ARCHITETTURA DEL MONASTERO CRISTIANO

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di Karen Kingsley

Un monastero è un edificio o un gruppo di edifici destinato a ospitare i membri di un ordine religioso che vivono come comunità separata dal mondo dedicandosi al lavoro, allo studio e alla preghiera rivolta a Dio. Il termine monastero verrà qui usato in senso lato per designare non soltanto le abitazioni dei monaci ma anche quelle delle suore e dei frati (conventi); il termine monaci verrà usato per designare indistintamente i residenti maschi e femmine dei monasteri.

La pratica del monachesimo cristiano ha origine in Egitto, dove a partire dal tardo III secolo alcuni uomini iniziano a ritirarsi nei deserti e sulle montagne per meditare e digiunare in solitudine. Ben presto questi eremiti (lat. eremites) formarono gruppi di celle adiacenti a un piccolo oratorio o chiesa (laura). Pacomio (c. 292-346) fu il primo a organizzare gli eremiti in una comunità cenobitica (coenobium), in cui ogni monaco viveva da solo in una stanza o cella, ma si riuniva con gli altri monaci per le preghiere e i pasti. Nulla è noto riguardo all’aspetto fisico di questi monasteri, salvo che gli edifici, privi di una disposizione specifica, erano circondati da mura, e che i monaci si raggruppavano in funzione delle attività o dei mestieri da loro esercitati. In Asia Minore, Basilio il Grande (c. 329-379) introdusse le opere caritatevoli tra le attività dei monaci, come l’istituzione di orfanotrofi, ospedali e officine. Alcune comunità monastiche comprendevano edifici destinati a viaggiatori e pellegrini.

Prima del V secolo, il sistema cenobitico si diffuse in tutto il mondo mediterraneo, raggiungendo l’Europa verso nord. La disposizione degli edifici variava da un monastero all’altro, in funzione delle attività svolte e dei loro orari durante il giorno e la notte. Uno schema architettonico uniforme e logico fu elaborato soltanto una volta che la giornata dei monaci fu regolata in modo rigoroso.

Nel 529, Benedetto di Norcia (c. 480-547) istituì una comunità sul Monte Cassino, in Italia, dove elaborò una regola destinata a governarne la vita. La regola prescriveva una miscela di liturgia, studio, meditazione e lavoro manuale, soggetta alla stretta supervisione di un abate (abbas). Pur non indicando specificamente le caratteristiche fisiche che il monastero doveva avere, la regola ne influenzò profondamente la struttura facendo riferimento a tutti gli aspetti della vita monastica, compresi i servizi che il monastero doveva prestare alla comunità.

Il modello benedettino.

Nel tardo VIII secolo, la regola benedettina costituiva ormai il codice accettato da tutti i monasteri dell’Europa occidentale. La più antica pianta di monastero conosciuta è la Pianta di San Gallo, tuttora esistente e conservata a San Gallo in Svizzera. Si tratta di una copia risalente all’820 circa di una pianta ideale di un complesso monastico, elaborata durante i sinodi riformatori di Aquisgrana tenuti nell’816 e nell’817. La pianta non fa riferimento a un monastero specifico e non fu mai utilizzata per una struttura reale; si tratta piuttosto di una dichiarazione programmatica che indica da quali edifici dovrebbe essere costituito il monastero ideale e ne illustra la relazione reciproca. La Pianta di San Gallo fece da modello per i monasteri successivi in cui la regola di San Benedetto poteva essere vissuta nel modo più razionale possibile.

Concepita per ospitare 110 monaci e 150-170 tra servitori e lavoranti, la pianta di San Gallo definisce con chiarezza le varie attività della comunità monastica, ripartendole in edifici distinti. A grandi linee, tali edifici comprendono la chiesa, il chiostro con i relativi edifici per i monaci, strutture destinate ai malati, agli anziani e ai novizi, l’edificio destinato alle attività secolari del monastero e gli edifici domestici destinati alla comunità. Per ciascun edificio la pianta riporta una didascalia, talvolta accompagnata da un riferimento al significato spirituale dell’edificio stesso. L’ordine e la logica della pianta rispecchiavano e determinavano a un tempo la modalità di vita dei monaci prescritta dalla regola benedettina – una vita perfetta richiedeva un monastero perfetto.

