I PRINCIPI DELLA GNOSI NELL’ORIENTAZIONE DELLE CATTEDRALI MEDIEVALI

369006_1338915393_large

(Una analisi dei rituali gnostici del Battesimo, Unzione e Camera Nuziale, tra la gnosi del Vangelo di Filippo e gli elementi templari conservatisi nel 30mo grado della massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato)

  1. Introduzione

Pur nella notevole variabilità degli stili costruttivi, chiese e cattedrali medievali presentano alcuni tratti caratteristici costanti, che rivelano una valenza simbolica connessa, in maniera più o meno esplicita, a particolari aspetti teologici.

La tipica forma a croce, le tre navate che compongono il corpo delle cattedrali, la posizione dell’altare e la forma dell’abside, manifestano scelte costruttive facilmente ed intuitivamente ricollegabili a precisi elementi del credo cristiano. Esistono, però, anche elementi costruttivi la cui origine è molto meno chiara e documentata; tra questi rientra, ad esempio, l’uso tipico delle cattedrali e delle chiese medievali, che prevede la collocazione del loro ingresso ad Ovest (generalmente a Nord-Ovest). Se è difficile sapere quando si è affermata tale consuetudine architettonica, è ancor più complesso intuire cosa ha originato una scelta formale così importante, spesso fortemente vincolante e di complessa realizzazione pratica: basti pensare alla costruzione di luoghi di culto in un tessuto urbano e viario preesistente.

Il primo elemento cronologico rilevante è costituito dalla constatazione che almeno fino al V-VI secolo non sembra esistessero rigide regole costruttive. Le chiese che compongono il complesso basilicale di Cimitile (NA), ad esempio, non rivelano alcuna particolare scelta di orientazione. Eppure questo complesso, e lo stesso vescovo Paolino a cui esso è legato, furono un preciso riferimento per la realizzazione dei luoghi di culto cristiano sia in Italia che in Europa, per alcuni secoli.

In conseguenza di ciò, la datazione del fenomeno della orientazione particolare delle chiese va collocata successivamente a queste epoche. Certo è peraltro che il costume in oggetto si consolidò divenendo una regola generale soltanto intorno al X-XII sec., col fiorire dell’arte gotica medievale attraverso i mirabili lavori realizzati dalle libere muratorie europee.

Vari sono i motivi che vengono addotti per questa particolare scelta, ma quello più diffuso è solitamente legato al cammino che il credente fa entrando nella chiesa da Ovest e muovendosi verso Est, punto in cui sorge il sole e da cui proviene la Luce della fede che emana metaforicamente dall’altare posto in zona absidale.

Ma può essere davvero questo l’unico motivo di una simile orientazione? Se solo si pensa alla complessità simbolica di quelle mirabili macchine figurative che sono le cattedrali gotiche si comprende quanto una simile motivazione non regga il confronto.

Altre motivazioni proposte sono in generale connesse alla contro- orientazione delle Chiese rispetto al Tempio di Gerusalemme che apriva ad Est. Questa contro-orientazione è in linea con la scelta di separazione netta tra ebraismo e cristianesimo voluta da Paolo di Tarso, che portò all’isolamento delle correnti giudaico cristiane, dando inizio al vero corso della storia cristiana. Fu questa rottura che fece uscire l’esperienza cristiana dall’ambito ebraico settario e la trasformò in una nuova ed originale religione monoteistica, aperta al proselitismo. Simboli voluti del detto superamento e della separazione dall’ebraismo disseminano tutta la costruzione teologica cristiana: la scelta della Domenica come giorno da santificare in opposizione al Sabato, il superamento della Vecchia Legge ebraica sostituita con la Nuova Legge, del Vecchio Patto di Abramo con il Nuovo, ecc.

Ancora una volta, però, le motivazioni appaiono superficiali se comparate con il raffinato simbolismo delle cattedrali gotiche, specie se si pensa che l’orientazione è la principale e la più evidente delle scelte operate dai mastri muratori.

  1. Lo strano caso della cattedrale di Otranto

Abbiamo già avuto occasione di affrontare le problematiche di interconnessione tra il simbolismo del mosaico della cattedrale di Otranto e la gnosi del Vangelo di Filippo, testo gnostico scoperto solo nel 1945 a Nag Hammadi. Dalla nostra analisi è emerso come più che probabile la approfondita conoscenza di questo testo da parte del monaco Pantaleone, che tra il 1163 ed il 1165 realizzò l’opera. Come il testo fosse pervenuto nelle sue mani non lo sappiamo, ma abbiamo avanzato l’ipotesi che questo fosse il frutto delle razzie praticate dai monaci-guerrieri templari in Terra Santa. A questo punto una domanda è d’obbligo: esistono prove certe della influenza e presenza templare nella cattedrale di Otranto?

Sotto la navata destra della cattedrale su apre una larga scalinata che porta alla stupenda cripta inferiore. A sinistra della scala è stata conservata quella che doveva essere la vecchia scala di ingresso alla cripta che, però, finisce in corrispondenza di una singolare tomba vuota. Essa è sistemata a sinistra nella parte finale della scala, ed è collocata in un vasto incavo nel muro che fiancheggia la scalinata. Ciò che rende singolare la tomba è la presenza di croci vermiglie a coda di rondine chiaramente templari che ornano le quattro pareti interne della tomba. Una spada tipicamente templare raffigurata vicino una delle croci conferma l’origine di questa tomba. Nella zona incavata nel muro che ospita la tomba era presente un affresco che qualcuno, in epoche remote, ha provveduto a scalpellare con tale accanimento e minuziosità che è, oggi, assolutamente impossibile sapere cosa esso raffigurasse. Tomba vuota e affresco cancellato ci dimostrano, quindi, che non solo la presenza templare nella cattedrale è un fatto, ma che questa doveva avere connotati tali da rendere necessaria non solo la profanazione della tomba ma anche la cancellazione definitiva di un intero affresco. In buona sostanza riteniamo che sia la tomba che l’affresco mantenessero elementi che erano in qualche modo connessi alla eresia templare. Escludiamo sicuramente, che l’origine della profanazione sia stata araba (la chiesa fu usata come granaio dagli Arabi, ma essi non pare avessero intenzione di danneggiarla tanto che il mosaico uscì indenne da questo inconsueto uso). I mussulmani infatti non avrebbero conservato, per il loro significato cristiano, le croci vermiglie, le quali invece sembrano essere state rispettate.

Ma le sorprese della cattedrale non finiscono qui. In una recente visita personale alla cattedrale ho avuto occasione di conoscere il colto Don Gianfreda, massimo conoscitore dell’opera e parroco della cattedrale. A lui ho posto una domanda che mi angosciava ormai da molto tempo: che funzione aveva, o ha ancora oggi, la botola che si vede nella figura sottostante, proprio lì dove termina l’albero ed inizia la vasta lacuna?

Schermata 01-2457778 alle 18.48.53

La domanda non era, evidentemente, dettata dalla semplice curiosità, ma da un ragionamento suggeritomi dalla particolare forma dell’albero, simile ad una “Spada”, ed alla “Roccia” in cui essa sembra infissa. Nel Parzival di Wolfram il Graal è una pietra sulla quale sono incisi i nomi dei cavalieri che avrebbero difeso il segreto del Graal. Solo gli eletti e quindi i cavalieri predestinati potevano leggere il loro nome sulla pietra. Ebbene, Artù nel mosaico sembra indicare proprio la botola ed il punto, la roccia, in cui è conficcato l’albero-spada.

Per comprendere cosa potrebbe nascondere la botola è necessaria una brevissima digressione. Sono ormai molti gli studi sul Templarismo, che tra i molteplici misteri più o meno fondati, vertenti intorno alla storia dei monaci guerrieri, se ne pongono uno storicamente davvero sconcertante: poteva una figura scialba, incolta, volubile, come il De Molay, quale egli appare dai documenti inquisitori e dal poco che si sa della sua storia personale, dirigere con efficacia un apparato complesso e ramificato come quello templare? Poteva un uomo apparentemente incolto decidere sui modi e sulla gestione delle attività bancarie ed economiche che ruotavano
intorno alle commende templari, e interessavano tutta l’area del Mediterraneo?

La risposta che si danno oggi studiosi come Jean Markale [I Templari – Custodi di un mistero, J. Markale] è: quasi certamente: no. Doveva esistere un gruppo ristretto di persone insospettabili, probabilmente intimamente legate ai più alti ranghi della Chiesa, che manteneva il controllo dell’esercito di monaci guerrieri. Siffatta élite intellettuale era probabilmente composta da personaggi che ufficialmente non risultavano essere aderenti all’Ordine, ma coltivavano la matrice gnostica e presiedevano alla realizzazione del disegno templare.

Don Gianfreda, alla domanda cosa ci fosse sotto la botola, mi ha risposto, come del resto mi aspettavo, che essa una volta aperta scopriva una piccola scala di legno che portava al luogo di sepoltura di alcuni vescovi. Peccato che in nessuna parte della chiesa si faccia menzione dei nomi di costoro, ma se il loro ruolo era quello che abbiamo ipotizzato, allora il nascondere la cripta ed i nomi dei vescovi rientra perfettamente nello scenario prefigurato dalla leggenda Graaliana, e nella ipotesi del gruppo di vescovi i quali nascostamente coordinavano le attività occulte e palesi dei Templari.

Ma ritorniamo all’ambiente nascosto in esame. La prima constatazione è relativa alla orientazione dell’accesso. La presenza della cripta visibile della cattedrale fa sì che l’ingresso alla cripta nascosta risulti orientato verso Ovest, ma è anche interessante notare che la tomba vuota templare si trova all’esterno del muro perimetrale di questa cripta nella zona orientata a Sud. Abbiamo avuto occasione di constatare che queste botole e queste camere sepolcrali segrete, lungi dall’essere un caso isolato nell’architettura delle chiese medievali, sono, anzi, una costante. Il dubbio che ci si pone è se esse avessero anche una funzione cerimoniale oltre che sepolcrale.

