LA REGINA DEL SUD E SALOMONE

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di Alessandro Conti Puorger

LA MITICA TERRA DI KUSH
La terra di Kush è prossima al luogo da cui proveniva “l’oro di Ofir”, più volte ricordato nella Bibbia.
Ofir è, infatti, ricordato 16 volte di cui 6 proprio per dire “oro di Ofir”.
Era quella una località lontana per chi abitava la Palestina, era una terra mitica, al Sud, oltre i confini noti, da cui si estraeva un oro finissimo.
Non solo, ma era anche luogo di mistero in cui nell’immaginario erano sedimentate le conoscenze ancestrali.
Era questa terra, la Nubia, conosciuta dall’Egitto faraonico come “paese di Kush”, citato così anche dalla Bibbia ove, appunto, Etiopia è Kush (32 volte nell’Antico Testamento), che per gli storici e i geografi greci e romani divenne l’Etiopia che in definitiva era l’affaccio di Kush sul mare.
(Il termine Nubia potrebbe derivare dal vocabolo egizio “Nub”, oro, di cui la regione è ricca)
Questa breve premessa serve per aprire lo scenario sulla Regina del Sud di cui parlano i Vangeli.

La Regina del Sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall’estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c’è più di Salomone!” (Matteo 12,42; Luca 11,31)

Queste parole di Gesù autorevolmente asseverano la sapienza di Salomone.
Chi è più di Salomone però è proprio Lui, Gesù di Nazaret!
Dopo aver parlato del segno di Giona, quelle, infatti, sono parole che si trovano nella risposta che dette Gesù a scribi e farisei che l’avevano sfidato a manifestare davanti a loro la propria gloria, se era in grado, facendo vedere un segno, quando gia segni e segni erano stati visti e lo seguivano in tanti.
Gesù, allora, ai farisei e agli scribi che si sentivano superiori ai pagani, presenta la figura di questa donna, la Regina del Sud, a loro ben nota, che venuta a trovare Salomone ebbe la pazienza e la voglia di ascoltarlo e poi riconobbe la grandezza del Dio d’Israele, mentre disse loro, voi venite da me e non vedete che c’è più di Salomone, onde i pagani che voi disprezzate, vi precederanno; lei e loro saranno testimoni contro il vostro comportamento nel giorno del giudizio.
Per l’esplicito collegamento con la figura di Salomone questa Regina del Sud è evidentemente la Regina di Saba, “Malekkat Sheb’a” , quella di cui è narrato nella Bibbia nei due brani paralleli, praticamente identici, di 1Re 10,1-13 e 2Cronache 9,1-12.
Di lei il testo latino dei Vangeli dice Regina austri e in greco basilissa notou, basilissa notou; quindi “La regina di mezzodì” da cui appunto viene il vento Austro od Ostro o Noto, uno dei quattro venti principali, l’umido vento del sud che porta le piogge e rendeva difficile la navigazione.

Perché i Vangeli scrivono così?
Quale sarà stata la parola ebraica o aramaica usata da Gesù per dire quel sud che i Vangeli indicano con austri e notou nel testo in latino e in greco?
Certamente non è Negheb, area che nella Bibbia è citata per 37 volte, altrimenti sarebbe stata così tradotta essendo un luogo specifico ben noto, a sud della Palestina verso il Mar Rosso, dove tra l’altro risiedette il patriarca Isacco.
Per quel sud deve perciò essere stato usato un termine generico geografico d’orientamento, come “teman”, che sì era anche una città d’Edom (Amos 1,12 e Genesi 36,34), ma in ebraico indica, appunto, l’estremo generico sud ai confini del conosciuto.
I termini d’orientamento in ebraico si sono generati in relazione a come l’antico ebreo s’orientava in Palestina in relazione al percorso del sole.
Il “davanti” è sinonimo di est, la base di tutto, “il sorgere del sole” che squarcia le tenebre della notte con l’arrivo della luce della giornata.
Nella direzione opposta, ovviamente, c’è l’ovest, il Mediterraneo, la direzione del tramonto e ancora oltre le colonne d’Ercole, dove scende il sole che pare entrare nel mare onde viene la nuova giornata che iniziava alla sera, dopo il tramonto stesso e in ebraico la parola per giorno, “jom” , ricorda questo pensiero: “è a portarsi nell’acqua ” con sottinteso il sole.
L’ovest, il settentrione, era la “sinistra”.
Il sud era così a destra di chi si orientava verso l’est, e destra in ebraico è “yemen” , direi “il mare energico “, cioè l’oceano Indiano, l’unico oceano allora noto e navigato che si pensava aggirasse tutta la terra conosciuta, mentre l’altro allora conosciuto; peraltro l’Atlantico era lontano separato da un mare trattabile il Mediterraneo.
L’attuale stato dello Yemen ha il nome che ne dà una reminiscenza.
La destra estrema, come direzione… cioè i “confini della destra “, è proprio “teman” .

Corno d'Africa Oltre l’estremo sud della penisola arabica, superato lo stretto di Aden del Mar Rosso, ci si trova in Eritrea nel corno d’Africa, questa è la porta per la terra di Kush e lettere ebraiche di questa ci dicono “vi arde () la Sh “, che è la lettera specifica di fuoco , l’iniziale di “shamoesh” sole.
La tradizione identifica il regno di quella regina Saba “Shab’a” (da non confondere con il numero 7 “Sheba’” ), con l’Etiopia, estremità verso l’oceano Indiano della terra di Kush.

Vediamo quali sono le tracce che confortano questa collocazione.
Sta il fatto che quelle lettere della parola Saba, “Shab’a” , si ritrovano nei nomi delle genealogie di Genesi 10:

  • tra quelli di Cam “I figli di Etiopia: Seba, Avìla, Sabta, Raama e Sàbteca. I figli di Raama: Saba e Dedan.” (Genesi 10,7)
  • tra quelli di Sem dal secondo figlio di Eber “Joktan generò Almodad, Selef, Ascarmavet, Jerach, Adòcam, Uzal, Dikla, Obal, Abimaèl, Saba , Ofir, Avìla e Ibab.” (Genesi 10,26-28)

Ho anche evidenziato in grassetto nomi che in qualche modo sono legati anche alla storia della Regina di Saba – Etiopia, Avila, Ofir – e confermano che l’ambito del Regno di Saba è proprio la zona del Corno d’Africa, ove s’estendeva anche il regno di Madian che si sviluppava su entrambe le sponde del Mar Rosso.
Evidentemente anticamente vi viveva una popolazione mista semita e nubiana; ciò spiegherebbe perché il nome Saba si trova in entrambe le discendenze di Sem e di Cam.
Là, Madian, fu la nazione d’esilio di Mosè per 40 anni, area in cui vagò evidentemente in lungo e in largo.
Qui Mosè incontrò Ietro, sacerdote di un “nomo” etiope, e ne divenne aiutante pastore e genero, perché ne prese in moglie la figlia Zippora o “Sefora” che vuol dire “uccellino”, ma le cui lettere fanno anche cenno alla pietra dura per incidere sulla pietra da cui “zipporoen” “unghia del dito”, ma soprattutto “punta dello stilo” per scrivere (Geremia 17,1), il che ci dice molto su come Mosè si impadronì della scrittura e dei segni sinaitici semplificando quelli egizi per passarli alla scrittura della Torah. (Vedi: “Scrivere sulla pietra al Horeba“)
Il fatto che la moglie di Mosè fosse etiope ce lo ricorda il libro dell’Esodo ove lo precisa in modo chiaro lo stesso Mosè, per tradizione autore anche di quel libro, quando riferisce la recriminazione da parte del fratello Aronne e della sorella Maria: “Maria e Aronne parlarono contro Mosè a causa della donna etiope che aveva sposata; infatti aveva sposato una etiope ” (Numeri 12,1)
Perché recriminavano?
Perché non aveva sposato un’ebrea pura!
Proprio così. La moglie era una donna etiope, una donna di Kush, ma non è detto che fosse nera, ma solo era una Kushita .
L’appartenenza per discendenza da Israele avviene, infatti, per parte di madre e i figli di Mosè, Gherzon ed Eliezier, in effetti, erano nella genealogia dei figli di Abramo non dal ramo di Sara, la prima moglie, ma dalla moglie Ketura o Chetura che Abramo prese dopo la morte della madre d’Isacco.
Questa è riconosciuta moglie a tutti gli effetti dal libro della Genesi, ma non da 1Cronache, infatti:

  • Genesi 25,1-4 – “Abramo prese un’altra moglie: essa aveva nome Chetura. Essa gli partorì Zimran, Ioksan, Medan, Madian, Isbak e Suach. Ioksan generò Saba e Dedan e i figli di Dedan furono gli Asurim, i Letusim e i Leummim. I figli di Madian furono Efa, Efer, Enoch, Abida ed Eldaa. Tutti questi sono i figli di Chetura.”
  • 1Cronache 1,32 – “Figli di Keturà, concubina di Abramo: essa partorì Zimràn, Ioksàn, Medan, Madian, Isbak e Suach. Figli di Ioksàn: Saba e Dedan.”

Salomone che guidava il popolo di Dio, il Mosè del suo tempo, anche lui si imbatterà in una etiope, la Regina di Saba, e la tradizione apocrifa ci assicura anche che divenne una sua sposa!

Madian, Etiopia, Avila, Terre di Ofir, bagnate dal ramo occidentale del Mar Rosso, che si può identificare in uno dei fiumi del Gan Eden, sono tutte terre ricordate nella descrizione del Paradiso Terrestre: “Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c’è l’oro e l’oro di quella terra è fine; qui c’è anche la resina odorosa e la pietra d’ònice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d’Etiopia.” (Genesi 2,11ss)

Al tempo di Gesù si erano consolidate varie tradizioni ellenistiche e midrash su Mosè e al riguardo segnalo che, secondo Giuseppe Flavio in Antichità Giudaiche (2,238-253), prima di dover fuggire dall’Egitto Mosè fu generale degli egiziani contro gli etiopi e sposò una principessa etiope.
Ciò porta a rafforzare il pensiero che quel territorio doveva essere ben noto a Mosè, che certamente vi vagò nel suo esilio dall’Egitto; allora, Saba , suggerisce l’idea di dove stette in esilio () la prima volta .
Tutto qui, o ci può essere un pensiero più profondo dell’autore del libro della Genesi che riguarda qualcosa che era allora nel pensiero di tutti e che per tale motivo per capirsi bastava un cenno o un’allusione?
In passato m’interrogai su quale potesse essere il centro del famoso Giardino dell’Eden o Paradiso Terrestre di cui parla il libro della Genesi, perché di certo per il nome di quei fiumi, citati al capitolo 2, si tratta di un luogo reale della terra tra la Mesopotamia e l’Egitto.
(Genesi 2,11-13; Vedi: “Il giardino dell’Eden“)
La domanda che mi pongo ora è da quale “porta” Adamo ed Eva, secondo il pensiero dell’autore del libro della Genesi, si può dedurre che uscirono dal Paradiso, quando furono cacciati dopo il peccato?
Il testo è parco, ma forse anche esauriente: “Scacciò l’uomo e pose a oriente del giardino di Eden i cherubini e la fiamma della spada guizzante, per custodire la via all’albero della vita.” (Genesi 3,24)
Là, la parola “maqqoedoem”, tradotta come “oriente”, forse vuol dire in questo caso semplicemente “davanti”, cioè in ogni direzione.
Il che ci porta che anche da sud sarebbe stato possibile.
Si parla poi di una fiamma, certamente è allegorica, ma ci dà anche l’idea del fuoco e del caldo.
Certo è che Gesù ci dice “essa venne dall’estremità della terra” e potrei considerare sottinteso “della terra promessa” dalla porta sud del già Giardino Terrestre, ove la porta principale era da considerare lo sbocco naturale del Giordano, da ritenere il fiume centrale dell’Eden, che sarebbe proseguito nel Mar Rosso se non si fosse creata la depressione del Mar Morto, là dove in direzione di “teman” c’è il porto di Eilat.
Dio viene da Teman, il Santo dal monte Paràn.” (Abacuc 3,1)

Israele Ora la paleontologia e le altre scienze che s’interessano d’antropologia, seguendo a ritroso la storia genetica dell’umanità, sono arrivate alla conclusione che l’Eva, la madre di tutti i viventi, cioè la nascita dell’umanità, è apparsa per la prima volta in Africa.
Questa considerazione fa propendere per un’uscita della prima coppia, dalla porta sud del “Paradiso”.
Adamo uscì dallo stare dalla destra “yemen” di Dio, cioè dalla terra di Kush, indi dalla zona di Saba, che assumerebbe allora anche la veste di vero “esilio () per la prima volta ” e diviene l’Unico, l’Origine, cioè di “esilio dall’Unico” da parte della intera umanità.
D’altronde, il pensiero della angeologia sulla “gelosia” dell’angelo ribelle in definitiva non è forse legato alla palese preferenza di Dio per Adamo nei confronti delle creature tutte, tanto da considerarlo alla sua destra dalla quale col peccato uscì?
Il lato destro di un re, infatti, è il più alto posto d’onore, il vicerè stava alla sua destra il che implica non solo un onore, ma una partecipazione attiva per dignità e dominio.
Si legge ad esempio in 1Re 2,19 “Betsabea si presentò al re Salomone per parlargli in favore di Adonia. Il re si alzò per andarle incontro, si prostrò davanti a lei, quindi sedette sul trono, facendo collocare un trono per la madre del re. Questa gli sedette alla destra.”
E chi sta alla destra di un Re, il posto più importante, se non la regina!
Adamo ed Eva, la prima coppia, l’umanità in nuce, era la regina del giardino!
Alla destra di Dio è, quindi, da rientrare.
La sapienza umana perciò deve piegarsi all’umiltà di ricercare il modo e la porta per tornare da Dio.
Alla sua destra è da rientrare; da sud, quindi, è da rientrare!
Ciò lo ha fatto per tutti l’uomo Gesù di Nazaret che è anche Dio, come attestato dal fatto che è risorto dai morti, onde, asceso al cielo, è seduto alla destra di Dio, come asseverano Matteo 26,64, Marco 16,19, Atti 2,33 e 7,56, Romani 8,34, Colossesi 3,1, Ebrei 10,12, 1Pietro 3,22.
Ed ecco che Mosè, l’uomo, che sarà a capo del primo tentativo di rientro nella terra promessa, sarà in esilio nel sud e tutto il popolo dovrà per rientrare attraversare dall’Africa il Mar Rosso nella zona della Terra Promessa alla quale poi s’avvicinarono dal Negheb che sta appunto al suo Sud.