Componenti.

Il monastero, comunità autonoma e autosufficiente nell’ambito della comunità più vasta costituita dall’impero, dal regno o dalla nazione, era circondato da alte mura con un’unica via d’accesso. Il suo nucleo fisico e spirituale era la chiesa. Mentre nel Mediterraneo orientale era più diffusa la pianta centrale o cruciforme, in Occidente, come evidenzia la pianta di San Gallo, veniva preferita la pianta della basilica. In Oriente come in Occidente, la chiesa costituiva sempre l’edificio più vistoso del monastero, invariabilmente edificato in pietra o mattoni e riccamente decorato. La chiesa serviva i fedeli locali, i pellegrini e gli ospiti oltre alla comunità monastica. La comunità dei laici e i visitatori avevano accesso soltanto all’estremità occidentale della chiesa, quella più vicina all’ingresso del monastero.

I monaci, che alloggiavano in un gruppo di edifici a loro riservato, erano separati dai servi e dai lavoranti così come dalle attività secolari del monastero. Situati lungo il lato orientale della chiesa, gli alloggi dei monaci erano composti da tre file di edifici di grandi dimensioni, spesso a due piani, strettamente a ridosso di un cortile quadrato o rettangolare, il chiostro (v. figura 1).

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Questo complesso centrale era solitamente collocato sul lato meridionale della chiesa nelle regioni settentrionali più fredde, e sul lato settentrionale nelle regioni meridionali; la sua posizione era dettata anche dalle caratteristiche specifiche del sito.

Un portico continuo coperto circondava il cortile scoperto, dando accesso diretto a tutti gli edifici. Il passaggio più vicino alla chiesa veniva spesso utilizzato per la lettura o per lo studio, e a partire dal Quattrocento comprendeva nicchie o divisori che ospitavano le scrivanie dei monaci. Le origini del chiostro come elemento architettonico sono tuttora poco chiare, ma il chiostro quadrato circondato dagli alloggi dei monaci è un’invenzione di epoca carolingia; il suo sviluppo fu legato all’adozione dello stile di vita strettamente regolato e ordinato prescritto da Benedetto.

Sul lato orientale del chiostro si trovava il dormitorio, disposto ad angolo retto rispetto alla chiesa e collegato a essa in corrispondenza del transetto, che consentiva ai monaci di accedervi direttamente per le funzioni notturne. Nei monasteri benedettini più antichi i monaci dormivano insieme, sebbene il dormitorio fosse spesso suddiviso in cubicoli separati da divisori in legno. Quando nel 1419 papa Martino V concesse ai benedettini le celle separate, il dormitorio in comune divenne raro. Le celle singole, che occupavano un’area maggiore rispetto al dormitorio, furono probabilmente all’origine dello sviluppo del chiostro a due piani suddiviso in celle su tutti e tre i lati del piano superiore. Nella pianta di San Gallo il dormitorio è situato sopra il calefattorio o sala comune diurna riscaldata. Alle spalle del dormitorio vi era il necessarium o latrina, a cui si giungeva attraverso un passaggio coperto destinato a proteggere i monaci dalle intemperie.

Il refettorio era situato ad angolo retto rispetto al dormitorio, parallelamente alla chiesa, con il guardaroba al piano superiore. Sebbene la maggior parte dei refettori si trovassero al piano terra, alcuni erano situati al disopra di celle utilizzate per conservare le provviste. Come il dormitorio, il refettorio doveva essere abbastanza spazioso da poter ospitare tutti i monaci simultaneamente. I monaci consumavano i pasti seduti intorno a lunghi tavoli, ascoltando la lettura di brani delle Scritture effettuata da un pulpito. Accanto al refettorio – spesso nel passaggio meridionale del chiostro – vi era una fontana o un lavello in cui i monaci si lavavano le mani prima del pasto. A partire dal XII secolo, la fontana era costituita solitamente da una struttura indipendente che si proiettava all’interno del chiostro sul lato opposto al refettorio. La cucina era situata accanto al refettorio, ma solitamente all’esterno del chiostro.

