I Misteri di Avalon

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di Carmelo Ríos


Le leggende del ciclo arturiano sono rette dalla legge sacra dell’Iniziazione. Re Artù, Merlino, Ginevra e Lancillotto, tra gli altri, sono archetipi universali che appartengono al patrimonio culturale di tutta l’Umanità. Dietro le loro imprese si nasconde il simbolismo dell’eterna ricerca dell’Uomo che insegue la Verità, rappresentata dal Santo Graal.


Cavalleria! Una parola misteriosa che nel corso dei secoli ha unito in un medesimo ideale Uomini d’Oriente e d’Occidente, pellegrini nella più sacra delle gesta: la sacra ricerca di “Ciò che è andato perduto”, il Graal. Situato in un ambito di atemporalità dove dobbiamo collocare la trama del nostro racconto, l’ideale cavalleresco occulta al profano, indegno di penetrare nel santuario segreto dell’iniziazione, l’argomento di un dramma cosmico in cui tutta l’Umanità si riflette, al di là di qualsiasi concetto religioso, culturale o filosofico. Cercheremo quindi di interpretare, alla luce della tradizione spirituale, l’alto simbolismo iniziatico che contengono i racconti di cavalleria delle leggende arturiane, per cercare anche noi il mistero occulto e la verità non profanata. Un demonio giacque con una vergine immersa nel sonno e da quell’unione illegittima nacque Merlino, erede della scienza segreta che gli permetteva di conoscere il passato e il futuro degli Uomini. Attraverso la sua magia, aiutò il re legittimo Uther Pendragon ad accedere al trono del regno di Logres (antico nome della regione della Britannia corrispondente all’odierna Inghilterra), sconfiggendo l’usurpatore Vortigern. Per tre volte la torre del castello crollò e Merlino rivelò al re che due draghi dormivano nelle sue fondamenta. Scavando, gli uomini del re scoprirono un drago rosso e uno bianco, che, una volta svegliatisi, combatterono tra di loro. Quello bianco riuscì a uccidere il roso, morendo anch’esso subito dopo per le ferite riportate nella lotta. Merlino interpretò i fatti come un presagio per il regno di Uther. Il mago, grazie alla sua sapienza, aiutò il re a vincere i suoi nemici e con la sua magia eresse il circolo megalitico di Stonehenge. L’origine oscura e luminosa di Merlino ci rivela la natura stessa del mago, che conosce i segreti dei mondi e delle dimensioni inferiori e simultaneamente, come figlio di una vergine, di quelli superiori. Il crollo, per tre volte, del torrione non è altro che la rappresentazione di un’unità ancora non realizzata nell’essere umano, rappresentato dal re Uther. I draghi, simbolo favorito di saggi e alchimisti, rappresentano le polarità dell’Universo. Su scala microcosmica, entrambi le forze devono unirsi per edificare il tempio dell’Uomo e questa unità, condizione basilare per accedere alle più elevate tappe dell’iniziazione, è rappresentata dalla morte dei due draghi. Il simbolismo dell’unità ritrovata appare spesso nei racconti del Graal, sia sotto forma di una spada rotta che di unione mistica del cavaliere con la dama. Il fatto che l’Umanità conti anche sull’aiuto del potere teurgico o magico è rappresentato dalla costruzione del circolo di Stonehenge. Durante un banchetto Uther pendragon consce Igrain, sposa del duca di Tintagel, e sente per costei un violento desiderio. Merlino cede alle imperiose richieste del re e acconsente a cambiarne l’apparenza fisica, dandogli l’aspetto del duca. Così Uther inganna Igrain e giace con lei. Da questa unione illegittima nascerà Artù, che sarà affidato da Merlino a Sir Ettore, che lo istruirà sui doveri della cavalleria. 17 anni dopo, re Uther muore senza aver dato al regno un erede al trono e i cavalieri chiedono aiuto a Merlino per trovare un degno successore. E’ allora che avviene l’apparizione, nella notte di Natale, della misteriosa spada Excalibur conficcata nella roccia; Artù è l’unico capace di estrarla e viene proclamato sovrano legittimo, dopo essersi confrontato con i baroni che dubitavano la legittimità del suo lignaggio. Con l’aiuto del mago, Artù riesce a riunire tutte le contee in un solo regno e, durante una delle sue campagne, consce la donna che va ad assumere un ruolo rilevante nello sviluppo del racconto: Ginevra. Il regno senza re è la rappresentazione del mondo immerso nelle tenebre a causa dell’assenza di un sovrano che liberi gli uomini dalle lotte fratricide, proprie di un’umanità immersa nel dualismo. Ma è anche espressione della guerra interiore dell’Uomo, governato spesso da forze scatenate passioni e desideri dell’ego inferiore, che hanno bisogno di una guida per essere condotte al loro vero destino.