  1. La cattedrale di Muro Lucano

Nella impossibilità di accedere e di avere notizie precise sulla cripta nascosta della cattedrale di Otranto, ci spostiamo in quella singolarissima di Muro Lucano che, come vedremo, può dissipare parte dei nostri dubbi e soddisfare la nostra curiosità. Distrutta dal terremoto del 1980 è stata oggetto di approfondite campagne di scavo che hanno portato a singolarissime scoperte: prima tra tutte, quella di una cripta segreta destinata alla sepoltura vescovile.

La cattedrale di Muro Lucano, originariamente orientata secondo la classica impostazione medievale (apertura ad Ovest) fu successivamente ampliata, modificandone l’orientamento originario Ovest-Est trasformandolo in quello Sud-Nord. Ebbene, sotto una zona interessata dalla vecchia cattedrale, è stato scoperto, insieme a vari ambienti sepolcrali, un ambiente voltato a botte completamente sconosciuto, a cui si aveva accesso attraverso una botola situata nei pressi dell’altare della vecchia chiesa. L’immagine seguente mostra l’esterno degli scavi:

Schermata 01-2457778 alle 18.49.24

Mentre quella successiva illustra lo spettacolo straordinario che gli archeologi si sono trovati di fronte penetrando attraverso la botola: 9 seggi destinati alla inumazione di cadaveri posti a sedere in posizione eretta! (un sistema di canalicoli assicurava la colatura del materiale in decomposizione).

Schermata 01-2457778 alle 18.49.35

L’aspetto della sala riteniamo non differisca molto dalla scena che si potrebbe osservare qualora si penetrasse nella cripta nascosta della cattedrale di Otranto. La prima impressione che si ha è che questo luogo così diverso da ciò che tradizionalmente intendiamo come luogo di sepoltura cristiano, abbia anche una sua funzione di tipo cerimoniale: ma a quale tipo di cerimonia presenziano i vescovi morti che siedono in quello che appare una sorta di macabro tribunale?

  1. Il Vangelo di Filippo e la struttura delle cattedrali gotiche

La nostra tesi è che il Vangelo gnostico di Filippo fornisce una inattesa e completa chiave interpretativa delle questioni che ci siamo fino ad ora posti. Ai versi 75 e segg. esso recita:

  1. Senza luce nessuno può vedersi nell’acqua oppure in uno specchio, ma neppure senza acqua e senza specchio potrai nuovamente vederti nella luce. Per questo motivo è necessario battezzare nella luce e nell’acqua, in tutte e due. Ora la luce è l’unzione.
  2. A Gerusalemme c’erano tre case che fungevano da luogo di sacrificio: una aperta dal lato occidentale era detta il <<santo>>; l’altra aperta dal lato meridionale era detta <<il santo del santo>>; la terza aperta dal lato orientale era detta <<il santo dei santi>>; in questo luogo penetrava soltanto il sacerdote.

Il battesimo è la casa <<santa>>; l’unzione è il <<santo del santo>>; la camera nuziale è <<il santo dei santi>>. Il battesimo comprende la resurrezione e la redenzione. La redenzione ha luogo nella camera nuziale. Ma la camera nuziale è superiore [ad essa] poiché tu non troverai nulla come essa. [Quanti le sono familiari sono] coloro che pregano nel santo di Gerusalemme. In Gerusalemme [vi sono alcuni] che pregano [aspettando il Regno dei Cieli]. Costoro sono detti <<il santo dei santi>>,[poiché prima]che il velo fosse strappato,[noi non avevamo] altra camera nuziale, ma solo una immagine [della camera nuziale che è] lassù. È per questo che il velo fu strappato dall’alto al basso, perché era opportuno che qualcuno andasse dal basso all’alto.

  1. Coloro che sono vestiti della luce perfetta non sono visti e quindi non possono essere trattenuti dalle forze: ci si riveste di questa luce nel mistero, nell’unzione.

Andiamo per ordine. E’ evidente che le “tre case” di cui si parla nel verso 76 non possono riferirsi al Tempio di Gerusalemme, in quanto la prima di esse, che sembra contenga le altre due, presenta una apertura ad Ovest, mentre il Tempio apriva ad Est. Deve, quindi, trattarsi di edifici adibiti al culto cristiano o meglio giudeo-cristiano: la scelta delle denominazioni e la presenza ancora folta di cristiani, nella probabile epoca di composizione di questo testo [II sec. d.c., è questo il periodo che Il Moraldi nel testo [1] indica come più probabile per la composizione dell’opera.], non sembrerebbe lasciar dubbi sulla natura di tali edifici.

Il primo di questi che ci sovviene è sicuramente la sinagoga al centro del quartiere esseno di Gerusalemme [Vedi anche [3].]. Questo edificio, tra le principali scoperte dell’archeologo Bagil Pixner, è stato rinvenuto lì dove oggi si trova la Tomba di Davide, e dove si pensa ci sia la sala ove Gesù celebrò l’ultima cena. La sinagoga giudeo-cristiana è invece emersa da alcuni scavi eseguiti nel 1951 dall’archeologo Jacob Pinkerfeld, il quale mentre ricostruiva la stratificazione della Tomba di Davide ne ritrovò la struttura ed il pavimento. La zona absidale (quella che nella sinagoga in questione ospitava un incavo destinato alla Torah) ha un chiaro orientamento verso Nord diverso da quello tipico delle sinagoghe giudaiche, e chiaramente indicante non la direzione del Tempio, distrutto all’epoca di costruzione dell’edificio, ma quella del Golgota, luogo che vide lo svolgersi della Passione di Gesù, e forse ospitò, non molto distante, la sua tomba. E’ questa orientazione che, insieme ad altri elementi (come la presenza di un monogramma costantiniano nel pavimento), portò Pixner ad associarla alla prima sinagoga della comunità giudeo-cristiana di Gerusalemme.

A questo, che è già di per sé un elemento rilevante, va aggiunta la scoperta [Vedi [4].], subito fuori di questo edificio, di una grotta cui si accede attraverso uno stretto passaggio che oggi è chiuso da un cancello, nel fondo del quale sono state ritrovate una pietra ed alcune oliere. Sulla pietra una scritta inequivocabile “Per l’olio e per lo Spirito”, che indica chiaramente la funzione di questo piccolo edificio: l’unzione dei fedeli.

L’associazione di questo edificio o casa (si suppone che essa infatti fosse in precedenza la casa che ospitò l’ultima cena) alla seconda delle tre costruzioni citate dal Vangelo di Filippo sembra pressoché automatica: infatti, se la nicchia con la Torah nella sinagoga è orientata a Nord, l’ingresso è inevitabilmente a Sud, e configura la sinagoga come un possibile candidato al secondo edificio dell’unzione in Filippo.

L’edificio, la sua posizione, la sua orientazione, gli oggetti che vi sono stati trovati, sono tutti riconducibili alla passione e quindi all’unzione di Cristo. Lo Spirito Santo è, infatti, il Consolatore che viene lasciato al credente dopo la morte del Cristo.

Ritorniamo, a questo punto, al dubbio da cui eravamo partiti: la configurazione delle cattedrali e delle chiese medievali.

La frase “Il Battesimo contiene la resurrezione e la redenzione” simbolicamente non può che richiamare un incapsulamento dell’edificio della unzione, orientato a Sud, e di quello della Camera Nuziale, orientato ad Ovest, all’interno di quello battesimale orientato ad Est.

In relazione alla terza sala, Filippo afferma:

la terza aperta dal lato orientale era detta <<il santo dei santi>>; in questo luogo penetrava soltanto il sacerdote.

Quindi si tratta di un luogo il cui ingresso è commisurato ad una sola persona: il sacerdote. questo spiega la botola, la sua dimensione, il suo orientamento e la sua collocazione sotto l’altare. La segretezza e la separatezza di questo ambiente è poi indicata nei seguenti versi:

  1. Costoro (quelli che possono accedere alla terza camera) sono detti <<il santo dei santi>>,[poiché prima]che il velo fosse strappato,[noi non avevamo] altra camera nuziale, ma solo una immagine [della camera nuziale che è] lassù. È per questo che il velo fu strappato dall’alto al basso, perché era opportuno che qualcuno andasse dal basso all’alto.
  2. Coloro che sono vestiti della luce perfetta non sono visti e quindi non possono essere trattenuti dalle forze: ci si riveste di questa luce nel mistero, nell’unzione.

La invisibilità di tali membri eletti, chiaramente sacerdoti di alto rango (leggi vescovi), e la necessità di rimanere nell’ombra sono, in questo passo, chiaramente espressi. La missione per la quale essi sono stati predestinati si rivela, probabilmente, solo agli altri eletti, durante l’unzione che, a questo punto, non può essere il semplice crisma battesimale, ma l’unzione sacerdotale che si praticava nella seconda camera ancora aperta al pubblico, quella, appunto, della unzione. Tutto ci ricollega allora al Graal di Wolfram. La pietra che conteneva i nomi dei Cavalieri che avrebbero difeso il Graal aveva una proprietà particolare, solo i cavalieri eletti potevano leggervi il loro nome.

A questo punto va applicato un principio gnostico tipico: quello della inversione del simbolismo. Un principio delineato e motivato da vari brani nel Vangelo di Filippo, tra cui quelli maggiormente esplicativi recitano:

  1. Gli arconti vollero ingannare l’uomo, perché essi videro che egli aveva la stessa origine di quelli che sono veramente buoni. Essi presero il nome delle cose che sono buone e lo diedero alle cose che non sono buone, per potere, per mezzo dei nomi, ingannare gli uomini e legarli alle cose che non sono buone.

E ancora:

  1. I nomi che vengono dati alle cose terrestri racchiudono un grande inganno, perché distolgono i cuori da concetti che sono autentici verso concetti che non sono autentici. Chi sente la parola “Dio” non intende ciò che è autentico, ma intende ciò che non è autentico. Così pure per “Padre” e “Figlio” e “Spirito Santo” e “Vita” e “Luce” e “Resurrezione” e “Chiesa” e tutti gli altri nomi non s’intende ciò che è autentico, ma s’intende ciò che non è autentico. A meno che non si sia venuti a conoscenza di ciò che è autentico, questi nomi sono nel mondo per ingannare. Se essi fossero nell’eone, non sarebbero nominati ogni giorno nel mondo e non sarebbero mescolati tra le cose terrestri. Essi hanno la loro fine nell’eone.

