GNOSTICISMO e CRISTIANESIMO

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Tratto da Julien Ries, Les études gnostiques hier et aujourd’hui (cap. IX, pp. 93 106), Centre d’histoire des religions, Louvain-la- Neuve 1984. Traduzione di Giuseppe Lampis.

Il punto sulla ricerca

Il problema dei rapporti tra gnosticismo e cristianesimo ha impegnato gli studiosi fin dall’inizio del XIX secolo. Era già al centro dell’opera di J. C. Baur e Harnack riteneva di averlo risolto una volta per tutte definendo lo gnosticismo come una ellenizzazione estrema del cristianesimo. Ma la problematica sottesa a questa fase era di tipo dogmatico: lo gnosticismo era visto nel contesto della formazione del dogma cristiano. Baur, per esempio, presumeva rintracciare nella Chiesa romana primitiva l’ascetismo e il dualismo che si incontrano in alcuni testi gnostici.

È una questione che è stata affrontata all’inizio del XX secolo nell’ambito della letteratura su San Paolo. Ci furono degli interpreti che ritenevano di aver trovato nelle grandi epistole paoline elementi che anticipavano la gnosi.

La cosa è stata studiata da L. Cerfaux, il quale ha dimostrato che il cristianesimo non è una gnosi e che non lo è nemmeno il paolinismo. In effetti, il tema cristianesimo uguale gnosi era uscito dagli scritti prima di H. Lietzmann e A. Loisy, poi di R. Reitzenstein e R. Bultmann. Il quarto vangelo avrebbe aggiunto al cristianesimo il mito iranico del Salvatore. Il mito soteriologico nel Vangelo di Giovanni si svilupperebbe sullo sfondo di un mito cosmogonico: la caduta dell’uomo celeste nella materia. Una tesi simile è stata elaborata soprattutto all’inizio della letteratura sul mandeismo. L. Cerfaux ha respinto l’ipotesi mandaica con ampie argomentazioni1. Cerfaux non accetta di considerare gnostica la teologia paolina o quella del quarto vangelo in quanto gli storici della religione adottano quella definizione per sminuire l’originalità del cristianesimo e riassorbirlo in un ampio movimento di gnosi mitologic Con questo capitolo proveremo a fare il punto della questione dopo la scoperta dei testi di Nag Hammadi 2.

I. Lo gnosticismo e le origini cristiane3

Il primo porsi del problema

U. Bianchi sottolinea che la discussione su questo tema ha raggiunto il fervore di quella sui rapporti tra cristianesimo e misteri. Il problema è complesso dal momento che si compone di una serie assai lunga di elementi – per lo gnosticismo – da tenere presenti:

  • Modalità di presenza di adepti gnostici in ambiente cristiano. Infatti, si può essere certi della presenza di manichei e altre sette.
  • Che ruolo ha svolto il cristianesimo e la sua soteriologia nella formazione dello gnosticismo? Ponendoci questa domanda, incrociamo il tema fondamentale del salvatore-rivelatore.
  • Dopo Nag Hammadi, è opportuno ritornare sulla tesi di Richard Reitzenstein che circoli cristiani possano aver riutilizzato un’ipotetica preesistente figura di salvatore che scende dai cieli. Anche se si tratta di una tesi superata, l’esame dei testi di Nag Hammadi permette un giudizio più critico sulla sua debolezza.
  • Si devono altresì prendere in esame le questioni sollevate dall’orfismo dei platonici, dal neopitagorismo, dall’ermetismo, dal neoplatonismo. Sull’argomento, dato il quadro di questo corso, indicheremo solo a grandi linee i filoni di studi ulteriormente possibili.

La posizione di A. D. Nock e di H. Ch. Puech

Nell’articolo citato, U. Bianchi traccia una sintesi efficace della ricerca, con tutte le problematiche sollevate e le soluzioni proposte, svoltasi nei decenni dal 1930 al 1950. È nel 1950, al congresso di storia delle religioni di Amsterdam che si fanno avanti A. D. Nock e H. Ch. Puech.

D. Nock4 si è occupato in particolare dei misteri ellenistici nella loro relazione con i sacramenti cristiani, facendo un bilancio dei lavori di Loisy, di Casel, di Prümm.

Una sintesi della sua posizione è ricavabile dalla introduzione a Christianisme et hellénisme:

«Nella temperie in cui veniva maturandosi il cristianesimo primitivo si può ammettere l’esistenza di elementi suscettibili di essere usati nella costruzione di alcuni sistemi gnostici… ma un sistema gnostico non si era ancora formato» (p. 19).

L’aspirazione principale degli gnostici era di liberarsi dal mondo quotidiano della materia, del peccato e della sofferenza. «Anche uno studio superficiale dei sistemi costruiti da gnostici cristiani è sufficiente per rilevare la preponderanza dei temi dei primi capitoli della Genesi», cioè il caos originale, la costola tolta ad Adamo, il Dio geloso. Sulle influenze cristiane, dice Nock:

«Tutte le nostre informazioni portano a ritenere che la persona di Gesù – il quale è venuto in questo mondo, vi ha insegnato, vi è morto e, per la fede da cui aveva preso l’avvio la corrente cristiana, è risorto – e la certezza che egli era il Signore del Cielo, spinsero la materia ancora indefinita dello gnosticismo a prendere forme più chiare, alcune delle quali risultavano invero molto simili alla corrente centrale del pensiero cristiano… Possiamo intravvedere queste tendenze ancora allo stadio iniziale dietro taluni atteggiamenti che Paolo censura a Corinto e tal altri modi di pensare cui muove rimprovero a Cnosso. Infatti, la sua predicazione correva il rischio di dar vita a certe idee gnostiche: se la Legge non è il bene più alto, se è possibile parlare del Dio di questo mondo (II Cor. 4, 4), non potrebbe darsi che anche il Dio della Legge e della creazione non sia il più alto? E la distinzione tra l’uomo spirituale e l’uomo naturale, una volta ammessa, non apriva il varco alla domanda sulla ragione di fondo della distinzione stessa? E se Paolo nel terzo cielo aveva udito cose indicibili, non si poteva supporre che una parte di quei segreti si aprissero per altri?» (p. 22).