Le nozze alchemiche di Artù e Ginevra

Ginevra è per Artù l’apice della sua vita, specchio di una realtà interiore, ma è anche la causa della sua caduta. Pur essendo uno spirito puro, Artù commise un terribile errore in gioventù, le cui tragiche conseguenze sono fondamentali per la trama metafisica del racconto. Prima di conoscere Ginevra, Artù giacque con la fata Morgana, sua sorellastra, figlia di Igrain e del suo primo marito. Il frutto di quest’unione incestuosa fu Mordred, colui che non avrebbe mai dovuto nascere. Tuttavia, Mordred ha una funzione vitale nella realizzazione del mistero arturiano, dato che senza il suo intervento il Graal non sarebbe mai stato trovato. Mordred rappresenta l’oscurità ancora esistente nel regno di Artù; i suoi continui tentativi di usurpare il trono obbligano lo stesso re a lanciarsi con i suoi cavalieri alla ricerca di “Ciò che è andato perduto”. Artù è anche il detentore del potere reale. Con questo re mitico l’Umanità conosce il massimo splendore nelle arti e nelle scienze, e Camelot cristallizza in sé questo stato. Ginevra, la sposa di Artù, è il simbolo di Madre Natura, della fecondità e della vita, il principio maturatore cui si unisce un simbolo solare, il re, per realizzare così il mistero delle nozze alchemiche. Con l’aiuto magico di Merlino, Artù costruisce la Tavola Rotonda, immagine del Cosmo, circondata da 12 seggi. Alla destra di Artù un seggio sempre vuoto è riservato a colui che è conosciuto come il Miglior Cavaliere del Mondo. Tale seggio causa la morte immediata di tutti coloro che, non essendone predestinati, tentano di occuparlo. Il centro della Tavola era destinato al Sacro Graal, essendo anche centro del mondo e di sé stesso, il Graal, la visione del divino, l’unità cosmica ritrovata, deve realizzarsi nell’athanor alchemico del proprio essere, nel Sancta Sanctorum dell’anima umana. I 12 seggi, oltre alla trasmigrazione dell’anima attraverso le 12 case cosmiche o cicli del grande zodiaco, rappresentano le 12 prove iniziatiche dell’Uomo prima della conquista dell’Io superiore. Come le fatiche di Ercole, le diverse prove di ogni cavaliere simboleggiano stati dell’essere e tappe della Grande Opera alchemica, che prima o poi devono essere superate da tutti gli Uomini. Come se stesse seguendo il corso naturale di un piano prestabilito, Merlino cade prigioniero d’amore a causa degli incantesimi di Viviana, la Dama del Lago, che appare nei testi arturiani anche sotto il nome di Nimue. Frastornato da costei, arriva a confidarle i propri segreti. Tornando alla corte del re, Merlino rivela ad Artù e ai suoi cavalieri il misterioso disegno cui puntano tutti i fatti accaduti: ritrovare il Graal. Mostra loro il suo vero significato e la sua misteriosa storia dai tempi di Cristo sino a Giuseppe d’Arimatea, e anche il lignaggio dei Re Pescatori. E’ in quel momento che Galvano eleva la sua voce per giurare di difendere le dame, rendere giustizia agli umili e di avventurarsi nella Santa Cerca. Vediamo così apparire l’ideale del cavaliere errante: la Cavalleria come custodia del sacro, a capo dei monasteri e benefattrice degli umili. Una volta compiuta la sua missione e rivelato all’Uomo il disegno della sua stessa esistenza, Merlino abbandona la corte e torna da Viviana. Questa esige da lui la conoscenza dell’ultimo segreto, il misterioso incantesimo della Creazione. Questo desiderio di accedere a una verità cosmica per mezzo dell’inganno e della violenza, evocato anche nella leggenda di Hiram e la costruzione del Tempio di Salomone, tanto cara alla Massoneria, scatena la distruzione di Camelot e la dispersione dei cavalieri. Una volta rivelato a Viviana il mistero più sacro, Merlino soccombe sotto l’effetto del potere rivolto contro sé stesso e viene rinchiuso dalla dama nella profondità della roccia. Di tanto in tanto, i cavalieri che attraversano il bosco di Broceliande udiranno, una sorta di penoso lamento tra le fronde all’interno di un miraggio creato dalla perfida Viviana. Questo lamento ricorderà eternamente ai cavalieri la necessità imperativa di addentrarsi nel proprio essere per accedere alla guida sicura della volontà divina, oltrepassando il miraggio di Maya, la Madre Natura o mondo delle apparenze. Si dice che ancora oggi Merlino aspetti l’arrivo del Miglior Cavaliere del Mondo, colui che deve liberarlo dall’incantesimo di Viviana.

