DISTRUGGERE L’UOMO…DIO SI PENTE DI AVER FATTO L’UOMO

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Dal Bereshit dello Zohar traggo questo notevole contributo che va molto oltre l’ebraismo

 

É scritto (Genesi VI,7): E D-o disse: sterminerò da disopra la terra l’uomo che ho creato. Rabbi Yossé iniziò una assemblea esordendo: È scritto (Isaia LV,8): … Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, e le mie vie non sono le vostre vie, dice il Signore. Considerate quanto segue, quando un uomo brama vendicarsi di un altro, mantiene il silenzio sulla sua intenzione, per timore che l’altro non apprenda il suo progetto e non lo sventi tenendosi sulle sue. Il Santo, baruk ha-shem, non agisce, però, in questa maniera. Esso non prostra mai il mondo senza averlo annunciato prima due o tre volte; D-o non teme che quelli che vuole castigare sventino il suo progetto, giacché nessuno può nascondersi ai suoi occhi, né opporsi alle sue decisioni. Notate che, con le parole: E D-o dice: sterminerò da disopra la terra l’uomo che ho creato, la Scrittura ci conferma che D-o fece conoscere a quella generazione, tramite Noè, la decisione che aveva preso; avverte gli uomini due o tre volte del castigo che li minacciava: ma non gli diedero ascolto. La persistenza della loro ottusità a non voler ascoltare niente, costrinse D-o a castigarli sterminandoli disopra la terra. Meditate quanto la Scrittura (Genesi V,29) dice di Noè: Ed egli lo chiamò Noè dicendo: lui ci solleverà tra le nostre opere e le opere delle nostre mani, e ci consolerà nella terra che il Signore ha maledetto. Come sapeva il padre di Noè che esso lo avrebbe consolato nella terra che il Signore ha maledetto? La verità è che quando il Santo, baruk ha-shem, maledisse il mondo, così come è scritto (Genesi III,17): Che la terra sia maledetta a causa tua, Adamo chiese al Santo, [58 b] baruk ha-shem: Maestro dell’universo, fino a quando il mondo resterà oppresso da questa maledizione? D-o gli rispose: Fino a quando nascerà un bambino circonciso, simile a te. Da quel momento gli uomini attesero la nascita di questo bambino. Quando Noè venne al mondo, suo padre si accorse[1] che era già circonciso, segnato, in altre parole, con il segno sacro, vide anche che la Schekhina era con lui; ecco perché lo chiamò con il nome che racconta gli avvenimenti che accadranno durante la sua vita. Prima della nascita di Noè, gli uomini non sapevano né seminare, né arare, né erpicare eseguivano tutti i lavori della terra con le mani. Quando Noè venne al mondo rivelò ai suoi contemporanei l’arte di arare la terra e mostrò loro tutti gli utensili[2] necessari per trarne dei frutti. Ecco perché il padre di Noè dice: Questo ci solleverà tra i nostri lavori e le opere delle nostre mani. La Scrittura aggiunge: … della terra, il che vuole dire che Noè doveva togliere la maledizione di cui la terra era oppressa fino ad allora, tanto che si seminava grano e si raccoglieva delle spine. Ecco perché la Scrittura chiama Noè, aratore della terra. Rabbi Yehouda dice: La Scrittura chiama Noè aratore della terra (isch-haadamnah),per gli stessi motivi per cui indica Elimelech (Ruth I,3), marito di Noëmi (isch na-ami). Noè è chiamato lo Tsaddîq (il Giusto), per il sacrificio che ha offerto, quello che ha liberato la terra dalla maledizione che l’opprimeva, così come è scritto (Genesi VIII,21): Il Signore ricevette questo sacrificio che aveva un odore piacevole, e gli disse: Non spargerò più la mia maledizione sulla terra a causa dell’uomo. Ecco perché Noè è chiamato isch ha-adamah. É per questo, anche, che ricevette un nome che ricorda l’avvenimento che si verificherà durante la sua vista. Rabbi Yehouda aprì una conferenza esordendo; è scritto (Salmi