Qui pubblico un articolo di Alberto de Luca sul Fatah, il Cavalierato nel Sufismo. Si tratta di principi che sono validi per ogni cavaliere di ogni tempo, che sia un templare, un samurai, un ashishin, un cavaliere del Graal. Vi sarà più facile comprendere cosa sia davvero un cavaliere secondo l’Antica tradizione





[1]Lorsque le Connaissant exerce le gouvernement ésotérique dans le monde au moyen de l’énergie spiritelle, il le fait en vertu d’un Ordre divin contraignant, et non en vertu d’un libre-choix (C.A. Gilis, Etudes complementaires sur le Califat, Parigi, p. 87). Quanto citato indica già la direzione, che seguirà il presente studio.
[2] Attraverso la pronuncia di una parola in genere, discostandoci per un momento dal Kun, la parola stessa ha un effetto su chi la sente. Nella lingua araba “discorso” ( che è un insieme di parole) viene reso da kalâm che è derivato dalla parole kalam, significante “ferita”. Come la ferita ha un effetto sul corpo della persona che la subisce, così la parola agisce su chi la ascolta. Il Fiat o Kun o Sia è la prima parola che abbia “penetrato” l’udito degli esseri mortali, quindi tutta la creazione non è che un aspetto esteriore della parola Sia!
[3]Tutti i mondi, con la globalità dei loro generi (ajnâs), specie (anwâ’) ed individui (ashâs), esistono a partire dall’inesistenza (‘adam) per mezzo dell’Esistenza di Dio, e non per se stessi; stando così le cose, l’esistenza per la quale essi esistono è in ogni istante l’Esistenza di Dio e non un’altra esistenza diversa da quella di Dio [così va capito il “rinnovamento della creazione ad ogni soffio” (tajdîd al-khalq ma‘a al-anfâs) e anche il senso di “figli dell’istante” attribuito ai Sûfî]. Tutti i mondi, dunque, di per sé sono inesistenti, di una inesistenza assoluta; ma dal punto di vista della Esistenza di Dio, essi esistono di un’esistenza unica, che non è altro, appunto, che l’Esistenza divina, mentre in sé e per sé non hanno assolutamente alcuna esistenza (A. Ventura, Un trattato di ‘Abd al-Janî an-Nâbulusî sull’“Unicità dell’esistenza”, Napoli, Supplemento n. 27 agli Annali, vol. 41 (1981), fasc. 2, pp. 27-28).
[4] D. Gril, Ibn‘Arabî: Ecrits sur la futuwwa, “La Règle d’Abraham”, Reims, 1996, n. 2, p. 6.
[5] Op. cit., p. 7. La Futuwwah è prendersi cura del deposito affidatoci e dire la verità (Sulamî, Il libro della cavalleria, Roma, 1990, p. 65).
[6] Ibn al-‘Arîf, Mahâsin al-Majâlis, edito e tradotto da Asin Palacios, 1933, p. 33. È d’altronde la stessa attitudine che il discepolo deve avere nei confronti del suo maestro.
[7] Cfr. il nostro studio “L’altruismo divino che si cela dietro il cavaliere: la futuwwa”.
[8] Invece che attaccarsi ai beni materiali, perciò stesso perituri, il fatâ e noi stessi dovremmo attaccarci all’“ornamento di Dio” , che non è condizionato dalla vita di questo basso mondo. Cfr. Cor., VII, 32.
[9] Al-Ghazâlî, L’Unicità divina e l’abbandono fiducioso, Rimini, 1995, pp. 7-8.
[10]Cor., XI, 56.
[11] Traini, Vocabolario Arabo-Italiano, IPO, Roma, 1989, pp. 329-330. Ringraziamo la dott.ssa Casseler per averci dato una piccola infarinatura di grammatica araba, poiché non possiamo fingerci ciò che non siamo, vale a dire degli arabisti.
[12] Ogni dottrina autenticamente tradizionale, nelle sue diverse possibilità d’espressione, tiene conto, proprio attraverso il suo linguaggio, delle possibilità di con-prensione di ognuno e ad ognuno offre quanto questi è capace di assimilare a misura della propria predisposizione essenziale.
[13] Giudice nel senso di colui che prende una decisione, arbitro.
[14] Al-Ghazâlî, L’Unicità divina e l’abbandono fiducioso, Rimini, 1995, p. 11.
[15]Cor., VII, 17.
[16] Ahmad Ibn’Ajîba, Deux traités sur l’Unité de l’existence, E.T., n. 466, p. 94.
