DIALOGO TRA UN’ANIMA ILLUMINATA E UNA PRIVA DI LUCE (testo integrale)

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di Jacob Bohme

Jakob Böhme (Alt Seidenberg, 24 aprile 1575 – Görlitz, 17 novembre 1624) è stato un filosofo,teologo e mistico tedesco. Fu uno dei principali esponenti del misticismo moderno, ed era detto dai suoi contemporanei «Philosophus teutonicus».

1. Una povera anima, vagabondando fuori dal Paradiso, raggiunse il regno di questo mondo, dove incontrò il diavolo che le chiese: “Dove stai andando, anima orba?”.

2. L’anima disse: “Voglio vedere le creature mondane, opera del Creatore”.

3. Il diavolo disse: “E come credi di poterle vedere? Giacché non distingui in loro l’essenza dalla qualità, vedrai solo un’immagine dipinta, senza riconoscerle come tali”.
4. L’anima disse: “Come posso dunque in esse distinguere l’essenza dall’essere?”.
5. Il diavolo disse: “Se ti cibi del male e del bene di cui sono fatte le creature, i tuoi occhi si apriranno e sarai come Dio stesso, conoscendo cosa sia in sé il Creatore”.
6. L’anima disse: “Sono nobile e santa e, come disse il Creatore, potrei morirne”.
7. Il diavolo disse: “Di nulla morrai. I tuoi occhi invece s’apriranno, sarai uguale a Dio, distinguendo il bene dal male. Sarai forte e valente e grande come Lui, né ti sarà celata alcuna conoscenza delle creature”.
8. L’anima disse: “Se avessi la conoscenza della natura e delle creature, vorrei dominare il mondo”.
9. Il diavolo disse: “Il fondo di tale conoscenza giace in te stessa; solamente, devi volgere la tua volontà non verso Dio, ma alla natura e alle creature. Scoprirai in te il piacere di un simile appetito, e mangiando dall’albero della conoscenza del bene e del male, conoscerai tutto”.
10. L’anima disse: “Voglio cibarmi di questa conoscenza per dominare le cose nella loro potenza, essere il vero signore della terra e fare ciò che voglio, come Dio stesso fa”.
11. Il diavolo disse: “Sono principe del mondo: se vuoi dominare la terra, il tuo piacere fronteggi la mia immagine, al fine di conoscerla”. Ed egli dunque pose il mercurio dell’anima nel vulcano come ruota infuocata dell’essenza, che prima possedeva forma di serpente.
12. Quando l’anima vide ciò, disse: “Questa è la potenza di tutte le cose: come posso diventare come lei?”
13. Disse il diavolo: “Tu pure sei un simile mercurio igneo. Stacca dunque la tua volontà da Dio e introduci in quest’artificio la tua brama, così che il tuo fondo latente si faccia palese c tu possa operare. Devi però mangiare di quel frutto nel quale i quattro elementi si dominano l’un l’altro lottando, come avviene del caldo contro il freddo e del freddo contro il caldo, poiché la sensibilità è il campo in cui operano tutte le qualità naturali. Così, accanto alla ruota infuocata, condurrai ogni cosa secondo la propria potenza, e la possederai”.
14. L’anima allora separò la propria volontà da quella divina e introdusse la brama nel vulcano del mercurio (cioè nella ruota di fuoco che in se stessa è la forza dell’animo); nacque così in lei il desiderio di cibarsi della conoscenza del bene e del male, ne afferrò il frutto e mangiò.
15. Avvenuto ciò, il vulcano incendiò la ruota infuocata dell’essenza, destando nell’anima tutte le qualità naturali che entrarono nel piacere e nella brama. Nacque per primo il piacere della superbia: di essere grande, forte e potente, domare ogni cosa e tutto padroneggiare; di essere un signore incomparabile, disprezzando umiltà e parità e ritenendosi il solo ad agire con ineguagliabile astuzia e sapienza, e vedendo fuor da sé null’altro che stoltezza.
16. Nacque indi nella brama la voglia di comodità, come avarizia che ambisce di trarre a sé e possedere tutto. Quando infatti il piacere perverso della superbia staccò la volontà da Dio, non ebbe più fede nella vita divina, ma volle curarsi solo di se stessa, volgendo brama e consenso verso le creature, verso la terra, i metalli e gli alberi.
