IL VANGELO DI TOMMASO…STUDIO ED INTERPRETAZIONE

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di Mike Plato

Un viaggio nei misteri del Vangelo di Tommaso, noto forse impropriamente come quinto vangelo, che piuttosto potrebbe mostrare un lato nascosto del cristianesimo primitivo che non appare negli altri testi della biblioteca gnostica di Nag Hammadi 

Il Vangelo secondo Tommaso noto anche come Vangelo di Tommaso, non è una narrazione della vita di Gesù ma ne raccoglie solo i detti (114 o 121 a seconda della numerazione proposta dagli studiosi moderni). Gli studiosi ipotizzano che le opere siano state sepolte in risposta ad una lettera del vescovo Atanasio che dichiarava un canone rigoroso delle scritture cristiane. L’attribuzione interna del vangelo è all’apostolo «Didimo Giuda Tommaso». Il suo luogo di origine potrebbe essere stato la Siria, dove le tradizioni di Tommaso erano forti. Altri studiosi hanno suggerito un’origine alessandrina. Data la sua relazione con questi testi, la sua data di composizione è dibattuta tra gli studiosi: alcuni lo ritengono contemporaneo dei vangeli sinottici, se non addirittura antecedente a questi, risultando in una datazione intorno al 50/60 d.C. ma non posteriore alla fine del I secolo; la maggioranza degli studiosi ritiene che sia successivo, in quanto mostrerebbe una dipendenza parziale dai vangeli canonici, e lo datano tra il 120 e il 140 circa. Considerato da alcuni come uno dei primi racconti degli insegnamenti di Gesù, il Vangelo di Tommaso è considerato uno dei testi più importanti per comprendere il cristianesimo primitivo al di fuori del Nuovo Testamento. In termini di fede, tuttavia, nessun grande gruppo cristiano (Cattolici, Protestanti, Anglicani ecc.) accetta questo vangelo come canonico o autorevole. È un documento scritturale importante per gli studiosi che lavorano al documento Q, a sua volta concepito per essere una raccolta di detti o insegnamenti su cui si basano in parte i vangeli di Matteo e Luca. Sebbene nessuna copia di Q sia mai stata scoperta, il fatto che Tommaso sia allo stesso modo un Vangelo di “detti” è visto da alcuni studiosi come un’indicazione che i primi cristiani scrissero raccolte dei detti di Gesù, rafforzando l’ipotesi del misterioso vangelo Q. Gli studiosi moderni non considerano l’apostolo Tommaso l’autore di questo documento, per cui l’autore rimane sconosciuto. Il vangelo è noto in forma completa tramite la versione in copto conservata in uno dei manoscritti di Nag Hammadi (Chenoboskion nella Tebaide, sede dei Padri del Deserto), scoperti nel 1945  nell’omonima località egiziana; il manoscritto, un codice, è legato con un metodo ora noto come legatura copta, risale al 340 circa ed è conservato al Museo copto del Cairo. Fu solo dopo il ritrovamento di questo manoscritto completo in lingua copta che gli studiosi si accorsero che diversi frammenti della versione originale in lingua greca erano stati già scoperti: tre erano tra i Papiri di Ossirinco scoperti nel 1897; altri due furono trovati sempre a Ossirinco nel 1903, apparentemente provenienti dalla stessa raccolta di detti che conteneva i frammenti in greco del Vangelo di Tommaso e datati alla prima metà del III secolo, mentre un ulteriore frammento greco scoperto nel 1905 è stato datato a prima del 200 d.C..

Testimonianze patristiche  e manoscritti

Il Vangelo di Tommaso scomparve quando lo gnosticismo fu soppresso dai proto-ortodossi. Per secoli ne rimasero disponibili solo citazioni indirette da parte di alcuni Padri della Chiesa. Tra il 222 e il 235 d.C., nella sua opera Refutatio omnium haeresium (5.7.20), l’eresiologo Ippolito di Roma riporta una variante del detto 4, che Ippolito dice di aver preso da un testo intitolato Vangelo di Tommaso: «[i Naasseni] […] conservano una tradizione al riguardo nel vangelo intitolato “Secondo Tommaso”, che afferma espressamente, “Colui che mi cerca mi troverà in bambini di sette anni e più, poiché lì, nascosto nel quattordicesimo eone, io sono rivelato”». Si tratta dell’unica apparente citazione del Vangelo di Tommaso negli scritti eresiologici che documentano scritti e teorie gnostiche, smantellandole.  Questo sembra essere un riferimento al detto 4 di Tommaso, sebbene la formulazione ne differisca in modo significativo: “Gesù disse, l’uomo vecchio di giorni non esiterà a chiedere a un bambino di sette giorni il luogo della vita, e vivrà. Poichè molti che sono i primi diventeranno ultimi, e diventeranno tutt’uno”. In altri autori cristiani delle origini è citato il titolo del Vangelo di Tommaso, come ad esempio in Origene (Omelia su Luca, 1 del 233 circa), mentre nel IV e V secolo, diversi Padri della Chiesa scrissero che il Vangelo di Tommaso era tenuto in gran considerazione da Mani (l’iniziatore del Manicheismo gnostico), anche se potrebbero riferirsi al Vangelo dell’Infanzia di Tommaso. Altri autori, come Clemente di Alessandria, affermano che vi fossero paralleli tra il Vangelo di Tommaso e altri vangeli non canonici, come il Vangelo degli Ebrei e il Vangelo degli Egiziani. Tra gli studiosi pressoché nessuno considera questo vangelo come realmente scritto da Tommaso apostolo. Nel IV secolo, Cirillo di Gerusalemme menzionò un “Vangelo di Tommaso” per due volte nel suo Catechesis: «I Manichei scrissero anche un Vangelo secondo Tommaso che, essendo intinto nella fragranza del titolo evangelico, corrompe le anime dei semplici» (Catechesis 4.36); «Non fate leggere a nessuno il Vangelo se-condo Tommaso: in quanto questo non è il lavoro di uno dei dodici apostoli, ma di uno dei tre perversi discepoli di Mani» (Catechesis 6.31). Il Decretum Gelasianum del V secolo include “Un Vangelo attribuito a Tommaso che i manichei usano nella loro lista di libri eretici”.

Rapporto con i vangeli canonici: dipendenza o indipendenza?

