMIURGO SCIMMIOTTI LA MEGACREAZIONE DI ELOHIM.

    GLI APOSTOLI, SOPRATTUTTO GIOVANNI, DICONO CHE QUESTO MONDO NON E’ BUONO, CHE AMARLO SIGNIFICA ODIARE DIO. ERGO QUESTO MONDO E’ IMPERFETTO; FIN QUI NULLA DI COSI’ ARDUO DA CAPIRE. MA SE QUESTO MONDO E’ IMPERFETTO, NON PUO’ ESSERE CREAZIONE DI UN ESSERE PERFETTISSIMO. UN ESSERE PERFETTO NON PUO’ CHE CREARE (ANZI EMANARE, DATO CHE CREARE E’ PREROGATIVA DEMIURGICA) UN QUALCOSA DI SIMILE A LUI, A SUA IMMAGINE, ERGO PERFETTO.

    ED ECCO QUINDI CHE QUELLO SHAMAIM wa ARETZ IDENTIFICA SOLO LE DIMENSIONI IMMANIFESTE (SHAMAIM è UN PLURALE) E LA SOSTANZA, CHE POI VERRA’ INTERCETTATA DAL DEMIURGO PER GENERARE IL MONDO ILLUSORIO (IN QUANTO LA MATERIA, A LIVELLO SUBATOMICO, TU ME LO INSEGNI, SEMPLICEMENTE NON ESISSTE, OSSIA IL MATTONE DELLA REALTA’ NON ESISTE, NON C’è).

    NE RIPARLERO’. RESTA FERMO CHENEL NUOVO TESTAMENTO QUESTO MONDO NE ESCE PALESEMENTE CON LE OSSA ROTTE, COSA CHE NON AVVIENE NELL’ANTICO TESTAMENTO, MA SOL PERCHE’ QUESTA VERITA’ NON E’ SCRITTA ALLA LETTERA, MA LA SI INTUISCE. PER QUESTO CRISTO VIENE A DARE COMPIMENTO ALLA TORAH,E NON A CANCELLARLA. EGLI PORTA FUORI MOLTI CONTENUTI ESOTERICI DELLA TORAH. A LORO VOLTA LE PAROLE DI CRISTO HANNO ULTERIORI LIVELLI ESOTERICI.

    PER QUESTO MI FANNO RIDERE GLI ATEI E GLI ANTI-CRISTICI. PER LORO TUTTO QCIO’ è LIBRO CHIUSO. ESSI HANNO PAURA DI APRIRE LE PORTE DELLE SCRITTURE: SONO DEI MALEDETTISSIMI PIGRI, E INOLTRE TEMONO DI DOVER RICOMINCIARE TUTTO DA ZERO. LORO HANNO GIA PRONTA UNA VISIONE DEL MO=NDO. E’ TRISTE DEMOLIRLA E RICOMINCIARE DA ZERO.

    PER QUESTO GENERE DI INDIVIDUI HO TOLLERANZA ZERO. VELANO A SE STESSI LA RI-VELAZIONE

  16. mike plato
    at |

    IN REALTA’ SEMBREREBBE CHE LA CREAZIONE DEMIURGICA NON SIA DESCRITTA NELLA TORAH DI MOSE’.

    DIMENTICANZA? OPPURE MOSE’ HA INTESO SOLO SUGGERIRLA CON METAFORE?

    E SE FOSSE EVA LA CREAZIONE IMPERFETTA DA REDIMERE? SE FOSSE QUELLA COSTOLA O LATO STRAPPATO IL SIMBOLO DELLA CREAZIONE DEMIURGICA?