Nock insiste fermamente sull’influenza del Nuovo Testamento nella formazione delle dottrine gnostiche: i redattori dei loro testi ricamano sul N.T., che è loro ben familiare; Basilide fa dei commentari del Vangelo. Per Nock, non è necessario dunque andare a cercare le idee gnostiche presenti in quei testi in un ipotetico precursore del cristianesimo. E i testi di Nag Hammadi gli paiono confermare questa opinione.

H. Ch. Puech ha fatto della gnosi e dello gnosticismo uno dei suoi principali centri di interesse5.

Puech sostiene che lo gnosticismo ha adattato il cristianesimo alla sua mentalità e ai suoi schemi, sottraendolo a ogni prospettiva storica. La sua idea di salvezza è quella di una liberazione dal mondo e dal tempo che si ottiene per l’intervento di un Dio buono, estraneo al mondo. Il Nuovo Testamento è in contraddizione con l’Antico perché è il messaggio di questo Dio buono, di modo che Gesù è quel Gesù gnostico per il quale corpo, atti, passione sono mere apparenze. Lo gnosticismo ha distolto il cristianesimo da ogni prospettiva temporale, l’ha svuotato di ogni sostanza storica e in tal modo lo ha aperto alla invasione del mito.

«Assistiamo a un ritorno offensivo del mito allo stato puro, alla formazione di un cristianesimo fondamentalmente mitico nel quale il tempo, gli avvenimenti e i personaggi del tempo altro non sono che gli echi e le immagini simboliche delle avventure degli Eoni – frammenti ipostatizzati di una durata eterna, che insieme compongono un mondo archetipico, il Pleroma, a sua volta immaginato sotto le specie di un atemporale mutevole e articolato» (En quête de la Gnose, I, pp. 22-23).

Lo studio dei testi di Nag Hammadi, e in particolare del Vangelo di Tommaso ha condotto H. Ch. Puech a soffermarsi sulla figura di Gesù nello gnosticismo6.

In questa lunga serie di corsi, Puech ha mostrato come, agli occhi del compilatore del Vangelo di Tommaso, Gesù appaia come fratello maggiore e padre degli gnostici. L’esame della cristologia di questo vangelo ha portato Puech a mettere in rilievo il ruolo del cristianesimo nella formazione del pensiero gnostico: ciò emerge soprattutto considerando la Gnosi come strumento di salvezza e vedendo che il carattere specifico della salvezza cercata dallo gnostico – secondo la sua ottica che tutto riporta a sé – è di tipo personale.

Le posizioni di Nock e Puech sono quelle di due eminenti specialisti del mondo antico e, del resto, essi hanno potuto ulteriormente verificare ciò che avevano sostenuto prima della scoperta di Nag Hammadi.

Ulteriore avanzamento degli studi

R. Mcl. Wilson7 ha provato ad affrontare il problema assai discusso dell’influenza del giudaismo sullo gnosticismo (cfr. anche il capitolo “Gnosticisme et judaïsme” nel nostro Les Études gnostiques hier et aujourd’hui, Centre d’histoire des religions, Louvain-La-Neuve 1984). La sua posizione è molto articolata. Per il periodo precristiano, egli riscontra motivi e concetti sparsi ma conclude che potranno essere definiti gnostici solo quando faranno parte di sistemi evoluti. Ora, per lo gnosticismo evoluto, non si può negare la presenza di una componente giudaica in molti documenti a nostra disposizione. E anche Wilson collocherebbe l’esordio del movimento gnostico in circoli giudei della Siria e della Palestina; in questi circoli, peraltro fortemente ellenizzati, hanno anche potuto infiltrarsi temi iranici e mesopotamici.

Per quanto riguarda il problema del Nuovo Testamento, Wilson adotta anche qui una posizione molto articolata. Intanto, procede a identificare gli elementi essenziali dei sistemi gnostici descritti dai primi Padri della Chiesa:

  • la distinzione introdotta fra il Dio sconosciuto e trascendente e il demiurgo creatore della terra, riconosciuto normalmente nel Dio dell’A.T.;
  • la credenza che l’uomo, nella sua natura più autentica, è simile a Dio: una scintilla della luce celeste imprigionata in un corpo materiale e, in questo mondo, sotto il dominio del demiurgo e delle sue potenze;
  • un mito che narra una qualche caduta anteriore al mondo per spiegare lo stato attuale dell’uomo e il suo desiderio di liberazione;
  • il mezzo, la gnosis salvatrice, per grazia della quale la liberazione si realizza e l’uomo è destato alla coscienza della sua vera natura e della sua origine celeste.

Wilson considera lo gnosticismo come prodotto sincretistico ruotante su una nuova intuizione dell’uomo e del mondo. Il cristianesimo fa la sua apparizione nella scena storica nella stessa fase. All’epoca del N. T. è già possibile parlare di un inizio di gnosticismo: Wilson non crede a un’influenza gnostica nel N. T., ma che invece gli gnostici lo abbiano adottato aggiustandolo al proprio punto di vista.

Inoltre, Wilson mette in risalto il carattere diverso della tradizione neotestamentaria e cristiana nei riguardi di quella gnostica.

La sua ricerca si conclude così:

«È utile e giusto situare il Nuovo Testamento nel contesto del quadro a esso contemporaneo, studiarne i documenti alla luce di tutto quello che possiamo apprendere circa il mondo di allora, ma bisogna stare attenti a non trarre da ciò delle conclusioni fuorvianti. Lo gnosticismo è un altro tipo di risposta ai problemi dell’epoca, perfettamente allineato al cristianesimo su alcuni punti e su altri in radicale disaccordo. Bisogna dare a ciascuno il suo attraverso una equilibrata valutazione delle loro relazioni reciproche» (p. 249).