Il Vangelo di Tommaso è molto diverso nel tono e nella struttura dagli altri apocrifi del Nuovo Testamento e dai quattro vangeli canonici. A differenza dei vangeli canonici, non è un racconto narrativo della vita di Gesù; consiste invece in logia o detti attribuiti a Gesù, a volte indipendenti, a volte incorporati in brevi dialoghi e parabole; 13 delle sue 16 parabole si trovano anche nei vangeli sinottici. Il testo contiene una possibile allusione alla morte di Gesù in logion 65 (parabola degli inquilini malvagi, parallela a quella dei vangeli sinottici), ma non menziona la sua crocifissione e risurrezione; né menziona una comprensione messianica di Gesù. Secondo il criterio di analisi noto come “hapax legomenon” (che analizza termini rari utili per attribuire la paternità di un testo, per cui un manoscritto, che contenga una parola adoperata altrove soltanto da un autore, è probabilmente di quello stesso autore) il Vangelo secondo Tommaso è indipendente dal testo dei vangeli canonici per il 60-70% delle sentenze o detti. La sua versione principale conta più dell’80% di paralleli, mentre si ipotizza che gli altri detti siano stati aggiunti da una tradizione gnostica cristiana. Molti ricercatori accademici ritengono Tommaso totalmente indipendente dai vangeli canonici. Stevan L. Davies ha sostenuto che l’apparente indipendenza tra l’ordine dei detti in Tommaso e dei loro paralleli nei vangeli sinottici mostra che Tommaso non fu composto a partire da questi e che probabilmente li precedette. Un certo numero di studiosi sostiene che quando i logia di Tommaso hanno paralleli nei sinottici, le versioni di Tommaso sembrano essere spesso più vicine alle fonti. Theissen e Merz ritengono che i detti 31 e 65 siano un esempio di questo fenomeno. Allo stesso modo Earl Doherty sostiene che quando il Vangelo di Tommaso segue la fantomatica fonte Q o il Nuovo Testamento, mostra una forma meno sviluppata, più “primitiva” o “originale” dei suoi paralleli. Helmut Koester ha concordato, citando in particolar modo le parabole di Cristo contenute nei detti 8, 9, 57, 63, 64 e 65. Nei pochi casi in cui la versione di Tommaso e quella dei sinottici sembrano collegate, ciò dipenderebbe dall’intervento del traduttore dal greco al copto. Koester ha ipotizzato anche che l’assenza in Tommaso di materiali narrativi, come quelli che si trovano nei vangeli canonici, rende improbabile che quello di Tommaso sia «un estratto eclettico dei vangeli del Nuovo Testamento».  Egli ha citato anche l’assenza dei detti escatologici caratteristici di Q come prova dell’indipendenza di Tommaso da questa fonte. Stephen J. Patterson (The Gospel of Thomas and Jesus 1993) ha ipotizzato una autonomia di Tommaso, più che di una totale indipendenza dai sinottici, ipotizzando che quando Tommaso fu copiato e ricopiato si cercò di armonizzare i suoi detti con quelli dei sinottici. D’altra parte, vi sono ricercatori che invece vedono un certo legame tra Tommaso e i quattro canonici. Secondo Gilles Quispel e Ioan Petru Culianu, nel Logion 76 del vangelo copto di Tommaso si trovano non solo reminiscenze del vangelo di Matteo (13:45), ma anche di altri passi dei vangeli sinottici: 6:19-21; 19:21; 12:33-34; 9:48. Il logion dice: «Il regno del padre è simile ad un mercante che possedeva della merce e trovò una perla. Quel mercante era saggio. Egli vendette la merce e comprò la perla». Matteo 13:45-46 invece recita: «Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra». Altri studiosi evidenziano come molte sentenze contenute nel Vangelo di Tommaso hanno paralleli nella tradizione canonica. Si continua a discutere se lo scritto dipenda dai Vangeli canonici oppure rappresenti una tradizione parallela dei detti di Gesù, seppur questa seconda ipotesi appaia non improbabile. John Paul Meier e Henry-Charles Puech parlano di una dipendenza del vangelo di Tommaso dai canonici. Anche Jacques Etienne Menard si è pronunciato contro la presenza di tradizioni indipendenti o anteriori ai vangeli sinottici nel vangelo di Tommaso, e Craig L. Blomberg ha ritenuto sia probabile che il vangelo di Tommaso abbia subito l’influenza dai Vangeli sinottici: in Tommaso, infatti, il detto 66 segue il 65, e ciò avviene per nessuna ragione apparente se non quella relativa alla sequenza riscontrata nei sinottici. Christopher Greiner ha radicalizzato questa posizione: “Non conosco nessuno studioso che sosterrebbe l’ingenua dichiarazione secondo cui Tommaso contiene le parole più pure ed originali che possediamo di Gesù Cristo”. Alcuni studiosi sottolineano la possibile dipendenza del Vangelo secondo Tommaso da altri scritti cristiani. Secondo William Morris una parte del detto 22 del Vangelo di Tommaso, assente negli scritti canonici, si ritrova nella cosiddetta Seconda Lettera di Clemente ai Corinzi, scritta intorno alla metà del II secolo. Morris ha evidenziato anche che la risposta che Gesù dà ai discepoli che lo interrogavano sulla circoncisione, nel detto 58 del Vangelo di Tommaso, assente negli scritti canonici, è identica a quella data da Tineo Rufo, governatore romano della Giudea dal 132, in una disputa col rabbino Aqiba, morto nel 135.

INDIPENDENZA DAL E CONFLITTO CON IL VANGELO DI GIOVANNI? 

Un argomento per una datazione di Tommaso nell’era protocristiana, presentato come argomento centrale nel libro della nota Elaine Pagels, Il vangelo segreto di Tommaso, è l’apparente conflitto tra il Vangelo di Giovanni e il Vangelo di Tommaso. Iniziamo col dire che Giovanni (11:16) è l’unico ad affermare: «Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!», confermando così che il Tommaso del vangelo naghammadico è uno dei 12. In altre due occorrenze (Gi. 20:24; 21:2) viene detto che Tommaso è detto Didimo (Gemello). Alcuni passaggi di Giovanni possono essere compresi solo presumendo l’esistenza di una comunità basata sugli insegnamenti teologici del Vangelo di Tommaso, condivisi quasi completamente dalla comunità di cui Giovanni è espressione, eccetto uno: se la comunità che si rifaceva al Vangelo di Giovanni –dice la Pagels- sosteneva la risurrezione dei corpi, il Vangelo di Tommaso è espressione di una comunità che credeva nella risurrezione spirituale rigettando quella fisica. Questa è la visione della Pagels, ma non di chi scrive. Non è affatto vero che la visione risurrettiva di Giovanni è limitata al corpo carneo. Tanto Giovanni che Paolo fanno capire che la vera risurrezione è in Spirito, e lo stesso Gesù, proprio in Giovanni 3, a Nicodemo, maestro in Israele, enuncia il principio della liberazione pneumatica in vita: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. Non ti meravigliare se t’ho detto: dovete rinascere dall’alto … Nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo» (Giovanni 3:5-14). E parimenti Paolo: «la carne e il sangue non possono ereditare il regno di Dio, né ciò che è corruttibile può ereditare l’incorruttibilità» (1 Corinzi 15:50). Quello della risurrezione della Carne è solo un dogma della Chiesa di Roma derivante da una subdola interpretazione di certi passi. Per Tommaso, la risurrezione sembra, in ogni caso, più un evento di realizzazione spirituale, che coinvolge anche una certa disciplina iniziatica o ascesi. Peraltro, il Vangelo secondo Giovanni è l’unico canonico che fa parlare Tommaso, in tre episodi in cui l’apostolo non dimostra di aver compreso ciò che Gesù dice; è infatti l’unico vangelo che contiene l’episodio dell’incredulità di Tommaso, in cui lo stesso apostolo, secondo il racconto di Giovanni, è costretto a riconoscere l’apparente fisicità del Gesù risorto (Cristo aveva il totale controllo della propria vibrazione attraverso il corpo di gloria restaurato). Giovanni ritrae Tommaso mentre tocca fisicamente Gesù risorto, inserendo dita e mani nel suo corpo e terminando con un grido. La Pagels interpreta il fatto come un segno di superiorità del redattore Giovanni, che sta costringendo Tommaso a riconoscere la natura corporea di Gesù. Scrive che “Gesù mostra a Tommaso la sua ‘incredulità’, per evidenziare ciò che Giovanni vede come la verità e Tommaso no…”. Secondo la Pagels, il testo di Tommaso doveva essere esistito e aver guadagnato un seguito al momento della stesura del Vangelo di Giovanni, e l’importanza dei detti di Tommaso era abbastanza grande da indurre Giovanni a sminuire Tommaso. Il vangelo di Giovanni è l’unico dei canonici a conferire a Tommaso un ruolo drammatico e una parte parlata, e Tommaso è l’unico personaggio ivi descritto come apistos (incredulo), nonostante i fallimenti di quasi tutti i personaggi giovannini nell’essere all’altezza degli standard pneumatici di Cristo. Secondo la Pagels, Giovanni potrebbe aver denigrato o ridicolizzato una scuola di pensiero rivale. Questa interpretazione del Vangelo secondo Giovanni presuppone, secondo la Pagels, l’esistenza di una comunità di Tommaso all’epoca della composizione del vangelo giovanneo, datato tra il 90 ed il 120 d.C., di qui posteriore al Vangelo di Tommaso. Ad ogni modo, le parole di Cristo in Giovanni 20:29 – «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!»-  stridono con quanto detto in Tommaso 14 dello stesso Tommaso, che qui appare come un discepolo di caratura superiore: “Che cosa ti ha detto Gesù? – Rispose loro Tommaso: – Se vi dico una sola delle parole che egli mi ha detto, voi prenderete delle pietre e me le scaglierete, e un fuoco uscirà dalle pietre e vi brucerà”. E non si tratta certo di due Tommaso diversi.