    NON SO…MOLTE COSE CI SONO ANCORA POCO CHIARE. LO AMMETTO…

    MA NON CREDO ANCORA A LUNGO. BISOGNA AVERE RISPETTO E TIMORE REVERENZIALE PER LE SCRITTURE. E OGNI VOLTA CHE SE NE PARLA, TOGLIERSI I SANDALI DAI PIEDI E COSPARGERSI IL CAPO DI CENERE…

    PERO’ POI CI SONO QUEI FARABUTTI CHE PARLANO COME FOSSERO LORO LA BIBBIA, UNA BIBBIA VINTE TALMENTE PROFONDA DA SCONFESSARE FRA LE PIU ANTICHE SCRITTURE SACRE DELLA TERRA

  17. Chiara Rovigatti
    at |

    Mike, secondo me dovremmo porre maggiore attenzione all’uso corretto dei termini perché altrimenti è molto facile fare confusione. Faccio un esempio e riporto qui sotto una parte della “Voce della Fenice” dell’ultima Fenix:
    “Innanzitutto bisogna fare un distinguo tra “creazione” e “generazione”. La Creazione può essere solo divina. E’ l’opera di genesi di qualcosa dal “nulla” e corrisponde alla creazione del mondo presente in tutte le tradizioni sacre antiche. In breve è opera divina e inconoscibile. La “generazione” consiste invece nel manipolare in modo naturale (ad es. tramite il rapporto sessuale), o in modo artificiale (come nel caso degli esperimenti di Craig Venter e Hamilton Smith che sono riusciti a creare un batterio artificiale, con DNA artificiale, che si auto-replica), la materia esistente per ottenere qualcosa di nuovo. Si tratta di generazione e non di creazione che è, invece, qualcosa di superiore.
    Prova ne sia il passo in cui si dice che il Figlio di Dio viene “generato e non creato” proprio per sottolinearne la sua manifestazione materiale.”
    Ora, ho riportato questo estratto non per pura polemica bensì per marcare l’uso dei termini “creazione” e “generazione” che si fa nell’articolo che pare contrastare con quanto asserisci allorquando affermi che “creare” è opera demiurgica. Opterei per il termine “emanare” per descrivere la facoltà dell’Altissimo in quanto tutto Egli esprime al di fuori quanto già esistente in Se stesso. Di conseguenza, il Figlio di Dio è “generato e non creato” non per sottolineare la sua manifestazione materiale, ma per sottolineare la sua origine sovramondana.
    Un abbraccio, Chiara

  18. PEGAS
    at |

    Non è stato l’uomo come maschio, dalla costola del quale venne “creata” Eva. Se Eva è da redimere, lo è nella stessa misura Adamo, visto che sono le due parti dell Adamo Androgino scisso. Sorge la domanda: L’Androgino perfetto, una volta diviso, mantiene la perfezione nelle sue parti, oppure no? Logicamente dovrebbe. A meno che non interviene qualcosa che stravolge l’equilibrio e scaturisce una progressiva degradazione.
    Mi viene da pensare che quell’ Adamo androgino, prima della divisione, non era del tutto perfetto, poiché era uno posteriore all’ Adamo Primordiale, dunque apparteneva ad una seconda creazione. Da qui, la coppia più famosa sta alla base di un’ulteriore creazione. Tutto, naturalmente con un successivo abbassamento dell’ingranaggio.

    Eva da redimere? Cosa rappresenta come simbolo? l’Anima? O solo una sua parte indispensabile? Adamo ed Eva come Animus-Anima. E’ lei quella parte da trasmutare, o invece lui, l’Adamo? Comunque sia, per sublimare la parte ombra tutto il lavoretto lo deve fare la parte luce con il suo potere di trasmutazione, sublimando cosi anche la propria luce. Adamo ed Eva… Non c’è differenza a questo livello, poiché senza la sublimazione dell ultimo non c’è gloria per il primo, e viceversa. Sono due parti dell’uno.

  19. Milena
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    Scusate ma tutte le anime del resto della poplazione mondiale che vivono una vita di sofferenza, privazioni, stenti, analfabetismo e ignoranza a causa di dittature, guerre, povertà e fame sono inesorabilmente destinate a non trovare DIO perchè non leggono la Bibbia? Cosi come tutte quelle migliaia di persone che seguono altre religioni e sicuramente non si scervellano sulla Bibbia sono ugualmente destinate al buio? Ho dei seri dubbi su un DIO cosi selettivo…e poi perdete di vista il punto focale della questione Dio è dentro di noi e solo noi possiamo risvegliarlo non le letture che facciamo…LA CHIAVE NON é LI!!!

  20. mike plato
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    MILENA…

    NON E’ DIO AD ESSERE SELETTIVO, MA NOI SELEZIONANIAMO NOI STESSI.