È da considerare che per un popolo come l’ebraico, che si dichiara uscito dall’Egitto, la più antica civiltà documentata era proprio quella egizia, la cui prima dinastia uscì dalla preistoria con i Tenitidi.
Dal 3000 al 2665 a.C., infatti, l’Egitto s’isolò dagli influssi degli altri popoli antichi e fece un balzo avanti al momento della unificazione della corona dell’alto Nilo, in pratica della Nubia, e del basso Nilo.
Spedizioni militari cacciarono i beduini dalla penisola del Sinai e s’impadronirono delle preziose miniere di rame e di altri ancora più preziosi minerali come l’oro.
Il fondatore della prima dinastia è indicato attorno al 3000 a.C. in Manes, dopo i predinastici legati al Horus Scorpione e al mito della creazione del mondo.
Non a caso il calendario ebraico ha inizio con la data della creazione del mondo, che il racconto della Genesi fissa all’anno 3760 – 3761 a.C., molto oltre la prima dinastia nota come a confermare che quanto noto a loro sulle origini ritenute più antiche era comunque da attribuire a IHWH.
È così plausibile che anche per l’autore del Genesi il fulcro dello sviluppo dell’umanità fosse nella zona a sud della Palestina.
(Una spedizione italo-statunitense ha scoperto la più antica effige di un sovrano dell’antico Egitto, oltre che una delle prime iscrizioni geroglifiche conosciute, incisa su una roccia di 5.200 anni nel sito di Nag el-Hamdulab, vicino ad Assuan. un corteo regale con indosso la corona bianca dell’Alto Egitto, accompagnato dal cosiddetto “Seguito di Horus”)
In definitiva la parola Saba ci porta direttamente al disegno di Dio di ricucire lo strappo che in origine s’era creato con l’uomo, la creatura particolare che nella mente di Dio aveva provocato l’evento della creazione del mondo.
Vale la pena ricordare al proposito che ogni fine settimana, al sabato sera, a chiusura dello “Shabat” , l’ebreo osservante attende la venuta della Regina del Sabato (Vedi: “Le Feste Ebraiche della venuta del Messia“)
La venuta della Regina di Saba “Malekkat Sheb’a” , è così un preludio per Salomone della venuta della Regina del Sabato “Malekkat Shebat” che ogni ebreo osservante attende per la fine del Sabato, la venuta del Messia, la conversione di tutti i popoli e il ritorno dal Signore.
Regina di Saba “Malekkat Sheb’a” .
Regina del Sabato “Malekkat Shebat” .
Il pensiero si porta a quelle due lettere che le differiscono , quindi al Primo e all’Ultimo … a Colui che deve rivenire… .

IL RACCONTO BIBLICO DELL’INCONTRO CON SALOMONE
Il I e II Libro dei Re della Bibbia narrano la storia della monarchia ebraica, dalla morte di Davide (circa 970 a.C.) all’esilio del popolo di Dio in Babilonia (586 a.C.).
La prima parte è dedicata a Salomone, successore sul trono di Davide, il figlio che questi ebbe dopo aver sposato Betzabea, già moglie di Uria l’Ittita.
In tale ambito è, tra l’altro, narrato il racconto della costruzione del Tempio di Gerusalemme.
Re Salomone ebbe a rivelare uno spirito acuto e sapiente che lasciò un ricordo mitico della sua personalità ed opulente del suo regno.
Oltre che re illuminato, almeno nella prima parte del suo giorno, fu poeta e “filosofo” tanto che nella Bibbia, in effetti, sono presenti il Cantico dei Cantici, con contenuto di alta poesia e i Proverbi, sviluppatisi attorno a massime sapienziali salomoniche, libri entrambi attribuiti al re Salomone.
I libri Qoelet e Sapienza, portano anche loro la firma di Salomone, ma in realtà sono stati redatti successivamente.
Ora, al culmine del regno di Salomone si verificò l’incontro con la Regina di Saba narrato in 1Re 10,1-13 e, come detto, in modo del tutto parallelo, in 2Cronache 9,1-12.
Il racconto secondo la traduzione C.E.I. di 1Re 10,1-13 è il seguente:

1Re 10,1 – La regina di Saba, sentita la fama di Salomone, dovuta al nome del Signore, venne per metterlo alla prova con enigmi.

1Re 10,2 – Arrivò a Gerusalemme con un corteo molto numeroso, con cammelli carichi di aromi, d’oro in grande quantità e di pietre preziose. Si presentò a Salomone e gli parlò di tutto quello che aveva nel suo cuore.

1Re 10,3 – Salomone le chiarì tutto quanto ella gli diceva; non ci fu parola tanto nascosta al re che egli non potesse spiegarle.

1Re 10,4 – La regina di Saba, quando vide tutta la sapienza di Salomone, la reggia che egli aveva costruito,

1Re 10,5 – i cibi della sua tavola, il modo ordinato di sedere dei suoi servi, il servizio dei suoi domestici e le loro vesti, i suoi coppieri e gli olocausti che egli offriva nel tempio del Signore, rimase senza respiro.

1Re 10,6 – Quindi disse al re: Era vero, dunque, quanto avevo sentito nel mio paese sul tuo conto e sulla tua sapienza!

1Re 10,7 – Io non credevo a quanto si diceva, finché non sono giunta qui e i miei occhi non hanno visto; ebbene non me n’era stata riferita neppure una metà! Quanto alla sapienza e alla prosperità, superi la fama che io ne ho udita.

1Re 10,8 – Beati i tuoi uomini e beati questi tuoi servi, che stanno sempre alla tua presenza e ascoltano la tua sapienza!

1Re 10,9 – Sia benedetto il Signore, tuo Dio, che si è compiaciuto di te così da collocarti sul trono d’Israele, perché il Signore ama Israele in eterno e ti ha stabilito re per esercitare il diritto e la giustizia.

1Re 10,10 – Ella diede al re centoventi talenti d’oro, aromi in gran quantità e pietre preziose. Non arrivarono più tanti aromi quanti ne aveva dati la regina di Saba al re Salomone.

1Re 10,11 – Inoltre, la flotta di Chiram, che caricava oro da Ofir, recò da Ofir legname di sandalo in grande quantità e pietre preziose.

1Re 10,12 – Con il legname di sandalo il re fece ringhiere per il tempio del Signore e per la reggia, cetre e arpe per i cantori. Mai più arrivò, né mai più si vide fino ad oggi, tanto legno di sandalo.

1Re 10,13Il re Salomone diede alla regina di Saba quanto lei desiderava e aveva domandato, oltre quanto le aveva dato con munificenza degna di lui. Quindi ella si mise in viaggio e tornò nel suo paese con i suoi servi.

Il racconto inizia fornendo l’informazione sulla causa dell’evento: “La regina di Saba, sentita la fama di Salomone, dovuta al nome del Signore, venne per metterlo alla prova con enigmi.” (1Re 10,1)
La causa di fondo, lo chiarisce subito, non è Salomone in sé e la sua sapienza, ma il “nome del Signore”, infatti, non solo nei popoli vicini, ma anche in quelli più lontani, s’era destato il desiderio di conoscere di più sul Dio d’Israele per le fortune avute da quel popolo.
Visti i rapidi e consistenti sviluppi del regno di Davide e poi di Salomone, era evidente per la mentalità dell’epoca che Israele aveva goduto di un particolare favore da parte di una divinità molto forte, perché solo così si poteva spiegare che un popolo, partito da infimo livello, addirittura da una condizione di schiavitù, potesse arrivare alla dignità di regno… e che regno!
C’era evidentemente un dio emergente che era il caso di accattivarsi.
La Regina di una terra lontanissima, Saba, personaggio che idealmente assomma in sé la sapienza umana dei popoli accumulata nei secoli precedenti, intende mettere alla prova Salomone con “enigmi”, “bechidot” .
Al riguardo il testo poi ai versetti 2 e 3 precisa “Si presentò a Salomone e gli parlò di tutto quello che aveva nel suo cuore… Salomone le chiarì tutto quanto ella gli diceva; non ci fu parola tanto nascosta al re che egli non potesse spiegarle.”
Il testo però non spiega in che consistesse la problematica e perché questa Regina chiedesse segni ed indicazioni che l’aiutassero a comprendere, però concluderei che l’intonazione del testo tende a far concludere che il problema della Regina era sulla vita vera!
Tutte le ricchezze del suo regno, in definitiva, non riuscivano a saturare la sete di felicità che sentiva.
Lei e il suo popolo cercavano insomma di dare un senso più profondo alla propria vita, almeno ciò pare voler suggerire l’autore facendo intendere che pareva loro che fgli Israeliti avessero trovato.
D’altra parte è questa la ricerca che si presenta prima o poi a tutti gli umani in modo più o meno latente.
Se si cerca di leggere l’essenza di quella parola “enigmi”, “bechidot”, tenendo conto dei criteri e regole che consentono una decriptazione per la proprietà intrinseca delle lettere ebraiche di essere portatrici anche di messaggi grafici, come ho riportato in “Parlano le lettere“, quei segni usati per la parola “enigmi” “bechidot” , ci dicono che in effetti la Regina di Saba chiedeva a Salomone, così sapiente per merito del suo Dio, che “dentro sulla Vita l’aiutasse portandole indicazioni “.
Sentite le risposte, considerata la sapienza di queste, visto il regno, i sudditi e l’organizzazione concluse al versetto 9 con un atto di riconoscimento che tutto ciò era prova dell’opera del Dio d’Israele, dicendo: “Sia benedetto il Signore, tuo Dio, che si è compiaciuto di te così da collocarti sul trono d’Israele, perché il Signore ama Israele in eterno e ti ha stabilito re per esercitare il diritto e la giustizia.”
Proprio come aveva fatto il suocero di Mosè, sacerdote di Madian, proveniente dalla stessa area geografica, tanti secoli prima, quando disse: “Benedetto sia il Signore, che vi ha liberati dalla mano degli Egiziani e dalla mano del faraone: egli ha strappato questo popolo dalla mano dell’Egitto! Ora io so che il Signore è più grande di tutti gli dèi, poiché egli ha operato contro gli Egiziani con quelle stesse cose di cui essi si vantavano. Poi Ietro, suocero di Mosè, offrì un olocausto e sacrifici a Dio. Vennero Aronne e tutti gli anziani d’Israele e fecero un banchetto con il suocero di Mosè davanti a Dio.” (Esodo 18,10-12)
Del resto fece così anche Balaam, come narra il libro dei Numeri, il profeta straniero chiamato da Moab per maledire Israele che finì col benedirlo.
Il racconto termina con i doni che la regina consegnò.
Erano oro d’Ofir e pietre preziose in gran quantità ed aromi, quindi evidentemente anche incenso e mirra, doni che ricordano quelli portati dai Re Magi quando visitarono il bambino Gesù.
Dopo che Salomone aveva ammaliato quella regina, osserva la Bibbia: “Ogni tre anni la flotta di Salomone portava carichi d’oro e d’argento, d’avorio, di scimmie e di babbuini.” (1Re 10,22)
Non venivano con carovane dal corno d’Africa, dalla porta di Saba, da cui la Regina assicurava l’accesso, quelle navi, quindi, facevano il periplo dell’Africa e passavano nel Mediterraneo dallo stretto di Gibilterra, considerata l’estremità del mondo, le famose colonne d’Ercole, visto che non c’era il canale di Suez.
La venuta di quella regina era un’avvisaglia che si stava appunto verificando la profezia di Balaam, il profeta straniero che, invece di maledire Israele, tra l’altro aveva detto: “Io lo vedo, ma non ora, io lo contemplo, ma non da vicino: Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele…” (Numeri 24,17)
E Salomone, in effetti, per la sua epoca fu come una stella che annunciava il Dio d’Israele, l’unto, il consacrato, speranza visibile del Messia atteso.
(Il Targum di Onkelos, nell’oracolo di Balaam di Numeri 24,17, la parola “scettro” la traduce “Messia” e Il movimento messianico di Qumran interpretò questo testo quale annuncio che il Messia, a capo dell’armata dei figli della luce, avrebbe sconfitto i figli delle tenebre – Bernini G., “La Sacra Bibbia, Il libro dei Numeri”, Marietti Edizioni, Torino, 1971, p.252.)