Il dibattito sulla data di composizione

La datazione del Vangelo di Tommaso è molto discussa; gli studiosi hanno proposto datazioni più antiche come il 60 d.c.  e  meno antiche come il 140 d.c. a seconda se il Vangelo di Tommaso sia identificato con il nucleo originario di detti, o con il testo pubblicato dall’autore, o con i testi greci o copti, o con i paralleli con altri testi. Richard Valantasis, docente di letteratura cristiana antica, e altri studiosi, sostengono che è difficile datare Tommaso perché, come raccolta di logia senza un quadro narrativo, i singoli detti avrebbero potuto aggiungersi gradualmente nel tempo. Valantasis fa risalire Tommaso al 100 – 110 d.C., con parte del materiale certamente proveniente dal primo strato, datato al 30 – 60 d.C.. JR Porter data il Vangelo di Tommaso molto più tardi, al 250 d.C.. La maggioranza degli studiosi, tra cui Guillaumont, Puech, Cullmann, Quispel, Wilson, Gartner, Frend, Fieger, Hengel, opta per il II secolo, e gli scopritori dei frammenti di Ossirinco, Bernard Grenfell e Arthur Hunt confermano come possibile data del vangelo di Tommaso il 140 d.C.. Arland J. Hultgren elenca il gruppo di coloro che propendono per una datazione anteriore: Helmut Koester (I secolo), Stevan Davies (50-70), Ron Cameron (tra la fine del I secolo e l’inizio del II), Stephen Patterson, Dominic Crossan (componente del Jesus Seminar). Le datazioni possono essere quindi divise in due gruppi: le datazioni “antiche”, nel caso in cui il nucleo del vangelo sia datato tra il 50 e il 100, dunque prima o all’incirca contemporaneamente alla composizione dei vangeli canonici, e le datazioni “tardive”, successive alla composizione dei canonici. Datazione antica. Questa è sostenuta in base a diverse argomentazioni, che riguardano la forma o struttura del vangelo, la sua indipendenza dai vangeli canonici e il ruolo di alcuni apostoli. Un altro argomento a favore di una data antica è quello dell’interazione già discussa tra il Vangelo di Giovanni e la logica di Tommaso. Paralleli tra i due sono stati assunti per suggerire che Tommaso precedesse il lavoro di Giovanni, e che quest’ultimo stesse dando una risposta punto per punto a Tommaso, in un conflitto reale e apparente. Questa apparente dialettica è stata evidenziata da diversi studiosi del Nuovo Testamento e di gnosticismo, tra cui April de Conick e la già citata Elaine Pagels. La Pagels, ad esempio, ha scritto che il vangelo di Giovanni faccia due riferimenti all’incapacità del mondo di riconoscere la luce divina. Molti detti di Tommaso si riferirebbero alla luce nata “dentro”. Il sottoscritto, ancora una volta, non comprende dove vada a parare la Pagels, dato che la “luce” in Giovanni ha la stessa natura di quella citata in Tommaso. Una teoria che potrebbe sostenere le ragioni della datazione antica, se non di tutto Tommaso ma almeno di una parte dei loghia in esso contenuti, è offerta da Gilles Quispel, secondo cui il Vangelo di Tommaso -in cui l’impronta gnostica deriverebbe da interpolazioni successive- più che ai vangeli canonici si ispirò a fonti ebraiche indipendenti come il Vangelo degli Ebrei, scritto in aramaico, del quale restano le citazioni dei Padri della chiesa (Ireneo, Clemente, Origene, Eusebio di Cesarea, Epifanio) e ritenuto il vangelo originale di Matteo. Una tesi che, se dimostrata, porterebbe ad ammettere un originale semitico alla base dei vangeli pervenutici in greco, il che sposterebbe la loro realizzazione a ridosso delle vicende di Gesù, ed accrediterebbe definitivamente gli evangelisti come testimoni diretti delle vicende narrate.. Tuttavia, nonostante la speculazione di Quispel riscontri un discreto fascino ed abbia incontrato il favore di altri autori, resta ampia la convinzione che Tommaso poggi sui canonici scritti in greco. Datazione meno antica. Diversi ricercatori vogliono Tommaso composto qualche tempo dopo il 100 d.C., generalmente attorno alla metà del II secolo. Uno spunto interessante arriva da Arland J. Hultgren: nel logion 57 di Tommaso c’è un evidente riferimento ai 24 libri profetici dell’Antico Testamento, e ciò presuppone come già avvenuta la canonizzazione del Vecchio Testamento secondo il sistema numerico ebraico. Questo riferimento, osserva l’autore, colloca il vangelo di Tommaso necessariamente nel II secolo d.c. quando fu fissato il canone ebraico. Una delle teorie che ha influenzato la ricerca esegetica sul Vangelo di Tommaso è quella dello studioso Nicholas Perrin, esegeta americano, secondo cui Tommaso sia dipendente dal Diatessaron siriaco, composto poco dopo il 172. Se Tommaso, come ritiene gran parte dei ricercatori – argomenta Perrin – fosse stato scritto ad Edessa, in Siria, si potrebbe presumere che esso abbia un originale in siriaco successivamente tradotto in greco, come dimostrerebbe implicitamente il fatto che Tommaso non segue l’ordine dei vangeli sinottici. Perrin ne deduce che Tommaso presenti una marcata influenza, nella disposizione dei detti e nel contenuto, del Diatessaron di Taziano, scritto intorno al 173. Inoltre, poiché alcune questioni forti di Tommaso sono il tema della povertà e dell’astinenza sessuale, Perrin indica la somiglianza con Taziano il Siro, concludendo che Tommaso “appartiene alla costellazione di testi che trova la sua stella polare nell’autore del Diatessaron”. Alcuni autori si spingono a postdatare ulteriormente il Vangelo secondo Tommaso.  Tra questi James Dunn, che mette a confronto questo vangelo con uno scritto che alcuni studiosi reputano essere una versione precedente e parziale del documento trovato in Ossirinco, in Egitto, databile a partire dalla fine della seconda o della prima metà del III secolo, mentre il Vangelo di Tommaso probabilmente è stato scritto non prima del IV secolo. Secondo Dunn, la versione di Nag Hammadi di Tommaso mostra una precisa “colorazione gnostica” e non fornisce alcuna prova “circa la tesi di una forma di cristianesimo gnostico già esistente nel primo secolo”. Insomma, non c’è univocità sulla datazione. Il parere di chi scrive è che il documento risalga alla prima metà del I d.C. per temi e contenuti, che approfondiremo nel prossimo numero, in cui affronteremo l’esoterismo del testo e gli insegnamenti misterici sottesi.

Secondo Tommaso, il mondo in cui ci troviamo è corrotto e degradato, caratterizzato da molteplicità, divisione, conflitto e morte: un cadavere gigantesco, un luogo di morte, la valle oscura di salmi 22:4, e la valle di lacrime di salmi 83:7. Il Sé divino (immagine di Dio) è intrappolato in questo mondo di corpi, ma in realtà deriva da una preesistente origine intellettuale e divina. Tramite la disciplina spirituale, si può coltivare il divino interiore e quindi trasformarsi. La disciplina primaria richiesta è coltivare il distacco dalle cose del mondo nella ricerca della gnosi e una comprensione più profonda delle parole di Gesù, registrate nel Vangelo di Tommaso stesso: “Chi troverà il significato di questi detti non gusterà la morte”. Questo tipo di attività a sua volta renderà lo studente come l’insegnante, cioè l’interprete diventa come lo stesso Gesù, rivelando ogni sorta di comprensione segreta. In questo mondo di interpretazione simbolica, le normali distinzioni sociali di etnia, sesso (22, 114) o età (7, 37b) non si applicano più (cfr. Galati 3,27-28). Il principale comportamento spirituale rilevante è la solitudine, per il cui tramite si ritorna, almeno intellettualmente, allo stato primordiale di indifferenziato riposo, vita e luce: “Dove c’è l’inizio, lì sarà la fine. Beato colui che prende il suo posto all’inizio. Conoscerà la fine e non gusterà la morte”. Vediamo più specificamente in Tommaso una sorta di medio platonismo sciolto, con una caratteristica enfasi sulla conoscenza di sé, sulla natura divina della propria stabilità intellettuale interiore e sulla necessità di tale stabilità interiore per affrontare un mondo caotico. Per fare un solo esempio, l’antropologia di Tommaso è completamente platonico-paolina, dividendo il sé in carne, anima-mente e spirito, con quest’ultimo che funge da elemento divino. Il logion 119 proclama “Guai alla carne (σάρξ) che dipende dall’anima (ψυχή); guai all’anima che dipende dalla carne”; e aggiunge il terzo elemento del pneuma- spirito nel logion 34: “Se è a causa dello spirito (πνεῦμα) che la carne è venuta all’esistenza, è meraviglioso. Ma se lo spirito fosse a causa del corpo (σῶμα), è una meraviglia delle meraviglie”. Allo stesso modo, Platone abbozzava una distinzione tra la materia del corpo e le sue due forze animatrici distinte, una animale e passionale (concupiscibile), l’altra intellettuale e immortale: coloro che hanno creato la razza umana, “ricevendo il principio immortale dell’anima, la introdussero in un corpo mortale e tutto il corpo deve essere il suo veicolo, e in esso alloggiato oltre a un’altra forma di anima, la forma mortale, che ha in sé passioni spaventose e inevitabili” (Timeo 69C). Quest’altra anima è altrove chiamata “mente” (νοῦς) o “intelligenza” (διάνοια), e solo essa è in grado di vedere la vera, celeste, realtà: “… l’essenza incolore, informe e intangibile veramente esistente, con la quale tutto vero la conoscenza è interessata, tiene questa regione [sopra i cieli] ed è visibile solo alla mente, il pilota dell’anima. Ora l’intelligenza divina, poiché si nutre della mente e della pura conoscenza … si rallegra nel vedere la realtà”(Fedro 247CD). Queste idee ovviamente non scompaiono con Platone, ma verranno riprese nel I e nel II secolo d.C. da una varietà di fonti.

Tommaso è gnostico?