Sul lato occidentale, in modo da consentire un facile accesso al mondo esterno, si trovava la cantina, situata al piano terra, con una dispensa al piano superiore. Tra la cantina e la chiesa, l’unica via di uscita dall’area del chiostro era costituita dal parlatorio, dove i monaci, quando era loro consentito, incontravano gli ospiti. Fatta eccezione per il tempo dedicato al lavoro, i monaci trascorrevano la loro intera esistenza all’interno del complesso claustrale. Questo complesso, concepito sul piano architettonico come un insieme unico, costituiva un mondo autonomo per i monaci all’interno di un mondo di per sé separato dall’esterno.

A partire dall’XI secolo, un altro edificio o ambiente assente dalla pianta di San Gallo divenne un elemento abituale dell’area claustrale: la sala capitolare. Utilizzata per lo svolgimento degli affari del monastero e come luogo di sepoltura per gli abati, la sala capitolare era situata accanto alla chiesa oppure sotto il dormitorio. In Inghilterra costituiva talvolta un edificio separato di forma circolare o poligonale. Gli altri edifici che componevano il tipico monastero medievale riportati sulla pianta di San Gallo erano posizionati e raggruppati a seconda della loro funzione e della loro relazione con il mondo esterno. Adiacenti al lato settentrionale della chiesa vi erano le stanze destinate al portinaio e ai monaci in visita presso il monastero. Lateralmente all’abside era collocato lo scriptorium, dove monaci selezionati copiavano e miniavano i manoscritti, sovrastato dalla biblioteca. A partire dal XII secolo la biblioteca era sovente collocata sotto il dormitorio, lateralmente alla sala capitolare. Sempre sul lato settentrionale della chiesa, ma separati da essa, vi erano gli edifici destinati ad assolvere agli obblighi di ospitalità e di educazione del monastero. Essi comprendevano l’alloggio e la cucina per i visitatori d’alto rango, una scuola per i figli della nobiltà locale e un alloggio e una cucina per l’abate, le cui responsabilità sociali comprendevano attività secolari quali l’intrattenimento degli ospiti. L’iscrizione sulla pianta di San Gallo precisa che la casa ideale dell’abate deve essere costruita in pietra; in molti monasteri, essa costituiva l’edificio di maggior splendore dopo la chiesa. Isolata a nord-est della chiesa si trovava l’infermeria. Utilizzata anche come ospizio per i monaci anziani, essa era spesso concepita come un monastero in miniatura, dotato di refettorio, dormitorio, bagno e cappella propri, disposti intorno a un chiostro. Completavano questa unità l’alloggio del medico, la stanza per i salassi e un orto di erbe medicinali. Accanto vi era il cimitero, che nella pianta di San Gallo svolge anche la funzione di frutteto. Gli alloggi dei novizi, anch’essi concepiti come un monastero in miniatura, si trovavano a sud dell’infermeria.

L’area a forma di L a sud e a ovest era occupata dagli edifici di servizio. Questi comprendevano pollai per galline e oche, un granaio, un mulino, officine, ripari per gli animali e per i loro sorveglianti e strutture destinate ai pellegrini, ai poveri e ai servitori degli ospiti di riguardo. Grande attenzione era riservata agli aspetti sanitari. Nella pianta di San Gallo le latrine si trovano per la maggior parte lungo il perimetro del monastero. Ogni qual volta era possibile, i monasteri sorgevano nei pressi di un corso d’acqua, che veniva canalizzato sia per fornire acqua potabile sia per consentire il deflusso dei rifiuti. L’importanza del rifornimento e del drenaggio dell’acqua nei monasteri medievali è attestata da una pianta tracciata intorno al 1160 per la realizzazione di un nuovo sistema idrico presso il monastero della Cattedrale di Canterbury.

La pianta di San Gallo è espressione di un principio organizzativo logico e coerente. La suddivisione gerarchica e la separazione tra gli edifici a seconda della funzione, che costituiscono parte integrante della pianta, trovano un chiaro riscontro in tutti i monasteri posteriori. La pianta illustra un progetto molto generale adattabile alle condizioni, alle esigenze e alle dimensioni specifiche di singoli siti. La chiarezza e l’omogeneità della pianta rispondono alle esigenze del monastero sul piano simbolico oltre che su quello pratico, rispecchiando l’ordine della regola benedettina e, in senso lato, l’ordine e la legge divini. Per diversi secoli lo schema di San Gallo continuò a costituire il principio guida per la disposizione del monastero, facilmente adattabile alle necessità di ordini diversi da quello benedettino.