La profezia che s’avvera, con i Magi che vanno per adorare il bambino Gesù in Matteo 2,1-12, prende evidentemente spunto dalla profezia di Balaam, ma anche dal racconto della Regina di Saba, d’altronde:

  • il Salmo 72 recita al versetto 10: “Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi.”
  • e poi al 15: “Vivrà e gli sarà dato oro di Arabia; si pregherà per lui ogni giorno, sarà benedetto per sempre” e là la traduzione letterale dal testo ebraico non è oro d’Arabia, ma oro di Saba.
  • Isaia 60,6: “Una moltitudine di cammelli ti coprirà, dromedari di Madian e di Efa; quelli di Seba verranno tutti, portando oro e incenso, e proclamando le lodi del Signore.”
  • Genesi 49,10: “Lo scettro non sarà rimosso da Giuda, né sarà allontanato il bastone del comando dai suoi piedi, finché venga colui al quale esso appartiene e a cui ubbidiranno i popoli”.

Dietro le figure dei Magi, addirittura provenienti da popoli già nemici, Matteo intravede oltre che i re della storia di Abramo (“I re Magi: un parallelo con la storia d’Abramo“) proprio la regina di Saba.
Questa, venuta a Gerusalemme a far visita al re Salomone, proveniente dai pagani, recò doni e non tributi e vinta dalla sapienza del re d’Israele, tornò piena d’ammirazione… e convertita, tanto che il suo popolo, l’Etiope, dopo quasi 3 millenni è restato nella sfera dei salati dall’annuncio del Dio Unico.
Sono queste, della venuta della Regina di Saba e poi dei Magi nel racconto dei Vangeli dell’infanzia, profezie che la sapienza del mondo si piegherà a quella che viene dal Dio d’Israele.

C’è nel midrash, perché tale è il racconto della regina di Saba, una prova che spiega in se stessa perché fu considerato a base della profezia dei Magi.
In questi versetti, precisamente nell’11 e nel 12, per ben tre volte si trova la parola “legno” o “legname di sandalo” in queso modo: “Inoltre, la flotta di Chiram, che caricava oro da Ofir, recò da Ofir legname di sandalo in grande quantità e pietre preziose. Con il legname di sandalo il re fece ringhiere per il tempio del Signore e per la reggia, cetre e arpe per i cantori. Mai più arrivò, né mai più si vide fino ad oggi, tanto legno di sandalo.” (1Re 10,11-12)
Visto che il testo inizia con la presentazione di enigmi, il fatto che per ben tre volte si trova ripetuta un stessa parola è segno di una precisa volontà che intona l’indicazione segreta del racconto e tra l’altro è indizio che rivela la volontà d’avviso di cercare anche una pagina di secondo livello.
Mi sono chiesto perché il testo cita con insistenza proprio quel legno di sandalo.
Invero, l’olio essenziale che si ricava dal legno di sandalo è impiegato per alleviare le tensioni e quindi facilitare il sonno, il suo profumo è avvolgente e sensuale, se ne ricava un olio profumato che, secondo credenza popolare, bruciato allontanerebbe gli spiriti maligni e, per i buddisti, sarebbe albero del paradiso e con il suo legno si fabbricava il Carro del Sole.
Quindi ce n’è per scatenare le fantasie, che poi vedremo ci sono sbizzarrite, sull’incontro di quella Regina con Salomone e su quanto questa chiese e ricevette, in base al versetto 13 di quel racconto: “Il re Salomone diede alla regina di Saba quanto lei desiderava e aveva domandato, oltre quanto le aveva dato con munificenza degna di lui. Quindi ella si mise in viaggio e tornò nel suo paese con i suoi servi”.
Ciò però non spiega completamente perché quella insistenza del legno di sandalo; allora ho notato che importanti, ai fini della mia ricerca, erano proprio le lettere usate per definirlo.
Legni di sandalo in ebraico nel testo sono “e’si ha ‘almuggim” e questa parola “‘almuggim” può essere spezzata e leggersi come + .
Beh, ma allora esce fuori che “da Dio i Magi “, da cui si legge la profezia: “si vedranno salire a Iah Dio i popoli stranieri “.
Così, evidentemente, per quel questo brano della Regina di Saba fu profezia avverata per i primi cristiani che scrutavano i testi antichi per trovare profezie sul Cristo e fu riportata dall’evangelista Matteo nel suo racconto dell’evento dei re Magi, tantopiù che questi scriveva esprimendo punti di vista ebraici e per la tradizione il testo della prima edizione del suo Vangelo sarebbe stato in ebraico o aramaico. (Vedi: “Il cristianesimo di fronte ad una Bibbia segreta“, “Vangeli, profezie attuate dal Cristo“, “Numeri nei Vangeli e nell’Apocalisse: Annunci del Messia“)

Se così avvenne, con Salomone che era solo una pallida immagine del vero Messia, quando per l’evangelista Matteo si verificò la venuta del Messia vero, infatti dirà Gesù “…ecco, ora qui c’è più di Salomone!” (Matteo 12,42b) i Magi divennero concreti e non più una sola regina.
Forse i Magi dei tempi di Gesù erano dei mercanti venuti a Gerusalemme che trasportavano ogni ben di Dio con la loro carovana e che si presentarono anche da Erode il grande.
La tradizione poi nei vangeli apocrifi li fece diventare re ed addirittura tre e diede loro dei nomi, Gaspare, Melchiorre e Baldassarre.
Il racconto termina lasciando però in sospeso cosa chiese e ricevette la regina da Salomone; le ipotesi sono tante un anello, l’arca, un figlio di lui, il rame…

IL RACCONTO ETIOPE DEL KEBRA NEGAST
Un antico testo etiope, il “Kebra Negast”, cioè “La gloria dei Re”, del IV-VI secolo d.C. con redazioni ed aggiunte fino al XII secolo, scritto in base a tradizioni locali con spunti dall’Antico Testamento e Nuovo Testamento, da apocrifi, da commenti rabbinici, da “midrash” e dal Corano, tende ad asseverare la discendenza dei Re d’Etiopia da Salomone.
Quel testo sostiene che Salomone, Re d’Israele, ebbe un figlio dalla Regina Makeda, il nome che “Kebra Negast” da alla Regina di Saba.
Questo figlio fu Bayna-Lehekem da cui discenderebbe, come 225° Re d’Etiopia, l’Imperatore Ras Tafari Makonnen, il “Negus Negesti” incoronato nel 1930 chiamato Haile Selassie I, ossia “Potere della Santa Trinità”, detto il Leone di Giuda, protettore dalla celestiale Zion, l’Arca della Legge di Dio.

Quel “Kebra Negast”, costituito di 117 capitoli e da un’introduzione e considerato testo religioso della Chiesa ortodossa etiopica ed eritrea, è scritto nella lingua “ge’ez”, l’antico amarico, lingua semitica parlata nell’Impero d’Etiopia fino al XIV secolo e usata ancora come lingua liturgica anche dai “falashah”, etiopi di religione ebraica della comunità Beta Israel e dalla Chiesa cattolica etiope.
Quel testo, che parte da Adamo ed Eva ed arriva a Gesù Cristo, di fatto, prepara, amplia, sviluppa e prosegue nella parte centrale l’episodio dell’incontro Salomone – Regina di Saba.
La premessa è che, per la costruzione del Tempio di IHWH, Salomone fece chiamare mercanti da ogni dove per acquistare stoffe, legnami, attrezzi e quanto altro per la realizzazione del progetto.
Tra i mercanti c’era anche un certo Tamarim, ricco commerciante etiope, che al ritorno in Etiopia parlò a corte della saggezza del re.
La notizia incuriosì la regina di Saba, che, convocatolo, udendo il racconto, decise di recarsi in Israele.
Chiamò i signori del regno che le diedero aiuto con una carovana di ben 697 animali da soma, mule cariche di oro, cammelli pieni di aromi e pietre preziose.
Il tutto, più o meno, si sviluppa come nel racconto ufficiale della Bibbia.
Secondo il Kebra Negast però poi ci furono grossi sviluppi e fatti non detti.
I due, Salomone e Makeda per un tranello escogitato dal Re, trascorrono una prima notte insieme; ciò è narrato nei capitoli 29 e 30 del Kebra Negast.
Riporto il “piccante” racconto di come Salomone convinse Makeda a unirsi a lui.

«E il re Salomone inviò un messaggio alla Regina, dicendo: Ora che sei venuta perché vuoi andare via senza vedere l’amministrazione del regno, i pasti degli eletti del regno di giusti allontanati dai peccatori. Tu vuoi acquistare la saggezza. Seguimi ora e siediti nel mio splendore nella tenda e completerò la tua istruzione e tu vedrai l’amministrazione del mio regno, perché tu hai amato la sapienza ed essa abiterà con te fino alla tua fine e per sempre.
E la Regina rispose dicendo: Dall’essere un pazza, sono diventato saggia seguendo la tua sapienza e da respinta dal Dio d’Israele sono diventata una donna scelta a causa di questa fede che è nel mio cuore e d’ora in poi farò adorare nessun altro dio all’infuori di Lui. E riguardo a ciò che tu dici, che tu vorrai aumentare in me la saggezza e onore, io verrò secondo il tuo desiderio.
Salomone gioì per questo e schierò i suoi eletti in abiti splendidi e aggiunse doppia fornitura al suo tavolo e dette disposizioni relative alla gestione della sua casa per ordinarla con cura.
Preparò tutto in pompa magna, nella gioia e nella pace, nella saggezza e nella tenerezza, con ogni umiltà e modestia.
E la Regina venne e passò in un luogo appartato in splendore e gloria e si sedette subito dietro di lui dove poteva vedere ed imparare e conoscere e si meravigliò oltremodo a quello che vedeva e da quello che sentì e glorificava il Dio di Israele nel suo cuore e lei è stata colpita con meraviglia per lo splendore della reggia, che ha visto.
Lei poteva vedere, ma nessuno poteva vederla, perché Salomone aveva organizzato con saggezza per lei.
Aveva abbellito il luogo dove era seduta e si era diffuso su di essa tende viola e ha stabilito tappeti e decorato con “miskât” e marmi e pietre preziose e ha bruciato le polveri aromatiche e cosparso di olio di mirra e cassia intorno e l’incenso sparso incenso e costosi in tutte le direzioni.
E quando l’hanno portato in questa dimora, l’odore dello stesso è stato molto piacevole per lei e prima ancora ha mangiato le carni prelibate soddisfatta del loro odore.
E con l’intento saggio Salomone le mandò carni che farebbe la sua sete e le bevande che sono stati mescolati con l’aceto e pesce e piatti a base di pepe.
E questo ha fatto e ha dato loro alla Regina per mangiare.
Il pasto regale finì gli amministratori ed i consiglieri e gli uomini giovani e servi partirono e rimasti soli il re si alzò e andò alla regina e le disse: tu riposati qui per il bene dell’amore fino all’alba.
E lei gli disse: Giurami per il tuo Dio, il Dio di Israele, che tu non mi prenderai con la forza. Perché se io, che secondo la legge degli uomini sono una fanciulla, vengo sedotta, dovrei tornare dal mio viaggio nel dolore e afflizione e tribolazione.
Salomone le rispose: Giuro che non ti prenderò con la forza, ma tu devi giurare a me che tu non prenderai con forza alcunché è nella mia casa.
E la Regina rise e disse: Sei un uomo saggio perché parli come un pazzo? Devo rubare qualcosa, o devo portare fuori di casa del re ciò che il re non ha dato a me? Non pensate che io sia venuto qui per amore di ricchezze. Inoltre, il mio regno è tanto ricco quanto la tua e non c’è niente che mi auguro che mi manca. In verità sono solo venuta in cerca della tua saggezza.
Ed egli le disse: giuriamo assieme.
Salomone: giuro che non ti mi prenderò con la forza.
Makeda: giuro di non prendere con la forza beni tuoi.
E il re salì sul suo letto in una parte della Camera e i servi avevano preparato per lei un letto sul lato opposto.
Salomone disse in segreto a un cameriere giovane, di non mettere la ciotola dell’acqua vicino al letto della Regina.
E la regina dormì un poco, ma si svegliò con la bocca secca per la sete, per il cibo che Salomone nella sua saggezza aveva dato per procurarle sete e lei era davvero in gran sete con la bocca secca.
Decise di bere l’acqua che aveva visto, vicino al letto del re Salomone.
Lo guardò con attenzione e pensava che dormiva un sonno profondo.
Salomone non dormiva e stava aspettando fino a che non si fosse alzata per rubare l’acqua ed estinguere la sete.
E lei si alzò e senza far rumore con i piedi, andò a l’acqua nella ciotola e alzò il vaso per bere l’acqua.
Salomone la prese per mano prima che lei potesse bere l’acqua e le disse: Perché hai rotto il giuramento che hai giurato che non vorresti prendere con la forza tutto ciò che è in casa mia?
Lei intimorita rispose, è forse il giuramento rotto per la mia acqua da bere?
E il re le disse: C’è qualcosa che hai visto sotto il cielo che è meglio dell’acqua.
La Regina concluse: Ho peccato e tu sei libero di giuramento. Ma lasciatemi bere l’acqua per la mia sete.
Lui le permise di bere acqua, e dopo aver bevuto acqua hanno dormito insieme.»