[17] Vogliamo ricordare come, da più parti, l’aver messo in relazione la futuwwa alla cavalleria occidentale, anche iniziaticamente, debba far subito venire in mente quelli che sono i Piccoli Misteri.
[18] Sulamî, Il libro della cavalleria, Roma, 1990, p. 65.
[19] Ci riferiamo, non stancandoci mai di ribadirlo, a tutte quelle personalità tipicamente “occidentali” che affermano esista una differenza tra cavalieri indoeuropei e semitici, dove i primi sono esenti dal rapporto di sudditanza tra creatura e Creatore (‘abd/Rabb) che è presente nelle tradizioni semitiche. Ci sembra fin troppo palese l’assenza in dette personalità dello spirito a tutto vantaggio dell’elemento “psichico” nella sua parte deteriore, l’egoismo e quindi il libero arbitrio mal usato. Curioso e bizzarro che, chi si professa in “viaggio” per un Via iniziatica, sia ancora gravato dal peso della loro stessa personalità, proprio la prima cosa di cui ci si dovrebbe sbarazzare.
[20] Scrive Junayd: Sache que la preuve (de la spiritualité) est donne aux créatures quand elles peuvent voir la loyauté (sidq) et les efferts qui sont dépensés pour respecter les règles établies pour toutes les situations. L’homme parcourt celles-ci, l’une menant à la suivante, jusqu’à ce qu’il abortisse ainsi à la véritable servitude, dans ses manifestations extérieures, par l’abbandon du libre arbitre et l’agrément à l’action divine. C’est dans ces conditions que les créatures acceptent les preuves données à son sujet par les critères de la doctrine littéraliste et légaliste (‘ilm al-zâhir), et qui se trouvent rassemblées dans la nature de son comportement (Junayd, Enseignement spirituel, Parigi, p. 45).
[21] Al-Qâshânî, Traité sur la Prédestination et le libre arbitre, Parigi, p. 19.
[22] Rûmî, Poesie mistiche, Milano, 2000, p. 24.
[23]Cor., VI, 149.
[24] ..Car c’est Toi qui es l’Auteur de toutes les oeuvres de la création, et qui ne connais aucune chose qui ne soit pas de Toi [il principio delle creature] vient de Toi, […] l’ordre (qu’elles ont reçu) est (de retourner) à Toi, […] leurs manifestations extérieures et leurs pensées intimes sont recensées dans Ta Volonté! C’est Toi en effet qui donnes et c’est Toi qui retiens, et ce qui est nuisible et ce qui est utile sont l’effet de Ton Decret (qadâ’)… (Junayd, Enseignement spirituel, Parigi, p. 180).
[25] Cfr. Matgioi, La via metafisica, Roma, 1983.
[26]Prima lettera di Pietro, II, 16.
[27] A. Ventura, Un trattato di ‘Abd al-Janî an-Nâbulusî sull’“Unicità dell’esistenza”, Napoli, Supplemento n. 27 agli Annali, vol. 41 (1981), fasc. 2, p. 25.
[28] Cfr. Junayd, Enseignement spirituel, Parigi, pp. 193-194.
[29]L’on sait en effet que, dans le Christianisme, c’est ce terme de “prédestination” qui fut le plus couramment employé à propos de la prescience divine et de la prédétermination; toutefois, il n’englobe pas tout à fait notre sujet et se réfère plus particulièrement à l’idée d’élection, le consensus théologique n’ayant pu se resoudrè à reconnaître le “choix des damnés”. Aussi la notion de prédestination doit-elle complétée par celle de “réprobation” (al-Qâshânî, Traité sur la Prédestination et le libre arbitre, Parigi, p. 6).
[30] Dio conosce l’inesistente nella sua condizione di inesistente e sa quale sia, quando Egli gli dà l’esistenza, conoscendo, quindi, l’esistente nella sua condizione di esistente sapendo parimenti quale sia, allorché si “estingue”.
[31] Ibn‘Arabî, La conoscenza della “nafs” (cap. 267 delle Fut. Mak.), “Rivista di Studi Tradizionali”, 1984, gennaio-giugno, n. 60, p. 15, nota 13.
[32] Cfr. A.K. Coomaraswamy, La trasfigurazione della natura nell’arte, Milano, 1990.
[33] L’oggetto dell’azione è creato, mentre l’Atto di Dio è increato!
[34] Rûmî, Poesie mistiche, Milano, 2000, p. 24.
[35] Ibn‘Arabî, La conoscenza della “nafs” (cap. 267 delle Fut. Mak), “Rivista di Studi Tradizionali, 1984, gennaio-giugno, n. 60, pp. 10-11.