    E DALLI CON QUESTA VISIONE DEL DIO TERRIBILE DELL’ANTICO TESTAMENTO…

    MILENA, TU NON PUOI GIUDICARE PERCHE ACCADONO LE COSE.NON GIUDICARE DIO, TEMILO PIUTTOSTO, PERCHE’ SE NON C’è TIMOR DI DIO NON C’è AMORE.

    TI HO SPIEGATO A TORINO PERCHE’ IL CONDOTTO DELLA PIRAMIDE DI CHEOPE CHE CONDUCE ALLA CAMERA DEL RE SIA COSI BASSO E STRETTO.

    NOI ABBIAMO SMARRITO IL SENSO DELLA REVERENZA E DELLA RICONOSCENZA

    ULTIMAMENTE QUESTO BLOG SI STA PROFANIZZANDO ALQUANTO, ED E’ SOTTO ATTACCO DA PARTE DI INDIVIDUI CHE TENTANO DI IMPORRE UNA VISIONE MODERNISTA CHE FA LEVA SUL NULLA.

    MILENA, IO, QUANDO LEGGO LO ZOHAR, MI SENTO UN DEFICIENTE, UN MISERO.

    NON C’è PIU UMILTA’.

    L’UNICA COSA CHE POSSO FARE E’ ELIMINARE PER SEMPRE I COMMENTI. COSA CHE ORA FARO’.

    CHI MI VORRA’ SCRIVERE IN PRIVATO, PUO’ ANDARE SU FACEBOOK oppure sul mikeplato22@yahoo.it.

    MI SPIACE MA NON VOGLIO PIU PORTARE IL SACRO SU INTERNET PER VEDERGLI SPUTARE SOPRA. MIA E’ LA RESPONSABILITA’, E PAGO IN PRIMA PERSONA.

  21. due
    at |

    Milena se non hai capito la Torà mica è colpa di Mosè, ma forse non sei pronta o non sei in grado.
    Senza Torà non vai da nessuna parte, amica mia.
    E’ il libro segreto.
    Mica ciò che leggi nelle righe, sia ben chiaro, anche quello ma non solo.
    Mah.
    Mi dispioace che chiudi i commenti Mike, potresti selezionarli. Esiste il modo di tenerli in stand by sinchè non li leggi e di accettare solo quelli meno profani. Si chiama moderazione.
    Se vuoi ti invio via mail la procedura per attivarla
    2Beth2

  22. Milena
    at |

    Caro Mike, simpatica Due…sostengo solo che la VIA non è uguale per tutti, ad alucuni è destinato un’altro percorso. Senza Torà si puo’ andare ugualmente lontani…di piu’ non mi è concesso di dire… Due quello che suggerisci non è moderazione ma è cio che fanno le religioni e cioè RELEGARE imprigionare fanatizzare pensieri e convinzioni, un altro regime di totalitarismo che nulla ha a che fare con gli insegnamenti Divini. Temere qualcuno non è Amare ma solo paura e sottomissione, Lui non chiede questo…chiede che in noi divampi il Fuoco, l’Amore che brucia e che sposta le montagne, quello che ti fa superare i limiti, amare DIO in questo modo è quello che ti permette di tornare a Lui…la via è semplice e Gesu’è venuto per dare compimento alle leggi di Giustizia Divina per farci uscire dal ciclo delle reincarnazioni e la via è l’Amore, quell’amore cosi perfetto che ti permette di non avere conti in sospeso nella vita…se ami ogni cosa e comprendi il significato della tua esistenza non hai piu’ bisogno di tornare… Qusta via è al contempo semplice ed ardua…provate e comprenderete quanto sia difficile superare i nostri limiti per giungere a questo Amore…SIATE PERFETTI COME PERFETTI E’ IL PADRE MIO…il mistero è tutto qua, DIO è perfezione ed equilibrio e poi ancora…non è preda di sentimenti umani, non si compiace dei nostri timori e della nostra sottomissione…non cadete nei tranelli… Per il resto Mike hai ragione a fare cio che ritieni meglio per te, il blog è tuo e noi siamo solo ospiti…

  23. Sante
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    Quindi il tuo unico problema con i commenti é quello che ti si risponde e si confuta quanto dici! Così non puoi plagiare le persone. Bravo.

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