Quindi è più che giustificata la lettura inversa degli aggettivi come buono e cattivo, alto e basso. Quando, nel Vangelo di Filippo, si leggono gli ordini di importanza dei tre edifici non si può che dedurre che essi fossero disposti in profondità rispetto alla Chiesa Madre, in ordine inverso all'”altezza” della loro funzione. In alto era posta, visibile, la cattedrale; la cripta inferiore era disposta seminascosta e subito sotto il pavimento sotto l’altare con orientazione ed ingresso a Sud; infine la cripta nascosta destinata alla “camera nuziale” ed al “santo dei santi”, cui potevano avere accesso solo il sommo sacerdote e gli eletti (vescovi eletti), è posta ancor più sotto rispetto alla cripta della unzione, e il suo accesso è contrassegnato da una botola sotto l’altare. La sua posizione verticale crediamo fosse ancora inferiore rispetto a quella della cripta, probabilmente sotto il piano del pavimento di questa, ma al centro della cattedrale, proprio come nel mosaico di Otranto.

Questa sala non può che essere quella scoperta a Muro Lucano, e quindi ha, come avevamo supposto, una funzione che va ben oltre quella di semplice luogo di sepoltura: essa è la “camera nuziale” gnostica del Vangelo di Filippo.

Dal punto di vista archeologico, resterebbero da identificare gli edifici in cui a Gerusalemme, all’interno del quartiere esseno si eseguivano rispettivamente le cerimonie di battesimo e quella, invece, che fungeva da camera nuziale. Ovviamente in ordine al ritrovamento di quest’ultima non ci facciamo troppe illusioni: se unicamente grazie al caso è emerso il “Santo dei Santi” in una chiesa cristiana a Muro Lucano, e solo dopo un evento sismico come il terremoto del 1980, figuriamoci se è possibile sperare di trovare qualcosa in un territorio martoriato come la Palestina, a 1800 anni dalla realizzazione delle opere cui siamo interessati. Siamo già più che fortunati nell’aver ritrovato la sinagoga giudaico cristiana sotto la Tomba di Davide, ma anche qui il caso (?) ha giocato un ruolo essenziale: infatti gli scavi cominciarono solo perché i bombardamenti della prima guerra di indipendenza Israeliana del 1948 avevano coinvolto pure la Tomba di Davide, ed andavano eseguiti urgenti lavori di consolidamento.

Per la chiesa esterna si sa solo che nei pressi della sinagoga giudeo-cristiana, sotto la tomba di Davide, è stata ritrovata una vasca d’immersione battesimale; ma anche qui può essere solo un caso, visto che ne sono state ritrovate diverse nel quartiere esseno di Gerusalemme, ed anche grazie a queste è stato possibile consolidare l’ipotesi della origine essena dello stesso.

In fondo, per i nostri scopi, questo è però un obiettivo che possiamo considerare secondario. In pratica quella individuata in Filippo è proprio la configurazione che ritroviamo nelle cattedrali medievali e che, in particolare, troviamo ad Otranto.

  1. Il significato dell’orientamento delle cattedrali e delle cerimonie sacramentali secondo la gnosi del Vangelo di Filippo

Il Battesimo gnostico

Completata, almeno parzialmente, l’analisi oggettiva e storico-archeologica a sostegno della nostra tesi, ci resta da affrontare il tema più scottante che possiamo così sintetizzare: se il significato recondito delle orientazioni dei templi cristiani è nella gnosi, che cosa di diverso e di più si può evincere intorno ad esso?

Cominciamo con una delle due interpretazioni che avevamo già proposto, relativa alla contro-orientazione delle cattedrali rispetto al Tempio di Gerusalemme. Gli aspetti interessanti sono essenzialmente due: il primo attiene al principio della negazione dei simboli (intesa come interpretazione opposta del simbolo, tipica della gnosi), il secondo, invece, attiene alla possibile preesistenza di questo concetto rispetto alla gnosi stessa.

Relativamente al primo aspetto, la gnosi capovolge il valore dei simboli e quindi non fa meraviglia che si sia deciso di contro-orientare gli edifici ad essa ispirati rispetto al Tempio di Gerusalemme ed a quello che esso rappresentava.

Relativamente al secondo aspetto, va considerato che, se quello che abbiamo ipotizzato sulla sinagoga giudeo-cristiana di Gerusalemme è vero, è allora chiaro che la scelta di orientare la camera della unzione non verso il Tempio ma verso la nuova speranza, il Golgota, non poteva che avere il seguente significato simbolico: il Tempio e la Torah, con il sacrificio (in linea con i principi gnostici ma anche con quelli esseni che precedono il pensiero cristiano) sono superate, di conseguenza si supera totalmente anche l’orientamento ad essi connesso.

Ma qui non siamo ancora al principio gnostico, semmai siamo pienamente nella interpretazione di Paolo di Tarso. Se il principio fosse stato questo tutte le cripte delle cattedrali europee avrebbero avuto l’ingresso a Nord e non a Sud; esse infatti avrebbero dovuto puntare verso il Golgota, ma da Nord e non da Sud, come accade per la sinagoga giudeo-cristiana posta sotto la Tomba di Davide. Non che questo non sia vero per alcune chiese, le quali talora presentano cripte con doppio ingresso sia a Nord che a Sud, indicando chiaramente una indecisione dei costruttori che dovevano aver perso l’originario riferimento, una volta scomparsa definitivamente l’eresia gnostica dopo la crociata contro il suo ultimo baluardo: quello Cataro.

Dicevamo, comunque, che il principio non può essere questo, e quando ci si trova di fronte a situazioni simili possiamo, a nostro avviso, escludere che l’edificio sacro abbia legami diretti con il Templarismo e con la radice gnostica che esso rappresentava nei suoi ranghi più elevati e segreti.

Passiamo, invece, ad analizzare il presupposto gnostico cominciando dalla Chiesa Superiore o Tempio Battesimale, secondo la gnosi. La spiegazione che attendevamo a motivo della presenza di una apertura ad Ovest e non ad Est, è solo in apparenza simile a ciò che avevamo supposto: il cammino del credente verso la luce della fede. In realtà questa visione nasconde la radice profondamente gnostica ed esoterica di tale scelta architettonica, viceversa chiaramente espressa nel verso 75 di Filippo:

  1. Senza luce nessuno può vedersi nell’acqua oppure in uno specchio, ma neppure senza acqua e senza specchio potrai nuovamente vederti nella luce. Per questo motivo è necessario battezzare nella luce e nell’acqua, in tutte e due. Ora la luce è l’unzione.

La scelta architettonica di stampo gnostico faceva sì a nostro parere che di fronte all’altare la luce del mattino, proveniente dalle finestre absidali esposte ad Est, si riflettesse sulla persona, determinando la formazione di una sua immagine nell’acqua battesimale. L’immersione in acqua provocava la fusione simbolica tra il credente e tale immagine con una interpretazione simbolica duplice: rinascita nella immagine, e purificazione (aspetto questo, che ha una valenza molto meno importante nella gnosi, di quanto non lo sia per il cristianesimo o l’essenismo). Per comprendere quanto sia dirompente questo approccio e quanto sia profondamente diverso da quello cristiano, va sicuramente detto che la immagine ha un ruolo assolutamente centrale nella gnosi, tanto che lo stesso Moraldi sceglie il passo seguente quale sintesi del suo volumetto sui Vangeli gnostici, tratto, guarda caso, proprio dal Vangelo di Filippo:

  1. La verità non è venuta nel mondo nuda, ma è venuta in simboli ed immagini.

Il brano prosegue spiegando il profondo valore di questa affermazione, ed il suo legame con il battesimo, e l’unzione.

(La verità) Non la si può afferrare in altra maniera. C’è una rigenerazione e un’immagine di rigenerazione. Ed è veramente necessario che si sia rigenerati attraverso l’immagine. Che cos’è la resurrezione? L’immagine deve risorgere per mezzo dell’immagine. Lo sposo e l’immagine penetrano nella verità attraverso l’immagine. Questa è la restaurazione.

Quindi l’immagine è necessaria per conoscere la Verità e la Verità la si conosce solo se si diviene l’immagine di se stessi. Questo è ciò che accade nel battesimo e si completa, come vedremo, con l’unzione. Solo alla fine di questo percorso si perviene alla “restaurazione” nella camera nuziale, cioè alla ricongiunzione degli Eletti con il Padre, attraverso un percorso sapienziale autonomo e solitario fatto di meditazione sulle immagini che porta lo gnostico a “ricordare” la sua origine divina. Anche da questa analisi superficiale si evidenzia la dirompenza di questa impostazione e la distanza dell’approccio cristiano tradizionale ed in particolare cattolico. Ma il problema va ben al di là della semplice autonomia e non necessità di mediazione tra l’uomo e Dio, e da quello inerente la possibilità di pervenire alla conoscenza divina ed alla ricongiunzione degli Eletti con il Padre. Ridurre solo a ciò la novità della presente interpretazione gnostica del simbolismo delle cattedrali è quantomeno parziale: l’essenza del simbolismo in esame è estremamente più profonda.

Il primo passo per comprendere la complessità del concetto battesimale gnostico è la motivazione che viene addotta, in Filippo, per l’avvento della morte nel mondo:

  1. Quando Eva era in Adamo, non esisteva la morte. Ma dopo che essa si fu separata, la morte è sopravvenuta. Se essa entra di nuovo in lui, e se egli la riprende in se stesso, non esisterà più la morte.

C’è quindi stata una separazione dell’uomo in se stesso. Egli ha perso una sua parte componente: è allora che si è dato origine alle nascite e morti. L’uomo uno ed auto generante e rigenerante, è divenuto separato. Già si avverte nel precedente brano che il valore della “camera nuziale” va molto al di là di quello che si sarebbe portati a pensare associandolo a mitologici riti orgiastici da sempre attribuiti, ingiustificatamente secondo noi, alla gnosi – che io chiamerei, per motivi intuibili e per affinità con altri contesti esoterici, “gnosi bianca”.

Il concetto è ribadito anche nel seguente passo, che però aggiunge un elemento essenziale, il motore della ricongiunzione e del superamento dell’errore originario, cioè il Cristo:

  1. Se la donna non si fosse separata dall’uomo, non sarebbe morta, con l’uomo. La sua separazione è stata l’origine della morte. Per questo motivo è venuto il Cristo: per annullare la separazione che esisteva fin dalle origini e unire di nuovo i due, e per dare la vita a quelli che erano morti nella separazione e unirli.