17. Spezzati che ebbe l’unità divina, l’amore e la mansuetudine, l’incandescente mercurio igneo divenne affamato e avido come la vita infuocata: trasse a sé i quattro elementi e il loro essere, conducendosi animalescamente con vita oscura, cruda e rabbiosa, e spegnendo i colori e le potenze del cielo.
18. Nella vita infuocata si destò per terza una voglia spinosa e ostile, e questa fu l’invidia, un veleno infernale, un tormento di tutti i demoni, per cui la vita si fece nemica di Dio e di tutte le creature. Essa imperversò e infuriò nella brama invidiosa come un veleno nella carne: quanto l’avarizia non aveva potuto accaparrare fu ucciso dall’invidia, e così la nobile vita di quest’anima giunse quasi al fondo.
19. Per quarto nacque in questa vita incandescente un tormento pari al fuoco: era l’ira, che voleva trucidare e uccidere tutto quanto non s’era sottomesso alla superbia.
20. Si rivelò infine all’anima il fondamento stesso dell’inferno, cioè la collera divina, ed essa allora perse Dio, il Paradiso e il Regno dei cieli, divenendo un verme simile al serpente infuocato che il diavolo le aveva mostrato nella propria immagine. Prese a regnare sulla terra in modo bestiale, obbedendo alla volontà del demonio e vivendo secondo la vana superbia, l’avarizia, l’invidia e l’ira. Non ebbe più giusto amore per Dio, poiché ad esso era subentrata una falsa, animalesca passione per la lussuria e la vanità; non vi fu più purezza nel suo cuore, giacché aveva abbandonato il Paradiso e posseduto la terra. Ora il suo pensiero seguiva solo l’artificio, la scienza, la grandezza e molteplicità delle cose naturali. Né la giustizia, né la virtù divina restavano in lei, dove agiva invece e sempre una falsità velata di astuzia e violenza che essa chiamava Legge.
21. Allora il diavolo si appressò e la trascinò da un vizio all’altro, giacché l’aveva resa schiava della sua propria essenza. Mostrandole la gioia e la voluttà, disse: “Guarda: tu sei forte, possente, alta e nobile, e più ancora lo diventerai. Usa l’arte e la scienza tue, sì che ognuno ti tema: avrai fama e grande nome nel mondo”.
22. L’anima agì ascoltando questi consigli, senza pensare che giungevano dal diavolo: credette invece che le fossero dettati dall’intelletto e dalla scienza suoi, e che perciò si sarebbe comportata in modo buono e giusto.
23. Mentre essa in tal fatta si conduceva, la incontrò il nostro Signore Gesù Cristo, venuto in questo mondo armato di collera e amore divini per annientare le imprese del diavolo e ristabilire la giustizia dove regnava l’empietà. Egli annientò le opere del demonio in lei e l’aprì alla via della grazia, la guardò con la propria misericordia, la richiamò affinché si convertisse e facesse penitenza, si liberasse della sua immagine larvale e ritornasse al Paradiso.
24. Manifestatasi così in lei la scintilla della luce celeste, l’anima guardò tutte le sue opere e intenzioni, comprese di giacere nell’inferno e nella collera di Dio, conobbe d’essersi fatta una larva, un mostro al cospetto Suo e del regno celeste. Di ciò si prese spavento e cadde in grave angoscia, poiché le si era mostrata la giustizia divina.
25. Con voce misericordiosa parlò quindi in lei Cristo Signore: “Pentiti, lascia la vanità e vieni alla mia grazia”.
26. L’anima si presentò a Dio nella sua immagine di larva, e con la veste contaminata dalla vanità implorò da Lui il perdono delle proprie colpe, sperando nella benevolenza di nostro Signore Gesù Cristo.
27. Le cattive qualità del serpente forgiato nello spirito astrale non vollero però lasciare la volontà dell’anima al cospetto di Dio, e perciò introdussero nuovamente in essa la brama e il piacere, poiché non volevano lasciar estinguere il piacere e abbandonare gli onori e gli splendori del mondo, di cui pure temevano le beffe. La povera anima però volgeva lo sguardo a Dio, bramando ardentemente la Sua grazia e il Suo amore.
