LA DOTTRINA ESOTERICA secondo Edouard Shurè

19488-gfDall’Introduzione di I GRANDI INIZIATI (Storia segreta delle religioni. Rama, Krishna, Ermete, Mosè, Orfeo, Pitagora, Platone, Gesù)

La peggiore infermità della nostra epoca [Ndr prima edizione del libro 1889] è che Scienza e Religione si presentano come due forze nemiche e antitetiche. Infermità intellettuale, tanto più perniciosa in quanto viene dall’alto e si insinua in maniera subdola ma inarrestabile nell’animo di tutti, come sottile veleno respirato con l’aria. Ora, ogni infermità dell’intelletto diviene a lungo andare infermità dell’anima e, di conseguenza, infermità sociale.Fino a quando il cristianesimo si limitò ad affermare ingenuamente la fede cristiana in un’Europa ancora semibarbara quale era l’Europa del Medioevo, esso fu la più grande delle forze morali che plasmò l’anima dell’uomo moderno. Fino a quando la scienza sperimentale, apertamente ricostituita nel XVI secolo, si limitò a rivendicare i diritti legittimi della ragione e della sua illimitata libertà, essa fu la più grande delle forze intellettuali che rinnovò il volto del mondo, liberò l’uomo dalle sue catene secolari e fornì basi indistruttibili allo spirito umano. Ma da quando la Chiesa, impossibilitata a dimostrare il suo dogma primario di fronte alle obiezioni della scienza, vi si è rinchiusa come in una casa senza finestre, opponendo la legge alla ragione come un comandamento assoluto e indiscutibile; da quando la Scienza, inebriata dalle sue scoperte nel mondo fisico, astraendosi dal mondo psichico e intellettuale, si è fatta agnostica nel suo metodo, materialista nei suoi principi come nei suoi fini; da quando la Filosofia, disorientata e impotente fra questi due fuochi, ha in certo qual modo abdicato ai suoi diritti per cadere in uno scetticismo trascendente ­ da quando è accaduto tutto ciò, si è verificata una profonda frattura nell’animo della società come in quello dei singoli. Quel conflitto, in un primo tempo utile e necessario in quanto sanciva i diritti della Religione e della Scienza, ha finito per diventare causa di impotenza e di inaridimento. La Religione soddisfa le esigenze del cuore, e di qui la sua eterna magia; la Scienza, quelle della mente, della forza invincibile. Ma da molto tempo ormai queste due potestà non si comprendono più. La Religione senza prove e la Scienza senza speranza si confrontano e si scontrano in una sfida senza vincitori. Ne nasce una contraddizione profonda, una guerra tacita e occulta non solamente fra Stato e Chiesa ma all’interno della stessa Scienza, in seno a tutte le chiese e finanche nell’intima coscienza di ogni individuo pensante. Chiunque noi siamo, infatti, a qualsiasi scuola filosofica, estetica e sociale apparteniamo, portiamo dentro di noi questi due mondi nemici, apparentemente irreconciliabili, generati dalle due esigenze inalienabili dell’uomo: l’esigenza scientifica e l’esigenza religiosa. Questa situazione, che si trascina da oltre un secolo, ha senza dubbio contribuito non poco allo sviluppo delle facoltà umane, mantenendole in continua tensione, le une contro le altre. Ha infuso alla poesia e alla musica accenti di straordinaria grandiosità e struggimento. Ma oggi, questa tensione prolungata e iperacuta ha prodotto l’effetto opposto. Come nell’ammalato alla febbre segue la spossatezza, essa si è trasformata in marasma, in disgusto, in impotenza. La Scienza odierna si occupa esclusivamente del mondo fisico e materiale; la filosofia morale ha perduto la guida delle Intelligenze; la Religione ancora governa, in certo qual modo, le masse ma non regna più sui vertici della società; sempre grande per quanto concerne la carità, non irradia più la sua luce di fede. In questi nostri tempi [N.d.r. siamo alla fine del 1800], le guide intellettuali sono degli increduli o degli scettici; del tutto sinceri e leali, ma che dubitano delle loro arti e si scrutano l’un l’altro sorridendo, come gli auguri romani. In pubblico e in privato, predicono le catastrofi sociali senza trovarne un rimedio; o ammantano i loro funesti vaticini con cauti eufemismi. Sotto tali auspici, letteratura ed arte hanno perduto il senso del divino. Disavvezzi agli orizzonti eterni, moltissimi giovani cadono in quello che i loro nuovi maestri chiamano naturalismo, svilendo così il bel nome di Natura. Poiché in quel bel termine altro non fanno se non l’apologia dei bassi istinti, la belletta del vizio o la raffigurazione compiacente delle nostre banalità sociali; insomma, la negazione sistematica dell’anima e dell’intelletto. E la povera Psiche, perdute ormai le sue ali, geme e sospira nell’intimo di quegli stessi che la insultano e la annientano. A forza di materialismo, di positivismo e di scetticismo, questa fine di secolo è giunta a una falsa idea della Verità e del Progresso. I nostri scienziati che si servono del metodo sperimentale di Bacone per studiare l’universo visibile con meravigliosa precisione e mirabili risultati, si fanno un concetto totalmente esteriore e materialistico della Verità, convinti di raggiungerla grazie a un coacervo di fatti. Nel loro campo, hanno ragione. La cosa grave è che i nostri filosofi e i nostri moralisti hanno finito per pensarla come loro. A questa stregua, senza dubbio le cause primarie e i fini ultimi rimarranno per sempre impenetrabili allo spirito umano. Supponiamo, infatti, di conoscere esattamente quanto succede, materialmente parlando, in tutti i pianeti del sistema solare – il che, tra parentesi, sarebbe una straordinaria base di induzione; supponiamo anche di conoscere chi siano gli abitanti dei satelliti di Sirio e delle varie stelle della Via Lattea. Certo, sarebbe meraviglioso conoscere tutto questo ma ne sapremmo forse di più sulla totalità della nostra massa stellare, per non parlare della nebulosa di Andromeda e della nube ardente di Magellano? Ciò fa sì che la nostra epoca concepisca lo sviluppo dell’umanità come un’eterna marcia verso una verità indefinita, indefinibile e per sempre inaccessibile. È la concezione della filosofia positivista di Auguste Comte e di Herbert Spencer che prevale al giorno d’oggi. Per i sapienti e i teosofi dell’Oriente e della Grecia, la Verità era invece tutt’altra cosa. Sicuramente sapevano che non è possibile abbracciarla ed equilibrarla senza una sommaria conoscenza del mondo materiale, ma sapevano anche che la verità risiede soprattutto dentro di noi, nei principi intellettuali e nella vita spirituale dell’anima. Per loro, l’anima era la sola, la divina realtà e la chiave dell’universo. Concentrando in essa la loro volontà, sviluppandone le facoltà latenti, raggiungevano quel focolare vivente che chiamavano Dio, la cui luce consentiva di comprendere gli uomini e gli esseri viventi. Per loro, ciò che noi definiamo Progresso, vale a dire la storia del mondo e dell’uomo, altro non era che l’evoluzione nel tempo e nello spazio di quella Causa centrale e di quel Fine ultimo. Ma credete forse che quei teosofi si dedicassero alla contemplazione pura, che fossero degli sterili sognatori, degli stiliti appollaiati in cima alle loro colonne? Errore. Non ci furono al mondo uomini d’azione maggiori di loro, nell’accezione più feconda, più incalcolabile del termine. Brillano come astri di prima grandezza nel firmamento delle anime. I loro nomi sono Krishna, Buddha, Zoroastro, Ermete, Mosè, Pitagora, Gesù – possenti forgiatori di spiriti, formidabili scuoti tori di anime, salutari organizzatori delle società. Non vivendo che per le proprie idee, sempre pronti a morire, consapevoli che la morte in nome della Verità è l’atto efficace e supremo, hanno creato le scienze e le religioni, le lettere e le arti, il cui umore ancora ci alimenta e ci dà vita. Cosa producono invece il positivismo e lo scetticismo dei nostri giorni? Una generazione arida, senza ideali, senza luce e senza fede, che non crede né all’anima né al futuro dell’umanità, né a questa vita né all’altra; senza forza di volontà, dubbiosa di se stessa e della libertà dell’uomo.