XLVI,9): Venite e vedete le opere del Signore che fa dei prodigi (schamoth) sulla terra. Questo versetto è già stato spiegato. Ma ecco quanto desidero aggiungere. Cosa significa: Venite, e vedete (hazou)? Questa parola ha lo stesso significato del versetto (Isaia XXI,2): D-o mi ha rivelato una spaventosa profezia (hazouth); giacché è per opera del Santo, baruk ha-shem, che la profezia dell’alto è rivelata agli uomini. Quanto alle parole della Scrittura: … Che fa dei prodigi (schamoth) sulla terra, non bisogna leggere, prodigi (schamoth), ma, nomi (schamoth). La Scrittura vuole dire che è D-o che ispira il nome degli uomini; giacché il nome influisce su tutta la vita dell’uomo. Secondo un’altra interpretazione[3], la parola schamoth del versetto precitato significa, distruzione; infatti, se il mondo fosse stata l’opera dell’essenza divina chiamata JHVH, tutto sarebbe stato indistruttibile; ma poiché il mondo è opera dell’essenza divina chiamata ÉloKïm, tutto è soggetto a distruzione; ecco perché la Scrittura dice: Venite, e vedete le opere di ÉloKïm[4] che sono soggette alla distruzione (schamoth) sulla terra. Rabbi Hiyâ interloquì con Rabbi Yehouda: Non sono dello stesso parere, considerato che il nome di JHVH è tanto sacro quanto quello di ÉloKïm; è ,quindi, inaccettabile ipotizzare che il mondo sia deperibile soltanto perché è l’opera di quest’ultimo, ma che non lo sarebbe se fosse quella di JHVH. Ecco perché condivido l’opinione dei colleghi che attribuiscono alla parola schamoth, il significato di nomi sacri; giacché è grazie alla combinazione dei nomi sacri di D-o che si operano le meraviglie in questo mondo. Il senso del versetto precitato è dunque questo: Venite, e vedete le opere di ÉloKïm che si operano sulla terra grazie alla combinazione dei nomi divini. Rabbi Isaac dice: Tutte le interpretazioni sono accettabili; ed anche quella di Rabbi Yehouda lo è, perché se il mondo fosse stato creato con il nome di misericordia, in altre parole con il nome di JHVH, tutto sarebbe indistruttibile; ma poiché il mondo è stato creato con il nome di rigore, vale a dire con quello di ÉloKïm, tutto è deperibile. Circa l’obiezione di Rabbi Hiyâ, essa non è correttamente fondata, dato che la discontinuità delle cose è indispensabile al mondo, quanto il rigore lo è per il castigo dei colpevoli, e senza il quale il mondo stesso non potrebbe, altrimenti, esistere. Notate che, quando Noè nacque, fu chiamato con un nome che esprime la consolazione: consolazione per se e consolazione per il mondo, consolazione per gli ascendenti e consolazione per i discendenti, consolazione per il mondo dell’alto e consolazione per quello in basso, consolazione in questo mondo e consolazione in quello futuro. Sebbene il nome di Noè sia stato un presagio del suo avvenire di consolatore, non aveva lo stesso significato in ciò che concerne i suoi rapporti con D-o; giacché il suo nome, Noah, letto alla rovescia forma la parola hen (grazia), così come è scritto (Genesi VI,8): E Noah trovò grazia (hen) davanti al Signore. Rabbi Yossé dice: Hen, è costituito delle stesse lettere di Noah; così, i nomi dei giusti sono sempre l’anagramma di un parola che esprime il bene, mentre quelli dei colpevoli si prestano sempre ad un anagramma che esprime qualche cosa di cattivo. Così, per Noè, la Scrittura dice: E Noah trovò grazia (hen) davanti al Signore. Noah, è dunque l’anagramma di hen (grazia). Mentre per Er, il figlio maggiore di Giuda, lo Scrittura (Genesi XXXVIII,7) dice: Ed Er, il figlio maggiore di Giuda, era male (râ) davanti al Signore. Così Ér, costituisce l’anagramma di râ. Considerate che quando Noè venne al mondo e vide la perversità degli uomini che peccavano contro il Santo, baruk ha-shem, per evitare