28. Il diavolo, visto che l’anima pregava Dio desiderosa di penitenza, insinuò nella preghiera la propensione alle qualità terrestri e confuse i buoni pensieri che si volgevano solleciti a Dio, affinché essi non andassero a Lui ma tornassero verso le cose terrene. La volontà dell’anima gemeva per Dio, ma i pensieri che da essa nascevano per penetrare in Lui erano distrutti senza giungere alla potenza divina.
29. La povera anima, vedendo di non poter consegnare a Dio la propria brama, si spaventò molto e rafforzò l’impeto della preghiera; ma il diavolo afferrò l’infuocata ruota mercuriale della vita con la propria bramosia, destando le cattive qualità affinché sorgessero le malvagie inclinazioni e penetrassero là dove già in precedenza s’erano sollazzate.
30. La povera anima, che voleva con la sua volontà raggiungere Dio, si angosciò molto, ma i pensieri tutti non volevano andare a Lui e fuggivano verso le cose terreno. Ella gemeva e piangeva per Dio, come fosse stata cacciata dal Suo volto senza ottenere uno sguardo dalla grazia; giaceva nell’angoscia, nel timore e nel tremore, stava in attesa della collera di Dio e del Suo severo giudizio, e di essere catturata dal diavolo. Cadde dunque in grande miseria e tristezza, poiché si era stancata e nauseata delle gioie e voluttà mondane a cui prima era avvezza.
31. La volontà naturale e terrena bramava le cose che l’anima voleva invece abbandonare, desiderando l’estinzione di ogni gioia e piacere temporale: aveva solo nostalgia della sua prima Patria, donde in origine era uscita e dalla quale si riteneva tuttavia lontana; giaceva così in grande abbandono e miseria, né sapeva cosa doversi fare. Pensò di entrare in se stessa senza più distogliersi dall’ardente preghiera, evitando la grande agitazione con cui il diavolo la fronteggiava.
32. Ma il diavolo sollevò nel suo cuore la voglia terrena, e le inclinazioni le riportarono in mente il falso diritto naturale per difendersi dai suoi voleri e dalle sue brame: esse infatti non volevano la morte del proprio volere e piacere, ma conservare la voluttà terrena. Così la povera anima fu imprigionata nella loro falsa brama, e non poté sollevarsi dal loro giogo, né gemere e sospirare la grazia di Dio.
33. Infatti, quando l’anima pregava sollecita Dio, il desiderio carnale convogliava in sé i raggi uscenti da lei e, sviandoli da Dio, li introduceva nei pensieri terreni. In tal modo essa nulla otteneva dalla potenza divina, si credeva ripudiata da Dio e non sapeva come Egli fosse vicino e indugiasse presso di lei.
34. Nel mercurio ignificato o ruota incandescente della vita entrò i diavolo, mischiò la sua brama al desiderio terreno della carne e, beffandosi della povera anima, le parlò nei suoi pensieri terreni: “Perché preghi? Pensi dunque che Dio ti ascolti e ti voglia? Considera il tuo pensiero di Lui! Hai pensieri cattivi e vani, e non hai fede in Lui: perché mai dovrebbe ascoltarti? Non ti ascolta, desisti, poiché ciò non è buono e uscirai di senno”.
35. “Perché ti tormenti? Guarda il mondo che vive nelle gioie, e nondimeno sarà felice poiché Cristo ha pagato per tutti gli uomini a sufficienza: consola te stessa e sii felice. Non puoi giungere in questo mondo alla sensibilità del divino”: desisti, occupati del corpo e della magnificenza temporale”.
36. “Non pensi che, agendo così, uscirai di senno e sarai melanconica e pazza? Saresti il folle d’ognuno e vivresti in un’inutile tristezza che non piace né a Dio né alla natura. Osserva il bel mondo dove Dio ti ha creata come signora di tutte le creature per governarle. Pensa prima al bene temporale, così da non avere poi più bisogno del mondo; quando infine verrà la vecchiaia potrai volgerti alla penitenza. Dio ti renderà ugualmente beata e ti condurrà in cielo: non è lecito, come fai tu, tormentarsi, star desti e crucciarsi”.