[36]Op. cit., p. 25.
[37] Ciò è collegato direttamente al mithaq primordiale in forza del quale Dio fece testimoniare la progenie di Adamo in ispirito: A-lastu bi-Rabbikum? Ed essi risposero: balâ (Cor., VII, 172). Chi è miscredente ha compiuto un alterazione di questa natura (fitra) o patto primordiale, mentre chi crede ha perseverato in essa. Cfr. G. De Luca, Non sono Io il vostro Signore?, “Quaderni di Avallon”, Rimini, 1993, n. 31.
[38] Junayd, Enseignement spirituel, Parigi, p. 59.
[39] Rûmî, Poesie mistiche, Milano, 2000, p. 24.
[40] Al-Qâshânî, Traité sur la Prédestination et le libre arbitre, Parigi, p. 7. In merito alla libertà umana, così si esprime Matgioi: La libertà umana esiste: ed esiste nelle condizioni che soddisfano la giustizia soggettiva e impegnano a sufficienza, dal punto di vista della sensazione che deve essere preveduta, le nostre responsabilità personali. Ma ciò essendo affermato e dovendo essere sviluppato altrove, la libertà degli esseri non esiste in quanto trattasi di particelle lanciate nella corrente dalla Volontà del cielo e destinate a essere raccolte da questa stessa volontà. Non dimentichiamo a qual mondo appartiene la serie di cui parliamo e che è sul piano metafisico – vale a dire sul piano divino – che verte il nostro ragionamento. Noi siamo qui di fronte alla Volontà Divina. Nessuna volontà esiste se non emana da questa volontà; dunque nessuna volontà può eguagliarla: perché, se una volontà eguagliasse quella divina, sarebbe esse stessa divina, e non una sua emanazione. Ogni volontà che eguagli quella divina è identica ad essa; dunque nessuna volontà può, su piede di parità ergersi contro la volontà divina. Non vi è dunque volontà che trionfi di quella divina; non c’è dunque libertà contro l’attività del cielo (Matgioi, La via metafisica, Roma, 1983, p. 91).
[41] Il senso secondo cui l’esistenza è ciò per cui ogni essere esiste, nell’Eterno e nel creato, è quello più vicino alla realtà: ecco perché l’essere contingente (mumkin), che è l’uomo o anche ‘abd, non può assolutamente fare a meno dell’Essere Eterno (qadîm), poiché l’esistenza di quello è l’Esistenza di questo.
[42]Cor., XXXV, 15. Il segno della ricchezza in Allâh è l’indipendenza dell’anima (‘izza an nafs) nei riguardi di ciò che possiedono gli uomini, la ricchezza nelle cause seconde situantesi al lato opposto di questa.
[43] Al-Qushayri, Principles of Sufism, Berkeley, 1990, p. 170.
[44]Cor., XXVI, 89.
[45]En effet de tous les fils d’Adam, Seth hérita de la Voie intérieure, la tarîqa, qu’Abraham adapta à ceux qui ne pouvaient en remplir toutes les conditions et transmit à Ismaêl (D. Gril, Ibn‘Arabî,: Ecrits sur la futuwwa, “La Règle d’Abraham”, Reims, 1996, n. 2, p. 4). A proposito delle virtù del tasawwuf, Junayd collega Abramo alla generosità d’animo (sakhâ’) mentre Ismaele all’accettazione del destino (ridâ’). Cfr. Junayd, Enseignement spirituel, Parigi, pp. 188-189.
[46] Sia ben chiaro che non intendiamo in nessun modo accostare il Califfato alla futuwwa. Ci riferiamo piuttosto al passo coranico Ed elargite di ciò di cui siete stabiliti vicari (Cor., LVII, 7): siamo tutti luogotenenti della scienza e dei beni dei quali abbiamo disponibilità, rimanendo comunque la loro proprietà nelle mani di Allâh, il Vero.
[47]Cor., XII, 55.
[48] Inteso come sacrum facere.
[49] Vedere lo studio omonimo di A.K. Coomaraswamy contenuta nella Doctrine du sacrifice, Parigi, VI edizione.
[50] Cor., XXIX, 69.
[51] Ricordiamo poi che il termine jihâd significa più sforzo che guerra! Il Cielo tiene conto solamente degli sforzi che si fanno per conoscerlo, e non del risultato di questi sforzi ( Matgioi, La via taoista, Milano, 1997, p. 49).