Walter Schmithals8 ha costituito un gruppo di lavoro per ricerche sulla gnosi e il Nuovo Testamento. Il gruppo ha lavorato su tre ipotesi: la prima è se la gnosi si possa assumere come presupposto per spiegare il cristianesimo; la seconda è il reciproco, se sia il cristianesimo a poter spiegare lo gnosticismo; una terza, peraltro rapidamente accantonata, assumeva l’inesistenza dei rapporti tra i due.

Due ipotesi successive sono state oggetto di esame attraverso un procedimento ermeneutico. Posto che i dati oggettivi non ci consentono di risolvere il problema delle reciproche influenze tra gnosi e N.T., sarà l’esegesi a decidere.

Ma come? Chiarendo quale tipo di rapporto sia in grado di risolvere una vera spiegazione dei testi.

Schmithals prende allora l’espressione soma Christou di I Cor., 10, 16. Il concetto del soma Christou in Paolo non si riuscirebbe a spiegare sulla base del patrimonio delle idee del cristianesimo primitivo mentre, al contrario, ben si spiega sulla base di quello gnostico. Così per Schmithals, certi testi paolini portano alla conclusione che all’epoca di Paolo esisteva una gnosi, nella quale aveva senso il motivo del soma Christou.

Ora, giustamente, U. Bianchi avverte che tale metodo è pericoloso. Tale procedimento ermeneutico finisce per chiudersi in un circolo. E non lavora più sulla base di una rigorosa comparazione storica, né tantomeno segue la via stabilita a Messina, che è quella di fare perno sullo gnosticismo delle sette del II secolo per poi risalire metodicamente indietro verso i precedenti, meno conosciuti, sempre sulla base di dati certi.

G. Mac Rae9, padre gesuita, stima che i testi di Nag Hammadi non ci rivelino nessun documento gnostico di cui sia provata l’anteriorità al cristianesimo. Tali testi, al contrario, rivelano le tappe di un’evoluzione interna allo gnosticismo. In essi si vede come da miti gnostici non cristiani si sia elaborata in seguito una versione cristiana. Forse la genesi dello gnosticismo sta proprio qui! In tal caso, il cosiddetto gnosticismo cristiano sarebbe solo un fenomeno secondario rispetto a entrambi i movimenti. Sui due versanti, si avrebbe così, da una parte, il Trattato di EugnostoL’Apocalisse di Adamo, il Vangelo degli Egizi in copto dove Cristo è identificato con Seth e, dall’altra parte, la corrente valentiniana cristiana che avrebbe assimilato uno gnosticismo non cristiano; cosicché la corrente valentiniana non sarebbe una eresia cristiana derivata dall’ortodossia.

Insomma, lo gnosticismo non avrebbe affatto influenzato il N.T. e piuttosto sarebbe un’eresia del giudaismo, rivale del cristianesimo.

H. M. Schenke10 non ritiene che la gnosi sia l’essenza dello Spätantiker Geist, ma solo uno dei suoi tratti. Essa non è per nulla anteriore al cristianesimo.

Tuttavia Schenke prende le distanze anche dalla tesi di Bultmann che ruota sulla funzione cosmologica del Salvatore e sulla origine della gnosi a partire da una speculazione sulla Sapienza e sul Logos intrecciata con il mito orientale dell’Uomo Primordiale. L’idea di Schenke è che cristianesimo e gnosticismo fossero inizialmente indipendenti. Ma, in un secondo momento, sarebbe sorta una gnosi precristiana che comportava il concetto di Salvatore e di salvezza, entrambi a dimensione storica. È questa nozione, secondo Schenke una tipica categoria ellenistica, ad influenzare il cristianesimo.

La conseguenza è che lo gnosticismo, lungi dall’essere un cristianesimo degenerato come pensava Harnack, non è neppure il prolungamento di una linea religiosa orientale come presumeva la Religionsgeschichtliche Schule. L’ipotesi costruita da Schenke è, in effetti, quella di uno gnosticismo che all’origine non dipende dal cristianesimo: è una dottrina di una salvezza o di un salvatore, che interviene nella storia, e che ha preso corpo all’inizio della nostra era sotto la forma di una categoria ellenistica combinata con l’idea cristiana di preesistenza del Cristo.

In tutto questo argomento, si può vedere la critica di U. Bianchi in Gnosticisme et Hellénisme, pp. 223-226.

Il problema secondo Ugo Bianchi

Questi sono i termini del problema per U. Bianchi11: in che modo, nel giro di un secolo, la fede in Gesù figlio di Dio, Messia e Risorto, si è potuta trasformare in Valentino e altri gnostici in una elucubrazione immaginaria di ipostasi e storie mitiche che non avevano più nulla in comune con la cristologia di Giovanni o Paolo? Si tratta di un problema della massima serietà che esige un’analisi puntuale.

Ora, lo stadio attuale della ricerca sul cristianesimo primitivo e sullo gnosticismo nascente non ci autorizza a riconoscere in via definitiva l’esistenza d’uno gnosticismo del tutto esente da elementi cristiani. Ma è tuttavia possibile ricostruire, in questo gnosticismo impastato con elementi cristiani, la presenza attiva di una prospettiva ideologica non riconducibile né a una componente giudaica né a una cristiana; e questa prospettiva ideologica contiene invece una tematica dualista di tipo greco.

Si pone dunque la necessità di affrontare il problema della genesi teologica dello gnosticismo; non ha senso studiare questo fenomeno nel quadro della storia delle religioni e delle idee teologiche senza indagarne le origini. Ma il problema delle origini non si può ridurre a una Quellenforschung (ricerca delle fonti). Un fenomeno storico non trova la sua spiegazione semplicemente rintracciando nei testi o negli antecedenti i motivi o i temi che lo caratterizzano. Nel caso dello gnosticismo, il suo tema essenziale – a detta di Bianchi – è l’idea di una tragedia interna al livello del divino che comporta conseguenze di acosmismo ed anticosmismo. Orbene questa idea è un topos della misteriosofia greca (orfismo-pitagorismo e suo erede platonico) e quindi bisogna prendere atto che lo gnosticismo ha sicuramente un debito di portata essenziale verso l’esperienza greca che lo ha preceduto. Anche se questo riconoscimento non impedisce affatto di tenere presente con chiarezza il materiale giudaico che è entrato nella costruzione della teologia-mitologia gnostica.