Salomone regalò a Makeda un anello da donare all’eventuale frutto del loro amore che di fatto nacque al ritorno di lei in Eritrea.
Il bimbo fu chiamato Bayna-Lehkem, detto Ebna Hakim, Figlio del Saggio.
Questi divenne Imperatore d’Etiopia col titolo di Menyelek I o Menelik, il primo della stirpe dei sovrani d’Etiopia.
Makeda, dal culto del sole dei suoi avi, si convertì al Signore Dio di Israele.
A ventidue anni Menelik va a Gerusalemme col prezioso anello, si fa riconoscere dal padre e, in sintesi, chiede un pezzo della copertura di Zion, l’Arca dell’Alleanza, affinché anche il suo popolo potesse venerarla.
A farla breve Menelik riesce a far fare una copia dell’Arca poi, con sotterfugio grazie anche all’aiuto di alcuni primogeniti ebrei, a trafugarne l’originale e con questa miracolosamente fugge con assieme il decalogo.
Salomone, a questo punto, commenta quel testo, comprende che assieme a Zion, avrebbe perso anche la benedizione divina.
In effetti, da quel momento, come si può verificare nella Bibbia, inizia la decadenza del regno d’Israele che si spaccherà in due, quello del Nord con un estraneo alla casata di Davide, Geroboamo e quello del Sud con re Roboamo, figlio di Salomone.
L’Arca non è più menzionata nella Bibbia, pur se per la tradizione ebraica è nascosta nei sotterranei del Tempio di Gerusalemme costruiti e chiusi poi appositamente prima della distruzione del Tempio.

La ricerca dell’arca è ricerca non archeologica ma mistica.
YHWH nella tenda del convegno e poi nel tempio di Salomone si faceva presente nel cuore del Santo dei Santi sopra il Kaporet dell’arca tra i due cherubini, quindi ove c’è la presenza di Dio là c’è l’arca.
Per la mistica giudeo-cristiana l’arca è proprio il segno della presenza di Dio.
Si pensi ad esempio la disposizione classica delle chiese ambrosiane: l’altare-arca con ai lati i due angeli-cherubini e sopra l’altare il corporale su cui Dio si rende visibilmente presente.
Così anche ogni chiesa etiope ha sull’altare “un’arca”, un sacro legno dipinto che ha toccato l’arca principale tenuta ad Axum, che mai viene mostrata ai fedeli.

L’Etiopia e gli etiopi erano legati all’Antico Testamento già prima del cristianesimo.
Ne fa fede la comunità di colore dei “falashah” o “falascià” (che vuol dire stranieri) detti Beta Israele o Casa d’Israele che hanno usanze collegabili con reminiscenze della religiosità ebraica antica.
Gli Atti degli Apostoli, infatti, attestano: “Egli (Filippo) s’alzò e si mise in cammino, quand’ecco un Etiope, un eunuco, funzionario di Candàce, regina d’Etiopia, sovrintendente a tutti i suoi tesori, venuto per il culto a Gerusalemme, se ne ritornava, seduto sul suo carro da viaggio, leggendo il profeta Isaia.” (Atti 8,27s)
Si trovano poi nella Bibbia citazioni che attestano come l’Etiopia fosse nella sfera del Dio d’Israele:

  • Salmo 68,32 – “Verranno i grandi dall’Egitto, l’Etiopia tenderà le mani a Dio.”
  • Salmo 87,4-5 – “Ricorderò Raab e Babilonia fra quelli che mi conoscono; ecco, Palestina, Tiro ed Etiopia: tutti là sono nati. Si dirà di Sion: L’uno e l’altro è nato in essa e l’Altissimo la tiene salda.”
  • Amos 9,7 – “Non siete per me come gli etiopi, israeliti?”

Salomone cercò il meglio che si potesse trovare in giro come materiali e personale specializzato nelle varie arti per le sue costruzioni, quindi interpellò i paesi vicini e favorì lo scambio commerciale.
Ciò si evince anche dal racconto nel “Kebra Negast”.
Non solo, ma gli occorreva anche tanta mano d’opera.
Si legge in 1Re 9 che Salomone impiegò per le sue costruzioni anche mano d’opera non volontaria o comunque Israelita: “Questa è l’occasione del lavoro forzato che reclutò il re Salomone per costruire il tempio, la reggia, il Millo, le mura di Gerusalemme, Cazor, Meghiddo, Ghezer. Il faraone, re d’Egitto, con una spedizione aveva preso Ghezer, l’aveva data alle fiamme, aveva ucciso i Cananei che abitavano nella città e poi l’aveva assegnata in dote alla figlia, moglie di Salomone. Salomone riedificò Ghezer, Bet-Coròn inferiore, Baalat, Tamàr nel deserto del paese e tutte le città di rifornimento che gli appartenevano, le città per i suoi carri, quelle per i suoi cavalli e quanto Salomone aveva voluto costruire in Gerusalemme, nel Libano e in tutto il territorio del suo dominio. Quanti rimanevano degli Amorrei, degli Hittiti, dei Perizziti, degli Evei e dei Gebusei, che non appartenevano agli Israeliti e cioè i discendenti rimasti dopo di loro nel paese, coloro che gli Israeliti non erano riusciti a sterminare, Salomone li costrinse ai lavori forzati e tale è ancora la loro condizione.” (1Re 9,15-21)
Evidentemente usò anche mano d’opera egiziana e nubiana che il faraone gli mandò; altra forse fu mandata dalla stessa Etiopia dopo la storia di Salomone e Makeda e molti evidentemente poi rimasero ed adottarono le usanze d’Israele pur non integrandosi completamente.
Sta il fatto che in più occasioni per le invasioni Assire, fino alla distruzione del Tempio del 586 a.C., ci furono fuoriusciti esuli d’Israele sia dal Regno del Nord sia da quello del Sud d’Israele che si portarono in Egitto ed in Etiopia.
A questi è da attribuire la diffusione dell’ebraismo in Etiopia.
Le tavole di Mosè, certamente almeno idealmente, le troviamo custodite e sorvegliate con amore e rispetto presso la chiesa Zion Mariam ad Axum, dove prima venivano offerti sacrifici secondo riti dell’Antico Testamento e oggi secondo il Vangelo.
Tutto ciò conferma che l’Etiopia è un paese di Dio.

I Falashah, di fatto, sono ebrei negri, macellano ancora l’agnello pasquale, non hanno tradizioni rabbiniche, non conoscono il mangiare Kasher e la proibizione di unire carne e latte, praticano anche la circoncisione femminile, non conoscono il Talmud e la Cabala, né la lingua ebraica, hanno soltanto tradizioni orali, non portano i tradizionali filatteri e l’ignoranza dell’ebraico può essere dovuta al fatto che erano venuti in etiopia in occasione della prigionia babilonese, quando molti ebrei parlavano ormai caldeo e non più la loro lingua originaria.
Come se tutto per loro si fosse fermato effettivamente ai tempi di Salomone senza gli apporti del “giudaismo” che nasce nel e dopo esilio in Babilonia.
Questi, i falashah per carestie e repressioni del governo etiope nel 1978 emigrarono in Sudan, ove trovarono ostilità, indi il governo d’Israele fece trasportare nel proprio territori con un massiccio ponte aereo fino al 1991 – Operazione Mosè, Operazione Giosuè ed Operazione Salomone – 90.000 falasha, pari al 90% della comunità di quelli ora in Palestina.

UNA VISIONE PRAGMATICA – MISSIONE COMMERCIALE
Certo che alla base di un viaggio come quello intrapreso dalla Regina di Saba non ci può essere solo un motivo di curiosità.
Il fatto che i potenti del popolo di Saba furono di fatto consenzienti ad affrontare un viaggio così lungo, costoso e rischioso e fornirono la carovana e i doni inviando la bella regina, prefigura un motivo pratico a cui poi può anche associarsi la “curiosità” di lei, che fu poi esaltata nella Bibbia come profilo “profetico” a lungo termine.
Sul fatto che la Regina si sia mossa da Saba per andare da Salomone, leggo una conferma al tema in “la Bibbia aveva ragione” su antikitera.net.
Le miniere da cui proveniva l’oro portato in dono dalla regina di Saba, sarebbero state localizzate in Etiopia dagli archeologi italiani, Alfredo e Angelo Castiglioni, come documentato con un filmato presentato a Rovereto il 10-10-2010 alla XXI Rassegna internazionale del Cinema Archeologico:

«Abbiamo compiuto cinque missioni, tra il 2004 e il 2008, per cercare le antiche zone di estrazione – dell’oro di re Salomone – una zona aurifera fu probabilmente rivelata al sovrano ebraico dalla regina di Saba, quando si recò a Gerusalemme portando in dono 120 talenti d’oro.»

I due archeologi italiani ritengono d’avere individuato le miniere sulle montagne dell’Etiopia sud-occidentale, nel Paese di Beni Shangul, lungo l’itinerario forse percorso dalla regina di Saba nel suo viaggio verso Gerusalemme e un’altra regione aurifera, anch’essa probabile fornitrice di oro al re di Israele, si trova nell’Etiopia sud-orientale, sui monti dell’etnia Guji, esplorata nel 2007-2008.
I Castiglioni ipotizzano che verosimilmente la regina promosse un’azione commerciale, intesa a scambiare oro con rame.
(Nelle Storie di Erodoto si legge che “il rame presso gli Etiopi è il metallo più raro e pregiato di tutti”, più dell’oro, tanto che in Etiopia i prigionieri sono “incatenati con ceppi d’oro”).

In Israele, per contro, a nord di Eilat in territorio allora a disposizione di Salomone, erano sfruttate miniere di rame, che ancora oggi vengono chiamate appunto “miniere di Salomone”.
A pochi chilometri a nord di Eilat, verso il deserto di Paran, c’è infatti il parco nazionale di Timna, di rocce marine tipo dolomiti sovrapposte a rocce vulcaniche del periodo mesozoico, un “paese dove le pietre sono di ferro e dai cui monti scaverai il rame.” (Deuteronomio 8,9)
Invero furono gli Egiziani che iniziarono a estrarvi il rame nel III millennio a.C. e la popolazione locale madianita continuò lo sfruttamento anche dopo la partenza degli Egiziani, dall’XI secolo a.C. in poi.
La regione di estrazione del rame è la zona del sito religioso di Timna nella Valle dell’Arabah, terra di Edom, nel Neghev ove sono stati trovati i resti di un tempio dedicato a Hator, la dea-mucca del panteon egiziano, con iscrizioni e cartigli di Seti I (1318-1304 a.C.) e di Ramses II (1304-1237 a.C.).
Era un ambiente di 9x7metri a cielo aperto con antistante un “naos” costruito contro la montagna, entro cui era stata scavata una piccola nicchia.
Nel XII secolo a.C. divenne dei Madianiti che lo ricoprirono con una tenda (ricuperati frammenti di colore giallo e rosso) che ricorda quella di Esodo 26,36; 26,40.
Tra i vari oggetti cultuali trovati negli scavi vi sono varie statuine di Hator, vasi di alabastro, placche in oro e rame, incensieri.
Tra i doni votivi sono presenti motivi zoomorfi tra cui spicca il serpente e serpente in ebraico ha le stesse lettere di rame “nachash”, come il serpente di rame che fece Mosè in Numeri 21,9 era in zona.
Il trasporto del rame via mare da Eilat al Corno d’Africa rendeva fattibile il commercio, mentre per l’oro forse in alcuni tempi si preferiva il trasporto via mare con periplo dell’Africa, per ridurre il pericolo di predoni nel lungo percorso via terra da Eliat a Gerusalemme.