Siamo, comunque, ancora a livello simbolico e non abbiamo penetrato il senso di queste affermazioni. Il passo seguente ci avvicina ancora di più al senso di queste metafore:

  1. L’anima di Adamo è venuta nell’esistenza per mezzo di un soffio. Quello è il suo consorte. Lo Spirito che gli è stato dato è sua Madre; l’anima fu sostituita dallo spirito che gli è stato dato in sua vece. Quando si unì a lui pronunciò parole incomprensibili alle forze. Esse lo invidiarono perché erano separate dall’unione spirituale. Tale [divisione] offrì loro l’occasione [di formarsi un simbolico] letto nuziale affinché [gli uomini si contaminassero in esso].

E ancora:

  1. Adamo è stato fatto da due vergini: lo spirito e la terra vergine. Per questo motivo, Cristo è stato generato da una vergine: per riparare alla caduta che è avvenuta alle origini.

Rivediamo e commentiamo ora ciò che secondo gli gnostici costituiva la matrice dell’errore che doveva essere riparato. Adamo è privo di qualcosa che gli apparteneva: la sua anima, o meglio il suo “animo”, visto che Filippo gli attribuisce connotazioni maschili di “compagno”. L’anima fu sostituita con lo Spirito vitale: il soffio, madre di Adamo. La sostanza forte di questa affermazione è evidente: Adamo era preesistente a colui che lo rigenera attraverso il soffio. Ma se ciò è vero, l’impasto di creta operato dal Demiurgo non è Adamo, bensì un suo simulacro. Adamo viene intrappolato in esso quando il Demiurgo “pronunciò parole incomprensibili alle forze”. Stiamo quindi parlando non di un atto creativo ma di una trasformazione di un essere di per sé divino in un essere umano e fragile. Tale trasformazione comporta l’esistenza di un Dio malvagio, il Demiurgo appunto, che non crea ma trasforma la realtà togliendo ad Adamo i suoi vestiti celesti per dagli quelli di fango che non gli appartengono. L’esistenza del Demiurgo è confermata in Filippo dal seguente brano:

  1. Il mondo è stato creato in seguito ad una trasgressione. In effetti colui che l’ha creato voleva farlo incorruttibile ed immortale, ma egli ha commesso una trasgressione e non ha soddisfatto la sua speranza. Infatti l’incorruttibilità del mondo non c’è stata e non c’è stata l’incorruttibilità di colui che ha fatto il mondo. Veramente non c’è incorruttibilità nelle opere, ma nei figli, e nessuna opera potrà ricevere la incorruttibilità, a meno che diventi figlio. Ma colui che non ha la possibilità di ricevere, quanto maggiormente non potrà dare!

La divinità dell’uomo e la sua eternità sono inoltre confermate dal brano seguente:

  1. Così è nel mondo: gli uomini creano dei e venerano le loro creazioni. Sarebbe conveniente che gli dei venerassero gli uomini

Ci piace sottolineare, con una breve digressione, che questa preesistenza degli eletti alla creazione non è un fatto nuovo, nell’ambito dell’ebraismo poi divenuto cristianesimo, ma ha una sua forte radice in una parte dell’essenismo che ritroviamo appieno negli Inni Qumraniani. Ecco due brani tratti dagli Inni che dimostrano quanto abbiamo anticipato:

Questi sono quelli che tu hai sta[bilito prima dei] secoli per giudicare con loro tutte le opere prima di crearle insieme con l’esercito dei tuoi spiriti e la congregazione degli [angeli]. Col V (XIII) [vedi [11].]

Hai purificato lo spirito perverso dal grande peccato, perché possa far parte dei Santi del cielo. Hai stabilito per l’uomo una sorte eterna insieme agli spiriti di conoscenza. Col. XI (III)

Abbiamo fatto un notevole passo avanti nella comprensione della radice dell’errore, ma non è ancora sufficientemente chiaro (lo abbiamo solo tratteggiato) il significato della immagine nel battesimo gnostico.

  1. L’acqua viva è una sostanza. È necessario che ci rivestiamo dell’Uomo Vivente. Per questo, quando uno viene per discendere nell’acqua si leva gli abiti per rivestirsi di quello.

Il precedente brano aggiunge un’informazione centrale: l’immersione in acqua battesimale ci fa spogliare dei vestiti umani per rivestirci del vestito celeste. Ma ritorniamo al vestito di cui Adamo è stato privato:

  1. In questo mondo, quelli che indossano i vestiti (anime) sono superiori ai vestiti (corpo); nel Regno dei Cieli i vestiti (spirito) sono superiori a quelli che li indossano, per l’acqua ed il fuoco che purificano tutto il luogo.

Nel battesimo ci si sveste simbolicamente del vestito reale, ma anche di quello metaforico che è il corpo, per rivestirsi del vestito dell’Uomo Vero e Vivente. Ma che cos’è questo vestito celeste, come è composto? Ecco la risposta di Filippo:

  1. Non solamente l’uomo perfetto non potrà essere colto, ma non potrà nemmeno essere visto. Perché se egli è visto sarà colto. In nessun’altra maniera qualcuno potrà ottenere per se stesso questa grazia, a meno che non si rivesta della Luce perfetta e non diventi egli stesso Luce perfetta. Quando l’avrà rivestita, egli andrà nella Luce. Tale è la Luce perfetta.

Il vestito è luce, l’uomo si deve rivestire di esso e quindi di luce, divenendo Luce Perfetta egli stesso. A questo punto gli elementi del puzzle battesimale gnostico sono ricomposti: manca solo la funzione di correzione che cercavamo e che rende il Cristo essenziale per questo processo. Ecco come Filippo dipana anche questo mistero:

  1. Gesù ha rivelato sulle rive del Giordano la pienezza del Regno dei Cieli che esisteva prima del Tutto. Poi egli fu rigenerato. Poi fu adottato come figlio. Poi fu unto. Poi fu redento. Poi ha redento.
  2. Se è possibile riferire un mistero: il Padre del Tutto si è unito alla Vergine che è discesa e quel giorno un fuoco lo ha illuminato. Esso ha rivelato la grande camera nuziale. Per questo il suo corpo, che è venuto nell’esistenza in quel giorno, è venuto dalla camera nuziale, come quello che è stato generato dallo Sposo e dalla Sposa. Così, grazie a questi, Gesù ha ristabilito il Tutto in essa. Ed è inevitabile che ogni discepolo entri nella sua Quiete.

La prima cosa che si evince è la assoluta centralità del battesimo nel Giordano per la gnosi. E’ chiaro che per gli gnostici ciò che era avvenuto prima del battesimo non aveva valore, e se Marco, che gnostico di sicuro non era, ignorava il battesimo ma anche la funzione di esso (che invece emerge in tutta la sua importanza solo nel Vangelo di Matteo), come non credere alla Patristica quando afferma che fu Matteo il primo Vangelo? E che la copia che ne abbiamo è sostanzialmente identica alla versione ebraica primitiva, eccezion fatta per la presenza di una genealogia e della narrazione dell’infanzia assenti nell’originale? Ma questa è, ovviamente, altra storia, che però ci serve per sottolineare quanto ci sia da fare e da rifare nell’ambito della storia cristiana alla luce delle testimonianze di Hag Hammadi.

Ritorniamo comunque alla nostra analisi del pensiero gnostico e della funzione della immagine che equivale a quella del vestito, ed alla funzione correttiva della venuta di Gesù nella gnosi. Gesù ripara un “errore”: entrando nel Giordano fa sì che la sua componente femminile, lo Spirito, che aveva avuto come ogni uomo in sostituzione della sua anima, si unisse sul metaforico letto nuziale con quella maschile: il Padre. In questo modo e in quello stesso giorno è nato l’essere perfetto: l’anima è stata concepita dall’unione e ha sostituito lo Spirito, generando l’Uomo Vivente e l’Uomo Nuovo, l’unico che, secondo Filippo, è in grado a sua volta di generare altri Uomini Viventi.

Filippo ci ha spiegato ciò che poteva lasciando volutamente vari punti oscuri come, ad esempio, il perché l’immagine riflessa in uno specchio sia l’emblema massimo della veste che è nei cieli. Cerchiamo di capire, ora, come avveniva il rito battesimale. E’ probabile che non si svolgesse con l’aspersione ma con l’immersione completa del corpo nudo in acqua, quindi era simile ma non uguale a quello cristiano cattolico. In particolare l’unzione con olio riteniamo non fosse praticata durante il battesimo, ove la Luce ricopriva già questo compito, ma solo durante il rito della unzione. Comunque, il valore simbolico altissimo della cerimonia ed il suo contenuto esoterico erano, di certo, volutamente occultati. A confermarci questo alto valore esoterico ecco ancora un brano di Filippo:

  1. Ciò che è manifesto, lo è grazie a ciò che è manifesto; ciò che è nascosto, grazie a ciò che è nascosto. Ma vi sono certe cose nascoste che lo sono grazie a cose manifeste. C’è un’acqua nell’acqua ed un fuoco nel crisma.

Quindi il battesimo rivela cose nascoste attraverso cose manifeste, in fondo è ciò che abbiamo appena ipotizzato avvenisse per gli gnostici (vescovi templari del gruppo ristretto e nascosto di comando), i quali praticavano riti cristiani leggendoci però significati non rivelati e non rivelabili. Così, l’acqua dell’altro Regno è nell’acqua di questo regno. Ciò non può che significare che nell’acqua gli gnostici riconoscono una proprietà particolare che non è terrena. Attraverso le funzioni che l’acqua svolge quaggiù possiamo comprendere la funzione che l’acqua ha lassù. Se questa interpretazione è corretta si capisce il valore esoterico posseduto dall’acqua, e allora si comprende che l’immagine riflessa in essa potesse essere, per gli gnostici, una sorta di ponte tra due mondi, che ci consente di riconoscere la nostra “vera” immagine, vale a dire il nostro io reale. Raggiungere quell’Io e rinascere è lo scopo del battesimo.