il contagio si ritirò nella solitudine e si dedicò al servizio del suo Maestro. Si chiederà: a quale studio si dedicò nella solitudine? A quello del libro rivelato a Adamo e a Henoch; lo studiò per sapere come servire il suo Maestro. Notate, difatti, che le cose non potevano accadere diversamente; altrimenti come Noè avrebbe saputo che bisognava offrire un sacrificio al suo Maestro? Da quanto abbiamo appena detto, però, la cosa si spiega: Noè avendo trovato, nel libro rivelato a Adamo, che è sulla Saggezza eterna (H’cmâ) che il mondo è stato fondato, comprese che era grazie al sacrificio che il mondo poteva sussistere e che, senza il sacrificio, né gli esseri dell’alto, né quelli del basso avrebbero potuto esistere. Rabbi Shimon fece un giorno un viaggio in compagnia di Rabbi Éléazar suo figlio, di Rabbi Yossé e di Rabbi Hiyâ. Strada facendo, Rabbi Éléazar disse suo padre: Poiché desideriamo fare un buon viaggio, conviene ascoltare delle parole riguardo la dottrina. Rabbi Shimon aprì allora la sua lezione nel modo seguente; è scritto (Eclesiaste X,3): Anche sulla strada dove l’insensato cammina, il cuore gli manca, e dice a tutto il mondo: è insensato. Se l’uomo vuole che il suo viaggio sia piacevole al Santo, baruk ha-shem , deve, prima di mettersi in viaggio, consultare D-o ed elevargli la preghiera dei viaggi, così come la tradizione lo deduce dalle parole della Scrittura (Salmi LXXXV,14): Il Giusto camminerà davanti a lui, ed egli lo seguirà nella strada. Il che significa: la Schekhina non si separerà mai da chi si consulta prima di mettersi in viaggio. Ma chi non si affida al proprio Maestro[5] è compreso nelle parole della Scrittura: Anche [59a] sulla strada dove l’insensato marcia, il cuore gli manca. Che significa, cuore? Questa parola sottintende il Santo, baruk ha-shem, che non accompagna mai l’insensato nel suo viaggio e che non gli accorda nessun aiuto; giacché l’uomo che non consulta proprio Maestro prima di mettersi in viaggio, manifesta la convinzione di poter fare a meno del soccorso di D-o durante il viaggio. L’insensato si astiene durante il suo viaggio dal parlare di cose relative alla dottrina; ecco perché la Scrittura dice, il cuore gli manca; il che vuole dire che si priva, per questo, del soccorso di D-o. La Scrittura aggiunge: … E dice a tutto mondo: è insensato; vale a dire quando l’insensato sente gli altri parlare delle cose relative alla Fede, esclama: È insensato parlare di queste cose. Cosa analoga è accaduta, una volta, ad un uomo il quale, avendo meditato sul segno sacro impresso nella carne di ogni israelita, emise il parere che questa pratica non costituisse un articolo di fede. Quando Rabbi Yebba, il Vecchio, sentì questa eresia, sollevò gli occhi sull’eretico e questo fu trasformato in un mucchio di ossa. Considerato, però, che ci auguriamo, durante questo viaggio, l’aiuto del Santo, baruk ha-shem, dobbiamo dire alcune parole riguardo la dottrina. Rabbi Shimon esordì allora dicendo: è scritto (Salmi LXXXVI,11): Mostrami, Eterno, la tua via, che entri nella tua verità; unisci a te il mio cuore, che temi il tuo nome. Questo versetto presenta una certa difficoltà di interpretazione, considerato che la tradizione c’insegna che ogni cosa è nel potere del Santo, baruk ha-shem, eccettuata la buona o cattiva condotta dell’uomo. Ora, come Davide poteva chiedere al Santo, benedetto sia, ciò che ha chiesto? Nondimeno Davide parlò così a D-o: mostrami la tua via che è la via diritta, in altre parole, apri i miei occhi affinché possa penetrare i tuoi misteri; solo allora sarò certo di camminare sulla via della verità, senza deviare né a destra né a sinistra. Davide aggiunge (Salmi LXXIII,26): Unisco a te il mio cuore. Quale è il senso