LA TRADIZIONE EBRAICA SU LA REGINA DI SABA E SU SALOMONE
Questa Regina, venuta da lontano, da una terra misteriosa, fu ritenuta apportatrice d’arti magiche e sortilegi.
Si legge in un “midrash” che Salomone sarebbe stato avvisato dell’esistenza del regno di Saba e della sua regina da un uccello di cui capiva la lingua.
Probabilmente questi è il Tamarim del racconto del “Kebra Negast”.
Questo discorso che Salomone conoscesse la lingua degli uccelli può nascondere il fatto che il nome Zippora, moglie di Mosè, vuol dire uccellino, come abbiamo visto era etiope e Mosè era stato là e conosceva la lingua.
Mosè rimase in contatto con Ietro che fu il primo esempio di uno straniero convertitosi al Signore e ciò sta ad asseverare che rimasero sempre contatti con l’Etiopia e, pur se s’andarono attenuando, rimase la nozione di quel popolo lontano e ricco.
Saba era paese pacifico, pieno d’oro bagnato dai fiumi del Paradiso; così lo descrive la Genesi (2,10-14), il cui racconto, secondo la tradizione, era noto ovviamente a Salomone: “Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi. Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avìla, dove c’è l’oro e l’oro di quella terra è fine; qui c’è anche la resina odorosa e la pietra d’ònice. Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d’Etiopia. Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate.”
Il paese di Avìla e il paese d’Etiopia erano la terra di Madian affacciate sul ramo del Mar Rosso, Arabia saudita e Corno d’Africa.
Il “Dizionario Usi e Leggende ebraiche” di A. Unterman riporta che Salomone desiderava molto incontrare la regina e quando ella giunse lo trovò seduto in un palazzo con un pavimento di cristallo sotto cui scorreva acqua.
Spontaneamente per avvicinarsi, credendo di bagnarsi, la regina sollevò la gonna e mostrò le gambe.
Erano pelose… era una strega… la stessa Lilith.
Di ciò si trova poi cenno nel Corano.
Discorso allusivo, quello della scopertura dei piedi e dei peli, alle parti genitali.
Salomone però la sposò onde la casa reale etiope sostiene di discendere dall’unione Salomone – Regina di Saba.

Come dicevo, questa Regina venuta da lontano fu ritenuta apportatrice d’arti magiche e sortilegi, perché – dice il racconto biblico dell’incontro – venne a chiedere soluzioni di enigmi da parte della sapienza di Salomone.
La parola enigmi evoca il mistero e il mito antichissimo della Sfinge e di Edipo con i due quesiti:

  • 1° quesito: Qual era l’essere che cammina ora a quattro gambe, ora a due, ora a tre che, contrariamente alla legge generale, più gambe ha più mostra la propria debolezza? Risposta: l’uomo.
  • 2° quesito: Esistono due sorelle, delle quali l’una genera l’altra, e delle quali la seconda, a sua volta, genera la prima. Chi sono? Risposta: la notte e il giorno.

Edipo diede le risposte e la Sfinge, che opprimeva Tebe, fu domata.
Erano in definitiva indovinelli di cui si divertivano anche gli ebrei; si pensi, infatti, agli enigmi che in più occasioni propose Sansone nella sua storia.

Non è certo questo tipo d’enigmi che possono incuriosire tanto da far compiere un costoso lunghissimo viaggio come fu quello della carovana da Saba a Gerusalemme, pero la Sfinge un poco nel discorso c’entra.
Questa, alata, con corpo superiore di donna e l’inferiore di leone, è fusione di tre elementi, la forza dello spirito per le ali, ragione e sentimenti umani per la parte superiore del corpo e degli istinti animali per la parte inferiore.
Nel caso specifico Salomone è come la sfinge, in quanto in lui si trovano tutti gli elementi dello spirito, della ragione e degli istinti esaltati al massimo pur se amalgamati in modo ammirevole.
La regina, nel caso specifico, fa la parte di Edipo, sapute le risposte da Salomone in un certo senso gli portò via la potenza e quell’incontro sottolineò l’acme della potenza di Salomone poi, iniziò la decadenza; in seguito, infatti, alla morte di Salomone il regno d’Israele si sfasciò in due regni.
Ciò fu raccolto dalla tradizione che ritiene che quella Regina di fatto in se stessa si portò via il sangue regale di Salomone che era stato scelto da Dio quale Re e quindi in un certo senso fu lei stessa arca che portava un’alleanza eterna che Dio aveva fatto con Davide e la sua stirpe, tanto che poi questo sangue sarebbe stato capace di ereditare, sia pure subdolamente, l’Arca della Testimonianza.
Un po’ come il mito del “sangre real” dei Merovingi.
Fu quella regina, sia pure involontariamente, un po’ come Dalila che ricevuto il segreto della forza di Sansone , ne procurò la rovina. (Vedi: “Nella gloria, Sansone – piccolo sole – annuncia il Messia“)
Sansone, si unì con una straniera che fu causa della sua rovina.
La filistea era Dalilà nel cui nome c’è la parola notte che richiama la figura del demone Lilith, il demone femminile della tradizione della cabala ebraica, temuta nell’immaginario popolare ebraico come demone notturno capace di portare danno ai bambini di sesso maschile e caratterizzata dagli aspetti negativi della femminilità: adulterio, stregoneria e lussuria.
Sarebbe quello il nome della prima donna creata, prima compagna femmina di Adamo uomo e precedente a Eva.
Il contrasto è evidente, lui “piccolo sole” e lei parente della notte.
Torniamo all’idea della Sfinge.
L’essere umano in effetti è come diviso in tre parti e ha in sé due divisioni:

  • tra testa e cuore, l’intelletto dai sentimenti.
  • tra cuore e gli istinti, sessualità, territorio, sopravvivenza e dominio.

Secondo lo Zohar, libro fondamentale della Qabbalah, questa divisione in tre parti è indice di decadenza.
L’uomo integrale dovrebbe cercare l’unità e questa era ricercata Salomone.
D’altra parte, al Re Salomone sono attribuiti tre scritti della Tenak che danno armi per superare quelle divisioni:

  • il Cantico dei Cantici, idillico canto d’amore completo tra due innamorati;
  • i Proverbi, che riguarda l’etica e la morale;
  • il Qoelet o Ecclesiaste, considerazioni sulla morte.

L’idea è cercare di conseguire la totale integrazione simmetrica uomo-donna.
Per la Qabbalah Salomone e Makeda cercarono d’unire amore e passione, intelletto e spirito, ma arrivarono solo a un primo grado di sintesi e non alla integrale simmetria uomo-donna.
Salomone incarna in sé un’anima non solo ebraica, ma universale e avrebbe cercato una via sapienziale che coinvolgesse mente, spirito e corpo.

Questo pensiero della simmetria, ha portato all’idea qabbalistica di cercare parole ebraiche che nel testo della bibbia si possono leggere in un senso e nel senso opposto rimanendo identiche, come ad esempio sole “shoemoesh” e notte “lil” .
Ciò ha fatto trovare tra le parole ebraiche simmetriche della Tenak un palindromo di ben sette lettere.
La Qabbalah lo ritiene simbolo di perfetta conciliazione tra Destra e Sinistra, “Chesed” e “Ghevurà”, Giustizia e Misericordia e, direi, tra maschile e femminile; insomma un tendere a Dio, un’immagine del suo bilanciare perfetto di posizioni e qualità che si propongono in contraltare.
Questa parola o meglio questa serie di lettere, è ripetuta di seguito per ben due volte, si trova proprio nel libro attribuito a Salomone in Proverbi 30,1. È:


La traduzione C.E.I. di Proverbi 30,1 è: “Detti di Agur, figlio di Iakè, da Massa. Dice questo uomo: Sono stanco, o Dio, sono stanco, o Dio, e vengo meno.”
Questo capitolo 30 dei Proverbi di Salomone contiene insegnamenti di grande portata in cui l’autore che si nasconde dietro al nome di Agur, che nonostante sia Salomone, si dichiara al versetto 2, “io sono il più stupido degli uomini e non ho intelligenza umana”; propone però ovviamente idee non normali, non sciocche, ma sapienti.
Dice, infatti, 1Re di Salomone: “Dio concesse a Salomone sapienza e intelligenza molto grandi e una mente vasta come la sabbia che è sulla spiaggia del mare. La sapienza di Salomone superava la sapienza di tutti gli orientali e tutta la sapienza dell’Egitto. Egli era più saggio di tutti gli uomini, più di Etan l’Ezraita, di Eman, di Calcol e di Darda, figli di Macol; il suo nome era famoso fra tutte le genti limitrofe. Salomone pronunciò tremila proverbi; le sue odi furono millecinque. Parlò delle piante, dal cedro del Libano all’issòpo che sbuca dal muro; parlò delle bestie, degli uccelli, dei rettili e dei pesci. Da tutte le nazioni venivano per ascoltare la sapienza di Salomone, mandati da tutti i re della terra, che avevano sentito parlare della sua sapienza.”
Questo di Proverbi 30 è il discorso dell’uomo perché il primo versetto propone “…dice quest’uomo: “.
Una traduzione più precisa sarebbe “oracolo del forte “, insomma una profezia del “maschio” in contrapposizione a quello che verrà nel capitolo 30 da parte della donna perfetta.
Per riequilibrare le novazioni del capitolo 30, nel 31 Salomone, col nome di Lemuel, passa, infatti, alla sua anima ebraica per fare elogi e lodi alla donna perfetta, che mette in opera tutti i Precetti della Torà, dall’Alef alla Tau, di cui ho detto nel “Il marito della donna perfetta” articolo in .pdf nella rubrica “San Giuseppe“.
Le prime parole che dice questo uomo del capitolo 30 sono appunto:

L’EITI’EL L’EITI’EL
e poi aggiunge “ve’ukhal” .

Così sono spiegate dalla Qabbalah quelle lettere: “l’eiti’el l’eiti’el ve’ukhal” = “mie sono le lettere”, o “sono colui che comprende i segni”, cioè le lettere della Torah e quel “ve’ukhal” viene tradotto come un “posso”, cioè io Salomone posso trattare in più modi quelle lettere.
Di fatto con il mio metodo di decriptazione, che associa alle lettere ebraiche significati grafici come icone, ottengo qualcosa del genere:

  • non sono (solo) indicazioni sull’esistenza di Dio ;
  • no sono segni che sono da Dio ;
  • che portano uniti al tutto .

Cioè, come dice Isaia in 29,11-12, vi sono due modi per leggere quei testi, uno normale e uno togliendo il sigillato.

Nella fede ebraica, infatti, la Torah è il progetto che Dio aveva pre tracciato e col quale ha creato il mondo e ogni lettera è un tassello importante.
La “Torah” è pensata dalla Qabbalah sia come rivelazione e raccolta di prescrizioni e di narrazioni storiche, ma anche come un’ininterrotta serie di nomi divini, un unico Nome, lungo quante sono tutte le lettere che lo compongono, dal quale trae origine il TUTTO della creazione, perciò ogni variazione, ogni aggiunta o sottrazione di un singolo elemento, può rendere inutilizzabile il testo del rotolo, perché ne deforma il significato, come se nel dire “Sia la luce”, avesse detto sia la pece; non avrebbe creato la luce, ma la pece.

È proprio così nel pensiero ebraico; infatti, al proposito si legge: “R. Meir raccontava: Quando incontrai R. Yshmael questi mi domandò: Qual è la tua occupazione? Risposi: Lo scriba. E il Maestro: Fai bene attenzione al tuo lavoro che è opera divina. Se tu aggiungessi o togliessi una sola lettera dal testo, potresti causare la distruzione dell’universo.” (Talmud – Eruvin 13)

Salomone così, per la Qabbalah in quel versetto Proverbi 30,1, avvisa che sa trattare le lettere ebraiche come le lettere della Torah, quindi usa parole avanti e indietro come lettura usuale, ma sotto c’è anche un messaggio da scoprire.
I Maestri della mistica giungono ad attribuire alle singole lettere la proprietà di possedere un corpo, uno spirito, un’anima (Shabat 104); sono così ideogrammi che esprimono le energie di costruzione del cosmo.
Una lettura appropriata della parola in base alle sue lettere può portare a meglio comprendere il progetto divino della creazione e spingere l’uomo a comportamenti corretti come Bezalel, l’artigiano chiamato da Mosè a per la costruzione del Tabernacolo nel deserto, che: “Sapeva disporre le lettere dell’alfabeto con le quali furono creati il cielo e la terra“. (Berachot 55).
Come Bezalel, grazie a quel dono di conoscere le lettere divine, poté sovrintendere alla costruzione del “Mishkhan” -Tabernacolo nel deserto così Salomone, la cui saggezza derivava dal fatto che conosceva come usare quelle lettere, poté edificare il Santuario di Gerusalemme.
Perciò, la pagina del racconto della venuta della Regina di Saba, può anche nascodere un altro volto.