Infine, non può essere tralasciato di dare il giusto risalto alla funzione di catalizzatore che il cristianesimo ha svolto nella formazione dello gnosticismo: precisando che si tratta di una funzione che ha riguardato correnti cristiane marginali, un cristianesimo filosofeggiante, cioè, che ha avuto una parte decisiva nella formazione dell’apparato dottrinale o nella costituzione dei gruppuscoli gnostici. D’altronde, l’influenza del cristianesimo come catalizzatore nel precipitare della formazione di dottrine o sette gnostiche non esclude affatto che si sia manifestato anche quello che da taluni è definito gnosticismo pagano: e, in questo caso, i testi di riferimento – per U. Bianchi – sono quelli del Corpus hermeticum.

Ma vediamo direttamente le parole di U. Bianchi:

«Il fatto che in un contesto strettamente giudaico, ancorché imbevuto di cultura greca, si sia potuti approdare alla demonizzazione del Dio di Israele e alla sua trasformazione in demiurgo inferiore, è una estremizzazione difficilmente ammissibile.

Per giungere a tanto, a nostro avviso, deve essere stato necessario che si introducesse una prospettiva nuova, una sorta di nuovo baricentro, la quale abbia dato un orientamento tanto diverso a tutto l’edificio da far sì che uomini che si ritenevano iniziati all’interpretazione della Bibbia abbiano potuto rovesciare dalle fondamenta la dottrina giudaica (e quella cristiana della Grande Chiesa).

Solo la prospettiva di un Messia concepito come manifestazione divina, come persona divina incarnata, già presente nella fede del Nuovo Testamento e della Chiesa, ma interpretata dagli gnostici sulla base dei presupposti ontologici della dottrina misteriologica greca del soma-sema (corpo-tomba) e della scissione interna al livello del divino, ha reso possibile la elaborazione di una nuova teologia gnostica, in cui il Dio della Bibbia, il creatore, divenisse il demiurgo, di una demiurgia conseguita alla tragedia intervenuta all’interno della divinità, e in cui l’Inviato dal canto suo si facesse portatore di tutta la trascendenza del Dio d’una volta, per la parte che non fosse in contraddizione con il dogma fondamentale del corpo-tomba e dell’elemento divino da risvegliare nell’uomo. Gesù, o piuttosto Cristo, era – a questo punto – identificato con il rivelatore, l’inviato, il consacrato ormai richiesto dalla prospettiva gnostica, che concentrava in lui conoscenza e salvezza.

Alcune posizioni incarnazioniste, del tipo di quelle degli elkesaiti, e della dottrina pseudo-clementina del vero profeta, possono aver dato un contributo al prodursi di questo passaggio, ma la svolta non è dipesa da loro; mentre il movimento simoniano, al contrario, è riuscito nell’intento» (p. 228)12 .

II. L’origine cristiana dello gnosticismo

Dopo l’analisi di alcune recenti posizioni sulla questione dello gnosticismo e del cristianesimo delle origini, ci pare necessario dare conto di una tesi che sostiene che lo gnosticismo ha preso l’avvio dalle dottrine cristiane. Ne è autrice Simone Pétrement13.

L’autrice comincia con il richiamare la tesi orientalizzante e iranizzante della Religionsgeschichtliche Schule, tesi che aveva trovato un sostegno autorevole nei lavori di Reitzenstein sul Poimandres, il primo dei trattati del Corpus hermeticum che è insieme pagano e gnostico. Come è noto, a seguito di questi lavori, lo gnosticismo veniva a presentarsi come un sincretismo in cui l’elemento dominante era una dottrina iranica della salvezza. L’area pagana a cui riferire la gnosi era stata poi allargata da Bousset che ne spiegava il dualismo di fondo come una combinazione del dualismo iranico zoroastriano e di quello greco platonico. Ma, già verso il 1950, questa teoria aveva perso importanza perché gli studi di H. Jonas mostravano che lo gnosticismo non era affato un sincretismo. Infine dopo Nag Hammadi, è l’ora del successo di G. Quispel e della sua Scuola con la tesi dell’origine giudaizzante dello gnosticismo (p.148).

Difficoltà di queste tesi

Pétrement puntualizza le numerose difficoltà cui vanno incontro, a suo avviso, quanti pretendono di spiegare l’origine dello gnosticismo fuori dal contesto cristiano.

Se si separa nettamente lo gnosticismo dal cristianesimo, allora numerosi suoi elementi diventano incomprensibili e, anzi, esso, diviene una dottrina fantastica quasi del tutto irrazionale.

Inoltre, si dovrebbe ammettere una sua improvvisa comparsa in contemporanea con il cristianesimo, che però ha un fondatore e origini che si possono spiegare, mentre esso non sarebbe che un fenomeno sconcertante.

I sostenitori dell’ipotesi di un’origine non cristiana dello gnosticismo, quando devono spiegare una serie di somiglianze, elaborano l’ipotesi di una reciproca compenetrazione delle due dottrine. Ma, se si ammette l’idea di uno gnosticismo generale capace di esercitare una grande influenza, allora sorge la domanda se questo fenomeno generale abbia preceduto lo gnosticismo cristiano o se invece sia accaduto il contrario. Pétrement giudica che la classificazione dei testi di Nag Hammadi induca in errore: si ha infatti la tendenza a ordinarli in cristiani e non cristiani, mettendo questi ultimi prima degli altri. In particolare, la critica è rivolta a Martin Krause (p. 151).

La datazione dello gnosticismo è possibile solo sulla base del N. T.

«Se si assume che ci sono parti del N.T. che implicano con chiarezza l’esistenza di uno gnosticismo già formato – in sostanza, di una dottrina che presenti già la struttura d’insieme dei sistemi gnostici -, allora lo gnosticismo ha per lo meno la stessa età di questi testi del cristianesimo primitivo. Se, invece, non c’è niente nel N.T. che implichi con chiarezza l’esistenza di uno gnosticismo già formato, e se possiamo trovarvi solo l’indicazione di talune tendenze che corrispondono più o meno all’uno o all’altro aspetto di quel fenomeno che sarà lo gnosticismo del II secolo, allora in questo caso non si darà alcuna prova del fatto che lo gnosticismo sia precristiano, e neanche che sia contemporaneo del cristianesimo, e sarà possibile ipotizzare che esso sia derivato dal semplice sviluppo di queste tendenze».