37. Con pensieri di tal fatta era circondata l’anima dal diavolo, nel piacere della carne e delle voluttà terrene; era imprigionata con grandi catene e non sapeva che fare. Pensava di tornare per poco al mondo e alla sua voluttà, ma in pari tempo era affamata di grazia divina e voleva darsi alla penitenza per ottener il favore di Dio, poiché la Sua mano l’aveva toccata e fiaccata. Non trovava pace in alcun luogo, gemendo pentita delle proprie colpe; ma si perse ugualmente, rimanendo nella fame e nella brama, poiché non era giunta ad un vero pentimento e ad un’autentica conoscenza delle colpe.
38. Stava in questa tristezza senza trovare pace o consiglio in nessun luogo, e pensò allora di trovare un luogo ove agire la vera penitenza, stare libera dai traffici e ostacoli del mondo, e cercare di ottenere la grazia di Dio. Si recò allora in un sito solitario e abbandonato dai commerci, e pensò pure di agire con la beneficenza contro la povertà, perché così Dio le sarebbe stato benevolo, e avrebbe cercato la via della sua quiete per
concederle il Suo favore.
39. E tuttavia non poté ancora pervenire al favore di Dio, poiché tutti i suoi commerci terreni la seguivano nel piacere della carne, e fu di nuovo prigioniera del diavolo senza ottenere la quiete. Se per un’ora si dilettava nelle cose terrene, nella seguente sopraggiungevano tristezza e miseria, poiché sentiva ridestarsi in lei la collera di Dio, e non sapeva come ciò fosse accaduto e cosa sarebbe stato di lei. Sovente la sovrastava una grande angoscia e contrarietà che non trovava consolazione, e per le sue paure divenne malata.
40. Il raggio devastante del primo assalto della grazia l’aveva profondamente scossa, ed ella non sapeva che nel suo inferno stava Cristo con collera divina e severa giustizia, combattendo nell’anima e nel corpo contro il Satana incarnato e lo spirito dell’errore. Non comprendeva, l’anima, che questa fame e brama di penitenza e conversione provenivano da Cristo stesso, affinché ella ne fosse trascinata. E non sapeva ancora neppure cosa le mancasse per giungere alla percezione del divino, né conosceva d’esser mostruosa e gravata da un’immagine serpentina grazie alla quale il diavolo aveva accesso e potere su di lei. Poiché egli l’aveva sviata dai buoni pensieri e allontanata da Dio, come disse Cristo: “Il diavolo toglie la parola dai loro cuori, perché non credano e non divengano beati”. (cfr. Luca 8, 12)
41. Per decreto divino questa povera anima afflitta incontrò una volta un’anima illuminata da Dio e rinata, che così le parlò: “Che hai, anima dolente, da stare così inquieta e in pena?”.
42. L’anima afflitta disse: “Il Creatore ha distolto da me il Suo volto, e così non posso giungere alla Sua quiete. Perciò soffro, e non so che fare per ottenere il Suo favore dal quale mi separano monti e burroni.
43. L’anima illuminata le disse: “Porti in te un’immagine larvale del diavolo, che guarda la serpe e ti circonda. Così il diavolo ha accesso in te e alle tue qualità, e trattiene la tua volontà affinché non penetri in Dio. Se la tua volontà volesse altrimenti, sarebbe unta con la massima potenza di Dio nella resurrezione del nostro Signore Gesù Cristo, quest’unzione disperderebbe il mostro e si paleserebbe nuovamente la tua prima immagine paradisiaca, il diavolo perderebbe il suo potere su di te e ritorneresti un angelo. Non permettere che ti imprigioni nella sua brama e nel tuo piacere della carne, perché sarai separata da Dio, perderai la libertà e mai più tornerai nella nostra società”.
44. La povera anima afflitta si spaventò molto a questo discorso, e rimase senza parole sentendo come l’immagine serpentina la offuscava separandola da Dio, e come mescolava falsi pensieri alla sua volontà con potere tale da condurla vicino alla perdizione, così che ella stava nell’abisso dell’inferno, prigioniera della collera di Dio e senza speranza di ottenere la Sua grazia.
45. Era combattuta interiormente tra il dubbio e la speranza, e solo la forza della propria contrizione le impedì di disperare”. Quanto la speranza edificava, il dubbio distruggeva, ed ella stava in continua inquietudine, disgustata del mondo e delle sue vane bellezze, incurante di ogni gioia mondana: ma neppure così poté giungere alla quiete.