[52] Mawlânâ (Rûmî) disse: Qual è il nome di quel giovane? Gli fu risposto: Saif ud-Dîn (“Spada della religione”). Il maestro disse: Quando la spada è nel fodero, non la si può vedere. Il vero Saif ud-Dîn è colui che combatte per la religione e i cui sforzi sono tutti orientati verso Dio; egli distingue la rettitudine dal vizio e discerne la verità dall’errore. Anzitutto combatte con se stesso e purifica il proprio carattere (Rûmî, Il libro delle profondità interiori, Milano, 1996, 209).
[53] Oltre che il peso della verità, bisogna anche ricordare che , Il évite de rappeler a l’homme ce don gratuit car la futuwwa consiste à manifester les bienfaits des autres et à cacher les siens (D. Gril, Ibn‘Arabî: Ecrits sur la futuwwa, “La Règle d’Abraham”, Reims, 1996, n. 2, p. 7).
[54]Cor., LI, 56.
[55]Cor., VI, 125.
[56] Cfr. Cor., XCIV, al-Inshirâh oppure al-Sharh.
[57] Al-Ghazâlî, L’Unicità divina e l’abbandono fiducioso, Rimini, 1995, p. 45.
[58] Il pentimento comprende tre realtà spirituali che sono la contrizione, non ricadere in ciò che Dio ha interdetto e adoperarsi a rimediare ai propri torti. Cfr. Junayd, Enseignement spirituel, Parigi, p. 191.
[59] Ibn‘Arabî, Fut. Makk., II, p. 157.
[60]La verité qui est en lui le conduit ensuite à la contemplation (mushâda) de l’Être divin, et à la saise de ce qu’Il lui montre dans les changements qu’Il opère et qui sont dus au fait que ce qui est le mieux pour lui est ce que Dieu choisit à sa place (Junayd, Enseignement spirituel, Parigi, pp. 45-46).
[61] Se quanto detto è presentemente utilizzato per il fatâ, ebbene il tutto può senza alcun problema essere riportato anche al dhakir, colui che pratica il dhikr.
[62] Cfr. A. Ventura, Un trattato di ‘Abd al-Janî an-Nâbulusî sull’“Unicità dell’esistenza”, Napoli, Supplemento n. 27 agli Annali, vol. 41 (1981), fasc. 2, pp. 32-33.
[63] Al-Jîlî, L’Uomo Universale, Roma, 1981, p. 61. Segnaliamo come gli ultimi due righi si avvicinino molto al ambula ab intra ermetico, simboleggiato dalla sigla VITRIOL. Cfr. A. Ventura, Lumière sur les choses difficiles à percer, Milano, 1978.
[64] Ibn‘Arabî, La conoscenza della “nafs” (cap. 267 delle Fut. Mak.), “Rivista di Studi Tradizionali”, 1984, gennaio-giugno, n. 60, pp. 14-15.
[65] Ibn‘Arabî differenzia la preghiera dall’invocazione, perché c’è differenza tra chi chiede a Dio e chi domanda di Lui. La preghiera è una chiamata, il che implica una certa distanza nonché separazione e ciò è “adorazione”. L’invocazione invece è “dominio”, perché colui che invoca è assiso in Presenza di Dio. C’è un’invocazione e una preghiera da parte di Dio ed un’invocazione e una preghiera da parte della creatura. Se tu invochi Dio, Egli ti invoca; e se tu dici a Lui: “Signore”, Egli dice a te: “servo”; e se tu dici a Lui: “dammi”, Egli ti dice: “damMi”. Nel Corano Dio ti dice a proposito dell’invocazione: “invocaMi ed Io ti invocherò”, ed a proposito della preghiera Egli dice: “mantieni il tuo patto con Me. Ed Io manterrò il Mio patto con te”. Cosa scegli a questo punto? Se tu Lo invochi, Egli ti invoca, se tu Gli chiedi, Egli ti chiede! (Ibn‘Arabî, Kitâb al-Tarâjim, p. 52).
[66] L’uomo è un miscuglio di tutti gli elementi componenti il grande universo, per cui si vengono a produrre dei fenomeni attrattivi o repulsivi tra ognuno degli elementi componenti l’uomo e quelli dell’ambiente che lo circonda. L’azione umana varia allora a seconda del cambiamento dello stato nel soggetto: essa è il risultato di milioni di reazioni naturali e chimiche prodottesi nel suo essere.
[67] Segnaliamo all’attenzione di chi ci legge: A. Ventura, L’Islâm sunnita nel periodo classico, in “ Storia delle religioni . Religioni dualiste: Islâm”, Bari, pp, 223-224, 234.