Poste queste premesse, la Pétrement prosegue affermando che, in effetti, nel N.T. non c’è alcun chiaro indizio dell’esistenza di uno gnosticismo già strutturato.

Quello che noi designamo come tracce di influenze gnostiche sugli autori del N.T. sono solo embrioni di idee gnostiche, pensieri che potranno in seguito dar luogo a elaborazioni interpretative di tipo gnostico (p. 152).

Per studiare lo gnosticismo è essenziale l’esegesi del N.T.; S. Pétrement in proposito indica qualche esempio (pp. 152-153): nell’Epistola ai Colossesi si fa cenno a un culto degli angeli, ma lo gnosticismo non è questo, e semmai qui potrà trattarsi di un suo punto di partenza ma non d’arrivo; nella I Epistola ai Corinzi quello che Paolo combatte non è uno gnosticismo già adulto, bensì una tendenza, un’attitudine.

Cos’è lo gnosticismo

Per Pétrement, è insufficiente definire lo gnosticismo come una dottrina che attribuisca un potere di salvezza alla conoscenza. Una tale definizione si attaglia altrettanto bene al buddhismo e alle Upanishad.

La conoscenza messa in causa dallo gnostico è del tutto particolare: in primo luogo, è una conoscenza di Dio e non del , e con essa si riconosce il vero Dio, prima sconosciuto, grazie all’intervento di un Salvatore. E, trattandosi di una conoscenza che riguarda Dio, l’anima umana e il mondo, essa è insieme una teologia e una cosmogonia. Inoltre, questa conoscenza è una conoscenza religiosa e si basa su una rivelazione: è quindi l’adesione a una religione, tant’è che presso gli gnostici cristiani che sembrano i più lontani nel tempo non c’è nessuna distinzione tra fede e gnosi.

Infine, lo gnosticismo è un anticosmismo. Questo carattere gnostico è stato ben sviluppato da Jonas, e Pétrement gliene rende merito. Lo gnosticismo è una svalutazione del mondo, per alcuni dei suoi seguaci il mondo è il male, e per la maggioranza è comunque straniero al bene, a Dio – perché il mondo è di natura diversa dalla sua -, all’anima.

Ciò detto, va altresì tenuto fermo che l’apocalittica giudaica era sì anticosmista, ma non era gnostica. L’anticosmismo gnostico è stato ben compreso da Hilgenfeld quando ha stabilito che il segno distintivo dello gnosticismo era la contrapposizione tra Dio e il demiurgo, del Dio del N.T. con quello dell’A.T.; di tale dottrina non c’è alcuna traccia nel N.T., nessuno dei suoi autori infatti vi combatte una dottrina che poggi sulla distinzione del vero Dio dal Creatore.

Spiegazione della comparsa delle dottrine gnostiche

Dunque, la cosa che deve trovare una spiegazione è il rovesciamento dei valori.

Quale è la causa della negazione del valore del mondo e del rovesciamento del senso della creazione? Perché si deve imputare la creazione a un demiurgo?

La risposta si trova nel N.T.: è la croce, la teologia paolina, in breve la rivoluzione cristiana. L’ingiustizia di questo mondo postula l’esistenza di un altro mondo. Questo mondo diverso è quello delle anime, quello in cui le anime appaiono nella loro verità. Così, si distingue il mondo di quaggiù da quello di sopra.

L’antigiudaismo che cresce sempre di più da Paolo e Giovanni è alla base dell’identificazione del Dio dell’A.T. con il demiurgo cieco degli gnostici.

La Sinagoga è cieca, ma S. Pétrement non accetta la posizione di Grant e non spiega l’anticosmismo con la situazione del popolo ebreo nel mondo romano. Il crollo della devozione nei riguardi del cosmo non discende dal crollo della città antica. Nel N.T., anticosmismo e antigiudaismo non sono in sequenza consequenziale, ma crescono di pari passo.

Donde deriva la figura del Salvatore? S. Pétrement constata che, per molti autori, è difficile spiegare questa figura senza chiamare in causa il cristianesimo (p. 161). Non c’è gnosticismo senza Salvatore: ora, questo Salvatore è sempre altro da Dio e, poiché nell’A.T. è sempre Dio colui che salva, Pétrement ritiene che sia stato il Salvatore cristiano ad aver suscitato, per analogia, altre figure di Salvatore.

L’idea del Salvatore è legata all’anticosmismo, ma non è stato l’anticosmismo a partorirla. La concezione gnostica della salvezza implica sempre la necessità di una chiamata venuta da fuori. L’intervento viene da un inviato divino: una concreta figura di Salvatore. L’influenza del N.T. è visibile, dal momento che l’idea di un Salvatore è un’idea cristiana e non si trova né nel giudaismo né a Qumrân. La spiegazione di tutto ciò, per Pétrement, risiede nel paolinismo e nel giovannismo.

Resta da chiarire la ragione per cui lo gnosticismo sia apparso poco dopo il cristianesimo.

S. Pétrement prova a formulare una risposta partendo da Simon Mago. Argomenta così:

«Gli sforzi dei nostri ricercatori non possono dissimulare che è ormai difficile far risalire (lo gnosticismo) ai tempi precristiani, e addirittura alla stessa epoca delle prime predicazioni cristiane. L’unico modo di attribuirgli un’età quasi pari a quella del cristianesimo è di speculare su Simon Mago, circa il quale è peraltro riconosciuto che si tratta di una figura quasi del tutto avvolta nella leggenda. Sulla stessa esistenza di Simone è stato possibile avanzare dei dubbi, ed è ancora più dubbio che, laddove sia esistito, sia stato gnostico. Tra i documenti che si possono datare con approssimazione, quelli che potrebbero far sospettare l’esistenza di uno gnosticismo iniziale- e iniziale nel cristianesimo – non risalgono più lontano della seconda metà del I secolo della nostra era. Si può anche aggiungere che essi cominciano a diventare più precisi e caratterizzati solo verso la fine del I secolo. Ma, dopotutto, non si tratta che di tendenze di aspetti parziali e uno gnosticismo completamente riconoscibile è attestato con sicurezza solo nel II secolo» (p. 164).