46. Tornò dunque da lei l’anima illuminata e, vedendo le sue angosce, disse: “Che stai facendo? Vuoi distruggerti nell’ansia? Perché ti tormenti nella capacità e nella volontà, così da trasformarti in venne e ingrossare sempre più il tuo tormento? Se pure ti sprofondassi nel fondo del mare, o potessi volare verso l’aurora, o ti lanciassi oltre le stelle, neppur così saresti libera. Più ti angosci, più grossa e tormentata si fa la tua natura e meno perverrai alla quiete, fino a che la tua capacità sarà del tutto perduta. Come un cavolo secco non può per se stesso tornare verde e succoso, e rallegrarsi tra le piante, così tu non puoi per la tua capacità raggiungere il luogo di Dio e tornare ad essere la forma angelica che primamente eri. Tu, infatti, sei disseccata e spenta a Dio come il cavolo lo è alla sua forza e succosità: sei solo un’arida e angosciosa fame, e le tue
qualità sono come il caldo e il freddo, in perenne conflitto senza mai diventare una cosa sola”.
47. La povera anima disse: “Che devo mai fare per rinverdire e riavere la mia vita primi genia, quando stavo in quiete e non ero ancora un’immagine?”.
48. L’anima illuminata disse: “Non devi fare nulla, ma abbandonare la tua volontà alla propria disposizione. Così le tue cattive qualità si indeboliranno e sfrontate morranno, e tu ti tufferai con la tua volontà nell’Uno dal quale uscisti in principio. Tu, invero, giaci prigioniera delle creature: abbandona la tua stessa volontà e morranno in te le creature e le loro cattive inclinazioni, che ti trattengono perché tu non vada a Dio”.
49. “Fai dunque così, e Dio ti manderà incontro il Suo più alto amore, che rivelò all’umanità in Cristo Gesù. Questo amore ti ridarà succo e vita, rinverdirai e ti rallegrerai del Dio vivente. Riotterrai pure l’immagine di Dio, liberandoti di questa forma serpentina, e tornerai alla nostra schiera angelica e saremo affratellate”.
50. La povera anima disse: “Come posso abbandonare il mio volere e farvi morire le
creature, se io vivo nel mondo e debbo possederlo?”.
51. L’anima illuminata disse: “Se reputassi il bene e la gloria terreni e la voluttà della carne per tue proprietà, stimeresti superficialmente te e le tue azioni; e se ugualmente, vedendo soffrire il misero che pure ti è fratello, invece di salvarlo lo legassi a te, tormentandolo e occupandoti per gioco del suo lavoro e della sua fatica, saresti altezzosa e presuntuosa, ti innalzeresti contro di lui e lo disprezzeresti”.
52. “Il misero starebbe davanti a Dio, sospirando perché accanto a te gli sia risparmiata una vita di stenti. Allora i suoi sospiri desterebbero in te la collera divina, ingrossando sempre più la tua fiamma e la tua inquietudine”.
53. “E queste sono tue creature, per volere delle quali ti sei allontanata da Dio amandole. Di questo amore esse vivono, e tu con collera e agio continuamente le nutri, portando in loro la tua voglia di vita: ma sono solo bestie impure e maligne, formate nel piacere e con l’agio”.
54. “La stessa immagine è una bestia con quattro cattive inclinazioni: la prima è la superbia, la seconda l’avarizia, la terza l’invidia, la quarta la collera. In queste quattro qualità sta il fondamento dell’inferno ove ti trascini, in te impresso e di cui sei prigioniera; sono loro a vivere nella tua vita, a separarti da Dio senza lasciarti andare a Lui: rinunzia dunque a queste malvagie creature e falle morire in te”.
55. “E poiché domandi, devo dirti di abbandonare la cattiva volontà creaturale, affinché queste creature muoiano in te e tu possa vivere nel mondo accanto a loro. Ti dico inoltre che questa è una via stretta, angusta e piena di ostacoli; all’inizio la percorreresti con paura, ma in seguito con gioia”.
56. “Devi rettamente considerare come nella vita mondana tu cammini nella collera di Dio e nel fondamento dell’inferno, e come tutto ciò non sia la tua vera Patria. Invece, si deve vivere Cristo, camminare in Cristo, giustamente seguire Cristo, null’altro essere che Cristo, affinché lo spirito e la forza di Cristo vivano in noi e noi siamo a quelli completamente sottomessi”.