Altri sviluppi. I monasteri dell’ordine certosino costituiscono una variante dello schema accuratamente elaborato di San Gallo. Nel 1084, Bruno di Colonia (c. 1030-1101) attuò una fusione tra la vita eremitica e quella cenobitica in un complesso a Chartreuse in Francia, che ben presto assunse il nome di La Grande Chartreuse. Era progettato per ospitare dodici monaci e un priore, ognuno dei quali viveva da solo in una cella e lavorava da solo nell’orto personale a essa attiguo. Le sole attività collettive che avevano luogo in questi monasteri certosini erano la messa, il mattutino, il vespro e occasionalmente il pasto. Allo scopo di garantire la solitudine dei monaci, le celle e gli orti erano disposti intorno a un vasto chiostro e separati dalle attività accessorie del monastero dalla chiesa, dal refettorio, dalla sala capitolare, dalla biblioteca e dalla cella del priore – tutti collocati intorno a un secondo chiostro più piccolo. Gli alloggi destinati ai frati laici (conversi), che si occupavano delle necessità dei monaci, e quelli per gli ospiti erano disposti intorno a un chiostro a parte. Poiché i loro compiti richiedevano contatti più frequenti con il mondo esterno, i frati conversi alloggiavano o nell’area occidentale del chiostro o in un complesso claustrale separato situato a ovest. La Certosa di Pavia, fondata nel 1396, presenta una pianta tipica, e come molti monasteri certosini ospitava il doppio del numero ideale di dodici monaci (v. figura 2).

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Nonostante l’adozione di celle singole e orti personali, la pianta ideale del monastero non presentava alterazioni di rilievo, dal momento che non vi era stato alcun mutamento fondamentale nella vita di preghiera, studio e lavoro prescritta al monaco.

I cistercensi, fondati nel 1098 da Stefano Harding, si impegnarono a ripristinare la concezione originale della regola benedettina – comunità autosufficienti basate su un’esistenza di duro lavoro manuale e preghiera. Edificarono il loro primo monastero a Cîteaux in Franca, ma fu soltanto in seguito, sotto la guida di Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), che l’ordine conobbe una rapida crescita. L’uniformità delle attività e della liturgia nell’ambito dell’ordine trovava riscontro nella pianta e nella disposizione degli edifici. Per esempio, tutte le prime chiese si ispiravano alla cosiddetta pianta benedettina, con una lunga navata centrale e un’abside rettangolare, a imitazione della chiesa di Clairvaux. L’abbazia di Maulbronn in Germania, fondata nel 1139, esemplifica il complesso della progettazione cistercense, così come la struttura antica della chiesa (v. figura 3).

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Situati in valli isolate, i monasteri cistercensi comprendevano piccoli alloggi per gli ospiti ed erano privi di una scuola esterna. I frati conversi, alloggiati nell’area occidentale del chiostro, erano fisicamente separati dal chiostro stesso da un passaggio detto vicolo dei conversi. Il refettorio dei monaci era solitamente disposto ad angolo retto rispetto alla chiesa, e non parallelamente a essa, probabilmente allo scopo di lasciare spazio alla cucina tra il refettorio e gli alloggi dei frati conversi. Lo sfruttamento estensivo di terre spesso situate a una certa distanza richiedeva masserie composte da alloggi, una cappella e dei granai.