Ma può solo l’acqua svolgere questo ruolo? A giudicare dal brano che riproponiamo, no:

  1. Senza luce nessuno può vedersi nell’acqua oppure in uno specchio, ma neppure senza acqua e senza specchio potrai nuovamente vederti nella luce. Per questo motivo è necessario battezzare nella luce e nell’acqua, in tutte e due. Ora la luce è l’unzione.

La luce sostituisce l’unzione, ma la luce è il vestito, come abbiamo visto, e quindi la luce colpisce l’uomo e si riflette nell’acqua componendo metaforicamente l’Uomo Vivente, o meglio l’immagine dell’Uomo Vivente. Il battesimo consente l’immersione nell’Uomo Vivente e quindi lo spogliarsi del vestito corrotto per rivestirsi di quello eterno. Come la figura nell’acqua è incorporea e ci mostra l’immagine dell’Uomo Vivente, così quella riflessa del vestito, che è la sostanza dell’Uomo Vivente nell’altro Regno, è incorporea. Essa, come l’immagine nell’acqua, è luce. Ci si potrebbe spingere ancora oltre osservando, ad esempio, come il principio di capovolgimento orizzontale della immagine riflessa che inverte l’immagine reale dell’Uomo, simboleggi quel principio interpretativo tipicamente gnostico della inversione del senso dei simboli: ciò che appare bianco è nero, e ciò che è appare a destra è in realtà a sinistra. Questo, però, è un rito aperto a tutti che serve a riconoscere gli eletti. Infatti non tutti escono da questo rito rivestiti del loro vestito di luce.

  1. ) Se qualcuno scende nell’acqua e ne esce fuori senza aver ricevuto nulla e dice: “Io sono cristiano”, egli si è appropriato il nome; ma se egli riceve lo Spirito Santo, ha il dono del nome. Chi ha avuto il dono, non ne è più privato; ma chi se l’è appropriato, gli viene tolto.

L’Unzione gnostica

Passiamo ora ad analizzare il rito dell’unzione che si compiva nell’edificio aperto a Sud, e che nelle cattedrali medievali corrisponde alla cripta visibile. Cominciamo dall’elemento base necessario per l’unzione. Scrive Filippo:

  1. L’apostolo Filippo ha detto: ” Giuseppe il falegname ha piantato un giardino, perché aveva bisogno di legna per il suo mestiere. È lui che ha costruito la Croce con gli alberi che ha piantato. Il suo seme è stato Gesù, la Croce la sua pianta.
  2. Ma l’albero della vita è in mezzo al Paradiso. Tuttavia è dall’ulivo che si estrae il crisma, grazie al quale si ha la resurrezione.

Quindi l’olio di oliva è, come potevamo immaginare, l’elemento base per la unzione. Filippo precisa inoltre la funzione della resurrezione che avviene a mezzo della unzione con il seguente brano che riportiamo nella sua interezza:

  1. La verità non è venuta nel mondo nuda, ma è venuta in simboli ed immagini. Esso non la riceverà in altra maniera. C’è una rigenerazione e un’immagine di rigenerazione. Ed è veramente necessario che si sia rigenerati attraverso l’immagine. Che cos’è la resurrezione? E la immagine è necessario che risorga attraverso l’immagine e la camera nuziale; l’immagine attraverso l’immagine, è necessario che si entri nella Verità, che è la restaurazione.

Questo è inevitabile per coloro che non soltanto ricevono il nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ma che li hanno ottenuti proprio per sé. Se uno non li ottiene proprio per sé, anche il nome gli sarà tolto. Ora questi si ottengono con l’unzione aromatica della potenza della Croce, che gli apostoli hanno chiamato la destra e la sinistra. Infatti costui non è più un cristiano, ma un Cristo.

La rigenerazione, quindi, non può avvenire se non attraverso l’immagine. La funzione di fusione tra l’uomo e la sua immagine è, quindi, quella di garantire simbolicamente che l’uomo divenuto immagine di se stesso, poiché ha indossato il suo vestito celeste ed è rinato, possa passare alle fasi successive della evoluzione gnostica, la prima delle quali corrisponde appunto, “all’unzione aromatica della pienezza della potenza della Croce”. Nella pratica, come si evince dal brano, l’unzione gnostica viene accompagnata dal pronunciamento e quindi dall’ottenimento “per sé” del nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insieme al frutto della Croce: il crisma dell’unzione. E’ spiegata, quindi, la sequenza non casuale della narrazione dei versi 91 e 92 già visti. Giuseppe il falegname pianta una pianta di ulivo che diviene la croce o meglio l’albero cui è appeso il Cristo (la crocifissione nelle scritture ebraiche era chiamata appunto “l’apprendimento all’albero”). Il frutto di quell’albero è il crisma sintesi della unione con il Tutto e della unione delle tre figure divine Padre, Figlio e Spirito Santo. Da quest’ultima osservazione si comprende la funzione del pronunciamento della formula trinitaria. Fondamentale è, poi, notare che il risultato della unzione, del ricevimento dei tre nomi è che colui che con il battesimo aveva ricevuto solo il nome di Cristiano, con l’unzione diviene “un Cristo”.

Qui siamo al punto più significativo ed emblematico della gnosi: ciascuno, con l’unzione, non è più se stesso, ma diviene identico a Cristo. Il brano che segue, spiega in maniera più precisa i concetti ora esposti:

  1. Non è possibile che uno veda qualcuna delle realtà autentiche, a meno che non diventi come esse. La Verità non è come per l’uomo nel mondo: egli vede il sole, ma non è il sole, e vede il cielo e la terra e tutte le altre cose, ma non sono per nulla quelli autentici.

Ma tu hai visto qualcuna delle cose del Luogo e sei divenuto di quelle. Tu hai visto lo Spirito e sei diventato Spirito. Tu hai visto Cristo e sei diventato Cristo. Tu hai visto il Padre e diventerai il Padre. Per questo, ora, tu vedi ogni cosa e non vedi te stesso. Ma vedrai te stesso in quel Luogo, e diventerai quello che vedi.

Il brano compendia le tre fasi di crescita spirituale per lo gnostico, che passano attraverso il battesimo, l’unzione e la camera nuziale; inoltre, ribadisce e chiarifica la funzione della immagine e la necessità di identificarsi con essa come momento essenziale per cogliere la verità. Durante ogni passaggio, da quello battesimale che ci mostra la nostra vera immagine e ci porta alla rinascita ricongiungendoci ad essa, fino all’unzione ove avviene la resurrezione (prima della morte, punto sul quale ritorneremo tra breve), attraverso il Crisma frutto della Croce e l’ottenimento dei tre nomi, fino alla camera nuziale che discuteremo tra breve, l’uomo passa attraverso l’identificazione con le tre figure della Trinità: lo Spirito, con il battesimo, il Cristo, con l’unzione, il Padre, con la camera nuziale, pervenendo al contatto completo col divino in una totale immedesimazione ed autoidentificazione con il divino. Lo gnostico, attraverso i sacramenti impartiti durante precisi momenti della vita, arriva alla rigenerazione e ricostruzione di sé, quindi diviene egli stesso il Padre, il Cristo, lo Spirito. Si vede così quanto la sostanza dei sacramenti gnostici, da cui pure tanto attinge la tradizione cristiana ortodossa (basti pensare che se la datazione al II sec. proposta da Moraldi è corretta, questo testo non può che riflettere i principi dai quali poi nacquero, fortemente ridimensionati, i sacramenti cristiani) disti da quella cristiana e presenti una teologia molto più evoluta, complessa e completa, ben al di la delle più ardite elaborazioni teologiche del cristianesimo Paolino.

Ma approfondiamo un tema fortemente ambiguo, su cui la gnosi del Vangelo di Filippo batte con forza: la necessità che la resurrezione avvenga prima della morte e non dopo:

  1. Coloro che dicono che il Signore prima è morto e poi è risuscitato, si sbagliano, perché egli prima è risuscitato e poi è morto. Se uno non consegue prima la resurrezione non morirà, perché “come è vero che Dio vive” egli sarà già morto.

Il brano presenta un elemento che da solo mette in crisi l’essenza stessa dell’essere cristiano secondo S. Paolo: la resurrezione. In pratica la resurrezione gnostica non segue la morte del Cristo, ma la precede. E’ chiaro che con il termine morte, gli gnostici fanno riferimento alla morte corporea, mentre con il termine resurrezione essi si riferiscono al ricongiungimento con il Padre ed alla restaurazione dell’Uomo Vivente nel suo corpo celeste. Se, però, la resurrezione del Cristo precede la sua morte, vuol dire che egli morì davvero, e che il suo corpo non risorse “realmente” dai morti? Per comprenderlo dobbiamo analizzare il tema della resurrezione secondo il Vangelo di Filippo. Sotto l’aspetto specifico della resurrezione nei corpi esso è affrontato approfonditamente da vari brani come il seguente:

  1. Vi sono certuni che hanno paura di risuscitare nudi. Per questo essi vogliono risuscitare nella carne, e non sanno che quelli che portano la carne, proprio essi sono nudi. Quelli che spogliano se stessi fino ad essere nudi, non sono nudi. Né carne né sangue possono ereditare il Regno di Dio. Qual è quello che non erediterà? Il corpo che noi abbiamo. Qual è invece quello che erediterà? Quello di Gesù e il suo sangue. È per questo che egli ha detto: “Chi non mangerà la mia carne (Logos) e non berrà il mio sangue non ha la vita in se stesso”. E cosa sono queste cose? La sua carne è il Logos e il suo sangue è lo Spirito Santo (anima). Chi ha ricevuto queste cose ha cibo, bevanda e vestito. Io, poi, biasimo anche gli altri, quelli che dicono che non si risusciterà. Infatti ambedue sono in errore. Tu dici che la carne non risusciterà: dimmi allora che cosa risusciterà, affinché noi possiamo renderti onore. Tu dici che lo Spirito è dentro la carne, che c’è pure questa luce dentro la carne. Ma è il Logos, quest’altro che è nella carne! In questa carne (Logos) in cui Tutto esiste, bisogna dunque risuscitare.