delle parole, mio cuore? Queste sottintendono quello cantato dal Salmista: Oh D-o che è il D-o del mio cuore e il mio destino per tutta l’eternità…. Davide diceva, dunque, a D-o: Fa’ che rimanga sempre unito a te, in tal caso, sarò sempre penetrato dal timore del tuo nome. Considerate che, ogni uomo che teme il Santo, baruk ha-shem, è penetrato dalla fede; un tale uomo è considerato come perfetto nei suoi rapporti con il proprio Maestro. Chi non teme, però, il proprio Maestro non ha la fede e non è degno di avere una parte nel mondo futuro. Rabbi Shimon continuo nel seguente modo; è scritto (Proverbi IV,18): Il sentiero dei giusti è come una luce brillante che si avvicina e che crede fino al giorno perfetta. Felice la sorte dei giusti in questo mondo e nel mondo futuro, perché il Santo, baruk ha-shem, desidera la loro glorificazione. Considerate le parole della Scrittura: Il sentiero dei giusti è come una luce brillante… . Cosa significano le parole, luce brillante? Esse sottintendono quella luce brillante che il Santo, baruk ha-shem, ha creato al momento della creazione del mondo e che ha riservato ai giusti nel mondo a venire. La Scrittura aggiunge: … Chi si avvicina e che cresce fino al giorno perfetto; per quale motivo questa luce, riservata ai giusti, va aumentando sempre di più e non decresce mai. Ma cosa ha detto la Scrittura dei colpevoli? (Proverbi IV,19) La via dei cattivi è piena di tenebre; non sanno dove cadono. Per quale motivo dice: .. Non sanno dove cadono? I cattivi, forse, non conoscono la causa della loro caduta? La Scrittura vuole dire che i cattivi che camminano sulla via tortuosa, non riflettono mai né pensano che il Santo, baruk ha-shem, li giudicherà nel mondo a venire e farà loro subire il castigo dell’inferno dove andranno a lamentarsi ogni giorno: Disgrazia a noi, disgrazia a noi che non abbiamo voluto ascoltare, né aprire il nostro cuore alla voce della verità, finché eravamo ancora sulla terra, dove il risarcimento era ancora possibile; disgrazia a noi, disgrazia a noi. Tale è il lamento che i colpevoli alzano, ogni giorno nell’inferno. Meditate che il Santo, baruk ha-shem , accorderà ai giusti, nel mondo futuro, molta luce e darà loro la ricompensa delle loro opere in una regione che mai occhio ha visto, così come è scritto (Isaia LXIV,3): L’occhio non ha visto affatto, fuori te solo, oh D-o, ciò che hai preparato a quello che spera in te, ed altrove è detto: Usciranno per vedere i corpi morti di quelli che hanno peccato contro me; ed ancora (Malachia III,21): Calcherete ai piedi gli atei che diventeranno come la cenere sotto la pianta dei vostri piedi. Felice la sorte dei giusti in questo mondo e in quello futuro. È di essi che la Scrittura e dice: possederanno la terra per sempre, ed altrove (Salmi CXL,12): Ma i giusti loderanno il tuo nome, e quelli che hanno la corte diritto abiteranno alla tua presenza. (Salmi LXXXIX,53) Benedetto sia il Signore, eternamente; così sia, così si

 

É scritto (Genesi VI,6): E D-o si pentì di avere fatto l’uomo sulla terra; e se ne dolse in fondo al suo cuore. Rabbi Yossé aprì una sua assemblea nella maniera seguente: La Scrittura dice (Isaia V,18): Guai a chi si tira addosso la menzogna con delle funicelle, ed il peccato con funi da carro. Le parole guai a chi si tira addosso la menzogna con delle funicelle, indicano quei tipi di uomini che si rendono ogni giorno colpevoli davanti a loro Maestro, ed agli occhi dei quali i peccati che commettono sembrano essere di poca importanza; ecco perché la Scrittura parla di cordicelle, perché la menzogna sembra a queste persone un peccato molto insignificante, proprio come una piccola fune. Il Santo, baruk ha-shem, si vale della propria indulgenza con questi