Il vangelo di Tommaso è considerato universalmente gnostico in quanto appartenente alla libreria di Nag Hammadi, per lo più obiettivamente gnostica. E’ stato ampiamente ritenuto che il documento avesse avuto origine all’interno di una scuola di cristiani primitivi, forse protognostici. La sua natura gnostica, secondo un filone di ricerca, sarebbe prova sia di un documento tardo, poiché lo gnosticismo è ritenuto uno sviluppo successivo del protocristianesimo, mentre il cristianesimo delle origini, come evidente dalle lettere di Paolo, fu inevitabilmente più ebraico che gentile, concentrato sulla morte e risurrezione di Gesù più che sulle sue parole (sicuro oggetto di tradizione orale segreta). Seppur vada detto che Paolo è molto più gnostico di quanto credano teologi e detrattori (a tal riguardo segnalo “Paolo gnostico” di Elaine Pagels), obiettivamente, il Gesù di Tommaso non sembra molto ebreo, e la sua forma corrente potrebbe riflettere l’influsso del pensiero gnostico del II secolo, come ad es. il rifiuto del mondo fisico e del corpo. In questa direzione molti studiosi ritengono che i vangeli di Tommaso e di Filippo, scoperti a Nag Hammadi, rivelino uno gnosticismo cristiano con un orientamento valentiniano o ermetico. Personalmente, non trovo Tommaso “valentiniano”, non essendovi traccia della tipicamente valentiniana teoria degli Eoni e delle sigizie. Un influsso o analogia ermetici li si può riscontrare nella medesima considerazione della “veste” fisica tanto in Tommaso che nel Pimandro (Corpo Ermetico). In Tommaso 24, le anime di Cristo sono descritte come intrusi in un mondo non loro, un mondo in cui essi devono rinunciare alla “veste” corporale. Nel logion 42, Cristo invita i suoi a deporre gli abiti “corporali” e calpestarli senza pietà, onde vedere il Figlio di Dio, l’Immagine di Dio, che è in loro. In Tommaso non viene detto ma si intuisce che la rinuncia alla veste corporale, secondo un tema peculiarmente gnostico, è necessario perché l’anima si liberi dalla creazione arcontica, veste che funziona per l’anima come una tomba (soma è sema-il corpo è prigione, diceva Platone). Parimenti, nel Pimandro i toni di disprezzo verso il corpo raggiungono vette gnostiche, nonostante non vi sia nella letteratura ermetica una demonizzazione di questo mondo dovuta ad una sub-creazione: “Prima di tutto, bisogna che tu abbandoni questo vestimento che porti, tessuto d’ignoranza, sostegno di malvagità, catena di corruzione, viluppo tenebroso, morte vivente, cadavere sensibile, tomba che tu porti con te, ladro domestico, nemico nell’amore, geloso nell’odio”. Il tema di Tommaso e del Pimandro è rinvenibile anche in Paolo, che contrappone, in senso gnostico, la tenda del corpo di carne alla tenda del corpo di luce, la prima impossibilitata ad entrare nel regno di Dio, quindi da rifiutare e trascendere;  la seconda necessaria per averne diritto: “Lo Spirito Santo intendeva così mostrare che non era ancora aperta la via del santuario, finché sussisteva la prima Tenda … Cristo invece, venuto come sommo sacerdote di beni futuri, attraverso una Tenda più grande e più perfetta, non costruita da mano di uomo, cioè non appartenente a questa creazione” (Ebrei 9:8-11). Ora, nessun documento gnostico viene datato anteriormente all’epoca neotestamentaria; inoltre gli elementi cristiani presenti nel corpus gnostico si comprendono meglio come influenze del cristianesimo sullo gnosticismo piuttosto che il contrario. Jacques E. Menard ha prodotto un riassunto del consenso accademico a metà degli anni ‘70 in cui si affermava che il Vangelo fosse probabilmente un testo molto tardo scritto da un autore gnostico, avendo così scarsa rilevanza per lo studio del primo sviluppo del cristianesimo. Da allora le visioni accademiche dello gnosticismo e del Vangelo di Tommaso sono diventate più sfumate e diversificate. Più recentemente, i critici si sono chiesti se la descrizione di Tommaso come un vangelo “gnostico” si basi su poco altro che sul fatto che sia stato trovato insieme ai testi gnostici a Nag Hammadi  (Stevan Davie e Bart Ehrman in particolare). Si è infatti iniziato a mettere in discussione l’identificazione di Tommaso come vangelo gnostico per come si intende lo gnosticismo, soprattutto naghammadico. Non ci sono che pochi temi gnostici in Tommaso, non certo quelli tipici dello gnosticismo naghammadico, in quanto, a differenza di tutti i testi gnostici, il Vangelo di Tommaso non comprende una grandiosa cosmologia mitologica, un sistema complesso di eoni, e la questione del Demiurgo e della Sophia decaduta, tipici mitolegemi gnostici. Manca anche, apparentemente, il tema degli Arconti tiranni e dominatori. Dico apparentemente in quanto in due logia essi sono citati in modo occulto. Nel logion 3 Gesù dice “Se i vostri capi vi diranno, ‘Vedete, il Regno è nei cieli’, allora gli uccelli dei cieli vi precederanno…”. Nei vangeli canonici, Gesù usa il termine “capi”, come in Matteo 20:25 (anche in Marco 10:42): “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere”. Ma nell’originale greco è “Arkhontes ton ethnon…Megaloi”, che indicherebbe una doppia gerarchia dominante: gli Arconti in astrale e i Megaloi (anime vendute, governatori terrestri) nel nostro mondo. Ergo, “Capi” del logion 3 si riferisce certamente a quegli Arconti che spingono con violenza le menti verso l’illusione dell’esteriore anziché verso l’interiore, verso la vera realtà del Regno di Dio in noi. Ma anche nel Logion 55, seppur non nominati, gli Arconti sono sottintesi. E’ un vero e proprio catechismo gnostico in cui Gesù istruisce i suoi su cosa dovranno rispondere alle sentinelle dell’astrale nel post-mortem: “se vi domandano…rispondete…se vi domandano…rispondete”. C’è anche da sottolineare che la formula “Gesù disse” sembra avere un parallelo con la tipica espressione di Genesi “Wa Yomer Elohim-E Dio disse” (Genesi 1:3; 1:6; 1:9, 1:11; 1:14; 1:20; 1:24; 1:26; 1:28; 1:29 ecc.), nonostante Elohim usi la parola per creare e il Figlio per istruire (o guarire). Non è presente né una filosofia pro-YHWH né contro (tipica degli gnostici). In ogni caso, il Vangelo di Tommaso non assomiglia al modello tipicamente narrativo dei Vangeli canonici. È “vangelo” solo in quanto il messaggio in essi contenuto si propone come via di salvezza: quest’ultima può venire raggiunta mediante il distacco radicale dal mondo e il ripiegamento solitario nella propria interiorità, per conoscere se stessi come figli del Padre vivente. In tale ottica, il vangelo, ancor più che gnostico, sembra avere un carattere mistico-ascetico-encratico.
 

Il Gesù di Tommaso

Il professore del Nuovo Testamento all’Eden Seminary di S. Louis, Stephen Patterson, pur appoggiando una “autonomia” di Tommaso dai vangeli canonici e pur restio a classificarlo come testo esempio di un mero gnosticismo, non ha esitato a parlare di un “dualismo cosmico gnostico”, presentando il Gesù di Tommaso come “un redentore inviato da Dio in un mondo ostile e malvagio per riscattare una razza di persone elette”. Trattasi di un’opinione condivisa da Bentley Layton che ritiene il vangelo di Tommaso scritto in Siria nel primo periodo post-apostolico, in cui è presente l’influenza della teologia gnostica anche se non di una setta in particolare. Se ci limitiamo al Gesù del Vangelo di Tommaso, egli appare come il Gesù dei detti. Non dimentichiamo che il Vangelo di Tommaso è composto da detti più che da parabole o da una narrazione organica, come nei vangeli sinottici. In fondo potremmo definirlo, nel linguaggio moderno, come il maestro dei flash sapienziali. Il Gesù degli gnostici è un saggio, un sapiente, venuto sulla terra non per spiegare ma per illuminare, per suggerire, per risvegliare. È un uomo simbolo del Pleroma, da cui l’uomo si è staccato, che intende riaccendere la scintilla che ognuno ha dentro di sé. Quindi coglie argomentazioni stringenti, staccate spesso dai contesti, per colpire, direi quasi platonicamente, per costringere l’uomo a riattivare questa scintilla perduta e far divampare il fuoco della gnosi che condurrà l’uomo a tornare un essere pleromatico. Non è un Cristo discorsivo, non è quel Cristo che troviamo in Marco, Matteo e anche Giovanni, questo pur sempre un vangelo a carattere gnostico, ma troviamo un Cristo che parla quasi in maniera epigrammatica, con frasi brevi, stringate, che lasciano poco spazio a un dialogo con l’interlocutore. Lo scopo, infatti, non è giungere a qualcosa con il dialogo (come avviene nel Socrate delle opere di Platone) ma risvegliare l’uomo dormiente, come nell’Inno alla Perla, ove l’uomo ritrova la sue perla e torna, rivestito di Luce, al Padre celeste, al Deus Absconditum. Naturalmente, troppe volte noi siamo sordi a questo richiamo di Cristo, e ripieghiamo sul Cristo oggettivato, istituzionalizzato che, diciamolo francamente, dà meno problemi e non necessita di uno sforzo mentale per esser compreso.