«Dai loro frutti li giudicherete», disse Gesù. Queste parole del Maestro dei maestri si applicano alle dottrine come agli uomini. E una riflessione si impone: o la Verità è sempre irraggiungibile per l’uomo o essa è stata soprattutto appannaggio dei più eccelsi sapienti e dei primi iniziatori della terra. Si trova, dunque, alla base di tutte le grandi religioni e nei testi sacri di tutti i popoli. Solo, bisogna saperla scoprire e trarla alla luce. Se si osserva la storia delle religioni con gli occhi aperti, da questo epicentro di verità che solo può darci l’iniziazione interiore, si rimane a un tempo sorpresi e incantati: ciò che si scorge non ha somiglianza alcuna con gli insegnamenti della Chiesa, che limita la rivelazione al cristianesimo e non l’ammette che nel suo significato primario. E ben poco somiglia all’insegnamento scientifico puramente naturalistico delle nostre Università; insegnamento che, pure, si colloca in una prospettiva più ampia, ponendo tutte le religioni su uno stesso piano, in base ad un unico metodo di indagine. Profonda è la loro erudizione e mirabile il loro zelo; ma non si sono ancora innalzati al punto di vista dell’esoterismo comparato che mostra la storia delle religioni e dell’umanità in una luce del tutto nuova. Vediamo cosa si scorge da quella altezza. Tutte le grandi religioni hanno una storia esteriore e una storia interiore; apparente una, nascosta l’altra. Per storia esteriore intendo i dogmi e i miti insegnati pubblicamente nei templi e nelle scuole, riconosciuti nel culto e nelle superstizioni popolari. Per storia interiore, intendo la sapienza profonda, la dottrina segreta, l’azione occulta dei grandi iniziati, profeti o riformatori che quelle stesse religioni hanno creato, sostenuto, diffuso. La prima, la storia ufficiale, quella che si legge ovunque, si svolge alla luce del sole; ma non per questo è meno oscura, ingarbugliata, contraddittoria. La seconda, che io chiamo la tradizione esoterica o la dottrina dei Misteri, è assai difficile da dipanare. Essa si svolge infatti all’interno dei templi, nelle confraternite segrete, e i suoi drammi più avvincenti si snodano nell’animo dei grandi profeti che non affidarono a pergamene o a discepoli il racconto delle loro crisi supreme, delle loro estasi divine. Bisogna intuirla. Ma, una volta arrivati a scorgerla, essa appare luminosa, organica, costantemente in armonia con se stessa. La si potrebbe definire storia della religione eterna e universale. In essa appare il retroscena delle cose, il diritto della coscienza umana, di cui la storia non ci offre che il tormentoso rovescio. In essa cogliamo l’epicentro generatore della Religione e della Filosofia che, all’altro estremo dell’ellisse, si ricongiungono attraverso la sapienza integrale; questo epicentro corrisponde alle verità trascendenti; in esso troviamo la causa, il principio e la fine del prodigioso lavorìo dei secoli. Questa è l’unica storia di cui mi occupo nel presente libro. Per quanto riguarda la razza ariana, il germe e il nocciolo si trovano nei Veda. La sua prima cristallizzazione storica appare nella dottrina trinitaria di Krishna che conferisce al Bramanesimo la sua forza e la sua impronta indelebile alla religione indiana. Buddha, che secondo la cronologia braminica sarebbe di duemila quattrocento anni posteriore a Krishna, non fa che portare in luce un altro lato della dottrina occulta, quello della metempsicosi e della serie successiva di esistenze incatenate dalla legge del Karma. Quantunque il buddismo sia stato una rivoluzione democratica, sociale e morale contro il bramanesimo aristocratico e sacerdotale, la sua base metafisica è la stessa, ma incompleta. L’antichità della sacra dottrina è non meno sorprendente in Egitto, le cui tradizioni risalgono a una civiltà di gran lunga anteriore alla comparsa della razza ariana sulla scena storica. Fino a non molto tempo fa era lecito supporre che il monismo trinitario esposto nei testi greci di Ermete Trimegisto fosse un prodotto della scuola di Alessandria, elaborato sotto la duplice influenza del cristianesimo giudaico e del neo platonismo. Credenti o increduli, questo affermavano di comune accordo storici e teologi. Oggi, questa teoria cade di fronte alle scoperte della epigrafia egizia. La fondamentale autenticità dei libri di Ermete come documenti dell’antica sapienza egiziana emerge trionfalmente dai geroglifici decifrati. Le iscrizioni sulle stele di Tebe e di Menfi non solamente confermano tutta la cronologia di Manetone ma dimostrano come i preti di Amon-Ra professassero l’alta metafisica che, sotto altre forme, si insegnava sulle rive del Gange. Si può affermare, in questo caso, con il profeta ebreo che «la pietra griderà dalla parete». Come il «sole di mezzanotte» che, si dice, risplendeva sui misteri di Iside o di Osiride, così l’antica dottrina del verbo solare si è riaccesa nelle tombe dei Re e illumina i papiri del Libro dei Morti che le mummie custodiscono da quattromila anni. In Grecia più che altrove, il pensiero esoterico è più visibile e più celato a un tempo; più visibile, in quanto si dipana attraverso una mitologia umana e affascinante che scorre come nettare o sangue nelle vene di quella civiltà e zampilla da ogni poro dei suoi Dèi come profumo o rugiada celeste. D’altro canto, il pensiero profondo e scientifico che presiedette al concepimento di tutti quei miti è spesso più difficile da penetrare a causa della loro seduzione e degli abbellimenti aggiunti dai poeti: ma i sublimi principi della teosofia dorica e della sapienza delfica sono iscritti a lettere d’oro sia nei frammenti orfici e nella sintesi pitagorica che nella volgarizzazione dialettica e alquanto fantasiosa di Platone. Preziose chiavi di lettura, infine, ci vengono dalla scuola di Alessandria che per prima pubblicò, in parte, e commentò il significato dei Misteri, quando la religione greca cominciò a scadere e salì alla ribalta un cristianesimo sempre più diffuso. La tradizione occulta che deriva dall’Egitto, dalla Caldea e dalla Persia, ci è stata tramandata sotto forme bizzarre e oscure, ma in tutta la sua profondità e la sua estensione, dalla Kabala, o tradizione orale, dallo Zohar e il Sépher Yézirah, attribuiti a Simon Ben Jochai, fino ai Commentari di Maimonide. Misteriosamente racchiusa nella Genesi e nella simbologia dei profeti, essa emerge in misura sorprendente dal mirabile lavoro di Fabre d’Olivet su La Langue hébraique restituée, che cerca appunto di ricostruire la veridica cosmogonia mosaica secondo il metodo egiziano, basandosi sul triplice significato di ciascun versetto e quasi di ciascuna parola nei primi dieci capitoli della Genesi.