Il pensiero gnostico si dimostra, quindi, ancora una volta estremamente sottile. Non si può risorgere nella carne perché questa carne è corruzione. Una resurrezione dell’uomo in questa carne, quindi, non ha senso, Ciò che può risorgere è la nuova carne: il Logos di Cristo il cui circola il suo sangue, lo Spirito Santo. Il Logos lo si riceve in vita attraverso la maturazione gnostica del Cristo e se lo si riceve si resusciterà in quella carne. Nella sostanza, quindi, il corpo materiale è destinato al deperimento. Tutto ciò però è vero per l’uomo, mentre per il Cristo non può essere così: egli è il Logos ed è dotato di un corpo perfetto, come testimonia anche il seguente brano:

  1. ” Mio Dio, mio Dio! Perché, o Signore, mi hai abbandonato?” Egli ha detto queste parole sulla croce, perché essa [Egli] ha separato dal Luogo la sua anima, che era stata generata dallo Spirito Santo, per opera di Dio.

Il Signore si è levato dai morti ed è divenuto come era prima. Ma il suo corpo era perfetto: aveva bensì una carne, ma questa carne è una carne autentica, mentre la nostra carne non è autentica, ma noi possediamo un’immagine di quella autentica.

Prima della morte, Gesù ha quel momento di smarrimento fondamentale perché fosse aperto il canale tra il mondo dei Morti e quello dei Vivi. Lo smarrimento lo porta ad una temporanea separazione dalla sua anima ed alla dimenticanza della sua origine regale. Scende nelle sfere inferiori ma, come il principe dell’Inno alla Perla che troviamo negli Atti di Tommaso, ritrova se stesso e vince la morte aprendo la strada al ricongiungimento degli eletti con Dio simboleggiato dallo squarcio del velo: “dall’alto verso il basso perché qualcuno dal basso andasse verso l’alto”. Questo brano, quindi, risponde alla domanda che ci eravamo posti. Gesù risorge dai morti riprendendosi il corpo perfetto e riacquistando la “memoria” temporaneamente persa nell’ambito di un progetto di restaurazione per l’uomo perché si aprisse quel canale di salvezza che prima mancava: ecco perché proprio “Gesù = Salvezza” è il nome nascosto secondo Filippo.

Il problema che, però, ci si deve porre è il seguente: tra il battesimo e l’unzione, lo gnostico doveva percorrere un cammino particolare? Era, cioè, necessaria una preparazione specifica per giungere all’unzione?

  1. A tutti quanti posseggono il Tutto, non necessariamente tutti conoscono se stessi? E in verità, quelli che non conoscono se stessi non gioiranno di ciò che essi posseggono, ma quelli che sono pervenuti alla conoscenza di se stessi ne gioiranno.

Il Tutto lo si riceve con l’Unzione e, quindi, l’unzione era, quasi certamente, preceduta da un periodo di alcuni anni durante il quale lo gnostico iniziava una attenta e minuziosa autoanalisi che alcuni hanno, probabilmente in maniera corretta, identificato come un processo fondato su presupposti non dissimili da quelli della moderna psicoanalisi. [In [5] Mario Guarracino, ad esempio, ha proposto una singolare e coinvolgente interpretazione di tutti i passi del Vangelo gnostico di Tommaso in chiave psicoanalitica.] In effetti sembra proprio questa la più probabile chiave di lettura di brani come il seguente:

  1. Finché le loro passioni sono nascoste, rimangono e sono vive; se vengono manifestate, muoiono, secondo l’esempio dell’uomo che è manifesto: finché le viscere dell’uomo sono nascoste, l’uomo vive; se le viscere appaiono e vengono fuori di lui, l’uomo morirà. Così pure è l’albero: finché la sua radice è nascosta, esso fiorisce e cresce; se la radice appare, l’albero secca. Così è per ogni prodotto che è nel mondo, non soltanto per quello che è manifesto, ma anche per quello che è nascosto. Infatti, fintanto che la radice dell’errore è nascosta, esso è forte, ma quando è riconosciuta, esso si dissolve. Questo è il motivo per cui il Logos ha detto: “Già la scure è posta alla radice degli alberi”. Essa non sfronderà soltanto “ciò che è sfrondato germoglia di nuovo” ma la scure taglia profondamente finché svelle la radice. E Gesù ha divelto la radice di tutto il luogo; gli altri invece solo in parte. Quanto a noi, ciascuno scavi profondamente fino alla radice dell’errore, che è dentro di lui e lo divelga dal suo cuore fino alla radice. Ed esso invero sarà divelto, quando noi lo riconosceremo. Che se noi siamo ignoranti a suo riguardo, esso affonda in noi le radici e produce i suoi frutti nei nostri cuori. Esso domina su di noi, e noi siamo suoi schiavi. Ci tiene prigionieri, cosicché noi facciamo ciò che non vogliamo, e ciò che vogliamo non lo facciamo. Esso è potente perché noi non lo conosciamo, e finché esiste, esso lavora. L’ignoranza è per noi la madre dell’errore. L’ignoranza è al servizio della morte: ciò che viene dall’ignoranza né è esistito, né esiste, né esisterà. Invece coloro che sono nella verità saranno perfetti quando tutta la verità si manifesterà.

Quindi l’autoanalisi è destinata alla scoperta di se stessi ed alla scoperta della radice dell’errore e delle passioni. Una volta scoperto il proprio “lato oscuro” si può ricevere ed apprezzare il Tutto che si ottiene con l’unzione.

La Camera Nuziale

Passiamo, ora, all’analisi del più segreto e riservato, ma anche del più misterioso dei riti gnostici: quello della Camera Nuziale. Abbiamo già fatto cenno al fatto che tale rito non può e non deve essere visto o correlato a riti orgiastici o comunque sessuali, il Vangelo di Filippo espone in maniera chiara la distanza che c’è tra questa “camera nuziale” e l’atto sessuale, salvo che questo non venga correlato all’altissimo ruolo metaforico e rituale di riunione dell’uomo con la sua componente femminile e con la generazione della immagine di quella un Uomo Perfetto e celeste che è obiettivo primario dello gnostico. Ma ritorniamo al rito della camera nuziale.

  1. Ma la camera nuziale è nascosta. Essa è il Santo dei Santi. Adesso la cortina tiene celato in che modo Dio governa la creazione, ma quando la cortina si strapperà e ciò che è all’interno verrà rivelato, allora quest’edificio sarà lasciato deserto, o piuttosto, sarà distrutto. Ma la divinità non fuggirà interamente da questi luoghi dentro il Santo dei Santi, perché essa non potrà unirsi alla Luce senza mescolanze e al Pleroma senza difetti, ma starà sotto le ali della Croce e sotto le sue braccia. Questa sarà per essi l’arca di salvezza, quando il diluvio delle acque li investirà. Se vi saranno di quelli della tribù del sacerdozio, essi potranno entrare all’interno della cortina con il Sommo Sacerdote.

Qui l’associazione della camera nuziale alla cripta nascosta delle cattedrali è più che mai evidente. La camera nuziale è, innanzitutto, nascosta e, come sapevamo, costituisce il Santo dei Santi, ma è interessante notare che essa viene segnalata “sotto le ali della croce e sotto le sue braccia”, in pratica in corrispondenza dell’abside, tenendo conto della classica forma cruciforme delle cattedrali. La parte che, a nostro avviso, appare più interessante, è l’associazione dell’Arca che era contenuta nel Santo dei Santi, e che conteneva le Tavole della Legge, con l’Arca di Noè che salva dal Diluvio. Questa associazione, che ha il gusto di una provocazione intellettuale, in realtà è spiegata implicitamente nel momento in cui Filippo spiega che nel Santo dei Santi e quindi nella Camera Nuziale, dietro il velo che si strappa, si rivela il “modo in cui Dio governa la creazione”: il segreto della creazione è, quindi, il segreto che si nasconde nella camera nuziale. Se l’uomo conosce il segreto della creazione e gli strumenti attraverso cui Dio governa il mondo avrà la conoscenza per salvarsi dal secondo diluvio: l’Arca dell’alleanza diviene anche l’Arca di Noè. Chi entra nella camera nuziale è il Sommo Sacerdote, o comunque qualcuno che è di stirpe sacerdotale. Nella gnosi, ovviamente, la stirpe sacerdotale è nascosta e non è connessa ad una particolare famiglia (come avveniva in ambito ebraico), bensì è riconducibile a una elezione che è sconosciuta a tutti fino a quando non si manifesti prima nel battesimo gnostico e poi nella unzione. E’ chiaro, però, che chi entra nella camera nuziale è già passato attraverso il battesimo gnostico e poi attraverso l’unzione, rivelandosi come eletto solo a coloro che potevano vederlo: altri eletti. Il brano di Filippo prosegue affermando:

Per questo motivo la cortina non si è strappata soltanto in alto, altrimenti sarebbe stata aperta soltanto per quelli in alto, né si è strappata soltanto in basso, altrimenti sarebbe stata aperta soltanto a quelli in basso. Ma si è strappata dall’alto in basso. Le cose in alto si sono manifestate a noi che siamo in basso, affinché potessimo entrare nel segreto della Verità.

Il motivo dello strappo nel velo e della sua direzione è sottolineato da Filippo che ci spiega come, con la morte del Cristo e con lo strappo nel velo, a quelli destinati alla camera nuziale viene dato accesso al Regno dei Cieli ed alla verità. Ma chi entrava nella camera nuziale? Che tipo di rito vi si svolgeva? E possibile desumere qualcosa su di esso sempre attraverso il Vangelo di Filippo?

  1. Tutti coloro che entreranno nella camera nuziale accenderanno la luce; non come si accende nei matrimoni (di quaggiù) che avvengono di notte. Il fuoco brucia soltanto la notte, poi si spegne. Ma i misteri di questo matrimonio si compiono di giorno e di notte. Quel giorno e quella luce non tramontano.

L’accensione della luce potrebbe essere riconnessa alla funzione della nicchia che si nota nella sala del tribunale dei vescovi morti, nella cattedrale di Muro Lucano. Vediamo, però, cosa si compiva nella “camera nuziale” e come ciò esattamente avveniva. Abbiamo detto che la “camera nuziale” è quel luogo nascosto ove si compie l’ultima parte del cammino gnostico, quello che porta alla ricongiunzione ed autoidentificazione con il Padre, che porta alla conoscenza del mistero che consente a Dio di governare il mondo. Ma quale procedura porta a ciò? Il seguente passo sempre tratto da Filippo ci offre qualche elemento di riflessione a conferma di questa funzione della camera nascosta.