tipi di persone e li colpisce soltanto quando si rendono colpevoli di malefatte la cui gravità non può sfuggire neanche ai loro propri occhi. È di questo grado di empietà che la Scrittura dice: … Ed il peccato con funi da carro. Notate che, quando il Santo, baruk ha-shem, giudica i colpevoli di questo mondo, non può decidere di sterminarli, sebbene pecchino contro lui e tutti i giorni lo irritino; perché, quando li guarda, si pente della sentenza pronunciata contro di loro; essi sono, del resto, l’opera delle sue mani. Quando il castigo dei colpevoli diventa inevitabile, il Santo, baruk ha-shem, si impietosisce della loro sorte e, se è permesso esprimerci così, se ne duole in fondo al cuore. Se ne duole, perché si tratta dell’opera delle sue mani, così come è scritto (Daniele VI,9) : Il Re, entrato nella sua casa, si mise a letto senza avere mangiato: nessuna pietanza fu servita al suo tavolo, ed egli fu privato del sonno durante la notte. Altrove è detto (Salmi XCVI,6): Vede davanti a lui gloria e lodi; la santità e la magnificenza esplodono nel suo santo luogo. Rabbi Yossé dice: Notate che la Scrittura dice: … Se ne dolse in fondo al cuore. Il versetto tratta, quindi, dell’essenza divina chiamata, cuore, ma non dell’altra, perché l’altra essenza divina è chiamata, spirito, così come è scritto (I Re II,35): Ed io mi susciterò un prete fedele che agirà secondo il mio cuore ed il mio spirito. Rabbi Isaac dice: Le parole: E D-o si pentì di avere fatto l’uomo sulla terra hanno lo stesso significato[1] delle parole: E D-o si pentì del male che aveva pronunciato contro il suo popolo. Secondo Rabbi Yessa, l’interpretazione di Rabbi Isaac è favorevole agli uomini; secondo Rabbi Hizqiya, al contrario, è sfavorevole. Secondo Rabbi Yessa, Rabbi Isaac vuole dire che le parole della Scrittura significano che D-o si pentì dei castighi decretati contro gli uomini che sono l’opera delle sue mani. Secondo Rabbi Hizqiya, al contrario, Rabbi Isaac vuole dire che il Santo, baruk ha-shem, si consolò della perdita dell’uomo, sebbene sia l’opera della sua mano, come un uomo si consola della perdita di un membro della sua famiglia; in altri termini, il Santo, baruk ha-shem, ha preso la decisione di fare sparire i colpevoli da questo mondo. Notate che, ogni volta che un castigo è decretato contro un colpevole, il Santo baruk ha-shem, ha bisogno di rassegnarsi prima di prostrare di mali il suo stesso figlio. La penitenza può allontanare il castigo decretato, finché il Santo, baruk ha-shem, non si è ancora consolato; ma se questo è avvenuto, la penitenza è impotente ad allontanare il castigo decretato. Ecco perché la Scrittura dice inizialmente: E D-o si consolò aggiungendo in seguito: Se ne duole in fondo al cuore. Egli, quindi, si rattrista solo dopo essersi consolato; vale a dire soltanto quando il male è divenuto ineluttabile e la penitenza stessa non può più allontanarlo. Rabbi Hiyâ dice: le parole del versetto precitato significano che il Santo, baruk ha-shem, si consolò della perdita dell’uomo. Quando il Santo, baruk ha-shem, creò l’uomo sulla terra, lo formò ad immagine della figura celeste; e, alla vista della figura dell’uomo che aveva tanta somiglianza con quella dell’alto, tutti gli angeli superiori lodarono il Santo, baruk ha-shem, esclamando (Salmi VIII,6): [57b] l’hai abbassato soltanto di poco sotto ÉloKïm; l’hai incoronato di gloria e di onore. Ma quando l’uomo ebbe peccato, il Santo, baruk ha-shem, si rattristò, perché questo peccato fornì agli angeli, l’opportunità di rinnovare la recriminazione che avevano già formulato prima della sua creazione. Quando, infatti, D-o volle creare l’uomo, gli angeli esclamarono (Salmi VIII,5): Chi è l’uomo per meritare che ti ricordi di