In quanto all’esoterismo cristiano, esso ha una luce sua propria che s’irradia nei Vangeli illuminati dalle tradizioni esseniche e gnostiche; scaturisce dalla viva sorgente della parola del Cristo, dalle sue parabole, dal fondo stesso di quell’anima incomparabile e veramente divina. Al tempo stesso, il vangelo di Giovanni ci offre le chiavi dell’insegnamento recondito e sublime di Gesù, con il significato e la portata della sua promessa. Vi ritroviamo quella dottrina della Trinità e del Verbo divino insegnata, già da millenni, nei templi dell’Egitto e dell’India ma ribadita e personificata dal principe degli iniziati, dal più eccelso fra i figli di Dio. Applicando alla storia delle religioni quello che io ho definito l’esoterismo comparato, arriviamo a un risultato di estrema importanza che si può così riassumere: l’antichità, la continuità e l’essenziale unità della dottrina esoterica; il che, bisogna riconoscerlo, è un fatto di non poco conto in quanto presuppone che sapienti e profeti delle epoche più diverse siano giunti a conclusioni identiche nella sostanza, pur se diverse nella forma, circa le verità prime ed ultime e sempre attraverso la stessa strada dell’iniziazione interiore e della meditazione. Per di più quei sapienti e quei profeti furono i maggiori benefattori dell’umanità, i salvatori la cui forza redentrice salva l’uomo dalla voragine della natura inferiore e della negazione. Non è quindi giusto affermare che, secondo l’espressione di Leibniz, esiste una sorta di filosofia eterna, perennis quaedam philosophia, che costituisce il vincolo primigenio fra sapienza e religione e la loro unicità ultima? L’antica teosofia professata in India, in Egitto o in Grecia, costituiva una vera e propria enciclopedia, suddivisa in quattro categorie:

1. La Teogonia, o scienza dei principi assoluti, identica alla mantica dei Numeri applicata all’universo, o matematica sacra;

2. la Cosmogonia, la realizzazione dei principi eterni nello spazio e nel tempo, o involuzione dello spirito nella materia – periodi cosmici;

3. la Psicologia, la costituzione dell’uomo; evoluzione dell’anima attraverso la successione delle esistenze

4. la Fisica, scienza dei regni della natura terrena e delle loro proprietà. – Metodo induttivo e metodo sperimentale si controllavano a vicenda in questi diversi ordini sapienzali, a ciascuno dei quali corrispondeva un’arte. Partendo dalle scienze fisiche e procedendo inversamente:

1. una Medicina speciale, basata sulla conoscenza delle proprietà occulte di minerali, vegetali e animali; l’Alchimia, o trasmutazione dei metalli, disintegrazione e reintegrazione della materia mediante l’agente universale ­ arte praticata nell’antico Egitto secondo Olimpiodoro che la chiamò crisopeia o argiropeia, cioè fabbricazione dell’oro o dell’argento;

2. le Arti Psicurgiche, corrispondenti alle forze dello spirito – magia e divinazione;

3. l’Oroscopia celeste o astrologia, l’arte di scoprire il rapporto fra il destino dei popoli o degli individui e i movimenti dell’universo segnati dalle rivoluzioni astrali;

4. la Teurgìa, l’arte magica per eccellenza, tanto rara quanto pericolosa e difficile, vale a dire l’arte di porre l’anima in contatto cosciente con i diversi ordini spirituali e di agire su di essi.