Questo gnosticismo si presenta come una duplicazione del cristianesimo. Quanti ritengono che questa duplicazione sarebbe nata fuori dal cristianesimo debbono spiegare poi questa nascita. In che modo, chiede S. Pétrement, questa duplicazione ancora neonata sarebbe penetrata nel cristianesimo? E la sua conclusione è che non si tratti di una duplicazione ma di una delle linee di sviluppo dello stesso cristianesimo (p. 165).

E perché i Padri della Chiesa hanno considerato lo gnosticismo come una eresia cristiana? I Padri della Chiesa erano contemporanei degli gnostici e dunque li conoscevano meglio di noi. Essi li criticavano perché gli gnostici davano una loro risposta ai problemi della libertà, dei rapporti tra A.T. e N.T.: questi problemi erano tipicamente ed esclusivamente cristiani.

«Essi non sono posti né dall’ellenismo, né dalla religione persiana, né dal giudaismo, né da nessuna delle altre tradizioni in cui si sono volute trovare le origini dello gnosticismo. Essi sono posti dal dogma del Salvatore e della Redenzione, e dall’esistenza di una doppia rivelazione, la nuova e l’antica. Essi sono posti dalle teologie paolina e giovannea, le due teologie fondamentali del cristianesimo» (p. 165).

Per S. Pétrement, queste teologie forse non hanno mai smesso di porre questi problemi. D’altronde, i Padri della Chiesa conoscevano molti testi degli gnostici e consideravano questi gnostici come eretici cristiani, e questo va tenuto in grande considerazione.

In effetti, l’ipotesi che attribuisce l’origine dello gnosticismo al cristianesimo permette di spiegare la sua evoluzione. Ciò dipende dal fatto che, nelle scuole e nei testi che si possono datare, lo gnosticismo cristiano appare prima di quello pagano. Inoltre, anche lo gnosticismo cristiano sembra che all’inizio sia stato meno sincretista e meno strano che in seguito.

Le più antiche dottrine descritte da Ireneo verso il 185 (Simone, Menandro, Cerinto, Saturnile, Basilide, Cerdone, Marcione) sono relativamente semplici. Esse possono essere intese senza difficoltà partendo dal cristianesimo.

Le dottrine descritte per la prima volta da Ippolito, nell’Elenchos, nel III secolo, e quelle descritte da Epifanio verso la fine del IV secolo, sono più complicate, più oscure, impastate con miti pagani, con componenti del giudaismo, con un po’ di magia. Esse hanno l’aspetto di composizioni in cui si trovano frammenti delle principali dottrine del II secolo; ma vi si trovano anche frammenti di filosofia pagana, prestiti dai misteri greci, dalle religioni orientali: un sincretismo che si fa sempre più ampio.

S. Pétrement insiste su un fatto: i testi non cristiani di Nag Hammadi hanno rapporti con le dottrine che noi conosciamo come tarde. Se, dice Pétrement, le dottrine degli scritti non cristiani di Nag Hammadi fossero già nate quando lo gnosticismo iniziava, perché non se ne trova traccia fra i nostri scritti gnostici del II secolo?

La nostra autrice ne deduce, in conclusione, che gli gnostici più che dei filosofi siano degli esegeti. È a partire dalla Scrittura che si può trovare una chiave per il maggior numero dei loro miti. Così il mito dei sette arconti creatori del mondo e dell’uomo: esso non si spiega altrimenti che mettendolo in relazione con i sette giorni della creazione, sette giorni che erano altresì i sette giorni della settimana chiamati con i nomi dei pianeti. Si tratta di un mito biblico sotto le specie di un mito astrologico. Il mito dell’Uomo, poi, diviene chiaro appena lo si colleghi con il Figlio dell’Uomo. Per Simone Pétrement14, lo gnosticismo è una forma del cristianesimo primitivo. È un cristianesimo primitivo. È un cristianesimo che era professato da maestri simili a quelli del N.T., e gli gnostici del II secolo sono stati dei cristiani, anche se a modo loro.

III. Orientamenti attuali sul problema “gnosticismo-cristianesimo”

Gli orientamenti degli ultimi colloqui

Abbiamo presentato due filoni seguiti dalla ricerca: il primo, gnosticismo e origini cristiane; il secondo, origine cristiana dello gnosticismo. I problemi sono davvero complessi e con la documentazione di cui si dispone ci sarà da fare un grande lavoro nei prossimi anni.

La bibliografia di D. M. Scholer, Nag Hammadi Bibliography, 1948-1969, Leiden 1971, dedica varie pagine al tema New Testament and Gnosticism, pp. 84-90. L’importanza dei lavori citati mostra che il problema mantiene una sua parte di attualità: esso riguarda l’esegesi del N.T., la patristica, il monachesimo, la storia della Chiesa antica e la storia del pensiero antico15.

Gnosi e cristianesimo secondo Barbara Aland. La dottrina gnostica del Vangelo di Verità

Gnosi cristiana.

Nel tentativo di chiarire il problema di una gnosi cristiana, Barbara Aland prende in esame il documento intitolato Evangelium Veritatis, a suo avviso eine christliche gnostische Schrift (uno scritto gnostico cristiano). La dottrina di fondo di questo scritto è da lei individuata nei 14 punti che seguono.