lui? Chi è l’uomo per essere degno che lo visitiate? Rabbi Yehouda dice: D-o si era rattristato perché doveva imperversare contro gli uomini, così come è scritto: Camminavano davanti all’esercito, e tutti facevano un solo coro e cantavano questo cantico: lodate il Signore, perché la sua misericordia è eterna. Ora, Rabbi Isaac chiese: Perché questo cantico non era formulato come i cantici analoghi ai Salmi che cominciano con le parole: Lodate il Signore, perché è buono? La verità è che non ci si poteva servire della parola, buono in una circostanza in cui Israele sterminò tanti uomini che sono l’opera di D-o. Parimenti, quando Israele traversò il mar Rosso, gli angeli superiori vennero a cantare un cantico davanti al Santo, baruk ha-shem. Questo disse loro: Come! l’opera della mia mano annega nel mare e vi preparate a cantare un cantico[2]! Ecco perché la Scrittura dice: In modo che i due eserciti non poterono avvicinarsi durante la notte. Così è ogni volta che un colpevole è sterminato in questo mondo; il Santo, benedetto si, se ne rattrista. Rabbi Abba dice: Il Santo, baruk ha-shem, non si rattrista nel momento in cui il colpevole è sterminato, ma nel momento in cui pecca e trasgredisce il comandamento del suo Maestro. Quando Adamo peccò, il Santo, baruk ha-shem, gli disse: Disgrazia a te che hai indebolito la forza dell’alto e hai spento la luce celeste! E subito lo cacciò del giardino dell’Eden. Il Santo, baruk ha-shem, disse inoltre a Adamo: Ti avevo fatto salire nel giardino dell’Eden affinché offrissi dei sacrifici, mentre tu profanasti l’altare; ecco perché decreto che d’ora in poi tu sia condannato ad arare la terra. Poi, il Santo, baruk ha-shem, decretò la morte dell’uomo. Prima della morte di Adamo, tuttavia, il Santo, baruk ha-shem, ebbe pietà di lui e acconsentì che fosse seppellito vicino al giardino dell’Eden. Adamo fece, infatti, una caverna in prossimità del giardino dell’Eden e vi si nascose con la sua donna, fino al giorno della loro morte. Come poteva Adamo sapere che questa caverna si trovava vicino al giardino dell’Eden? Vide un raggio di luce uscire da lì vicino e penetrare nella sua caverna, ed egli riconobbe subito che questa luce emanava dall’Eden da cui era stato appena stato scacciato. Sappiate che nessuno uomo lascia questo mondo senza vedere, subito dopo la sua morte, Adamo il primo uomo. Questo gli chiede quale è stata la causa della sua morte ed in che stato morale ha lasciato il mondo. L’uomo che sta morendo risponde allora a Adamo: Disgrazia a te, perché sei stato la causa della mia morte! Adamo di rimando dice: Ho trasgredito soltanto un solo comando e ho subito una tale pena; immagino, quindi, quale deve essere il tuo, considerato che hai trasgredito tante prescrizioni e ti sei reso colpevole di tante malefatte! Rabbi Hiyâ dice: Adamo incontra tutti i giorni, in due circostanze diverse, i patriarchi; confessa loro il suo peccato e mostra il luogo dove godeva, una volta, della gloria celeste. Adamo incontra, anche, tutti i giusti e gli zeloti che furono da lui generati e che hanno ricevuto la ricompensa di godere della gloria celeste nel giardino dell’Eden. Tutti i patriarchi lodano, allora, D-o esclamando (Salmi XXXVI,8): Quanto è grande la tua grazia, oh Signore, che copre i figli di Adamo sotto le tue ali. Rabbi Yessa dice: Al momento di lasciare il mondo, tutti gli uomini vedono Adamo, affinché ciascuno sia obbligato a convenire che è morto per il suo proprio peccato e non soltanto a causa di quello di Adamo. Questo è conforme alla tradizione che c’insegna che nessuno muore senza peccato, eccezione fatta per tre uomini la cui la morte fu causata esclusivamente al cattivo consiglio del primo serpente; questi tre uomini sono: Abramo, Levi e Beniamino; secondo alcuni, bisogna aggiungere anche Jessé: questi uomini non hanno commesso alcun peccato per meritare la morte, e hanno lasciato questo mondo a causa del cattivo consiglio dato dal serpente, così come abbiamo detto. Considerate che tutte le generazioni dell’epoca di Noè commisero i loro peccati di fronte a tutto il mondo. Rabbi Shimon, passeggiando un giorno nelle vicinanze di una delle porte di Tiberiade vide degli uomini lanciare dei sassi contro dei vasi posti in terra, in altri termini praticare l’onanismo. Rabbi Shimon esclamò: Come! questi criminali osano irritare pubblicamente il loro Maestro! Gettò un sguardo sui responsabili, e questi furono precipitati nel mare e vi perirono. Considerate che ogni peccato commesso pubblicamente, allontana la Schekhina dalla terra ed è il motivo per cui essa abbandona la sua residenza in questo mondo. La generazione dell’epoca di Noè peccava sfacciatamente e commetteva apertamente dei crimini; per cui ha allontanato la Schekhina dal mondo, ciò che ha determinato come conseguenza che il Santo, baruk ha-shem, la respinse e l’allontanò di lui; ecco perché la Scrittura (Proverbi XXV,4 e 5) ha detto: Tolgo la ruggine dall’argento, e se ne formerà un vaso molto puro. Tolgo l’empietà dinanzi al Re, ed il suo trono si rinvigorirà per la giustizia. É scritto (Genesi VI,3): ÉloKïm disse; il mio spirito non rimarrà, per sempre, con l’uomo, perché è carne. Rabbi Éléazar dice: Considerate che, quando il Santo, baruk ha-shem, creò il mondo, lo modellò [58a] sull’archetipo di quello dell’alto. Così, quando i figli di questo mondo hanno del merito camminando nella retta via, il Santo baruk ha-shem, fa scendere lo Spirito di vita dell’alto fino alla regione dove risiede Giacobbe; di là questo Spirito di vita discende nel mondo in cui risiedi Davide, e di là, infine, le benedizioni celesti sono sparse su tutte le regioni inferiori. Così lo Spirito di vita dell’alto, scendendo da luogo in luogo fino al nostro mondo. Ecco perché è scritto: Lodate il Signore, perché è buono, e la sua grazia si distende fino al mondo (olam). Questa parola, mondo, sottintende quello del re Davide, perché la parola olam è scritta, qui, senza la lettera Vav, considerato che, quando lo Spirito di Vita dell’alto giunge in questo mondo, vale a dire in quello del re Davide, le benedizioni ne escono per diffondersi su tutte le regioni inferiori per temprarle. In altri termini, la parola olam è scritta, qui, senza la Vav per indicarci che lo Spirito di Vita non giunge, nel nostro mondo, direttamente dall’alto, dato che questo Spirito deve scendere prima nel mondo del re Davide; e soltanto in seguito le benedizioni, da questo mondo, scendono nel nostro. Considerato, però, che gli uomini hanno peccato, questo Spirito di Vita è stato del tutto rimosso dalle regioni inferiori, per impedire che giungendo fino agli esseri di qui in basso non li fortifichi. Le parole della Scrittura: … Perché è (beschagam) carne, significano che lo Spirito di Vita non scenderà più in questo mondo, per impedire al serpente, che si trova in fondo alla scala, di fortificarsi, e per impedire che lo Spirito il Santo venga a contatto con quello impuro. Le parole, perché è carne, sottintendono il primo serpente, il quale, se lo Spirito di Vita e, con lui, le benedizioni scendessero quaggiù, sarebbe anch’esso benedetto. La Scrittura lo chiama carne , così come è scritto (Genesi VI,13): Ho risolto la fine di ogni carne; Rabbi Shimon legge la parola carne, con angelo della morte. La Scrittura aggiunge (Genesi VI,3): Ed i giorni dell’uomo saranno di cento venti anni, vale a dire il legame che unisce il corpo con l’anima sarà sciolto al termine di cento venti anni di unione.