I DIVERSI TEMI AFFRONTATI DA TOMMASO

1) L’intepretazione per giungere al mistero. Logion 1: Chi troverà l’interpretazione di queste parole non gusterà la morte. Nel greco del Papiro di Ossirinco è usato “ten ermenei – il senso segreto o esoterico”. Il vangelo fin dal suo esordio suggerisce che vi è un senso interiore pneumatico e segreto, il cui disvelamento può vincere il paradigma di morte eterna e la separazione da Dio Padre. Il verso trova un suo parallelo in Siracide 39: 1-3: “Differente è il caso di chi si applica e medita la legge dell’Altissimo. Egli indaga la sapienza di tutti gli antichi, si dedica allo studio delle profezie. Conserva i detti degli uomini famosi, penetra le sottigliezze delle parabole, indaga il senso recondito dei proverbi e s’occupa degli enigmi delle parabole”. Non è del tutto chiaro che questo detto debba essere considerato di Gesù. Il pronome ‘lui’ potrebbe riferirsi sia a Gesù che all’apparente compilatore dei detti, Tommaso Didimo. In ogni caso, si riferisce alla raccolta di detti che comprende questo vangelo, e questo vangelo non avrebbe potuto essere conosciuto da Gesù. Inoltre, l’ultima riga (“non assaggiare la morte”) è un tema ricorrente in Tommaso (18:3; 19:4; 85:2; 111:2) e probabilmente riflette l’interesse editoriale del compilatore”. Ciò conferma l’impressione che l’interpretazione più profonda dei detti, non il loro significato superficiale, indicasse la via della salvezza agli iniziati. Il detto è abbastanza simile a Giovanni 8.51, dove Gesù dice: In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte- un’affermazione che viene ripresa e ripetuta dai suoi interlocutori nella forma: “Se qualcuno mantiene la mia parola, non gusterà mai la morte”(versetto 52). la mia parola “significa fondamentalmente” obbedisci al mio comandamento “, non” trova la sua interpretazione”- l’intenzione del quarto vangelo aparrirebbe etica, mentre quella nel vangelo di Tommaso è principalmente intellettuale.

2) La cerca incessante. Al logion 2 Gesù dice: Chi cerca, non smetta di cercare finché non trova; e quando  troverà sarà turbato, e quando sarà turbato sarà stupito e regnerà sul Tutto. Il tema della cerca è critico. In 43 occorre cercare Cristo in sé. In 65 occorre cercare un posto nella Quiete, ovvero nell’Essere oltre il divenire. In 83 occorre cercare il tesoro che non perisce. In 99 e 101 occorre cercare per trovare. Cosa occorre cercare? Cosa sono il tesoro, il luogo nella quiete e il Cristo se non il Se’ eterno, l’Immagine di Dio in noi di cui parla Tommaso? Premetto che, se nella versione copta il verso termina con “regnerà sul tutto”, nel papiro greco termina con “otterrà la quiete (riposo)”, ovvero nel riposo dell’eternità (si trova anche nei logia 55, 56, 65, 97). Si potrebbe pensare che la cerca si riferisca a quanto detto al verso 1, ovvero il senso segreto dei detti di Yeshua esposti in Tommaso. Tuttavia poi occorre stringere il campo. L’unica cosa che occorre davvero cercare è se stessi. Lo dice lo stesso Tommaso in altri versi (73, 118): “Colui che conosce tutto, ma ignora se stesso, è privo di ogni cosa … Chi trova se stesso, il mondo non è degno di lui”. Ergo la conoscenza di Sè, il ricordo di Sè, la realizzazione di Sè riconduce allo status adamico prelapsario. Il verso presenta i seguenti step: cercare> trovare> turbarsi> stupirsi> regnare. Nell’Antico Testamento troviamo i seguenti versi sulla “cerca”: “Cercate il Signore e la sua forza, ricercate sempre il suo volto (1 Cronache 16:11)…Cercate il Signore e la sua potenza, cercate sempre il suo volto (Salmi 104). Poiché così dice il Signore alla casa d’Israele: Cercate me e vivrete! (Amos 5:4)”. Cercare il volto significa cercare quella parte di Dio che è in noi, il Figlio che è in noi. Metatron era il principe del volto (Ebr. Shar ha panim). Nei sinottici la cerca è raccomanadata da Yeshua ma, a parte il Regno, non indica cosa cercare: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta (Matteo 6:33)…Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto (Matteo 7:7)”. Il logion di Tommaso invita a non smettere mai di cercare perché alla fine le risposte saranno trovate, ma le risposte turberanno perché  mostreranno le illusioni sotto le quali abbiamo condotto la nostra vita in passato. Una volta che il velo si solleva dai nostri occhi, inizieremo a vedere la meraviglia del Tutto che è in noi, il Sé, e regneremo in quanto il Sé è vero Re. Nell’altro trattato gnostico non naghammadico, il Pistis Sophia, Gesù dice ai suoi in modo analogo al logion di Tommaso: “Cercate sempre e non cessate, finché non troverete i misteri della Luce che vi condurranno nel regno della Luce” (cap. 111), ovvero a voi stessi

3) Il trionfo sulla morte. Tre logia concernono il trionfo sulla morte, da intendersi come ciclo eterno di morti e reincarnazioni: “Beato colui che raggiungerà il principio: egli conoscerà la fine e non gusterà la morte (19) … Poiché avete in Paradiso cinque alberi che non mutano né estate né inverno, e le loro foglie non cadono mai. Chi li conoscerà non gusterà la morte (22) .. colui che vive nel Vivente non vedrà la morte (118)”. Che si tratti di liberazione dal ciclo samsarico, lo mostra Paolo in Romani 6:8 “Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui, sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più. La morte non ha più potere su di lui”. Se Paolo non avesse ammesso la reincarnazione continua, questo verso sarebbe davvero senza spiegazione. Dire “non muore più” equivale a dire che tutti continueranno a morire e rinascere. Ergo, quel trionfale “e non gusterà la morte” non significa che non morirà in quel ciclo, ma che spezzerà la maledizione della morte eterna, del morire in continuazione. Persino Gesù dovette passare per la porta della morte.

4) Il modo di Melkizedek. Il modo o la via di Melkizedek prevede un rinnegamento di se stessi in quanto umani e, di conseguenza, del gene ereditato dal mondo e dell’intero spettro parentale. Secondo Paolo in Ebrei (7:3), Melkizedek è senza genealogia, senza padre e madre, senza nascita e morte…ergo un’ontologia totalmente trascendente e avulsa dalle dinamiche dell’umanità. Essere al modo di Melkizedek significa rinnegare se stessi in quanto umani (la croce iniziatica) e ripudiare i genitori, cosa che Gesù fa con la Madre in diversi episodi evangelici. In Tommaso il tema trova sufficiente eco, e giustamente, visto che la Via di Melkizedek è quella realmente seguita e compiuta da Gesù: 106.) I discepoli gli dissero: – I tuoi fratelli e tua madre sono lì fuori. Egli disse loro: – Coloro che sono qui, e che fanno la volontà di mio Padre, essi sono miei fratelli e mia madre: sono essi che entreranno nel Regno di mio Padre; 60.) Gesù disse: – Colui che non odierà il padre e la madre non potrà divenire mio discepolo, e i suoi fratelli e le sue sorelle, e (non) prenderà la sua croce come me, non sarà degno di me; 108.) – Chi non odia, come me, suo padre e sua madre, non potrà essere mio discepolo; e chi non ama, come me, suo Padre e sua Madre non potrà essere mio discepolo. Infatti mia madre […] ma una vera Madre mi ha dato alla vita. Solo la prima proposizione (“Chi non odia, ecc.”) ha riscontro in Mt. 10:37, Lc. 14:26  e, qui in Tommaso, già al logion 60 citato. Per il resto, sembra occorra fare una distinzione, evidenziabile  mediante l’uso delle maiuscole e delle minuscole fra “padre” e “madre” secondo la carne e “Padre” e “Madre” spirituali. Bisogna infatti tener presente che, secondo lo gnosticismo cristiano, vero padre e vera madre sono Spirito e Anima: l’amore per questi “genitori” comporta naturalmente non-amore per i genitori terreni, pare e madre provvisori e di conseguenza illusori. Peraltro il Melkizedek autogenerato è presente nei logia 16 e 20: “Quando vedete Colui che non è nato da donna, prostratevi col viso a terra ed adoratelo: Egli è il vostro Padre … Beato colui che era, prima di venire al mondo”