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Lancillotto del Lago

Lancillotto, figlio di re Ban di Benwick, è chiamato a diventare il Miglior Cavaliere del Mondo. Dopo la morte del padre, viene istruito ai doveri della cavalleria dalla Dama del Lago. Vestito con un’armatura bianca, abbandona la Francia e si dirige verso la corte di re Artù, di cui diventa amico inseparabile e il migliore dei suoi cavalieri. Per dimostrare ad Artù il suo valore e meritare di esser degno difensore della regina, decide di consacrarsi all’avventura di liberare il Castello della Dolorosa Guardia. Per far ciò deve rompere un incantesimo che grava sulla fortezza, scegliendo tra due prove: passare 40 giorni tra gli abitanti del castello, vittime di sortilegi e incantesimi, o cercare l’origine di tali sortilegi anche a rischio della propria vita. Lancillotto sceglie la seconda via. Riesce a entrare nella sala proibita del castello, dove contempla una colonna e l’incisione di una dama con due anelli. L’eroe deve scegliere tra il primo, che riporterà la donzella in vita, o il secondo, che apre un pozzo pericoloso. Lancillotto sceglie quest’ultimo e libera così le forze oscure. Lotta contro di esse sino a sconfiggerle e la fortezza diviene il Castello della Gioiosa Guardia. Le gesta di Lancillotto ci mostrano le prove che ogni aspirante all’iniziazione deve attraversare. Deve scegliere tra il sentiero pianeggiante delle attrattive di questo mondo o intraprendere quello oscuro e combatterlo sino alla sua scomparsa. La sala proibita è l’interiorità dell’essere, il luogo inprofanabile al quale può accedere solamente un uomo puro per liberare l’anima – la donzella incatenata – dal ciclo della nascita, dell’esistenza, della morte e della rinascita. Di ritorno a Camelot, Lancillotto dà inizio alla sua relazione illecita con la regina e questa unione arriva alle orecchie del re, che però non dà credito alle parole dei suoi consiglieri. Lancillotto si allontana nuovamente dalla corte e, improvvisamente, si vede apparire davanti il Castello Fortunato, dove veniva conservato il Santo Graal. Fatto entrare al cospetto di re Pelles, guardiano del Graal, vede entrare nella grande sala Elayne, figlia del re. Tutti gli astanti seguono con occhi meravigliati un oggetto misterioso, che emana una luce accecante, portato dalla donzella. Tutti guardano l’oggetto meno che Lancillotto che, ignorando la visione del Graal, rimane affascinato dalla bellezza della giovane, che somiglia stranamente alla regina Ginevra. Il Graal concede a ciascuno dei presenti ciò che il loro cuore anela, senza soffermarsi su Lancillotto, immerso ancora una volta in un amore terreno. Offeso da tale affronto, Lancillotto segue la donzella sino a unirsi carnalmente con lei. Questo rapporto sacrilego con la Vergine del Graal lo fa fuggire dal castello per la vergogna e allora viene sedotto dalla sorellastra di Artù, Morgana, che lo tiene prigioniero. Lancillotto, che sino a quel momento era destinato a diventare il Miglior Cavaliere del Mondo, vittima delle sue passioni e del suo orgoglio, diviene indegno di contemplare il Santo Graal. Viene degradato come cavaliere, diventa un mendicante ed è conosciuto da allora come il Cavaliere del Carretto. Ma a Lancillotto viene data una seconda opportunità. Pentito ed errante, cade in un sonno profondo in un eremo e in sogno chiede, quindi, umilmente e con fervore, la contemplazione del Graal. Nel suo sogno viene portato sulle acque da una nave misteriosa, in un viaggio che dura molti mesi. Quest’imbarcazione lo lascia di nuovo davanti al Castello Fortunato e gli viene permesso di contemplare il Graal da lontano. Lancillotto riconosce la presenza divina in sé ed entra nel regno dell’illuminazione, redento dalla sacra visione.