CENNI DELLA REGINA NEL CORANO
La regina di Saba in arabo è “Bakis” o “Bilquis”.
Salomone, in arabo “Sulayman”, è citato più volte nel Corano quale profeta saggio dotato di doti magiche ed è pure più volte ricordato da antichi commentatori coranici e da storici musulmani per il suo rapporto con gli jinn, spiriti che possono essere spiriti maligni del deserto o anche spiriti buoni.
Pare che Salomone, per grazia di Dio, potesse dominare gli uni e gli altri, com’è precisato dalla XXI Sura Al-Anbiyâ’, i Profeti:

  • 81 – E (sottomettemmo) il vento impetuoso a Salomone: al suo ordine soffiava sulla terra che abbiamo benedetta . Noi conosciamo ogni cosa.
  • 82 – E fra i demoni alcuni si tuffavano per lui e compivano altre opere ancora; eravamo Noi a sorvegliarli.

C’è poi una Sura, la XXXIV, intitolata Sabâ, che collega quella regione proprio ad un lembo del paradiso, come evidente riflesso del racconto del giardino dell’Eden del libro della Genesi, infatti recita:

  • 15 – C’era invero, per la gente di Sabâ, un segno nella loro terra: due giardini, uno a destra e uno a sinistra. Mangiate quel che il vostro Signore vi ha concesso e siateGli riconoscenti: (avete) una buona terra e un Signore che perdona!
  • 16 – Si allontanarono (da Noi) e allora inviammo contro di loro lo straripamento delle dighe e trasformammo i loro due giardini in due giardini di frutti amari, tamarischi e qualche loto.

In questa stessa Sura vi sono tre versetti che confermano ed ampliano il pensiero che Salomone avesse comportamenti legati alla magia e stregoneria, ma che fossero consentiti dal Signore:

  • 12 – (Sottomettemmo) a Salomone il vento che percorre un mese [di marcia] il mattino e un mese la sera e facemmo scorrere la fonte di rame. Lavoravano i dèmoni sotto di lui col permesso del suo Signore. Se uno qualunque di loro si fosse allontanato dal Nostro ordine, gli avremmo fatto provare il castigo della Fiamma.
  • 13 – Costruivano per lui quel che voleva: templi e statue, vassoi (grandi) come abbeveratoi e caldaie ben stabili. O famiglia di Davide, lavorate con gratitudine! E invece sono ben pochi i Miei servi riconoscenti.
  • 14 – Quando poi decidemmo che morisse, fu solo la “bestia della terra” che li avvertì della sua morte, rosicchiando il suo bastone. Poi, quando cadde, ebbero la prova i dèmoni che se avessero conosciuto l’invisibile, non sarebbero rimasti nel castigo avvilente.

L’interpretazione corrente è che Il Signore rivelò a Salomone che doveva prepararsi a lasciare questo mondo.
Questo Profeta allora pregò Allah di tener nascosta la sua morte agli Jinn e ai demoni finché non avessero finito i lavori del Tempio e della Reggia.
Il Profeta sarebbe morto appoggiato al bastone e solo molto tempo dopo, gli Jinn si accorsero che era morto, quando il bastone cadde in polvere, rosicchiato da una tarma.
Questa “bestia della terra” è l’idea del verme che rode la vita di tutti gli uomini, paragonato al tarlo della tarma che rode il legno, in quanto tutti gli uomini muoiono come Adamo.
Di fatto Salomone tra gli altri si era servito di un sapiente costruttore Chiram di Tiro che viene considerato un grande “architetto” nella Qabbalah e prototipo di maestro Massone.
Il suo nome Chiram in ebraico è e vi si trova la parola vita “chi” e la parola verme “ramah” () e Chiram fu per Salomone un bastone su cui appoggiarsi.

Perciò Salomone era un uomo come tutti che Dio aveva dotato di poteri, appunto un profeta.
Il Corano nella Sura II Al-Baqara o della Giovenca poi critica gli antichi ebrei in quanto ritenere che avessero concluso, come oggi i massoni, che Salomone avesse conseguito la costruzione del Tempio e di tutti gli arredi, grazie solo a sapienza terrena di Chiram e compagni muratori e architetti e per aiuti di magia bianca e nera e non per volontà di Dio:

  • 101 – E quando giunse loro, da parte di Allah, un messaggero che confermava quello che già avevano ricevuto, alcuni di quelli a cui erano state date le Scritture, si gettarono alle spalle il Libro di Allah, come se non sapessero nulla.
  • 102 – Prestarono fede a quel che i demoni raccontarono sul regno di Salomone. Non era stato Salomone il miscredente, ma i demoni: insegnarono ai popoli la magia e ciò che era stato rivelato ai due angeli Hârût e Mârût a Babele. Essi però non insegnarono nulla senza prima avvertire: Badate che noi non siam altro che una tentazione: non siate miscredenti. E la gente imparò da loro come separare l’uomo dalla sua sposa, ma non potevano nuocere a nessuno senza il permesso di Allah. Imparavano dunque ciò che era loro dannoso e di nessun vantaggio. E ben sapevano che chi avesse acquistato quell’arte, non avrebbe avuto parte nell’altra vita. Com’era detestabile quello in cambio del quale barattarono la loro anima. Se l’avessero saputo!

Ciò è confermato anche dal racconto vero e proprio dell’incontro con la regina Bilqis, cioè la regina di Saba, è nella Sura 27 An-Naml detta delle Formiche nei versetti 15-55.
Inizia ribadendo che a Salomone le doti particolari le aveva concesse Dio con potere sugli uomini, sugli uccelli e anche sugli Jinn:

  • 15 – Già demmo scienza a Davide e Salomone. Dissero: Lode ad Allah, Che ci ha concesso eccellenza su molti dei Suoi servi credenti!
  • 16 – Salomone succedette a Davide e disse: O uomini, ci è stato insegnato il linguaggio degli uccelli e ci è stata data abbondanza di ogni cosa: invero questa è grazia evidente!
  • 17 – Furono riunite per Salomone le sue schiere di dèmoni, di uomini e di uccelli e furono allineate in ranghi distinti.
  • 18 – Quando giunsero alla valle delle formiche, una formica disse: O formiche, rientrate nelle vostre dimore, che non vi schiaccino inavvertitamente Salomone e le sue truppe.
  • 19 – (Salomone) sorrise a queste sue parole e disse: Concedimi, o Signore, di esserTi grato per il favore che hai concesso a me a mio padre e a mia madre e (concedimi) di compiere il bene che Tu gradisci e, per la Tua misericordia, fammi entrare tra i Tuoi virtuosi servitori.

Dopo questo discorso strano sul popolo delle formiche, da cui prende il nome tutta la Sura, il racconto si sviluppa così:

  • 22-24 – Una upupa, portò notizie del regno di Saba e della sua regina e dei suoi tesori, questa adora il sole e Satana li ha sviati.
  • 28 – Fu così che Salomone scrisse una lettera inviò l’upupa che la fece cadere nel regno di quella e la regina convocò i notabili.
  • 35 – La Regina rispose mandando un dono.
  • 36-40 – Salomone minaccia di sottomettere Saba con la forza.
  • 41-44 – Fu così che la Regina venne da Salomone! E qui il racconto diviene sibillino, ma ricalca l’idea dell’acqua della tradizione ebraica e del Kebra Nagast.
  • 44 – Le fu detto: Entra nel palazzo, Quando lo vide, credette che fosse un’acqua profonda e si scoprì le gambe. (Allora Salomone) disse: È un palazzo lastricato di cristallo. Disse (quella): Signore! Sono stata ingiusta nei miei stessi confronti. Mi sottometto con Salomone ad Allah Signore dei mondi.

Ed ecco così che appare l’idea dell’acqua che portò… alla scopertura delle gambe.

Nella XXXVIII Sura, la Sâd, infine, viene suggerito che Dio con tutto quel potere che aveva dato a Salomone in definitiva stava anche mettendolo alla prova:

  • 34 – Mettemmo alla prova Salomone, mettendo un corpo sul suo trono. Poi si pentì
  • 35 – e disse: Signore, perdonami e concedimi una sovranità che nessun altro avrà dopo di me. In verità Tu sei il Munifico.
  • 36 – Gli assoggettammo il vento, soffiava al suo comando (fin) dove voleva inviarlo,
  • 37 – e tutti i demoni, costruttori e nuotatori di ogni specie (pescatori di perle).
  • 38 – E altri ancora incatenati a coppie.
  • 39 – Questo è il Nostro dono, dispensa o tesaurizza, senza [doverne] rendere conto.
  • 40 – In verità egli ha un posto vicino a Noi e un buon luogo di ritorno.

PROVERBI 30 – PROFEZIA DI AGUR DECRIPTATA
Questo è il testo della traduzione C.E.I. del capitolo 30 dei Proverbi attribuito a Salomone.

Proverbi 30,1-3 – Detti di Agur, figlio di Iakè, da Massa. Dice quest’uomo: Sono stanco, o Dio, sono stanco, o Dio, e vengo meno, perché io sono il più stupido degli uomini e non ho intelligenza umana; non ho imparato la sapienza e la scienza del Santo non l’ho conosciuta.

Proverbi 30,4-6Chi è salito al cielo e ne è sceso? Chi ha raccolto il vento nel suo pugno? Chi ha racchiuso le acque nel suo mantello? Chi ha fissato tutti i confini della terra? Come si chiama? Qual è il nome di suo figlio, se lo sai? Ogni parola di Dio è purificata nel fuoco; egli è scudo per chi in lui si rifugia. Non aggiungere nulla alle sue parole, perché non ti riprenda e tu sia trovato bugiardo.

Proverbi 30,7-10 – Io ti domando due cose, non negarmele prima che io muoia: tieni lontano da me falsità e menzogna, non darmi né povertà né ricchezza, ma fammi avere il mio pezzo di pane, perché, una volta sazio, io non ti rinneghi e dica: Chi è il Signore? oppure, ridotto all’indigenza, non rubi e abusi del nome del mio Dio. Non calunniare lo schiavo presso il padrone, perché egli non ti maledica e tu non venga punito.

Proverbi 30,11-14 – C’è gente che maledice suo padre e non benedice sua madre. C’è gente che si crede pura, ma non si è lavata della sua lordura. C’è gente dagli occhi così alteri e dalle ciglia così altezzose! C’è gente i cui denti sono spade e le cui mascelle sono coltelli, per divorare gli umili eliminandoli dalla terra e togliere i poveri di mezzo agli uomini.

Proverbi 30,15-17 – La sanguisuga ha due figlie: Dammi! Dammi! Tre cose non si saziano mai, anzi quattro non dicono mai: Basta! il regno dei morti, il grembo sterile, la terra mai sazia d’acqua e il fuoco che mai dice: Basta! L’occhio che guarda con scherno il padre e si rifiuta di ubbidire alla madre sia cavato dai corvi della valle e divorato dagli aquilotti.

Proverbi 30,18-20 – Tre cose sono troppo ardue per me, anzi quattro, che non comprendo affatto: la via dell’aquila nel cielo, la via del serpente sulla roccia, la via della nave in alto mare, la via dell’uomo in una giovane donna. Così si comporta la donna adultera: mangia e si pulisce la bocca e dice: Non ho fatto nulla di male!

Proverbi 30,21-23 – Per tre cose freme la terra, anzi quattro non può sopportare: uno schiavo che diventa re e uno stolto che si sazia di pane, una donna già trascurata da tutti che trova marito e una schiava che prende il posto della padrona.

Proverbi 30,24-28 – Quattro esseri sono fra le cose più piccole della terra, eppure sono più saggi dei saggi: le formiche sono un popolo senza forza, eppure si provvedono il cibo durante l’estate; gli iràci sono un popolo imbelle, eppure hanno la tana sulle rupi; le cavallette non hanno un re, eppure marciano tutte ben schierate; la lucertola si può prendere con le mani, eppure penetra anche nei palazzi dei re.