  1. Egli ha detto: “Mio Padre che è nel segreto” ha detto: “Entra nella tua camera e chiudi la porta su di te e prega tuo Padre che è nel segreto” cioè che è nell’interno di tutti loro.

Ora, ciò che è nell’interno di tutte le cose è il Pleroma. Oltre esso non c’è nulla che gli sia interno. Questo è quello che è detto: “ciò che è al di sopra di loro”.

Quindi il momento in cui si entra nella “camera nuziale” è un momento particolare di meditazione forse estremamente lunga, un momento di riposo che consente al matrimonio mistico dello gnostico che incontra il Pleroma, di dare frutto e quindi figli.

  1. Per la verità, le opere dell’uomo provengono dalla sua potenza e per questo sono chiamate “potenze”. Sue opere sono anche i suoi figli, che provengono dal Riposo. In conseguenza di questo, la sua potenza risiede nelle opere, mentre il Riposo si manifesta nei suoi figli. E tu troverai che questo procede fino all’immagine, che compie le sue opere secondo la propria potenza, ma nel riposo crea i suoi figli.

L’imboccatura stretta, la sua posizione sotto l’altare, e ciò che abbiamo detto in merito alla segretezza di questa camera ed al fatto che fosse riservata solo a una classe sacerdotale molto ristretta e selezionata, confermerebbe l’ipotesi che essa fosse dedicata ad una sola persona, anche se il seguente brano lascia aperto uno spiraglio alla presenza di altri eletti di stirpe sacerdotale:

  1. Se un matrimonio è allo scoperto, diventa impudicizia, e la sposa, non solamente quando riceve il seme di un altro uomo, ma anche quando lascia la sua camera da letto ed è veduta, si comporta impudicamente. Ella può soltanto rivelarsi a suo padre e a sua madre e all’amico dello sposo e ai figli della camera nuziale. A costoro è permesso entrare tutti i giorni nella camera nuziale, ma gli altri non possono desiderare che di udire la sua voce e godere del suo profumo e possono desiderare di nutrirsi delle briciole che cadono dalla mensa, come i cani. Gli sposi e le spose appartengono alla camera nuziale. Nessuno può vedere lo sposo con la sposa, a meno che non lo divenga.

Quindi coloro che sono stati in qualche modo generati da un matrimonio simile (altri sacerdoti eletti), possono avere accesso alla camera nuziale in quanto imparentati con la Verità che è figlia della unione tra l’immagine ed il Pleroma, e quindi dalla riscoperta del Padre che è in noi. E’ in questa camera che vengono generati i figli, e ciò fa chiaramente divenire questa camera un luogo di iniziazione, come è ben espresso anche dal seguente brano:

  1. Chi ha ricevuto la creazione è una creatura, chi ha ricevuto la generazione è un generato. Chi crea non può generare. Chi genera ha il potere di creare. In verità si dice: “Chi crea, genera”. Ma il suo prodotto è una creatura. Per questo motivo le opere non sono figli, ma loro immagini. Chi crea, lavora visibilmente ed è egli stesso visibile. Chi genera, lavora nel segreto, ed è egli stesso nascosto. Il generato non è come l’immagine. Chi crea, crea apertamente, ma chi genera, genera figli nel segreto.
  2. Il 30mo grado della Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato e la Camera Nuziale nel Vangelo di Filippo

A questo punto vogliamo sottoporre al lettore una serie di sbalorditivi paralleli tra il rito che abbiamo desunto dal Vangelo di Filippo, e che si svolgeva a nostro avviso all’interno delle camere nascoste sotto gli altari delle chiese medievali, e quello di iniziazione del 30mo grado della massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato. Il 30mo grado del R.S.A.A., sebbene non sia l’ultimo grado della massoneria di questo rito visto che ad esso seguono altri 3 gradi amministrativi, è sicuramente quello più pregno di carattere esoterico e di alti significati filosofici e morali, ed il più alto che il massone possa raggiungere sul cammino della elevazione nella gnosi. Le similitudini e gli elementi particolari che emergono da queste analogie sono secondo noi mutuamente esplicativi, e consentono di colmare, sia per l’uno che per l’altro rito, l’insieme di significati profondi ed esoterici che si celano dietro tali riti di iniziazione.

Cominciamo con il dire che il rito in esame è, per dichiarazione esplicita di tutte le parti del dialogo tra l’iniziando ed il Gran Maestro, per la presenza numerosa di simboli tratti dall’ultima e disastrosa fine del gruppo di monaci-guerrieri, di matrice chiaramente ed inscindibilmente templare. [Vedi [6], uno stupendo volume sui gradi del R.S.A.A., nel quale si condivide e illustra la presente interpretazione. L’autore approfondisce le problematiche e la radice storica di questo che è il più “templare”, gnostico e significativo tra i riti massonici.] Secondo la leggenda esposta anche durante il rito di iniziazione (che si svolge nell’atrio del Tempio che andremo a descrivere tra breve), una parte dei Cavalieri templari, sfuggiti alla cattura ed alla inquisizione, si rifugiò e confluì, dopo il 1314, in seno alle Logge Muratorie in Scozia (ma, probabilmente, non solo lì), grazie anche alla compiacenza di re Robert I Bruce, riconoscente per l’apporto che i Cavalieri gli avevano offerto durante la guerra contro gli Inglesi. L’intero rito del 30mo grado ruota intorno a tali eventi, e culmina con la commemorazione della uccisione del De Molay, ultimo dei Grandi Maestri, ad opera degli inquisitori di Clemente V, papa avignonese pedina del re francese Filippo il Bello. Tre teschi, uno con la tiara, l’altro con la corona, e l’ultimo con la corona di alloro, ricordano, appunto, papa Clemente V, il re Filippo il Bello e l’emblema dei Templari trucidati in nome della lotta alla loro presunta eresia. Per la verità i teschi sembrano anche ricordare la maledizione che il De Molay lanciò sui suoi aguzzini e che avrebbe dovuto portarli alla morte entro un anno dalla sua (cosa che puntualmente avvenne). A giudicare dai contenuti del rito e da quello che diremo, l’accusa di eresia, ma tutti i sospetti e le ipotesi che abbiamo avanzato sia in questo sia nei precedenti lavori ([7], [8], [9], [10]), sembrano avere molto più che un fondamento, e hanno lasciato precisi indizi in tutti i simboli e nel rituale in discussione. Il primo riferimento esplicito è nel nome del Tempio in cui si svolge il rito: Tempio dei Cavalieri Kadosh, questi ultimi sono coloro che accompagnano l’iniziando al rito stesso. Come afferma Bonvicini, la leggenda vuole che i Cavalieri Kadosh (“Santi”) fossero proprio il gruppo di Templari che si dedicava a studi teologici, associabile a quel gruppo nascosto di comando che racchiudeva la matrice gnostica ed eretica dell’Ordine, e che aveva formulato la sua Regola Segreta, mai trovata e confluita, forse, proprio nel rito in oggetto. Il secondo riferimento al gruppo nascosto è ancor più esplicito, ed è nelle parole pronunciate dal Gran Maestro che espongono la funzione ed il ruolo che il menzionato gruppo di cavalieri ebbe sia prima che dopo la disfatta. Ecco le parole di una parte del rito ad essi dedicata:

“Dalla Creazione del collegio dei Kadosh, del quale voi aspirate di penetrare i segreti, dal contatto con le scuole più vicine alla culla delle tradizioni cristiane (leggi gnostiche), più imbevute della cultura antica e più avanzate sulla via della gnosi, essi avevano appreso cose delle quali vollero assicurare la trasmissione formando il Consiglio dei Kadosh che pretese di dare ai vecchi simboli una interpretazione complementare e finale.”

La sintesi che andiamo a proporre in breve mostrerà chiaramente gli elementi del rito che sono analoghi, sia come simbologia che come significato, a quelli desunti dal Vangelo gnostico di Filippo, un testo che, a questo punto, riteniamo abbia costituito un bagaglio centrale nella gnosi templare, poi trasferitasi nelle Logge Muratorie in cui i monaci-guerrieri confluirono:

Il Tempio

Il Tempio, definito “Areopago dei Cavalieri Kadosh”, è suddiviso in quattro parti.

  1. Il Vestibolo adornato con paramenti neri ed una lampada triangolare, presenta una Botola che attraverso una scala porta alla porta dell’atrio sotterraneo. Inutile dire che è esattamente ciò che accade con la camera nascosta nella cattedrale di Otranto sotto il mosaico e dietro alla cripta visibile.
  2. L’Atrio ornato con paramenti bianchi, dotato di scanni per i Cavalieri Kadosh, una urna con fiamma ad alcol, un lume, l’Ara con il Vangelo di Giovanni aperto al Prologo e sormontato da una spada. Il Vangelo di Giovanni apre con il più gnostico dei passi neotestamentari “In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio … in lui era la luce degli uomini … e il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.
  3. L’Anti-Sala ha paramenti azzurri con volta celeste. Illuminata con 3 lumi a candele gialle poste a triangolo, contiene due colonne che sostengono un velo rosso (Tenda Rossa) con dipinta una croce templare nera o gialla. Il velo evoca chiaramente il Velo del Tempio di Salomone, che nascondeva la vista del “Santo dei santi” e dell’Arca. Abbiamo notato che il velo ritorna insistente in Filippo, e che la sua rottura è una metafora del canale aperto dall’alto al basso per consentire ad alcuni (gli eletti) di salire dal basso verso l’alto.
  4. La Sala del Consiglio ha paramenti rossi, illuminata con 9 luci (tanti quanti sono i posti riservati ai vescovi nel Consiglio dei Morti rinvenuto nella cripta nascosta di Muro Lucano) facenti parte di un candelabro a 9 bracci con candele gialle. Esso si trova sull’Ara dove è ancora situato il Vangelo di Giovanni, aperto alla citata pagina del Prologo e sormontato da una spada.