Come si vede, in quella teosofia rientravano scienze ed arti, tutte derivanti da un unico principio che, con termini moderni, chiamerò monismo intellettuale, spiritualismo evolutivo e trascendente. I principi essenziali della dottrina esoterica si possono formulare come segue: L’unica realtà è lo spirito. La materia non ne è che l’espressione inferiore, mutevole, effimera, il suo dinamismo nel tempo e nello spazio. – La creazione è eterna e incessante come la vita. – Il microcosmo-uomo, per la sua struttura ternaria (essenza, sostanza e vita) è immagine e specchio del macrocosmo-universo (mondo divino, mondo umano, mondo della natura), a sua volta strumento del Dio ineffabile, dello Spirito assoluto il quale, per sua natura, è Padre, Madre e Figlio (essenza, sostanza e vita). – Per questo l’uomo, immagine di Dio, può diventarne il verbo vivente. In ogni tempo la gnosi, o mistica razionale, è l’arte di scoprire Dio dentro di sé sviluppando le profondità occulte, le facoltà latenti della coscienza. Per sua stessa natura, l’anima umana, l’individualità dell’essere umano, è immortale. La sua evoluzione si attua su un piano volta a volta discendente e ascendente, attraverso esistenze alternativamente spirituali e corporee. – La sua evoluzione è regolata dalla legge della reincarnazione. Una volta raggiunta la perfezione, l’anima è libera e ritorna allo Spirito puro, a Dio nella pienezza della sua coscienza. Così l’anima si innalza al di sopra della legge nella lotta per la vita quando acquista consapevolezza della propria umanità, così s’innalza al di sopra della legge della reincarnazione quando prende coscienza della propria divinità. Le prospettive che si spalancano alla soglia della teosofia sono immense, specie se paragonate all’angusto e squallido orizzonte entro cui il materialismo confina l’uomo, e agli enunciati puerili e inaccettabili della teologia clericale. Percependole per la prima volta, si prova lo sbigottimento, il brivido dell’infinito. Gli abissi dell’Inconscio si spalancano dentro di noi, ci mostrano la voragine dalla quale usciamo, le altezze vertiginose cui aspiriamo. Affascinati da questa immensità, ma intimoriti dal viaggio, invochiamo l’annullamento del nostro essere, ci appelliamo al Nirvana! Poi, ci rendiamo conto che quella debolezza non è che la spossatezza del marinaio, sul punto di abbandonare il remo in mezzo alla burrasca. Qualcuno ha detto: l’uomo nasce nel cavo di un’onda e nulla sa del vasto oceano che si stende alle sue spalle o di fronte a lui. Ed è vero; ma la mistica trascendente sospinge la nostra barca sulla cresta dell’onda e qui, sempre squassati dalla furia della tempesta, ne cogliamo il ritmo grandioso; e l’occhio, contemplando la volta del cielo, si riposa nella calma dell’azzurro. Tornando al pensiero moderno, è ancor più sorprendente constatare che, dopo Bacone e Descartes, esso tende involontariamente, ma altrettanto decisamente, a fare ritorno ai dettami dell’antica teosofia. Senza abbandonare l’ipotesi degli atomi, la fisica moderna è giunta poco a poco, impercettibilmente, a identificare il concetto di materia con il concetto di forza – un passo avanti verso il dinamismo spirituale. Per spiegare la luce, il magnetismo, l’elettricità, gli scienziati sono stati costretti ad ammettere l’esistenza di una materia sottile e assolutamente imponderabile che riempie lo spazio penetrando in tutti i corpi; materia che hanno chiamato etere, che richiama l’antica concezione teosofica dell’anima cosmica. In quanto all’impressionabilità, all’intelligente docilità di questa materia, essa appare da un recente esperimento che dimostra come il suono si trasmetta attraverso la luce. Fra tutte le scienze, quelle che sembrano avere maggiormente compromesso lo spiritualismo sono la zoologia comparata e l’antropologia. In realtà, esse gli avranno reso un servizio, dimostrando in quale modo e secondo quale legge il mondo intellegibile intervenga nel mondo animale. Darwin ha messo fine al puerile concetto di una creazione secondo la primitiva teologia, altro non facendo se non tornare ai concetti dell’antica teologia. Già Pitagora aveva detto: «l’uomo è parente dell’animale». Darwin ha evidenziato le leggi cui obbedisce la natura per realizzare il piano divino; leggi strumentali, che sono la lotta per la sopravvivenza, l’ereditarietà e la selezione naturale. Egli ha dimostrato la variabilità delle specie, ne ha ridotto il numero, ne ha stabilito il livello evolutivo inferiore. Ma questi discepoli, teorici del trasformismo assoluto, non contenti di far derivare tutte le specie da un unico prototipo, ne attribuiscono la comparsa sulla terra