57. “Il regno di Cristo non è di questo mondo, ma del cielo, perciò per seguire Cristo devi intraprendere un viaggio ininterrotto verso il cielo, nonostante tu debba vivere col corpo e presso le creature, e di ciò sia costretta ad occuparti”.
58. “Questa è la via stretta del costante viaggio celeste e dell’imitazione di Cristo. Devi avvilirti nella tua forza e facoltà, giacché non è nella forza che guadagni le porte di Dio. Devi consegnarti tutt’intera e con impegno solenne alla misericordia divina, figurarti con fermezza le sofferenze e la morte del nostro Signore Gesù Cristo, sprofondartici con tutta la mente e la ragione, bramare che in ciò le tue creature si estinguano”.
59. “Devi inoltre esser salda nell’abbandonare tutte le false comodità del piacere e dell’animo, e non lasciarti possedere da gloria e beni temporali, e scacciare quanto in ciò ti sia di errore e ostacolo. La tua volontà sia pura e seriamente volta all’abbandono delle tue creature: nella medesima ora in cui separerai da loro il tuo animo, sarai sulla pura strada della verità e della giustizia, seguendo l’insegnamento di Cristo”.
60. “E come avrai intenzione di abbandonare gli interni nemici della tua natura, così pure perdonerai i tuoi nemici esteriori e rivolgerai loro il tuo amore, perché esso non sia come una creatura trattenuta nella tua volontà, ma si purifichi da ogni creatura”.
61. “Per amore di Cristo abbandonerai anche gli onori e i beni terreni, e di questa terra non accetterai o amerai alcuna cosa; stima invece te stessa nulla più che un servitore di Dio e dei tuoi compagni in Cristo, al pari di un funzionario che svolga il suo ufficio. Si spengano gli altezzosi sguardi dell’amor proprio, affinché nulla rimanga di creaturale a introdurre i sensi nelle immagini”.
62. “Devi inoltre saldamente figurarti di ottenere la grazia promessa per merito di Gesù Cristo, oltre al suo amore pervadente: essa ti salverà dalle creature e illuminerà la tua volontà, ti accenderà della fiamma d’amore e sarai vincitore del demonio”.
63. “Null’altro devi volere, o potere, o tener per tuo se non l’immaginazione delle sofferenze della resurrezione di Cristo; grazie a ciò spezzerai con l’assalto il regno del diavolo e ucciderai le tue creature. Senza mai arretrare attenderai quest’ora, abbandonando il principio e l’azione di ogni tuo volere in Dio, affinché faccia e operi come vuole”.
64. “La tua volontà sarà così pronta a spezzare le tue creature e stare pura davanti a Dio, circondata dal merito di Gesù Cristo. Egli viene al Padre col figlio perduto, che cadrà davanti al Suo volto posando in questa Potenza tutte le sue potenze, rimettendogli tutti i peccati e deviazioni e trasgressioni, e non semplicemente con le parole, ma con tal forza che in esse sia l’anima intera”.
65. “Il Padre eterno vedrà il tuo arrivo, tornerai a Lui penitente e umile, ed Egli spirerà in te dicendo: «Guardate, questo era il figlio perduto, una volta morto e ora vivo di nuovo». E ti verrà incontro con la grazia e l’amore di Gesù Cristo, ti rischiarerà coi raggi dell’amore, ti avvolgerà col Suo spirito possente: così troverai la forza di confessarti a Lui e pregare con ardore”.
66. “Hai ora il luogo dove combattere in vista di Dio: diverrai forte abbandonando ogni debolezza, e infine vedrai ed esperimenterai un grande miracolo. Sentirai infatti come Cristo imperverserà nel tuo inferno, spezzando quella bestia che genera desolazione e tumulto; sentirai destarsi il peccato ignoto che ti voleva trattenere e separare da Dio; sentirai bene come morte e vita combatteranno in te, e cosa siano il cielo e l’inferno”.