5) Il Regno. Il Regno è un tema ricorrente, essendo citato in 18 logia (3, 23, 27, 32, 51, 54, 59, 62, 83, 89, 103, 104, 105, 106, 114, 116, 120, 121). Nel Logion 3 Gesù dice: “Se quelli che vi guidano vi dicono: “Vedete, il regno è nei cieli”, allora gli uccelli del cielo ti precederanno. Se vi diranno: “È nel mare”, allora i pesci vi precederanno. Ma il regno è dentro di voi. Ed è fuori di voi. Quando conoscerete voi stessi, sarete conosciuti. E capirete di essere voi i figli del Padre vivente. Ma se non vi conoscerete, sarete in povertà, e siete voi la povertà”. “Quando conoscerete voi stessi, sarete conosciuti” suggerisce che la distinzione basata sulla dialettica tra soggetto e oggetto svanisce quando entriamo nel Regno: io e l’altro in me diventiamo uno. Suggerisce che la nostra propensione a fare distinzioni con il nostro intelletto oscura l’unità dell’essere. Non ci sono distinzioni concettuali nel Regno di Dio, c’è solo vita, non più separazione. L’enfasi è sul Regno di Dio “entos iumon” (dentro di Voi) che anche nei Vangeli è detto «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è dentro di voi!» (Luca 17:21). L’espressione greca di Luca e del papiro greco di Tommaso è identica: “entos iumon”, che nella versione di Gerusalemme e nella Nuova Riveduta è tradotto impropriamente con “in mezzo a voi”, mentre nella Diodati è reso con “dentro di voi”. Il verso è molto simile a Deuteronomio 30:11-14, tenendo in debito conto che Regno e Parola siano la stessa cosa: “Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo, perché tu dica: Chi salirà per noi in cielo, per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire? Non è di là dal mare, perché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare per prendercelo e farcelo udire e lo possiamo eseguire?Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica”. Marvin Meyer cita un’espressione simile dal Salmo Manicheo Libro 160,20-21: “Il regno dei cieli, guarda, è dentro di noi, guarda, è fuori di noi. Se ci crediamo, vivremo in esso per sempre”. La versione greca di Tommaso dice che il regno è dentro; il copto aggiunge che è anche fuori, certamente perchè il fuori esprime il regno interiore in chiave simbolica (vedi Vangelo di Filippo).

La seconda parte del nostro studio sul Vangelo di Tommaso si era conclusa con la questione del Regno di Dio. Tommaso pone anche un altro dilemma: il Regno è attualizzato o escatologico? Il logion 56 recita: “I discepoli gli dissero: – Quando verrà il riposo per coloro che sono morti, e quando verrà il nuovo mondo? – Ed egli disse loro: – Ciò che voi attendete è già venuto, ma voi non lo riconoscete”. Il Vangelo di Tommaso sembrerebbe non limitare la venuta del Regno di Dio all’Eskaton  (fine del tempo) e alla seconda venuta, ma attualizzarlo con la prima venuta, accessibile con la prima parusia messianica. Il 56 si collega al logion 120: “I suoi discepoli gli dissero: – Quando verrà il Regno? – Verrà quando non lo si aspetta. E non si dirà: “Eccolo, è qui!” o “Eccolo, è là!”. Ma il Regno del Padre è sparso sopra la terra e gli uomini non lo vedono”. A sua volta il 120) si lega al 3) “Gesù disse, “Se i vostri capi vi diranno: ‘Vedete, il Regno è nei cieli’, allora gli uccelli dei cieli vi precederanno. Se vi diranno: ‘È nei mari’, allora i pesci vi precederanno. Invece, il Regno è dentro di voi”. Cristo, in sostanza, dice che non occorre attendere ansiosamente un evento che debba avvenire, poiché quel regno che desideriamo già è in noi. Ci è sfuggita la sua venuta, o l’abbiamo deliberatamente ignorata perché egli non è venuto nel modo in cui lo attendevano. Tuttavia, il Pater recita: “venga il tuo regno” (Mt 6:10). Il dubbio resta: occorre attendere la Fine o il regno è sempre accessibile? In ogni caso, il regno, nel non tempo, c’è da sempre….

6) Il Padre. Yeshua menziona il Padre (Abbà), come fa nei sinottici (in particolare Giovanni), e lo fa in ben 21 occorrenze (3, 16, 32, 45, 49, 55, 58, 62, 67, 70, 75, 83, 86, 90, 103, 104, 105, 106, 108, 120). Il termine “Signore”, che nella Bibbia ebraica traduce YHWH, è citato nel logion 80.

7) I Figli della luce. L’espressione qumranica, evangelica e paolina “figli della Luce” (Lc 16:8, Gvn 12:36, Efes. 5:8, 1 Tess. 5:5) non è presente in modo diretto ma la si intuisce dal logion 55: “Gesù disse: – Se vi domandano: «Di dove siete venuti?», rispondete: «Siamo venuti dalla Luce, dove la luce si è originata da se stessa. Essa è sorta e si è manifestata nella nostra immagine». Se vi domandano: «Che cosa siete voi?», rispondete: «Noi siamo i figli e gli eletti del Padre Vivente». Se vi domandano: «Quale segno del vostro Padre è in voi?», rispondete loro: «È un movimento e una quiete»”. Essa è sostituita dalla terminologia “Figli del Padre vivente”, presente anche nel logion 3: “Quando vi conoscerete sarete riconosciuti, e comprenderete di essere figli del Padre vivente”. In Matteo 5:45, Yeshua usa l’espressione “figli del Padre vostro celeste”, mentre Paolo usa “Figli del Dio vivente” (Romani 9:26). Yeshua usa anche “Figli dell’Uomo”, riferimento alle scintille del metaumano Figlio dell’Uomo: “Quando di due farete uno solo, diventerete figli dell’Uomo” (113). Lo stesso Figlio dell’Uomo è citato in logion 93. In 42 è chiamato “Figlio dell’Essere Vivente”.

8) Il Leone divoratore. Nel logion 7 Gesù dice: «Beato il leone che l’uomo mangia, cosicché l’uomo diventi il leone, e sventurato l’uomo che mangia il leone, cosicché il leone diventi uomo». Per comprendere tale versetto, occorre attingere a Paolo che distingue l’uomo esteriore dall’uomo interiore, l’aspetto principale ed eterno dell’uomo esteriore, il gemello, l’io spirituale contrapposto all’ego carnale e mondano. Paolo parla anche di uomo vecchio e uomo nuovo in Romani, Efesini e Colossesi: “il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato (Romani 6:6) … dovete deporre l’uomo vecchio con la condotta di prima, l’uomo che si corrompe dietro le passioni ingannatrici .. e rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera. (Efesini 4:22) … Vi siete infatti spogliati dell’uomo vecchio con le sue azioni e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore. (Colossesi 3:9)… creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace (Efesini 2:15)”. Sempre Paolo, in Ebrei 7, dà un nome all’uomo nuovo: Melkizedek, il Re di giustizia (l’uomo nuovo… creato secondo Dio nella giustizia), il nome-funzione di Adam risorto. Questo logion si lega al logion 4:“L’uomo vecchio di giorni non esiterà a chiedere a un bambino di sette giorni dov’è il luogo della vita, e quell’uomo vivrà”. Alla luce di quanto detto, l’uomo vecchio di giorni è l’uomo esteriore, il bambino di sette giorni è l’uomo interiore (l’Adam del sesto giorno caduto nel settimo). Qui, l’iniziato, l’uomo esteriore o vecchio, deve bussare alla porta del bambino dell’eternità, ottenere i misteri, conoscere se stesso in quanto bambino di Dio, affinchè il vecchio possa risorgere nel bambino. L’iniziato deve estrarre il bambino dal vecchio uomo che egli stesso è. Se non vi riesce, continuerà a peregrinare di corpo-psiche in corpo-psiche (personalità fittizie). Se l’uomo vecchio, ossia la coscienza del corpo carneo o del peccato, non viene annientato (crocifisso), l’uomo nuovo non potrà risorgere. Questo versetto lo si comprende meglio proprio con il logion 7 che concerne il leone che mangia l’uomo, un logion che, a mio parere, è stato malinterpretato e tradotto male, in assenza di conoscenza iniziatica. Universalmente è reso al rovescio: “Beato il leone che l’uomo mangia, cosicché il leone diventi uomo, e sventurato l’uomo che il leone mangia, cosicché l’uomo diventi leone”. Per tutti, beato l’uomo ilico (fisico, leone) se l’uomo spirituale lo domina e lo annulla; sventurato l’uomo spirituale se si fa dominare dalla sua animalità leonina. Al contrario, nel cristianesimo esoterico, l’uomo interiore è l’uomo solare o leonino, il corpo di luce come da Apocalisse 5:5: “ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli”…ma anche Genesi 49:9: “Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone e come una leonessa; chi oserà farlo alzare?”. Quindi, è il leone che deve divorare l’uomo esteriore o vecchio perchè questi si rinnovi. Nei sinottici, Cristo, l’uomo interiore, invita a mangiare e bere la sua carne e il suo sangue. Questo potrebbe dare adito a qualche dubbio sull’interpretazione precedente circa il fatto che qui non sia il leone a mangiare l’uomo esteriore-vecchio, ma il contrario. In realtà, nel momento in cui l’uomo mangia il Cristo-Leone, è questi a mangiare l’uomo. Se l’uomo non mangia il Leone interiore, questi di fatto non mangia l’uomo. Non è nobilitato il Leone ad essere divorato, poichè il Sè in noi è già nobile, ma l’uomo che se ne fa divorare. Il leone non è la bestia ma l’ultrauomo, l’uomo interiore ed eterno, il Metatron, in questa fattispecie. È pur vero che in 1 Pietro 5.8 il leone è assegnato a Satana, ma non è affatto il caso del Leone di Tommaso: “Il tuo avversario, il diavolo, si aggira come un leone ruggente, cercando qualcuno da divorare”. Tutti i diversi interpreti qualificano il Leone come la bestia interiore, l’anima concupiscibile, le passioni. Nella letteratura gnostica si dice a volte che il sovrano di questo mondo (Yaldabaoth nell’Apocrifo di Giovanni e in Pistis Sophia) assomigli a un leone.