  • L’essere, la verità, la via sono costituiti da Dio, dalla conoscenza di Dio. La conoscenza è dono di Dio.
  • Il nulla (il male, il caos) è negazione di questa volontà divina e opposizione contro di essa.
  • Dio apre la possibilità per il nulla di minacciare l’essere lasciando che i suoi eoni cadano nell’ignoranza.
  • Quest’ignoranza diventa materiale e potente. Il cosmo (corpo, materia) viene dal nulla diventato potente.
  • Essere e nulla non sono due principi ontologici di pari livello. Non c’è un dualismo ontologico, ma solo un dualismo di fatto.
  • L’essere umano corrisponde allo stato ontologico degli eoni caduti. Egli è minacciato dal nulla. Egli è nulla perché ancora non esiste. Dunque, per la Aland, non bisogna parlare di un’anima divina nell’uomo.
  • L’ignoranza può essere vinta solo dalla conoscenza.
  • Ciò è reso attuale dal Cristo, nome di Dio, che dona la conoscenza a coloro che sono nell’ignoranza.
  • Il Cristo è nella conoscenza fin dal principio. Dato che la conoscenza è vita, il Cristo non è morto sulla Croce.
  • La rivelazione del Cristo sottrae al nulla i suoi strumenti.
  • La Croce è il trionfo di Dio sul nulla.
  • Il nulla è vinto, in tal modo, in linea di principio, ma ciascuno degli gnostici deve realizzare – in sé questa vittoria.
  • La rivelazione è dono ed elezione per tutti. Non c’è modo di conquistarla con le proprie forze. Non è affatto il risveglio di una scintilla divina nell’uomo. La rivelazione è creazione dell’uomo da parte di Dio.
  • Come in principio il dono della conoscenza creò il Logos (Cristo), così l’uomo è creato per dono e elezione.

Origine di questa dottrina.

Una tal dottrina può provenire solo dal cristianesimo; essa è una variante eretica dell’ evento Cristo: il suo autore ha sdoppiato il Cristo in Sophia (l’eone che cade) e in Cristo gnostico (Cristo salvatore). Il Cristo crocifisso e risorto è rappresentato da due persone: ci troviamo nella gnosi valentiniana, eresia cristiana.

Così, l’Evangelium Veritatis è inspiegabile senza il messaggio cristiano. Esso presuppone l’evento cristiano e lo vuole interpretare. La domanda è se esso sia cristiano ovvero se traduca l’evento del Cristo in un’ottica di pensiero soltanto sua. Barbara Aland ritiene che quanto è accaduto per l’Evangelium Veritatis riguarda l’intero movimento valentiniano.

Derivazione della gnosi.

Sulla base di queste costatazioni, l’autrice perviene a giudicare che il movimento valentiniano non trovi altra spiegazione che nella certezza della salvezza ottenuta dal Cristo. Essa è una conoscenza nuova, dono di Dio. Conoscenza che è vita, verità, essere. Dunque, quello dei valentiniani è uno gnosticismo cristiano: una eresia cristiana. La base di questa eresia si trova nell’interpretazione del Vangelo di Giovanni.

La data della sua formazione sarebbe il primo quarto del II secolo. Il fatto che si tratti di un nucleo cristiano e di una interpretazione gnostica dell’evento cristiano non è in contraddizione con la tesi che mette in maggior risalto le correnti di pensiero intervenute nella formazione dello gnosticismo. La questione di fissare date è secondaria. Ciò che conta è constatare che lo gnosticismo è già presente nel II secolo e lo è a causa del cristianesimo. Da ciò l’importanza della gnosi per comprendere il fatto teologico della Chiesa.

Se lo gnosticismo è nato a causa del cristianesimo, la sua importanza e la sua cultura saranno ben diversi da quelle di un eventuale movimento pagano in lotta contro il cristianesimo. Insomma, B. Aland è tornata al punto di partenza di Harnack: gnosi e formazione dei dogmi cristiani.

Conclusioni

Al termine di questa presentazione essenziale dello stato della ricerca oggi sul problema “gnosticismo e cristianesimo”, possiamo trarre solo delle conclusioni assai provvisorie.

Abbiamo esaminato due facce del problema: da una parte, lo gnosticismo e leorigini del cristianesimo, cioè l’influsso che alcune dottrine gnostiche avrebbero potuto esercitare sul cristianesimo nascente o su quello primitivo; dall’altra, il problema dell’origine cristiana dello gnosticismo, cioè se la nascita dello gnosticismo si possa collocare all’interno del cristianesimo. Entrambe le questioni stanno al crocevia delle discussioni sviluppatesi dopo la scoperta dei testi di Nag Hammadi.

Le posizioni di U. Bianchi ci sembrano molto articolate: nelle dottrine gnostiche del II secolo, è presente fra l’altro una ideologia non riducibile al cristianesimo. Qui, Bianchi vede una tematica greca dualista; S. Pétrement si spinge oltre: a suo avviso, lo gnosticismo è nato nel contesto della teologia paolina e giovannea.

Bisogna mettersi alla ricerca della genesi dello gnosticismo. Per trovarla non mette conto identificare motivi o temi: ciò che va spiegato è il perché della sua nascita. Bianchi non esita a indicare l’esperienza misteriosofica formatasi con gli apporti dell’orfismo, del pitagorismo, del platonismo. E, partendo da qui si potrà arrivare a Jonas e al suo homo gnosticus del mondo ellenistico.

Ancora una volta, rimandiamo allo studio di L. Cerfaux, Gnose préchrétienne et biblique, Dict. Bible, Suppl. III, Paris 1938, pp. 659-701. In questo articolo compare una sintesi efficace delle varie posizioni degli studiosi e una descrizione della gnosi condotta sull’analisi dei sistemi del II e III secolo, come in seguito sarà fatto a Messina. Quindi, Cerfaux ha affrontato il problema del cristianesimo e si è posto i problemi che ci si pone oggi dopo Nag Hammadi. Dalla sua raffinata analisi emerge una conclusione che, anche dopo Nag Hammadi, rimane sempre valida: tra la teologia cristiana e la teologia gnostica c’è incompatibilità; il cristianesimo non è una gnosi, non lo è il paolinismo, non lo è la teologia giovannea.

Julien Ries

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NOTE:


1 Cfr. L. Cerfaux, “Le Christianisme et la gnose”, in Gnose préchrétienne et biblique, Dict. Bible, Supplém., III, Paris 1938, pp. 659-701).