Di ritorno a corte, Lancillotto annuncia alla regina la sua conversione, ma Agravain li sorprende insieme e va a raccontarlo al re. Questi ancora una volta rifiuta di accettare tali calunnie, pur sapendo la verità; sino a questo punto arriva il suo amore per entrambi. Ma alla fine, davanti all’evidenza delle prove, monta in collera e ordina ad Agravain e a Mordred di uccidere Lancillotto. I cospiratori attraggono gli amanti in un’imboscata e il re, convinto questa volta della sua colpevolezza, condanna Ginevra al rogo. Lancillotto, che è riuscito a fuggire, salva la regina uccidendo Agravain e rifugiandosi con ella nel Castello della Gioiosa Guardia. Artù li segue per combattere contro Lancillotto, lasciando imprudentemente Camelot nelle mani di Mordred. Al suo ritorno, suo figlio si è impossessato del potere e Artù deve affrontarlo. Nel corso della grande battaglia di Salisbury, Artù si sbarazza di Mordred ma questi, agonizzante, lo ferisce mortalmente. Rendendosi conto della sua fine imminente, Artù chiede al suo scudiero di gettare Excalibur in un lago. La spada affonda tra le acque, e finisce in custodia alla Dama del Lago. Artù viene trasportato verso l’Oriente Mistico, Avalon, da una barca dorata. Il potere della conoscenza perfetta, simboleggiato dalla spada Excalibur, venne dato ad Artù per unire la Terra, non per vendicare il proprio onore. Così, Artù perde il suo potere per orgoglio, per colpa del quale il re e il suo regno, la stessa Umanità, entrano nel ciclo involutivo, nella notte oscura o nel Kali Yuga degli orientali. Questa caduta non è fortuita; fa parte di un processo cosmico, in quanto Camelot non era ancora lo stato spirituale perfetto. I cavalieri devono ancora una volta lanciarsi in una disperata avventura, dalla quale solamente pochi riescono a sopravvivere, guidati unicamente da segnali, prodigi o segni lungo il cammino. La missione della Cavalleria Terrestre è terminata e ora inizia la santa missione della Cavalleria Celeste.


Perceval, re del Graal

La storia di Perceval o Parsifal occupa un posto privilegiato nel ciclo arturiano. Simbolo dell’uomo pellegrino alla ricerca dell’infinito, rappresenta le prove iniziatiche di tutti i candidati. Terribili e disperate, devono essere superate con successo per accedere al santuario del Graal.