unicamente a fattori di influenze ambientali, forzando i fatti a favore di una concezione puramente esteriore e materialistica della natura. No. L’ambiente non spiega le specie; non più di quanto le leggi della fisica spieghino le leggi della chimica, e non più di quanto la chimica spieghi il principio evolutivo del vegetale; o questo spieghi a sua volta il principio evolutivo dell’animale. Quanto alle grandi famiglie del regno animale, esse corrispondono agli eterni prototipi della vita, firme dello Spirito che segnano i gradini della coscienza. La comparsa dei mammiferi dopo i rettili e gli uccelli non ha una propria ragion d’essere nel mutamento ambientale della terra il quale non ne rappresenta che la condizione. Quella comparsa presuppone una nuova embriogenesi; e quindi una nuova forza intellettuale e spirituale che agisce all’interno e nel profondo della natura, e che noi chiamiamo Aldilà, rispetto alla percezione dei nostri sensi. Senza questa forza intellettuale e spirituale non si spiegherebbe nemmeno la comparsa di una cellula vivente nel mondo inorganico. E infine l’Uomo, che riassume e corona la serie degli esseri viventi, rivela tutto il pensiero divino con l’armonia degli organi e la perfezione della forma, effige vivente dell’Anima universale, dell’Intelletto attivo. Concentrando nel suo corpo tutte le leggi dell’evoluzione e tutta la natura, l’uomo la domina e la sovrasta per entrare, attraverso la coscienza e attraverso la libertà, nell’infinito regno dello Spirito. Dagli inizi del secolo, la psicologia sperimentale basata sulla fisiologia tende a ridiventare scienza e ha condotto gli studiosi contemporanei alle soglie di un mondo diverso, il mondo proprio dell’anima nel quale, senza che cessino le analogie, regnano nuove leggi. Sento parlare di studi e accertamenti medici, in questo secolo, sul magnetismo animale, sull’ipnosi e su tutti gli stati psichici diversi dalla veglia, dal sonno lucido attraverso la preveggenza fino all’estasi; la scienza moderna procede ancora a tentoni in questo campo, là dove la scienza antica aveva saputo orientarsi poiché possedeva i principi e le chiavi necessarie. E innegabile, comunque, che proprio in questo campo gli scienziati abbiano scoperto tutta una serie di fenomeni per loro strabilianti, prodigiosi, inspiegabili, in contraddizione con le teorie materialistiche che, per consuetudine, dominano il loro pensiero e i loro esperimenti. Niente è più istruttivo dell’indignato scetticismo che alcuni studiosi materialisti manifestano di fronte ai fenomeni che tendono a dimostrare l’esistenza di un mondo invisibile e trascendente. Oggi come oggi, chi osa dimostrare l’esistenza dell’anima scandalizza l’ortodossia dell’ateismo, proprio come, negando l’esistenza di Dio, si scandalizzava, un tempo, l’ortodossia della Chiesa. Certo, non si mette più a repentaglio la vita, ma si mette a repentaglio la reputazione. Comunque sia, il risultato del più elementare fenomeno di suggestione mentale a distanza mediante la sola forza del pensiero ­ fenomeno mille volte constatato negli annali del magnetismo – è un modo di agire proprio dello spirito e della volontà, che trascende le leggi fisiche e il mondo visibile. La porta dell’Invisibile è dunque aperta; e si spalanca addirittura nei fenomeni di ipnotismo. Ma qui mi limito a quanto constatato dalla scienza ufficiale. Se dalla psicologia sperimentale e oggettiva passiamo alla psicologia intima e soggettiva della nostra epoca che trova la sua espressione nella poesia, nella musica e nella letteratura, vediamo come essa sia attraversata da un immenso affiato di esoterismo inconscio. Mai l’aspirazione alla vita spirituale, al mondo invisibile, soffocata dalle teorie materialistiche degli studiosi e dall’opinione del mondo, è stata più seria e più reale. E l’aspirazione che ritroviamo nei rimpianti, nei dubbi, nelle cupe malinconie e finanche nelle invettive blasfeme dei nostri romanzieri naturalistici e dei nostri poeti decadenti. Mai l’animo umano ha sentito più profondamente l’inadeguatezza, la meschinità, l’irrealtà della sua attuale esistenza; mai ha più ardentemente aspirato al mondo dell’Invisibile, pur senza riuscire a crederci. Talvolta la sua intuizione ha perfino saputo formulare delle verità trascendenti, estranee al sistema che il suo raziocinio ammette, contrastanti con le sue opinioni di superficie e che altro non sono che involontarie folgorazioni della sua consapevolezza occulta. E a questo proposito vorrei citare le parole di un grande e originale pensatore, Frédéric Arniel, che ha assaporato tutta l’amarezza e tutta la solitudine morale di questo nostro tempo.