Proverbi 30,29-31 – Tre cose hanno un portamento magnifico, anzi quattro hanno un’andatura maestosa: il leone, il più forte degli animali, che non indietreggia davanti a nessuno; il gallo pettoruto e il caprone e un re alla testa del suo popolo.

Proverbi 30,32-33 – Se stoltamente ti sei esaltato e se poi hai riflettuto, mettiti una mano sulla bocca, poiché, sbattendo il latte ne esce la panna, premendo il naso ne esce il sangue e spremendo la collera ne esce la lite.

Cosa c’entra questo brano con quello della Regina di Saba?
Premesso che questo è scritto da Salomone, c’è qui un uomo Agur che si pone delle domande che sono dei veri e propri enigmi; domande che potremmo mettere sulla bocca di quella Regina che, come detto, rappresenta quei popoli che potrebbero dire come Agur al versetto 1, “non ho imparato la sapienza e la scienza del Santo non l’ho conosciuta”.
Per questo è un “sapiente” che non è sapiente.
Tra le domande ce n’è una al versetto 4 particolarmente intrigante per un cristiano: “Qual è il nome di suo figlio, se lo sai?” e fa comprendere che l’idea di un Dio comunione di più persone non è idea recente.
C’è poi un passo – versetti 24-28 – che ci riporta alla Sura 27 del Corano, quella delle “formiche” che là è preludio al racconto della Regina di Saba.
Nell’ambito di questi si trova il versetto 28: “la lucertola si può prendere con le mani, eppure penetra anche nei palazzi dei re” la cui traduzione da parte di commentatori ebraici è “il geco s’arrampica con le sue mani eppure penetra anche nei palazzi dei re” che in definitiva ci parla di come uno che cerca la “salvezza” cioè che si dà da fare può riuscire la dove altri falliscono.
Non perché se la può dare con le proprie mani, ma perché può cercare perlomeno di avvicinarsi ai luoghi e ai mondi dove vede che c’è.
Anche questo ci porta a quella Regina che mossa da curiosità per la Verità si portò da lontano, incontrò Salomone e divenne partecipe della grazia del popolo di Dio.
Ecco che viene il desiderio di capire cosa dice con le lettere ebraiche Agur in questo capitolo 30, come peraltro ho fatto e presentato per il capitolo 31 dei Proverbi.
Ciò prepara ad affrontare nello stesso modo il brano 1Re 1-13 del racconto della Regina di Saba che poi presenterò.
Questo versetto 28, del geco o della lucertola, peraltro scritto con le lettere ebraiche, è:



Una possibile decriptazione risulta:

“Risorti i viventi a vivere sono nel Crocefisso , della casa sono alla porta ; sono gli uomini tutti al Verbo simili , sono dal Padre entrati , sono la sposa (), sono la regina ().”

Con lo stesso criterio ho proceduto alla decriptazione di quei 33 versetti, che presento qui di seguito, che ci portano ad un totalizzante racconto messianico.

Proverbi 30,1 – Dal deserto sono state dall’Unigenito in cammino portate le moltitudini dagli angeli. Sono stati versati dal mondo, uscite liberate dall’Unico ai pascoli. Dai viventi uscito in cammino da dentro il corpo il serpente, dall’Unigenito è stato finito, è di Dio il no ad esistere completo, è stato il primo serpente portato da cibo. (Cenno al banchetto messianico finale)

Proverbi 30,2 – Con la rettitudine fu arso dall’Unigenito, ucciso fu nei viventi. Dall’Unigenito fu il fuoco portato al serpente, dal Padre fu inviato. Alla fine negli uomini la potenza rifù.

Proverbi 30,3 – Portò il serpente al silenzio con la legge divina, fu stretto dalla rettitudine; i viventi la magnificenza vedono completa, del Santo sono la forza a vedere.

Proverbi 30,4 – I viventi saranno innalzati dal mondo, in cielo portati saranno col corpo, il sangue sarà dell’Unigenito in pienezza a fruttificare, li porterà in seno puri angeli, saranno condotti a vivere dall’artefice nel corpo, vivi saranno dal Vivente a casa risorti, in vita con la potenza rientrata. A vivere risaranno, usciranno al sorgere, dalle prigioni per il Verbo alla pienezza saranno dell’Unico, col corpo saliranno vivi. Al mondo la risurrezione ai viventi ha portato e i viventi escono alla luce del Vivente, il Figlio li porterà, retti saranno alla completa conoscenza.
(L’inizio di questo versetto nella forma esplicita richiama il versetto di Giovanni 3,13; questo ne fornisce una perfetta sintesi “Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo” e nel criptato di Pr 30,4 è fornita una risposta esauriente alla domanda di Nicodemo sulla rinascita. Infatti “Gli rispose Gesù – Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?” (Giovanni 3,10) e poi gli cita in pratica col Giovanni 3,13 questo testo che profetizza nel criptato le cose a venire. Vedi: “L’anima del creato e la pietra angolare“)

Proverbi 30,5 – Dalla prigione, dall’amarezza, dalla maledizione ha portati fuori purificati dal mondo i viventi, nel giardino entrano portati da Dio a rifugiarsi, sono a vivere a casa portati.

Proverbi 30,6 – Da Dio il Crocefisso li ha portati nei cerchi, dal Verbo si vedono partoriti da dentro al corpo sono stati portati, di persona è stato a condurli alla rettitudine, sono in grembo così portati angeli, il mentitore ha finito.

Proverbi 30,7 – Bruciata completamente è stata dai viventi con la risurrezione la maledizione, finita è stata dalla vita, venuta la rettitudine di Dio con la purezza, con la grazia, vive il frutto del Cuore, il verme l’Unigenito ha ucciso…

Proverbi 30,8 -…col fuoco l’ha portato un tizzone. La benedizione così per questi rientra nei corpi con la legge a vivere. I viventi angeli sono col corpo all’Unigenito simili. Si vede bruciato dai corpi da Dio completamente il drago potente. Entrati dal Cuore nel corpo sono del Verbo, inviati sono stati guizzando al chiuso che trafitto fu.

Proverbi 30,9 – L’allontanò l’Unigenito, il settimo (giorno) portò il mentitore alla fine, che fu a recare alle origini la ribellione ad esistere nei viventi. Fu il Signore a portarsi di persona, l’Unigenito si portò col corpo lo circondò con un fuoco che portò in cammino, l’angelo (ribelle) dentro finì, fu portato alla fine dal soffio della risurrezione che a bruciare nei viventi la maledizione fu.

Proverbi 30,10 – Dio alla fine un potente fuoco ha inviato, il Servo la maledizione dell’Unico che ha giudicato ha recato, di persona è ad abbattere il serpente dal cammino per recare il peccare alla fine.

Proverbi 30,11 – Per aiutare l’ha portato in un corpo il Padre, fu portata ad esistere la maledizione e venne l’Unigenito per recidere il nemico dai corpi con la rettitudine.

Proverbi 30,12 – Ad abitare il Cuore al mondo portò in un corpo. Per le preghiere dagli angeli fu a portarsi e dai viventi scese l’Unigenito per la fine portare al serpente iniziando il lavacro.

Proverbi 30,13 – Nella generazione dei viventi partorito ai viventi si portò in azione, fu per i lamenti a recarsi e si vide il volto, si vide il Verbo essersi portato, ci fu di angeli una luce dall’Unico recata.

Proverbi 30,14 – L’impuro al corpo una spada gli portò in croce. Lo scarlatto (il sangue) si portò e con l’acqua originò la sposa e finì morto. La potenza nel tempo fu a recare per il serpente, originò la rettitudine potente per agire, apostoli furono per gli esseri viventi in vita. L’Unigenito col corpo su si riportò dal Padre, fu per portare l’energia cioè (ionah, la colomba = lo Spirito Santo) che è del Vivente la vita nell’uomo.

Proverbi 30,15 – La potenza dall’alto portò. La rovesciò nel mondo, uscì della risurrezione il segno, fu il Figlio a riportarsi completamente fuori. Dentro rientrò a casa il terzo (giorno), entrò dagli apostoli. Entrò la potenza dell’Unigenito crocefisso il settimo (giorno = sabato) negli apostoli. Dal mondo all’Unico dalle moltitudini in alto a vivere il corpo portò, uscì portato dagli angeli.

Proverbi 30,16 – Della risurrezione l’Unigenito portò la potenza. Recò dal legno un corpo, la misericordia originò, dal corpo giù guizzò la Donna. Da dentro alla vista uscì con l’acqua ad esistere dai viventi e iniziò ad accendersi il ‘no’ per l’origine dell’amarezza. Per il mondo apertamente si portarono gli apostoli.

Proverbi 30,17 – In azione furono gli apostoli del Crocefisso. Con potenza a sentire la rivelazione del Padre portarono, ai confini da casa questi al serpente furono rovesciati in campo. Da segno l’Unigenito la Madre il diletto ha portato fuori al nemico da casa per opprimerlo, per farlo ammalare. È dell’Unigenito la sposa portata al mondo, usciranno da dentro figli illuminati di testa/mente.

Proverbi 30,18 – Per il delitto bruciare al mondo escono tra i viventi in campo gli apostoli, meraviglie/miracoli portano nella vita, la manna sono a recare dell’Unigenito alle moltitudini. In azione al serpente una calamità nel tempo è la Madre.

Proverbi 30,19 – Per via escono gli apostoli con la risurrezione dalle moltitudini. Di cielo per aiutare i fiacchi gli apostoli le prigioni illuminano. Con l’agire il serpente sono giù a portare dai corpi. In giro per affliggerlo inviati sono entrati nella casa del serpente, dentro le acque sono a portare in cammino gli uomini, i Baal dai viventi escono.

Proverbi 30,20 – Con la rettitudine l’impurità dai corpi così iniziano a bruciare al mondo nei viventi. Gli apostoli iniziano a parlare della Croce dell’Unigenito. Tutti fuori portano a vivere dallo spavento. Il soffio sono di Lui vivente. Dai corpi esce il serpente; l’ira innalzata del Crocefisso è per annullarlo.

Proverbi 30,21 – Completo lo spavento con la risurrezione al serpente recano. Ad illuminare le menti in cammino questi escono, l’Unigenito da messaggeri li ha portati alla fine per strappare dall’insidia dell’agire del serpente. L’Unigenito Crocefisso portano. Per tutti il Risorto (ri)verrà.

Proverbi 30,22 – Completamente stringono l’abominevole, d’aiuto la rettitudine è, forza che nei viventi il serpente porta ad ardere. L’energia dentro al cammino riè; sono bruciati i gli idoli chiusi nei viventi.

Proverbi 30,23 – Alla fine per strapparlo della risurrezione l’energia porterà l’Unigenito al mondo, la rettitudine sarà a finire dentro l’agire del serpente, porterà del fuoco il soffio, lo chiuderà dal mondo, così esisterà completa la rettitudine in cammino, purgati tutti usciranno.

Proverbi 30,24 – Per l’Unigenito le moltitudini si vedranno uscire dal mondo. Vive le verserà nel cuore, inviate saranno all’Unico, col corpo su le porterà, usciranno vive fuori dalla prigione retti i viventi, saranno a vivere la vita dei saggi che sono dal Vivente.

Proverbi 30,25 – Del mondo gli angeli vivono dal Potente, gli saranno in seno nella pienezza. Per la forza portata sono retti. Sarà stato il frutto versato, è passato a vivere dal Vivente.

Proverbi 30,26 – Dal monte calvo inviati sono stati a vivere i popoli dal Potente Unico, dall’albero (dal legno) li ha portati alla vita ed è stata la risurrezione portata ai viventi, condotti dentro alla Roccia a casa sono puri.

Proverbi 30,27 – Dai viventi il serpente che li affliggeva è stato finito. Dall’Unigenito dalle moltitudini la perversità con la sozzura ha chiuse giù. Su la sposa ha portato.

Proverbi 30,28 – Risorti i viventi a vivere sono nel Crocefisso, della casa sono alla porta; sono gli uomini tutti al Verbo simili, sono dal Padre rientrati, sono la sposa, sono la regina.

Proverbi 30,29 – Felici, risorti, escono fuori i viventi dal mondo, a vivere sono nel Cuore, a casa sono su all’eternità portate dall’Unigenito le moltitudini; si vede al mondo nella bara dentro stare il serpente dalla rettitudine finito.

Proverbi 30,30 – Del serpente è stato il peccare in una fossa dentro col bestiale portato, dall’Unigenito è stato bruciato, e a casa a vivere con gli angeli c’è la sposa.

Proverbi 30,31 – Al (canto) del gallo gli uomini inviati saranno a vivere all’Unico, li porterà il Crocefisso, saranno stabiliti dal Potente; tutti risorti i popoli condurrà.

Proverbi 30,32 – L’Unigenito i viventi invia dentro dal Potente tutti a casa, tutti perdonati porta dall’Unico a vivere, ha colpito la morte; sono i poveri col Verbo usciti.