67. “Non devi né colpire, né scostarti, ma star salda finché le tue bestie si facciano fiacche e deboli, e muoiano sfrontate. La tua volontà sarà così sempre più forte e le tue inclinazioni maligne saranno schiacciate dal loro stesso peso; la tua volontà e il tuo animo saranno in cielo ogni giorno e ogni giorno le tue creature morranno. Otterrai un nuovo animo, diverrai una nuova creatura, tornerai ad essere l’immagine di Dio e la tua immagine di larva bestiale si perderà. Tornerai alla quiete e sarai salva da questa angoscia”.
68. Quando la povera anima cominciò ad esercitarsi severamente, pensava di vincere senza indugio, ma le porte del cielo e della grazia erano chiuse alla sua capacità come se fosse rifiutata da Dio, e non otteneva di vedere la grazia. Pensava allora tra sé: «Non ti sei abbandonata a Dio con semplicità, non Lo desideri, non Lo preghi, né ti rassegni alla Sua giustizia affinché uccida la tua cattiva lassezza. Sprofòndati dunque in Lui, nel fondo che è fuori dalla natura e dalle creature, abbandònati a Lui, che faccia di te ciò che vuole, perché non sei degna di rivolgerGli la parola”. E l’anima si sprofondò, abbandonando la propria volontà.
69. Così facendo, giunse a pentirsi sommamente dei suoi antichi peccati, a dolersi amaramente della propria mancanza di forma e di ospitare in sé le creature. Il pentimento le impediva di rivolgere parola a Dio, ma nondimeno in esso considerava le amare sofferenze e la morte del nostro Signore Gesù Cristo, patite per amor suo con grande angoscia e martirio, affinché essa fosse redenta dalla miseria e dall’angoscia e ritrasformata nell’immagine di Dio. Così affondata, si sollevava solo per lamentarsi della propria stoltezza, della propria negligenza nel considerare quest’immenso amore: aveva invece dissipato vanamente il proprio tempo e, senza considerare come potesse partecipare a tanta grazia, s’era conformata al vano piacere di questo mondo e delle cose terrene. Ricevuta, purtroppo, quest’inclinazione bestiale, giaceva ora prigioniera
della miseria e, per vergogna, non osava sollevare gli occhi a Dio che le nascondeva la potenza del Suo volto.
70. Gemendo e piangendo fu trascinata nell’abisso della crudeltà, quasi stesse davanti alle porte dell’inferno e là dovesse putrefarsi. E fu come se tutti i sensi la lasciassero, avesse cessato d’essere e di poter agire, consegnata alla morte e non più creatura; infatti, come il suo Salvatore Gesù Cristo aveva patito martirio per lei e per lei era morto, così essa null’altro bramava che morire e perdersi nella Sua morte. In questa consunzione tuttavia si levò per sospirare e supplicare con fervore la misericordia di Dio, volendo affondare in questa purissima misericordia.
71. Avvenuto che fu ciò, le apparve il volto amico dell’amore di Dio, e come luce la trapassò: essa si fece vibrante e colma di gioia, si alzò per pregare e ringraziare l’Altissimo, esultando nel profondo perché era stata salvata dall’angoscia e dalla morte nell’inferno.
72. E gustò la dolcezza di Dio e la verità da Lui promessa, mentre si scioglievano da lei tutti i cattivi spiriti che in precedenza l’avevano tormentata e allontanata dalla grazia di Dio, e si tennero le nozze dell’Agnello e il matrimonio della nobile Sofia con l’anima, e si impresse nella sua essenza il sigillo della vittoria di Cristo, e fu nuovamente accolta
tra i figli ed eredi di Dio

73. Dopo questi eventi, l’anima stava tutta gioiosa, agendo in questa potenza e lodando i miracoli di Dio: di certo, pensava, dentro questa potenza e gioia essa si sarebbe trasformata. Ma avvenne che dal mondo esteriore le giunsero onta e beffe, mentre interiormente provava grande contrarietà, temendo che il proprio fondo fosse fuori di Dio e dubitando di aver davvero ottenuto la Sua grazia.
74. Venne perciò da lei il bestemmiatore, per distruggere la via così aperta e gettarla nel dubbio. Egli parlò in lei: “Tutto ciò non viene da Dio, è stata solo la tua immaginazione”.
75. Così si ritirò da lei la luce divina, ardendo solamente nel fondo interiore come un fuoco di putrefazione, ed ella sembrava aver smarrito la ragione e non sapere cosa le fosse successo, se davvero avesse gustato la luce della grazia divina e ora ne fosse stata abbandonata.