Nel corso dei secoli, i monasteri benedettini vennero sempre più spesso decorati con sculture e dipinti figurativi miranti a istruire i fedeli nella dottrina cristiana. Per Bernardo, questi ornamenti architettonici avevano ormai acquisito una forza estetica ed emotiva inappropriata per i monaci. L’architettura cistercense era priva di sculture figurative e riduceva al minimo le decorazioni; gli edifici in pietra priva di intonaco acquistarono peraltro un carattere di austera monumentalità che rispecchiava gli ideali cistercensi. I monasteri cistercensi costituirono un’innovazione sul piano strutturale e influirono sulla diffusione dell’arco e della volta a sesto acuto in tutta Europa. I francescani (fondati da Francesco d’Assisi, c. 1181-1226), i domenicani (fondati da Domenico di Osma, c. 1170-1221) e gli agostiniani (tardo XI secolo) adattarono lo schema benedettino alla loro sintesi di vita contemplativa e ministero attivo. Le loro chiese, situate in città e cittadine, erano ampie e spaziose così da poter meglio servire la nuova enfasi posta sulla predicazione. A partire dagli anni Venti del Cinquecento, questi tre ordini svolsero un ruolo cruciale nella colonizzazione e nella conversione delle Americhe. Nel solo Messico furono edificati nel corso del Cinquecento quasi sessanta monasteri. I primi monasteri erano costituiti da una chiesa, spesso a navata singola, e da alloggi per i frati raggruppati intorno a un chiostro. Dato l’enorme numero di conversi, i frati edificarono un vasto cortile cinto da mura collegato a un lato o a un angolo della chiesa, destinato a servire da navata esterna temporanea per i grandi gruppi di fedeli. Un cortile tipico era costituito da un edificio a volta con una facciata a tre archi che ospitava il Sacramento sul lato opposto all’ingresso e da piccole strutture quadrate note come posas (dallo spagnolo posar) agli angoli. Presso le posas si effettuavano le soste durante le processioni liturgiche intorno al cortile; esse erano inoltre utilizzate dai frati per insegnare a gruppi separati di fedeli negli angoli. Il monastero domenicano di Tepoztlán in Messico, edificato nel Cinquecento, esemplifica questo tipo di complesso. Tanto la corte aperta quanto le posas sembrano costituire una soluzione architettonica originale, probabilmente ideata dai francescani, per le specifiche esigenze spaziali dei primi monasteri messicani. A metà del Cinquecento era ormai comune che questi cortili aperti non tradizionali fossero provvisti di un tetto, realizzato mediante tecniche tradizionali europee.

Già nel VII secolo, come esemplifica sul piano formale la pianta di San Gallo, numerosi monasteri rispondevano sia alle necessità dei monaci sia a quelle della comunità in senso lato. In Inghilterra, per esempio, in dieci diocesi su diciassette la residenza del vescovo si trovava in un monastero, la cui chiesa serviva anche da cattedrale. Costruiti all’interno delle città, gli edifici dei monaci ne erano separati da un alto muro. La chiesa formava un legame fisico e spirituale tra gli edifici del convento e il palazzo, la corte e gli edifici amministrativi del vescovo, situati all’esterno.

L’alleanza tra il potere secolare e il monastero è esemplificata nel modo più vistoso dal palazzomonastero dell’Escorial di Madrid, edificato tra il 1563 e il 1584. Esso fu ideato e finanziato da Filippo II come ritiro per lui e come mausoleo per suo padre Carlo V; i monaci – in questo caso appartenenti all’ordine di San Girolamo – officiavano quotidianamente riti in ricordo degli reali defunti e per quelli ancora in vita. L’Escorial fu costruito secondo una pianta a simmetria assiale, con la chiesa e la cripta al centro e gli alloggi della comunità monastica disposti intorno a cinque chiostri lungo il lato meridionale della chiesa e la corte a essa antistante. A nord vi erano il palazzo, un collegio, un seminario e gli alloggi per gli ospiti. Un’innovazione radicale fu costituita dalla residenza reale disposta intorno al santuario della chiesa; la sua posizione riaffermava il potere della monarchia e, al tempo stesso, ne esaltava la pietà. L’ordine assoluto della struttura dell’Escorial, in cui perfino la chiesa cruciforme si ricollega alla griglia generale, rafforza questa unione tra Chiesa e monarchia.