9) La gnosi del Sé (concetto gnostico). Il tema della cerca è giocoforza  interagente col tema della “conoscenza” o “gnosi”, ma una auto-gnosi, conoscenza di se stessi: “Quando vi conoscerete sarete riconosciuti, e comprenderete di essere figli del Padre vivente. Ma se non vi conoscerete, allora vivrete in miseria, e sarete la miseria stessa (3) … Gesù disse, “Conosci ciò che ti sta davanti, e ciò che ti è nascosto ti verrà rivelato; poiché non vi è nulla di nascosto che non venga un giorno rivelato (5) … chiunque tra di voi si fa piccolo conoscerà il Regno (51) … Gesù disse: – Colui che ha conosciuto il mondo ha trovato un cadavere, e chi ha trovato un cadavere, il mondo non è degno di lui (61). Il logion 73 fa comprendere che conoscere ogni cosa, ma non se stessi, è completamente inutile e non salvifico: “Colui che conosce tutto, ma ignora se stesso, è privo di tutto”.

10) Androginia (concetto gnostico). Nei logia 121 e 127 è scritto: “Simon Pietro disse loro: – Maria si allontani di mezzo a noi, perché le donne non sono degne della Vita! – Gesù disse: – Ecco, io la trarrò a me in modo da fare anche di lei un maschio, affinché anch’essa possa diventare uno spirito vivo simile a voi maschi. Perché ogni donna che diventerà maschio entrerà nel Regno dei Cieli … Quando farete in modo che due siano uno, e farete si che l’interno sia come l’esterno e l’esterno come l’interno, e l’alto come il basso, e quando farete del maschio e della femmina una cosa sola, cosicché il maschio non sia più maschio e la femmina non sia più femmina…allora entrerete. Ciò fa il paio con Matteo 22:30 in cui Cristo afferma il ritorno all’androginia prelapasaria (maschio e femmina lo e li fece) con il «neque nubent neque nubentur»: Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo. E con Matteo 18:1-4 in cui il bambino è colui che cerca proprio l’androginia e l’unione perduta: “In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli”. Anche Paolo in Efesini 5:31: «l’uomo… si unirà a sua moglie e i due diverranno una stessa carne». I logion 53 e 7 celebrano anch’essi l’androginia: “Gesù disse: – Se due sono in pace tra di loro in una stessa casa, essi potranno dire a una montagna: «Spostati!», ed essa si sposterà” … “Per questo io dico: chi si troverà Uno sarà inondato di luce, chi sarà diviso verrà avvolto nelle tenebre”.

11) Encratismo gnostico. Al logion 6 e 15 è detto: “I suoi discepoli lo interrogarono e gli dissero: – Vuoi tu che noi digiuniamo? E come dobbiamo pregare e fare l’elemosina? E quale dieta dobbiamo seguire? – Gesù rispose: – Non dite menzogne; non fate ciò che voi stessi odiate– Se voi digiunerete, commetterete colpa verso voi stessi; se pregherete, sarete posti sotto giudizio; se farete l’elemosina, farete danno al vostro spirito. Se, in Tommaso, Cristo raccomanda di non digiunare, fare elemosina e pregare se non davvero voluto, in Matteo 6:1-18 Cristo intende queste stesse pratiche come dissacrate se operate “davanti agli uomini per essere da loro ammirati” (non suonare la tromba quando si fa elemosina, non pregare innanzi a tutti in modo ipocrita, non digiunare per essere visti provati e dare agli altri una parvenza ascetica), ma sacre e ben accette a Dio qualora siano fatte nel segreto. In Tommaso, si dichiara l’inutilità del digiuno (danno per il corpo), della preghiera (richiesta di aiuto egoica ed ipocrita), dell’elemosina (accomodante compromesso alla legge dell’uguaglianza). Piuttosto, Cristo in Tommaso 32 insegna ben altro ascetismo, rinunciando a se stessi e al mondo per ritrovare se stessi: “Se non farete astinenza del mondo non troverete il Regno. Se non farete Sabato il Sabato, non vedrete il Padre”. Un altro concetto demolito da Cristo in Tommaso (logion 58) è la circoncisione: I discepoli gli dissero: – Può essere utile o no la circoncisione? – Ed egli disse loro: – Se fosse utile, il loro Padre li avrebbe generati circoncisi già dalla madre. Ma la sola circoncisione in spirito è veramente utile (Cfr. Rom II 25-29; 1Cor. VII 10; Gal. V 6; Col. II 11). Nel logion 63 Gesù dice: “Beato l’uomo che ha sofferto: egli ha trovato la vita!”. Questa beatitudine non si trova tra quelle dei sinottici, ma l’idea che la sofferenza sia una forma di purificazione è frequente nel cristianesimo primitivo. Il tema della solitudine rientra nella necessità encratica: “Beati voi, solitari ed eletti, perché troverete il Regno! Infatti da esso voi siete usciti e in esso tornerete di nuovo” (logion 54).

12) Stranieri al Mondo, e Mondo non da Dio (concetto gnostico). Logion 24: “Maria domandò a Gesù: – A chi sono simili i tuoi discepoli? – Egli rispose: – Sono simili a fanciulli i quali si sono introdotti in un campo che non è il loro. Quando verranno i proprietari del campo, diranno loro: «Lasciateci il nostro campo!» Ed essi alla loro presenza si spogliano dei loro vestiti, per lasciar loro e restituire il campo”. Il campo che non appartiene ai discepoli di Gesù, ormai sulla via della «perfezione», è questo mondo in senso lato e questo corpo carneo in senso stretto, il mondo della materia, che essi dovranno lasciare, spogli di ogni impurità. Anche in 2 Pietro 1:13-14, Pietro usa l’immagine della tenda come corpo mortale di cui le anime si spogliano alla morte naturale o a quella iniziatica. Questo mondo è sub-creazione arcontica (concetto gnostico) e quelli di Cristo non vi appartengono, ne sono stranieri. In Giovanni 27:14-16 è detto degli apostoli («i perfetti»): «essi non sono di questo mondo». Al logion 45 Gesù dice: “Un ceppo di vite è stato piantato fuori del Padre, e poiché esso non ha attecchito sarà strappato dalle radici e perirà”. Il senso è che egli afferma che distruggerà questa realtà simulata dell’Albero della conoscenza duale e separata. Questo logion si integra con Luca 13:6-9, la parabola in cui Cristo vignaiolo convince il padrone (il Padre) a offrire un tempo supplementare ad un fico che non produceva frutti e che il padrone voleva tagliare. Il vignaiolo (Cristo-Adamo) dice: “Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai”. Il Fico è un riferimento all’albero duale di separazione e caduta, all’universo materico esteriore, che Cristo alla fine dissolverà con tutte le Potenze che lo dominano. Il fico maledetto da Cristo-Adamo in Matteo 21:19 va interpretato in quest’ottica. Se non intendiamo Cristo come Adam che ripudia l’albero della caduta, difficile intendere l’ostracismo del Rabbi verso il Fico. Ora, al logion 78 Gesù dice: “Io distruggerò questa casa e nessuno potrà ricostruirla di nuovo!”. Ciò può essere inteso sia come Ego individuale (mente inferiore) e collettivo che come mondo. Non può essere inteso come il suo corpo somatico in quanto, in Giovanni 2:19-21, Cristo promette di far risorgere ciò che distruggeranno. Dice “distruggeranno” e non “distruggerò” come in Tommaso: “Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo”.