«Ogni sfera dell’essere», scrive Arniel, «tende ad una sfera più elevata della quale ha già delle rivelazioni e dei presentimenti. L’ideale, sotto tutte le sue forme, consiste nell’anticipazione, nella visione profetica di questa esistenza superiore alla sua, cui ogni essere sempre aspira. Tale esistenza, superiore per dignità è, per sua stessa natura, più interiore, vale a dire più spirituale. Come i vulcani ci fanno intravedere il cuore segreto della terra, l’entusiasmo e l’estasi sono esplosioni transitorie del mondo interiore e dell’animo umano; la vita dell’uomo non è che la preparazione e l’avvento a quella vita spirituale. Innumerevoli sono le tappe dell’iniziazione. Veglia, dunque, discepolo della vita, crisalide di un angelo, opera per il tuo futuro sbocciare; la divina odissea altro infatti non è se non una serie di metamorfosi, via via sempre più eteree, nelle quali ogni forma deriva dalle precedenti ed è condizione di quelle che seguono. La vita divina è una serie di morti successive, nelle quali lo spirito si libera dalle sue imperfezioni e dai suoi simboli e si abbandona alla sempre crescente attrazione dell’incomparabile centro di gravitazione, del sole dell’intelletto e dell’amore.» Arniel non era che un hegeliano di grande intelligenza e di alto senso morale. Il giorno in cui scrisse queste ispirate parole, dimostrò di essere un profondo teosofo. Non si potrebbe infatti esprimere in modo più avvincente e luminoso l’essenza stessa della verità esoterica. Intuizioni di questo genere bastano a dimostrare come oggi scienza e spirito si preparino, senza saperlo e senza volerlo, a ricostituire l’antica teosofia con strumenti più precisi e su basi più solide. Come dice Lamartine, l’Uomo è un tessitore che ordisce dal rovescio la trama del Tempo. Verrà il giorno in cui, passando al diritto del tessuto, egli contemplerà il quadro magnifico e grandioso che con le sue proprie mani ha ordito sul telaio dei secoli ma di cui, fino a quel momento, altro non ha visto se non il confuso groviglio dei fili sul rovescio. E in quel giorno, l’Uomo saluterà la Provvidenza che in lui si manifesta. Troveranno allora conferma le parole di uno scritto ermetico contemporaneo; e non le troveranno troppo audaci coloro che sono penetrati abbastanza a fondò nelle tradizioni occulte da intuirne la meravigliosa unità: «La dottrina esoterica non è solo una scienza, una filosofia, una morale, una religione. Essa è la scienza, la filosofia, la morale e la religione, di cui tutte le altre non sono che preparazione o degenerazione, espressione parziale o falsata, a seconda che verso di esse si dirigano o da esse si discostino». Lungi da me l’illusione di avere dato una dimostrazione esauriente di questa scienza delle scienze. Per farlo, bisognerebbe avere a disposizione l’intero edificio delle scienze conosciute e sconosciute, ricostituite nel loro assetto gerarchico e riorganizzate nello spirito dell’esoterismo. Tutto ciò che mi auguro di avere dimostrato è che dalla dottrina dei Misteri scaturisce la nostra civiltà; che essa ha dato vita alle grandi religioni tanto ariane che semitiche; che ad essa il cristianesimo riconduce l’intero genere umano grazie alla sua riserva esoterica e che, fortunatamente, ad essa tende la scienza moderna in tutto il suo progredire; e, infine, che in essa debbono nuovamente incontrarsi come in un punto di ricongiungimento, e in essa trovare la propria sintesi. Si può affermare che, ovunque si rinvenga un qualsiasi frammento della dottrina esoterica, là essa è virtualmente presente nella sua interezza. Ogni sua parte infatti presuppone o genera le altre. Tutti i grandi sapienti, tutti i veri profeti l’hanno posseduta; e sapienti e profeti futuri la possiederanno come quelli del passato. La luce potrà essere più o meno intensa, ma è sempre la stessa luce. La forma, i particolari, le applicazioni possono variare all’infinito; ma la sostanza, vale a dire i principi e la fine, non varieranno mai. In questo libro il lettore troverà una sorta di sviluppo graduale, di rivelazione diacronica della dottrina nelle sue varie parti, attraverso i grandi iniziati ciascuno dei quali rappresenta una delle grandi religioni che hanno contribuito a formare l’umanità quale essa oggi è e il cui susseguirsi ne traccia il pensiero evolutivo nel ciclo attuale, dall’antico Egitto e dai primordi dell’arianesimo. Vedremo dunque emergere questa dottrina non da un’esposizione astratta e scolastica bensì dalla fusione delle anime di questi grandi personaggi ispirati e