Quest’ultimo luogo presenta vari elementi simbolici che hanno un elevato valore metaforico. Esso possiede una finestra illuminata che simboleggia l’accesso alla piazza ove avvenne il supplizio di De Molay. Questa finestra ricorda la nicchia che, a nostro avviso, era destina ad ospitare la lampada portata dall’adepto gnostico (vedi Vangelo di Filippo) che si nota nella sala nascosta sotto la cattedrale di Muro Lucano. La parole chiave pronunciate durante la cerimonia sono <<Redenzione del Tutto>> e <<Comprensione del Tutto>>. Questi termini richiamano il possesso del Tutto e la conoscenza del Tutto che si ricevevano nella camera nuziale gnostica, e che sono chiamati proprio con questi nomi nel Vangelo di Filippo. A richiamare il principio gnostico della conoscenza, nella sala campeggia un quadro con il Serpente Gnostico arrotolato. La coda parte da un cerchio centrale diviso in bianco e nero, che riprende il dualismo gnostico (ed i colori dei simboli templari) e rimanda all’origine nel motore dell’eterno equilibrio tra Caos ed Ordine. Il serpente è avvolto in sei spire, una per ogni giorno della creazione e, come l’arca nella camera nuziale, simboleggia il segreto stesso della creazione: il primo cerchio rappresenta la creazione del sole, aria, pianeti; il secondo dell’acqua e delle montagne; il terzo dei pesci e degli animali anfibi; il quarto degli animali terrestri; il quinto dell’uomo primitivo; il sesto illustra le costruzioni umane, l’uomo moderno, le associazioni, le fasi del progresso. Le fauci aperte del serpente proiettano i raggi verso l’infinito. [Vedi interpretazione di Bonvicini in [6].]

La creazione ed il modo in cui Dio presiede al mondo e lo governa, secondo il Vangelo di Filippo, è ciò che è fornito come conoscenza nella camera nuziale: il serpente gnostico è la sintesi di questo premio che si ottiene come risultato nella “Camera Nuziale” o “Sala del Consiglio” del 30mo grado del R.S.A.A.. Alla cerimonia partecipano il Presidente o Gran Maestro, il Priore ed il Precettore. Scrive il Bonvicini:

Tradizione del pensiero: Comunque recepita dalla massoneria, che esalta il metodo della gnosi interiore, che ripudia ogni preconcetto dogmatico nella Libera Ricerca della Verità e nella concezione della divinità, che è “Realtà Assoluta”, come il “Logos” – così si legge nel rituale del 30mo grado, non modificabile in una Immagine Idolatra o in un “Dio Esclusivo”, costretto nell’ambito di qualsiasi Chiesa sacerdotale che amministra i “Sacramenti” di un rapporto Uomo-Divinità, o che perori l’ottenimento di Grazie da parte della Divinità a favore del Fedele postulante ai fini della sua salvezza.

Elemento centrale del rito è l’abbattimento delle colonne e quindi la scopertura del velo che nasconde il Santo dei Santi. L’abbattimento ha un valore particolare poiché, come afferma il Bonvicini, il “Logos non può essere raccolto tra le Colonne di un Tempio”, perché è “Assoluto” e nel contempo è ciò “che di migliore alberga nell’uomo”. Sul velo campeggia la Croce Templare. In analogia al rito iniziatico, che costò, insieme ad altre pratiche strane, l’accusa di eresia, il massone è invitato a strappare il velo e a calpestare la croce templare e con essa tutti i simboli massonici cui il massone aveva fino ad allora creduto. Come spiega il Bonvicini, ciò costituisce un atto di liberazione massima del pensiero e della ricerca gnostica da ogni tipo di condizionamento, sia pure quello massone (o templare per gli allora Cavalieri Kadosh). Nulla deve occultare o arginare la ricerca della verità e nessuna ideologia o idea, che non sia stata meditata provata e realmente creduta valida, può fermare la ricerca autonoma e solitaria del massone giunto al massimo grado della iniziazione. Il suo compito è dimostrare la propria capacità di calpestare anche gli stessi simboli massonici che aveva tanto amato, se ciò a cui si sacrifica è la libertà di pensiero. E’ chiaro che la componente illuministica, che permea il principio di libertà massonica, ha fortemente influenzato e marcato il significato di questo rito, ma è anche evidente che esso, come lo stesso principio dell’autonomia di pensiero, della evoluzione personale e solitaria nella gnosi, è frutto di una matrice templare che è a sua volta la sintesi della migliore esposizione del pensiero gnostico: quella del Vangelo di Filippo.

A confermare questo obiettivo di conoscenza e gli strumenti che si devono possedere per conquistare il Tutto, interviene il simbolo più carico di significato nell’ambito del 30mo grado del R.S.A.A.: la scala a sette gradini ascendenti e sette discendenti che vengono simbolicamente fatti percorrere all’iniziando. Sulla scala sono scritte le parole: nella parte ascendente:

  1. Giustizia e Devozione
  2. Purezza e Bontà
  3. Dolcezza
  4. Fermezza e Fede
  5. Gran Lavoro
  6. Fardello e Fatica
  7. Intelligenza, Prudenza, Restituzione, Amore per la Divinità (in cima alla scala);

nella parte occidentale discendente sono ricordate invece le scienze:

  1. Amore per l’Umanità e Grammatica
  2. Retorica
  3. Logica
  4. Aritmetica
  5. Geometria
  6. Musica
  7. Astronomia.

Il parallelismo tra la conoscenza del mondo ed i suoi meccanismi ed elementi, e la conoscenza dell’Uomo Vero e le forze che lo muovono, è ad esempio espresso in maniera analoga in questo brano di Filippo:

  1. La coltivazione dei campi è costituita da quattro elementi: si porta nel granaio ciò che proviene dall’acqua e dalla terra e dall’aria e dalla luce. Il culto di Dio è pure costituito da quattro elementi: la fede e la speranza e l’amore e la gnosi. La nostra terra è la fede, in cui abbiamo radice, l’acqua è la speranza, da cui siamo nutriti, l’aria è l’amore, da cui siamo fatti crescere, e la luce è la gnosi, da cui veniamo maturati.

Il moto verso l’alto dei principi morali e verso il basso delle scienze umane, sicuramente influenzato fortemente da contaminazioni illuministiche, ha comunque una profonda radice gnostica che ritroviamo anche in Filippo: si trova nella Croce Templare raffigurata sul velo appoggiato alle due colonne del Tempio massonico, quello stesso velo che in Filippo si squarcia dall’alto in basso per consentire agli eletti di salire dal basso in altro. La Croce con il suo ramo lungo verticale simboleggia il percorso dell’uomo che aspira alla “liberazione”: esso, come nel mosaico di Otranto, è costituito dall’albero (o ulivo) gnostico di Filippo, ponte tra cielo e terra. Il braccio verticale rappresenta invece la sintesi del Crisma, il Tutto e, come afferma Filippo:

  1. Ora questi si ottengono con il crisma della pienezza della potenza della Croce, che gli apostoli hanno chiamato la destra e la sinistra.

La Croce, quindi, è il Tutto nel braccio orizzontale, ovvero tutto ciò che è conoscibile nel mondo materiale, ma è anche lo “strappo” nel velo che, apertosi dall’alto al basso, conduce l’uomo dal basso all’alto. La coda di rondine della croce templare ha quindi un significato assai chiaro, secondo il nostro punto di vista, indicando l’apertura prodottasi nel velo del Tempio. Vale a dire, essa è simbolo del percorso che rende possibile, nella “camera nuziale”, la ricongiunzione dello gnostico al Padre, ultimo passaggio dei riti di iniziazione, dopo il battesimo e l’unzione. Il braccio orizzontale completa l’effetto di fusione della destra con la sinistra attraverso uno strappo (l’apertura a coda di rondine) che connette la sinistra alla destra.

Bibliografia

[1] I Vangeli gnostici, a cura di Luigi Moraldi, Adelphi, Milano, 1984; 1999.

[2] Le lettere – Paolino da Nola, a cura di Giovanni Santaniello, LER (Libreria Editrice Redenzione), Napoli, 1992.

[3] L’ultima Cena degli Esseni, Mario Canciani, Mediterranee, Roma, 1995.

[4] The Messianic Seal of the Jerusalem Church, Reuven E. Schmalz, Olim I principi della gnosi nella orientazione delle cattedrali m… Pagina 31 di 32 Publications, Tiberias, Israel

[5] Il Vangelo di Tommaso Apostolo, commentato da Mario Guarracino, Filelfo, Firenze, 1986.

[6] I Gradi della Massoneria di Rito Scozzese Antico ed Accettato, Eugenio Bonvicini, Bastogi, Foggia, 1996.

[7] “Il Mosaico di Otranto – L’ultimo oltraggio di un monaco gnostico?”, Sabato Scala, Episteme n. 5, 2002.

[8] “La leggenda dei Merovingi nella Corona del mosaico di Otranto”, Sabato Scala, Episteme n. 5, 2002.

[9] “Il culto gnostico della Maddalena”, Sabato Scala, Episteme n. 6, 2002.

[10] “La gnosi nel mosaico di Otranto”, Sabato Scala, Hera Magazine, nn. 36 e 37, 2002 e 2003.

[11] Testi di Qumran, F. G. Martinez, a cura di Corrado Marone, Paideia, Brescia, 2003.

—–

[Una presentazione dell’autore si trova nel numero 6 di Episteme.] sabato.scala@libero.it

—–

Nota della redazione – Da Bruno d’Ausser Berrau riceviamo una parte delle Istruzioni per il 30° del R.S.A.A., e le riportiamo qui a beneficio dei lettori:

<<Domanda. Donde i Cav. K. trassero le loro dottrine?

Risposta. Dall’Oriente, ove, se dobbiamo prestare fede alla Tradizione del nostro Ordine, essi avevano trovato la vera versione della Buona Novella [i.e. Vangelo].

  1. Dove si costituì, da principio, il Collegio dei Ca. K.?
  2. In seno all’Ordine Templare.
  3. Che cosa avvenne di tale Collegio dopo la soppressione dell’Ordine?
  4. Si ricostituì tra i Templari sfuggiti alla proscrizione e poi trovò un rifugio in seno alla Massoneria.
  5. Quale scopo persegue?
  6. Riprendere la ricostruzione del Terzo Tempio e vendicare le sofferenze dei martiri.>>

 

I PRINCIPI DELLA GNOSI NELL’ORIENTAZIONE DELLE CATTEDRALI MEDIEVALIultima modifica: 2017-01-24T19:01:41+01:00da mikeplato
Reposta per primo quest’articolo