 

È scritto (Genesi VI,5): E D-o vive che la malizia degli uomini che vivevano sulla terra era grande e che tutti i pensieri dei loro cuori erano diretti al male. Rabbi Yehouda esordì in una delle sue assemblee in questa maniera: La Scrittura (Salmi V,5) dice: Tu non sei un D-o che approva l’iniquità; presso di te lo spirito malvagio non trova dimora. Questo versetto è stato già spiegato; ma notate, comunque, che emerge da queste parole la notizia che chiunque si attacca allo spirito tentatore e si lascia guidare da lui, cade in una tale impurità da sporcare tutti quelli che avvicina, così come è stato già detto. La Scrittura dice: … La malizia degli uomini era grande. D-o ha esercitato la sua indulgenza e non ha voluto per nulla, a dispetto delle loro cattive azioni, prostrare di sofferenze gli uomini di quella generazione, fino a quando non sparsero inutilmente del sangue sulla terra, in altre parole: praticarono l’onanismo, azione che è assimilata all’omiciD-o. Chi fu ad averli incitati a praticare l’onanismo? La Scrittura risponde: … E i pensieri dei loro cuori erano tutti diretti al male (râ). In questo passo, la Scrittura si serve della parola male (râ). [57a] Ed altrove è detto (Genesi XXXVIII,7): Ed Er, figlio maggiore di Giuda, agì male (râ) dinanzi a D-o. Ora, è noto che il crimine di Er consisteva nella pratica dell’onanismo[1]. Rabbi Yossé chiese: RÂ non è, dunque, sinonimo di rascha (cattivo)? Rabbi Yehouda gli rispose: No; questi due termini di merito non sono sinonimi. Si è apostrofato come rascha (cattivo), soltanto per aver sollevato la mano contro il proprio prossimo, anche se non gli si è fatto alcun male, così come è scritto (Esodo II,13): Ed egli dice a quello che colpiva l’altro; cattivo (rascha), perché colpisci tu tuo fratello? La Scrittura non dice: Perché hai colpito tuo fratello? poiché se lo avesse riportato, si sarebbe potuto supporre che l’atto fosse stato compiuto, in altre parole che aveva realmente colpito il suo prossimo; ma dice: Perché colpisci tu tuo fratello? ciò prova che l’atto non era stato ancora consumato, ma che si preparava solamente a colpire. Tuttavia la Scrittura lo qualifica rascha. Il termine râ, invece, è riferito soltanto a chi pratica l’onanismo, il quale offrendo la propria forza allo spirito impuro indicato con il nome Râ vilipendere se stesso e gli altri. Questo è il senso delle parole della Scrittura: … e che tutti i pensieri del loro cuore erano applicati a Râ (male). L’uomo macchiato di questa sozzura non entrerà mai nel Palazzo celeste e mai vedrà il viso della Schekhina che, proprio a causa del suo peccato, ha allontanato da questo mondo. Di dove sappiamo che, a causa dell’onanismo, la Schekhina è allontanata, da questo mondo? Da Giacobbe. Perché, quando la Schekhina si allontanò da Giacobbe, questo temette che ci fosse qualche macchia tra i suoi figli, vale a dire che a seguito ad una perdita seminale avesse generato un figlio del lato del demonio. Temeva che fosse stato questo peccato ad aver dato accesso nel mondo allo spirito impuro e che avesse diminuito la luce della luna. Ora, se Giacobbe temeva che l’allontanamento della Schekhina avesse per causa, una semplice perdita seminale, a maggior ragione la Schekhina si allontanerebbe dal mondo in seguito alla pratica dell’onanismo, pratica che insudicia l’uomo che vi si dedica e contribuisce a fortificare lo spirito di impurità. Ecco perché chi pratica l’onanismo è chiamato Râ . Notate che gli uomini dediti a questo vizio, non sono mai visitati dal Santo, baruk ha-shem; ma in compenso lo sono, ogni giorno, dal demonio chiamato Râ così come è scritto (Proverbi XIX,23): Il timore del Signore conduce alla vita; e chi ne è pieno riposerà non visitato dal male (Râ) [2]. La Scrittura vuole dire che chiunque cammini sulla via del bene non è visitato dal demonio chiamato Râ. Tale è il senso delle parole della Scrittura: … E che tutti i pensieri del loro cuore erano in ogni momento diretti al male (Râ). Tale è anche il senso delle parole dello Scrittura (Salmi V,5): Lo spirito maligno (Râ) non rimarrà vicino a te. Il demonio, da cui sono posseduti quelli che praticano l’onanismo, è chiamato Râ, e non Rascha. Quanto precede spiega, infine, le parole della Scrittura (Salmi XXIII,4): Anche se camminerò nel mezzo dell’ombra della morte, non temerò il male (Râ), perché sei con me

DISTRUGGERE L’UOMO…DIO SI PENTE DI AVER FATTO L’UOMOultima modifica: 2010-08-18T16:27:00+02:00da mikeplato
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