2 Il Colloquium Gnosticisme et monde hellénistique tenutosi a Louvain-la-Neuve nel 1980, ha dedicato due sezioni a questo considerevole problema: – Sezione III, Gnosticisme et origines chrétiennes; -Sezione IV, Gnosticisme et monachisme; rispettivamente sotto la direzione dei professori U. Bianchi di Roma e A. Guillaumont del Collége de France.

(Per gli atti, cfr. J. Ries, Y. Janssens, J. M. Sevrin, Gnosticisme et monde hellénistique, Louvain la-Neuve 1982, pp. 211- 342).

3 Cfr. l’articolo Le Gnosticisme et les origines chrétiennes di U. Bianchi negli Atti del Colloquium di Louvain – la Neuve (vedi nota n° 2), pp. 211-228.

4 In particolare fra i suoi scritti:

Hans Jonas, Gnosis und Spätantiker Geist I, in «Gnomon», 1936, pp. 605-612.

Ripreso in K. Rudolph, Gnosis und Gnostizismus, 1975, pp. 374-386.

Communication sur les mystères hellénistiqes et les sacrements chrétiens”,
in Proceedings of the 7th Congress for the History of Religions, Amsterdam 1950, pp. 5366, pubblicata poi in A. D. Nock, Essays on Religion and the Ancient World, ed. Z. Stewart, Oxford 1972, pp. 791-820.
Christianisme et hellénisme, Cerf, Paris 1973, (vedi il cap. “Le gnosticisme”, pp. 18-23)

5 Nel congresso di storia delle religioni del 1950 ad Amsterdam, ha presentato uno studio dal titolo “Temps, histoire et mythe dans le christianisme des premiers siècles” (cfr. Proceedings… 7th CongressAmsterdam 1951), poi ripreso con il titolo “La gnose et le temps”, in H. Ch. Puech, En quête de la Gnose, 2 vol., Paris 1978 (vol. I, pp. 1-23).

La stessa tematica è stata oggetto di una relazione di Puech all’incontro di Ascona del 1951, “La gnose et le temps” in Eranos Jarbuch 1952 (pp. 57-113), testo ripreso in H. Ch. Puech, La gnose et le temps, Paris 1978 (pp. 215270).

6 Cfr. i suoi articoli “Doctrines ésotériques et thèmes gnostiques dans l’Evangile selon Thomas” (Collège de France, 1960-1972), ora in En quête de la Gnose, II, pp. 93-284.

7 Cfr. R. Mcl. Wilson, Gnosis and new Testament, Oxford 1968.

8 Cfr. W. Schmithals, Die Gnosis in Korinth, Göttingen 1969/3ª; e anche “Das Verhältniss von Gnosis und Neuem Testament als methodishes Problem”, pubblicato in New Testament Studies, vol. 16, pp. 373-383.

9 Cfr. Mac Rae G., “Nag Hammadi and the New Testament”, in Gnosis, Festschrift Hans Jonas, Göttingen 1978, pp. 144-157.

10 Cfr. i suoi scritti: “Die neutestamentliche Christologie und der gnostische Erlöser”, in K. W. Tröger, Gnosis und Neues Testament, Berlin 1973, pp. 205-229 e Haupt probleme der Gnosis, Gesichtspunkte zu einer neuen Darstellung des neutestamentlichen Zeitalter, in «Kairos», 7, Salsbourg 1965; “Die Gnosis, Umwelt des Urchristen-tums”, I e II in Darstellung des neutestamentlichen Zeitalter, J. Leipoldt e W. Grundmann, Berlin 1965, pp. 371-415 e 1967, pp. 350-418.

11 La posizione di U. Bianchi si può trovare sintetizzata nella sua citata comunicazione “Gnosticisme et origines chrétiennes” al Colloquium di Louvain-la-Neuve del 1980, pp. 211- 228 degli Atti (vedi nota n° 2).

12 Ricordiamo che il Colloquium di Louvain-la-Neuve ha preso in esame, nelle sue sezioni III e IV, altri aspetti di un certo interesse per i rapporti dello gnosticismo con il cristianesimo. In particolare, si vedano: M. Van Esbroeck, Dans la circoncision du Christ, pp. 229235; Y. Janssens, Différents courants de pensée gnostique à Nag Hammadi, pp. 343-360.

13 Cfr. Sur le problème du gnosticisme, in «Revue de métaphysique et de morale», 85, Paris 1980, pp. 145-177; studio molto approfondito, da non ignorare.

14 Pétrement ha pubblicato altri saggi sull’argomento: Le colloque de Messine et le problème du gnosticisme, in «Revue de métaphisique et de morale», 72, Paris 1967, pp. 344-373; La gnose, in Encyclopédie Française, Paris 1957, pp. 19-34, 7 e 19, 34, 13; La notion de gnosticisme, in «Revue de méthaphisique et de morale», 65, Paris 1960, pp. 385

15 Tra i lavori recenti su questo tema:

a) In Gnosis, Festschrift für Hans Jonas, Göttingen 1978 bisogna ricordare soprattutto:
-J. M. Robinson, Gnosticism and the New Testament, pp. 125-143.
-G. W. Mac Rae, Nag Hammadi and the New Testament, pp. 144157.
-B. Aland, Gnosis und Kirchenväter, pp. 158-215.
-G. Sfameni Gasparro, Sur l’histoire des influences du gnosticisme, pp. 316-350.

b) In B. Barc, Colloque International sur les Textes de Nag Hammadi, Québec-Louvain 1981, citiamo in particolare:
-F. Wisse, The “Opponents” in the New Testament in Light of the Nag Hammadi Writings, pp. 99-120.
-M. Tardieu, “Comme à travers un tuyau”. Quelques remarques sur le mythe valentinien de la chair céleste du Christ, pp. 151-177.

c) In B. Layton, The Rediscovery of Gnosticism Proceedings ,Yale 1978,- B. Aland, Gnosis und Christentum, I, pp. 319-350.

GNOSTICISMO e CRISTIANESIMOultima modifica: 2017-01-22T19:49:58+01:00da mikeplato
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