76. Ormai però il bruciante amore di Dio era seminato in lei, per cui le nacque una grande fame e sete della dolcezza divina, e prese a pregare e umiliarsi, a esaminare la cattiva inclinazione del suo pensiero e a ripudiarla.
77. Perciò la ragione fu rotta dalla volontà, e le cattive inclinazioni che vi erano sorte morirono sempre più; la natura del corpo si era fatta dolente ed ella era divenuta debole, come fosse stata malata: ma non era alcuna malattia naturale, solo una melanconia della natura terrestre del corpo, essendosi in lei spezzato il falso piacere.
78. Abbandonata la ragione terrena, la povera anima si vide beffeggiata dal mondo esteriore perché rifiutava di camminare sulle vie dell’empietà, mentre interiormente era tormentata e beffeggiata dal bestemmiatore che le mostrava la ricchezza, bellezza e maestà del mondo da cui era follemente fuggita. Allora ella pensò: “O eterno Dio, che mai farai per riportare la pace!”
79. Immersa in queste considerazioni, ella incontrò nuovamente l’anima illuminata, che così parlò: “Perché, sorella, sei triste?”.
80. L’anima disse: “Ho seguito il tuo consiglio e ottenuto la vista delle dolcezze divine, ma essa mi ha lasciato, e ora giaccio perduta e in grave angustia, perché di fuori i miei buoni amici mi hanno abbandonato e il mondo mi deride, mentre dentro di me infieriscono l’angoscia e il dubbio, e non so che fare”.
81. L’anima illuminata disse: “Tu mi sei cara; osserva come il nostro Signore Gesù Cristo compia con te e in te il suo pellegrinaggio terreno, e come si comportò con questo mondo, che pure lo contraddiva e del quale nulla possedeva. Sopporta allora il tuo segno di elezione, e non meravigliarti di ciò che deve essere, perché sarai provata e purificata”.
82. “In questa afflizione pregherai assetata del Redentore, manifestando dentro e fuori di te la Grazia”.
83. “Perché di nuovo devi crescere in alto e in basso nell’immagine di Dio: similmente una giovane pianta è mossa dal vento e deve patire caldo e freddo. In tal moto, sopra e sotto, le si mostra la forza, ed essa sopporta la tempesta finché è diventata un albero che fruttifica; ma è in questo movimento che si manifesta la potenza del sole, accrescendo le
qualità selvatiche dell’albero”.
84. “Ora devi combattere la tua battaglia cavalleresca nello spirito di Cristo, perché in te l’eterno Padre genera il figlio suo tramite la potenza del fuoco, e questo fuoco si muta in una fiamma d’amore, così che fuoco e luce siano un solo essere, vero tempio di Dio”.
85. “Devi ora inoltre dimorare nella vigna di Cristo, verdeggiare sul suo vitigno, fruttificare con la vita e con l’insegnamento, manifestando l’amore come un albero fecondo. Allora germoglierà in te dalla collera di Dio il paradiso, e l’inferno si muterà nel cielo”.
86. “Non ti conduca all’errore la dialettica del diavolo, giacché egli combatte in te per il proprio regno, e se fosse sconfitto dovrebbe giacere nella vergogna e lasciarti. Per questo ti copre agli occhi del mondo con lo scherno, sì che la sua vergogna non sia conosciuta”.
87. “Grazie a questa nuova nascita stai in cielo e nell’armonia divina: sii dunque paziente, e attendi il Signore! Pensa solo che quanto ti accade viene da Lui per il tuo miglioramento!” Detto ciò, l’anima illuminata si separò da lei.
88. Quest’anima ansiosa cominciò allora il suo cammino nella clemenza di Cristo, sperò nella fede divina e accrebbe quotidianamente la propria forza: morirono le sue cattive inclinazioni fino a che si stabilì nel regno della grazia, le si aprirono le porte della rivelazione divina e vide il Regno dei cieli.
89. Ritornò nella quiete e fu nuovamente figlia di Dio. E Dio aiuti per questo tutti noi!

Amen.

DIALOGO TRA UN’ANIMA ILLUMINATA E UNA PRIVA DI LUCE (testo integrale)ultima modifica: 2012-12-13T13:12:00+01:00da mikeplato
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