L’unione tra religione e Stato raggiunse il culmine della grandiosità architettonica nei monasteri barocchi del Settecento, in particolare nell’Europa centrale. In questi complessi, che adottavano una pianta simmetrica assiale a imitazione dell’Escorial, sia le aree monastiche sia quelle secolari erano disposte intorno a chiostri indipendenti. Gli alloggi imperiali erano di solito provvisti di una scalinata monumentale per le cerimonie che conduceva nella sala imperiale, di una grande biblioteca che riaffermava il ruolo del monastero quale centro di studio, e spesso di un teatro. Questi colossali e imponenti monasteri-palazzi presentavano magnifiche facciate e talvolta vaste corti anteriori. Sin dagli esordi, i monasteri bizantini e russi mostrarono una minore uniformità nella pianta rispetto a quelli d’Occidente. Benché la chiesa si trovasse solitamente al centro del complesso, gli edifici accessori erano disposti in modi diversi. Nel periodo barocco, tuttavia, molti monasteri di nuova fondazione si ispirarono ai modelli simmetrici e sontuosi dell’Europa occidentale.

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Epoca moderna.

All’indomani della Riforma protestante del Cinquecento e della Rivoluzione francese del 1789, numerosi monasteri furono aboliti o soppressi, e gli edifici furono distrutti. La rinascita del monachesimo nell’Europa di metà Ottocento, insieme alla colonizzazione e all’aumento dell’attività missionaria, determinò la fondazione di monasteri in Africa, negli Stati Uniti e, a fine secolo, in Giappone. Nel Novecento, e in particolare dopo la seconda guerra mondiale, molte comunità monastiche avviarono vasti programmi edilizi, sovente affidati ad architetti di fama internazionale. L’enfasi veniva posta sull’attività missionaria, ospedaliera ed educativa, ivi compresa l’istruzione superiore. Alcuni monasteri estesero il concetto di ospitalità, fungendo da luoghi di ritiro temporaneo per i laici. Come in passato, la chiesa fungeva da elemento di unificazione spirituale e separazione fisica; l’area del chiostro era situata sul lato più lontano dall’area destinata ai visitatori, mentre sull’altro lato vi erano la scuola e gli altri edifici.

Già prima del Concilio Vaticano II del 1965, le chiese dei monasteri aspiravano a sottolineare l’unità tra i monaci e i laici. L’abbazia benedettina di Saint John a Collegeville nel Minnesota, fondata nel 1856 e rinnovata da Marcel Breuer nel 1953, conserva la pianta tradizionale esemplificando a un tempo le nuove tendenze. L’intero complesso degli edifici conventuali – un seminario, un’università e una scuola superiore – è incentrato sulla chiesa e ruota intorno a essa. Le aree scolastiche sono raccolte a nord e a ovest, e gli edifici conventuali si trovano a sud. Ma la chiesa a campana presenta un altare centrale, che consente ai laici di vedere il coro dei monaci, e i nuovi materiali e le soluzioni strutturali si ispirano direttamente a tecnologie e ideali contemporanei.

Il monastero fornisce un ambiente fisico che risponde alle dimensioni contemplativa e attiva della vita del monaco, e presenta quindi una continuità in termini di concezioni strutturali e tipologie costruttive che va al di là delle circostanze temporali e spaziali. Al tempo stesso, l’architettura monastica esprime il processo di costante sperimentazione e innovazione reso necessario dalle specifiche esigenze dei diversi ordini.

BIBLIOGRAFIA

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Braunfels, Wolfgang, Monasteries of Western Europe: The Architecture of the Orders, London 1972. Un’analisi essenziale dell’architettura monastica occidentale dagli esordi ai giorni nostri.

“Horn, Walter ed Ernest Born, The Plan of St. Gall: A Study of the Architecture and Economy of, and Life in a Paradigmatic Carolingian Monastery, 3 voll., Berkeley-London 1979. L’interpretazione definitiva della prima pianta monastica e uno studio esauriente di tutti gli aspetti dell’architettura e della vita monastica benedettina nel medioevo. Splendidamente illustrato, ottimamente documentato e molto leggibile.
Le Bras, Gabriel. Les ordres religieux: La vie et l’art, 2 voll., Paris 1979-1980. Un’analisi di tutti gli ordini monastici in tutto il mondo. Particolarmente utile per le centinaia di illustrazioni, molte delle quali a colori.

 

 

 

ARCHITETTURA DEL MONASTERO CRISTIANOultima modifica: 2024-03-01T12:48:08+01:00da mikeplato
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