13) Caduta e risalita. Al logion 34 Gesù dice: “Se la carne è venuta nell’esistenza per opera dello spirito, è un miracolo; ma se lo spirito per opera della carne, questo è un miracolo di un miracolo. E io mi meraviglio di come una così grande ricchezza abbia preso dimora in tale povertà”. La caduta è coagulazione del corpo spirituale in corpo carneo, la resurrezione è il “solve” del corpo di caduta (il corpo del peccato di Paolo in Romani 6:6). Questo logion si lega con il logion 7 del leone che divora l’uomo, e con il logion 54 “dal regno voi siete usciti e in esso tornerete di nuovo”. Solo chi cadde potrà poi risorgere.

14) Catechismo per affrontare i guardiani (concetto gnostico). Al logion 55 Gesù dice: “Se vi domandano: «Di dove siete venuti?», rispondete: «Siamo venuti dalla Luce, dove la luce si è originata da se stessa. Essa è sorta e si è manifestata nella nostra immagine». Se vi domandano: «Che cosa siete voi?», rispondete: «Noi siamo i figli e gli eletti del Padre Vivente». Se vi domandano: «Quale segno del vostro Padre è in voi?», rispondete loro: «È un movimento e una quiete». Il logion è uno dei tanti riferimenti, sparsi nei testi gnostici, alla necessità di apprendere parole di passo (le password dei sistemi informatici) che poi l’anima deve pronunciare ai guardiani dei livelli astrali onde transitare. Ne fa testimonianza l’eresiologo Epifanio in Contro le Eresie 26,13: “Il Signore mi ha rivelato ciò che l’anima deve dire quando ascende in cielo e come deve rispondendere a ciascuna delle Potenze superiori: “sono giunto a conoscere me stesso, e ho raccolto me stesso da ogni parte, e non ho seminato figli per l’Arconte, ma ho estirpato le sue radici e raccolto i membri dispersi, e conosco chi tu sei, perché io sono di coloro che sono dall’alto”. E così essa è liberata”. Lo ritroviamo anche nella Prima Apocalisse di Giacomo 32-36: “Quando cadrai in loro potere, uno di essi, la guida, ti domanderà: chi sei e da dove vieni? Tu risponderai: io sono un figlio e provengo dal Padre. Lui ti chiederà: che figlio sei tu, e da quale Padre provieni? Tu gli risponderai: io provengo dal Padre preesistente, e sono un figlio che emana dal preesistente. E se ti chiederà: perche sei stato mandato? Risponderai: son venuto per vedere le cose che sono mie e tutte quelle che a me sono estranee. E lui ti chiederà: per te tutto questo è estraneo? E tu risponderai: no, non interamente estraneo, perche viene da Achamot, la femmina…E se ti chiederà: dove vuoi andare? Tu rispondigli: al luogo da dove sono venuto, là voglio tornare”. Segnalo che al concetto dell’Empireo, come quiete e immobilità assoluta, segno di perfezione aliena da ogni perturbamento, citato nel logion di cui sopra, si associa l’idea di Dio (che in esso ha sede e con esso si identifica) come Primo Motore. Le anime portano in sé, in quanto esistono, il segno di questo moto che le ha create e della quiete perfetta a cui aspirano di tornare. Sul concetto di «riposo in Dio» si veda Ebrei 4:1-3.

15) Essere mangiati. Gesù al logion 65 racconta una parabola e afferma: “Anche voi cercate dunque un posto per voi stessi nella Quiete, affinché non diventiate cadaveri e non siate mangiati”. Quindi, o siamo mangiati dal Cristo-Leone per la vita eterna oppure da qualcos’altro. E la seconda è la fine delle anime, la seconda morte citata in Apocalisse.

16) L’Immagine primordiale. Al logion 91, 20 e 55 Gesù dice: “Quando vedete le vostre immagini, voi gioite; ma quando vedrete le vostre immagini che sono entrate nell’esistenza prima di voi, e né muoiono né si manifestano, quale meraviglia dovrete sostenere! … Beato colui che era, prima di venire al mondo … Se vi domandano: «Di dove siete venuti?», rispondete: «Siamo venuti dalla Luce, dove la luce si è originata da se stessa. Essa è sorta e si è manifestata nella nostra immagine»”. Tutto ciò è un’allusione alla preesistenza. Saremo riuniti con ciò che eravamo prima di assumere corpi mortali, prima di cadere nella grande ruota. Quello che siamo e quello che eravamo prelapsariamente sono totalmente diversi. Paolo in Colossesi 1,15 afferma che “Cristo è immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura”, e in 2 Corinzi 4,4: “…ai quali il dio di questo mondo ha accecato la mente incredula, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo che è immagine di Dio”. Il Cristo di Paolo non è una singola anima, ma un Corpus di cui l’anima di Gesù è la testa. Il teologo tedesco Helmut Koester scrive: “Separare l’anima dall’esistenza corporea non significa che l’anima esisterebbe d’ora in poi come spirito disincarnato, vagando astrattamente attraverso il cosmo senza forma e identità; piuttosto, l’anima liberata dalla sua prigione entrerebbe in un nuovo tipo di corporale, l’esistenza che l’attende nel regno celeste. Questo nuovo “corpo” è spesso definito come la propria “immagine” celeste, che attende l’anima, ma rimane custodita e rinchiusa nella sicurezza della divinità finché non può essere adeguatamente rivendicata. Così Tommaso parla di “immagini”, per il momento celate nel Padre, ma in attesa del momento in cui il loro splendore si rivelerà con grande stupore di coloro dai quali saranno rivendicate” (Antichi vangeli cristiani ). L’immagine interiore, ovvero l’essere preesistente, corrisponde al vedere Dio faccia a faccia dell’Antico Testamento e del Nuovo: “…Allora Giacobbe chiamò quel luogo Penuel «Perché – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva»” (Genesi 32,31) … Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto (1Corinzi 13,12)”. In questo momento l’immagine non può essere vista apertamente o perfettamente, ma è pienamente visibile solo dopo la morte. Non tutti possono vedere le “immagini”, perché vedere l’immagine è vedere Cristo, il che significa vedere il regno e l’uomo interiore (se stessi). Questa vera immagine non muore né è apertamente manifesta. Stevan Davies scrive in The Gospel of Thomas Annotated and Explained: “La morte colpisce Adamo, non l’immagine di Dio (Tom. 92; Gen 3:19). Il compilatore del Vangelo di Tommaso comprende i primi capitoli della Genesi nel loro chiaro senso, che ci sono due creazioni dell’umanità primordiale: l’immagine di Dio creata in Gen 1: 1-2: 4, e l’Adamo plasmato in Gen 2: 5-3: 24. Per la prima, ossia l’immagine di Dio, non c’è né legge né peccato, nulla che richieda la preghiera o il digiuno o l’elemosina. L’immagine di Dio ha il dominio sul regno perfetto di Dio, vivendo attraverso la luce della creazione in un condizione di riposo e immortalità”.

17) L’Adamo di Tommaso non è secondo lo gnosticismo naghammadico. Al logion 92 Gesù dice: “Adamo è stato generato da una grande Potenza e da una grande Ricchezza, ma non è divenuto degno di voi. Infatti, se egli fosse stato degno, non sarebbe morto”. La concezione di Tommaso dell’uomo concorda in gran parte con quella biblica: Adamo, emanazione del Pensiero di Dio, è caduto nella materia (mito biblico della caccia dall’Eden) ed è divenuto soggetto alla morte fisica, divenendo indegno. Non concorda con quella Naghammadica, ove l’uomo prelapsario è troppo spesso creazione arcontica. Ma l’antropologia gnostica di Tommaso è anche più complessa: l’Adamo diretta ipostasi di Dio è l’Adamo celeste o astrale, che è perciò il “modello” o “l’immagine” – per usare il linguaggio di Tommaso – dell’Adamo terrestre, cioè dei singoli individui umani: esso si realizzerà quando gli esseri umani parziali, soggetti ora alla corruzione, saranno riuniti in un’unica “immagine” spirituale. La concezione gnostica dei due Adamo è accolta anche da Paolo, Rom. 5:12-21; 1Cor. 15:45-49, sol che egli, ponendosi dal punto di vista della manifestazione storica, chiama “primo Adamo” l’Adamo terrestre e “secondo Adamo” quello astrale, che egli identifica in Gesù Cristo.

IL VANGELO DI TOMMASO…STUDIO ED INTERPRETAZIONEultima modifica: 2021-07-14T18:17:27+02:00da mikeplato
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