dalla viva azione della storia. Di loro, Rama non lascia scorgere che l’ingresso del tempio. Krishna ed Ermete ne danno la chiave. Mosè, Orfeo e Pitagora ne mostrano l’interno. Gesù Cristo ne costituisce il tabernacolo. Questo libro è nato da una fede incondizionata nella verità superiore, eterna ed assoluta, senza la quale le verità parziali non sono che una chimera. Coloro i quali sono, come me, consapevoli che l’attuale momento storico, con le sue ricchezze materiali, altro non è, dal punto di vista dell’anima e delle sue immortali aspirazioni, se non uno squallido deserto, mi comprenderanno. L’ora è fra le più gravi e le conseguenze estreme dell’agnosticismo cominciano a farsi sentire: la società si sta disgregando. Per la nostra Francia come per l’Europa tutta, si pone il problema dell’essere o non essere. Si tratta di consolidare sulle loro basi indistruttibili le verità fondamentali e organiche, o di precipitare nel baratro del materialismo e dell’anarchia. La Scienza e la Religione, queste custodi della civiltà, hanno entrambe perduto il loro dono supremo, la loro magia, quella di impartire un grandioso e valido ammaestramento. Dai templi dell’India e dell’Egitto sono usciti i più grandi sapienti della terra. I templi greci hanno forgiato eroi e poeti. Gli apostoli del Cristo sono stati martiri sublimi e ne hanno generati a migliaia. La Chiesa dell’Età di Mezzo, malgrado la sua teologia primitiva, ha creato santi e cavalieri poiché essa credeva e, occasionalmente, in essa vibrava lo spirito del Cristo. Oggi né la Chiesa, imprigionata nel suo dogma, né la Scienza, rinserrata nel suo materialismo, sanno più dar vita a uomini completi. Perduta è ormai l’arte di creare e plasmare le anime, né la ritroveremo se non quando Scienza e Religione, nuovamente fuse in un’unica forza vitale, si dedicheranno insieme e di comune accordo al bene e alla salvezza dell’umanità. E per far questo la Scienza non dovrà mutare il suo metodo ma solo dilatare i suoi confini; né il cristianesimo dovrà mutare la sua tradizione, ma solo comprenderne le origini, lo spirito e la portata. Il tempo della rigenerazione intellettuale e della trasformazione sociale verrà, ne siamo certi. E già ne esistono sicuri presagi. Quanto la Scienza saprà, la Religione potrà, e l’Uomo agirà con rinnovato vigore. Tutte le arti, anche l’Arte di Vivere, non possono rinascere che da una loro intesa. Ma, nell’attesa, che fare in questa fine di secolo simile alla discesa verso una voragine, in un crepuscolo minaccioso quando, all’inizio, era apparsa un’ascesa verso le libere vette, in una radiosa aurora? La fede, ha detto un grande Dottore, è la forza dello spirito che si slancia in avanti, certo di trovare la verità. Questa fede non è la nemica della ragione, bensì la sua fiaccola; è la fede di Cristoforo Colombo e di Galileo, che cerca prove e controprove, provando e riprovando, ed è l’unica oggi possibile. Per coloro che l’hanno irrimediabilmente perduta – e sono tanti, perché l’esempio è venuto dall’alto – il cammino è facile e già tracciato: seguire la corrente del giorno, subire il proprio secolo anziché lottare contro di esso, rassegnarsi al dubbio o alla negazione, consolarsi di tutte le miserie umane e dei futuri cataclismi con un sorriso sprezzante, rivestire il profondo nulla delle cose – al quale solamente si crede – con un velo splendente decorato col bel nome di ideale – pur giudicandolo solo un’utile chimera. Quanto a noi, poveri figli smarriti; noi che crediamo che l’Ideale sia l’unica realtà e l’unica Verità in un mondo mutevole e transitorio; che crediamo alla ratifica e al compimento delle sue promesse nell’arco della storia dell’umanità come nella vita futura; noi che sappiamo come questa sanzione sia necessaria, come essa sia la ricompensa della fratellanza umana, al pari della ragione dell’universo e della logica di Dio – per noi che abbiamo questa convinzione, non c’è che un unico partito da prendere: proclamiamo questa Verità senza timore, a voce più alta possibile; gettiamoci per essa e con essa nell’arena dell’azione e, al disopra di questa mischia confusa cerchiamo, con la meditazione e l’iniziazione individuale, di penetrare nel Tempio delle Idee Immutabili, per armarci dei Principi Indistruttibili. E ciò che ho tentato di fare in questo libro, mosso dalla speranza che altri mi seguiranno e lo faranno meglio di me.

 

LA DOTTRINA ESOTERICA secondo Edouard Shurèultima modifica: 2015-06-06T09:08:20+02:00da mikeplato
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