Proverbi 30,33 – Così sono i viventi a stare su chiusi nel cuore, sono stati portati dalla nave dell’Unigenito, racchiusi a centinaia li condotti, alla vita scaturiti dal Verbo, sono stati portati su a stare gli uomini, condoti a vivere su dall’Unico al Volto. Sono i viventi usciti dalla contesa.

Il Messia è la nave che porterà l’umanità nell’aldilà.

IL RACCONTO DELLA REGINA DI SABA DECRIPTATO
È così giunto il momento per fornire anche la decriptazione del racconto della Regina di Saba, cioè dei tredici versetti di 1Re 10,1-13 di cui ho già presentato il testo della traduzione C.E.I..
Prima vediamo nel dettaglio il versetto 1.

1Re 10,1La regina di Saba, sentita la fama di Salomone, dovuta al nome del Signore, venne per metterlo alla prova con enigmi.

E la regina
di Saba
sentita
la fama
di Salomone
dovuta al nome
del Signore
venne
per metterlo alla prova
con enigmi

1Re 10,1 – Si porterà dal regno la fine dello stare () in esilio per il peccato il tempo a venire (). Per accendere in seno () il fuoco della potente vita , che entrando il serpente brucerà nei viventi , il Signore si porterà . Sceglierà dentro con la divina energia di riempire una prescelta e dentro vivervi per l’essere impuro () finire .

Ecco di seguito il risultato di quei 13 versetti del racconto.

1Re 10,1Si porterà dal regno la fine dello stare in esilio per il peccato il tempo a venire. Per accendere in seno il fuoco della potente vita, che entrando il serpente brucerà nei viventi, il Signore si porterà. Sceglierà dentro con la divina energia di riempire una prescelta e dentro vivervi per l’essere impuro finire.

1Re 10,2 – Porterà nella prescelta il primogenito. Sarà nel corpo a portarsi. Il fuoco del potente in un vivente entrerà dentro. Nascosta vi sarà del Potente la rettitudine dentro al sangue. Dalla nube in cammino la Parola dalla destra accesnderà il primogenito per starvi a vivere. Da dentro del cielo si porterà Questi nel mondo ad abitare nel corpo dentro di un vivente. Dalla nube si porterà dell’Unico il Figlio. Il diletto nel mondo si porterà nella prescelta famiglia. L’Unico Dio per salvare nel mondo si porterà. Sceglierà la Parola di Dio di stare a portarsi a venire nella prigione. Il Principe ad entrare sarà nel mondo, agirà in un vivente nel cuore, dentro gli entrerà.

1Re 10,3 – Si porterà nell’esistenza. Grande uscirà la luce potente per i viventi del mondo. Dell’Unico la perfezione per aiutare da cibo del Potente ad entrare sarà nel mondo. La Parola inviata in una fanciulla vivrà. Un angelo uscirà a parlarLe. In modo retto nel primogenito da uomo dell’Unico il principe la potenza dell’Unico entrerà. In cammino sarà per aiutare il Potente nel mondo.

1Re 10,4 – Ed al termine vedranno i viventi in cammino il segno di una luce sulla casa del primogenito. Verrà a tutti i sapienti ad indicare quella luce che il Potente a vivere nel modo si porta e uscirà in una casa. Sarà da una donna prescelta col corpo del figlio ad uscire.

1Re 10,5 – Si porterà tra i viventi uno di rettitudine potente che brucerà il serpente. La grazia riporterà e i viventi riporterà dallo stare in esilio. Per agire da solo sarà a portarsi e i viventi vedranno uno che vive aiutando i viventi illuminato nella mente. Finalmente si reca a bastonare da vivente il serpente in casa. La risurrezione sarà ad entrare nei viventi e dai viventi bruciato, da vomito si porterà. E da olocausto si porterà da una donna nel corpo per spazzare il serpente dal mondo. Dal Tempio (del suo corpo) IHWH gli porterà il rifiuto, sarà ad uscire da dentro il mondo il peccare dalle generazioni portate in prigione.

1Re 10,6 – Ma crocifiggerà quel primogenito l’essere ribelle maledetto che da serpente affligge. Da uomo dall’esistenza uscirà la Parola. L’Unico ne risorgerà il corpo. Un fuoco in seno al crocifisso starà, da dentro l’originerà dal corpo, giù sarà dall’innalzato. Dalla Parola sarà la rettitudine portata, si rialzerà dalla tomba. Così rivivrà quel crocifisso retto.

1Re 10,7 – E per il serpente uscirà l’Amen. Nel Crocifisso c’era la potenza della Parola a stargli in seno. Aiuterà, originerà un fuoco. Nelle moltitudini verrà, sarà portato dal Crocifisso nei corpi per annullare dal mondo la rovina che l’angelo fu a recare nel mondo. L’angelo uscirà rifiutato, rientrerà la fortuna per il serpente che sarà uscito. Nelle tombe scenderà IHWH. Da un foro del Verbo Crocifisso la sapienza ad entrare porterà nei cuori e dentro la divinità entrata con la risurrezione in vita li riporterà. Si vedranno entrare felici risorti in seno al Crocifisso entrare.

1Re 10,8 – Il primo risorto irrigherà sugli uomini la forza della rettitudine che risorgerà i corpi. Spazzerà solo chi era ad affliggerli. Il serpente uscito, si vedranno in piedi. Risarà nei viventi la potenza, le persone saranno rette, integre in forza dell’aiuto entrato. Nel Risorto in seno saranno i viventi a venire; vi si chiuderanno così uomini retti.

1Re 10,9 – Saranno ad entrare a stare col Signore. Il maledetto sarà stato spento che nei corpi recava l’affliggere. I risorti corpi dalle tombe col Verbo saliranno a casa tutti. Alla fine il Crocifisso retti l’innalzerà. Così pienamente gli uomini vedranno che di cuore li amava. Tutti saranno dal mondo portati fuori, verranno da Israele dal Potente per sempre condotti. Saranno posti tutti nel Regno. Per potenza si vedranno simili al Crocifisso che li avrà salvati. Il Verbo nel cuore li porterà giusti dal mondo.

1Re 10,10 – Portato a finire il drago del serpenti, nel Regno a vivere con l’Unico entreranno. Portati si vedranno nel risorto corpo a stare nella piaga dell’agnello. Nella ferita aperta dentro li porterà ad abitare in cielo. Entreranno le moltitudini del mondo a vivere sulla nube portati al Padre. Tra gli angeli saranno versati con i corpi. Entreranno dal Potente Unico così a casa. Nella luce i viventi entreranno con Lui che testimonierà che il serpente nei corpi abitando dalle origini aveva bruciato nei corpi l’energia. Finito l’angelo rientrerà nei viventi la potenza della rettitudine in tutti. Dallo stare in esilio di Dio nel Regno in pace rientreranno.

1Re 10,11 – Porterà in cammino i viventi da “Io sono” a vivere con il corpo nella beatitudine degli angeli. Nella luce di Questi entreranno dentro da vivi. Desidera il Verbo lanciarli a casa a stare uniti a vivervi. L’ira c’era per il male che giù era stato maledetto, dai viventi scappato. Essendo dai viventi uscito dai corpi il bestiale sulla nube li porterà dal Padre. Tra gli angeli col Diletto entreranno.

1Re 10,12 – Ma spazzato nel fuoco entrerà l’uscito dai viventi. Il serpente afflitto tutti vedranno giù stare. Uscito il maledetto dai viventi, scapperà nelle acque bollenti in un buco per sempre. Nel cuore saranno tutti del Signore che li porterà del Potente al Tempio. Dal mondo nel Regno li condurrà con cetre e arpe al Potente con canti nella pienezza. Dentro l’Unico così tra gli angeli vedranno lassù, era Dio chi tra viventi in cammino fu a vivere. Si porterà il Potente ad incontrarli, vedranno l’Eterno entreranno un giorno da questi.

1Re 10,13 – Portata nel regno della pace, entrerà per dono del Potente la regina che dallo stare in esilio dalle origini vi verrà da sposa. Desiderò nel mondo da una donna povera Dio entrare a vivere nel cuore. Per l’aiuto di una donna che il corpo donò al Potente uscì il retto che sarà d’aiuto, uscirà il re di pace che la perversità finirà. Con la persona porterà tutti in cammino al Potenti, dalla terra uscirà per entrare a stare dall’Unico, li porterà il Servo di Iah(weh).

LA REGINA È L’UMANITÀ CHE DESIDERA LA REDENZIONE
Dopo il racconto di 1Re 10, il capitolo 11 dello stesso libro ci presenta le prime avvisaglie della disgregazione del regno di Salomone a causa dei suoi peccati.
Quel capitolo ci dice subito che Salomone aveva un harem notevole e questo fu una rovina, infatti: “…il re Salomone amò donne straniere, moabite, ammonite, idumee, di Sidòne e hittite, appartenenti a popoli, di cui aveva detto il Signore agli Israeliti: Non andate da loro ed essi non vengano da voi: perché certo faranno deviare i vostri cuori dietro i loro dèi. Salomone si legò a loro per amore. Aveva settecento principesse per mogli e trecento concubine; le sue donne gli pervertirono il cuore. Quando Salomone fu vecchio, le sue donne l’attirarono verso dèi stranieri e il suo cuore non restò più tutto con il Signore suo Dio come il cuore di Davide suo padre.” (1Re 11,1-4)
Di fatto così Salomone infranse l’alleanza col Signore contravvenendo al comando di Deuteronomio 7,3-4, perché, per allearsi con i regni vicini ne sposò le figlie, anche una figlia del Faraone, e queste lo portarono appunto ad onorare déi stranieri, tra cui Astarte dea di Sidone, Milcom adorato dagli Ammoniti e Camos dio nazionale dei Moabiti.
Ciò fu un esempio fatale per il popolo che facilmente si lasciò corrompere.
Dio, racconta il testo, si sdegnò: “Poiché ti sei comportato così non hai osservato la mia alleanza né i decreti che ti avevo impartiti, ti strapperò via il regno e lo consegnerò a un tuo suddito. Tuttavia non farò ciò durante la tua vita per amore di Davide tuo padre; lo strapperò dalla mano di tuo figlio. Ma non tutto il regno gli strapperò; una tribù la darò a tuo figlio per amore di Davide mio servo e per amore di Gerusalemme, città da me eletta.” (1Re 11,11-13)
Non solo, durante il suo stesso regno, fu profetizzato (1Re 11,29-39) dal profeta Achia chi lo avrebbe succeduto come capo di 10 delle 12 tribù.
Achia prese il mantello di Geroboamo, capo degli operai della casa di Giuseppe, cioè sovrintendente dei lavori pubblici, lo divise in dodici pezzi e gliene restituisce dieci, per dire che dieci tribù del nord sarebbero state consegnate a lui cioè a Geroboamo e sarebbero state sottratte alla discendenza di Salomone.
Salomone come un nuovo Adamo, perfetto nel suo regno, fu portato al peccato, a mangiare del frutti della disobbedienza da parte delle mogli.
Quindi, effettivamente dopo l’episodio della Regina di Saba il Regno di Salomone toccò il proprio apice e iniziò la decadenza.
Da quel momento in poi Israele ricorderà quel regno mitico di Salomone e non potrà passare che a situazioni sempre peggiori.
Unica carta giusta nelle mani d’Israele è il pentimento, la “teshuvah”, cioè il cercare il ritorno a Dio.
I cancelli del pentimento che riportano al Regno di Dio sono, infatti, sempre aperti per tutti gli uomini.
I profeti iniziarono la predicazione su questo tema per provocare il pentimento, in ebraico detto la “teshuvah”.
Cito uno per tutti il profeta Osea 14,2: “Torna dunque, Israele, al Signore tuo Dio, poiché hai inciampato nella tua iniquità.
Il pentimento è il ritorno “teshuvah” o dal tornare che è “shuvah” .
A questo è chiamata l’umanità intera prima che si autodistrugga.
In definitiva la Regina di Saba , che era venuta per acquisire sapienza, era stata mossa dallo Spirito.
Era il momento opportuno che il mondo allora conosciuto poteva convertirsi a IIHWH, ma Salomone fallì, perché col suo comportamento finale senza fede fece ritenere al mondo che forse era stato solo il proprio orgogio e la propria sapienza a provocare quel segno del suo regno ritenuto divino.
Peccò e impedì l’espandersi nel mondo del Regno di Dio.
Non resta che rileggere quella pagina, traendone una morale proprio dalla Regina di Saba che portava una occasione che non fu colta, il desiderio di tornare: “nel Regno col pentimento () all’Unico .”

LA REGINA DEL SUD E SALOMONEultima modifica: 2018-06-26T13:11:46+02:00da mikeplato
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