Il giovane Perceval viveva nel cuore di un bosco con la madre, vedova di un cavaliere, che odiava il canto degli uccelli e voleva isolare il figlio – come il re Kudodano fece con suo figlio, il Buddha Siddharta – dal contatto con il mondo esterno. Un giorno il giovane vide passare cinque cavalieri che scambiò per angeli e da allora il suo unico desiderio fu quello di essere uno degli eletti della Tavola Rotonda. Non potendo evitare la sua partenza, la madre cadde morta dal dolore per la perdita del figlio. Arrivato alla corte di Artù, Perceval sconfigge il Cavaliere Rosso e vince le sue armi, venendo quindi accolto alla Tavola Rotonda. Perceval, uno spirito innocente, proviene dal bosco, simbolo dell’errore e dell’oscurità del mondo, ma anche della matrice della madre universale. La sua vocazione cavalleresca indica il suo desiderio di consacrarsi alla ricerca della verità. La madre, simbolo della natura, tenta di assoggettare l’Uomo, immergendolo nei miraggi dell’esistenza. Il linguaggio degli uccelli, che nella tradizione spirituale simboleggia la chiamata dell’anima e la musica primordiale dello spirito che sua madre aborre, dimostrando chiaramente il veemente desiderio della materia di intrappolare lo spirito, evitando così che l’Uomo scopra la verità della trama illusoria di Maya, che significherebbe l’inesorabile fine di quest’ultima. Perceval ha in sé, tuttavia, il desiderio dell’illuminazione, e la sua via è quella del cuore. Perciò sceglie le armi del Cavaliere Rosso, che hanno il colore del sangue e del sacrificio, intendendo il termine “sacrificare” come “rendere sacro”. Ma la sua innocenza è anche ignoranza. Perceval è puro ma non è saggio. La purezza deve convertirsi in sapienza attraverso il processo iniziatico. In seguito visiterà Gorneman, l’Uomo Prudente, che gli insegna la professione delle armi e le virtù cavalleresche, insistendo particolarmente sulla prudenza. Perceval giunge al castello del Re Pescatore, che soffre di una malattia incurabile, e viene introdotto in una grande sala dove, stupito, contempla un paggio che tiene tra le mani una lancia sanguinante. Dietro di lui, una donzella con il Santo Graal. Una forte luce inonda la sala mentre il corteo si sofferma davanti a Perceval che ricordando i consigli di Gorneman, non osa porre la domanda. Gli manca il coraggio, con il quale infrange una delle leggi sacre dell’iniziazione. In seguito al suo errore, che condanna il mondo a continuare a trovarsi nell’oscurità e all’Uomo, simboleggiato dal Re Pescatore, a soffrire il tormento di una ferita che non si rimargina mai, Perceval perde la memoria di Dio e lotta in combattimenti terribili contro cavalieri sconosciuti, errando per la Terra trasformato in vagabondo. Entra così nel ciclo maturativo, dato che l’innocenza deve essere accompagnata dall’esperienza. Un giorno incontra una donzella vestita di stracci che gli comunica che le sue labbra non poterpono aprirsi in presenza del Graal come punizione per aver lasciato morire di dolore la madre. Questa donzella rappresenta il guardiano della soglia, la sua coscienza che lo pone di fronte alle conseguenze karmiche delle sue azioni. Alla fine Perceva viene liberato dal miraggio della sua stessa mente, raggiunge l’illuminazione e vede ergersi davanti a sé l’immagine del Castello Fortunato. Il Graal appare di nuovo e questa volta riesce a porre la Domanda. In quello stesso istante il Re Pescatore guarisce e lo designa come suo legittimo successore. La leggenda afferma che Perceval morì prima della contemplazione del Graal. L’iniziato deve saper morire per rinascere nel mondo superiore. Consumati gli ultimi residui dell’opera, Perceval è Uno con l’Universo, Uno con Dio.


Galahad, il Miglior Cavaliere del Mondo

Discendente diretto di Giuseppe di Arimatea, Galahad il Puro, colui in cui lo stesso Cristo si riflette, è l’unico cavaliere che arriva a possedere il Graal, mentre gli altri possono vederlo solamente da lontano: ma il fatto è che non segue la via comune degli uomini perché è un Cristo vivente. Nella personalità di Galahad troviamoprofondamente marcate le caratteristiche dell’avatar dell’hinduismo, termine sanscrito che significherebbe “giunto con il consenso del più alto a beneficio del mondo inferiore”.

Secondo la tradizione, quando Galahad arrivò alla maturità fu introdotto alla corte di Artù da un misterioso anziano di bianco vestito. Dopo le prove successive, fu l’unico che poté occupare il Seggio Pericoloso, riservato al Miglior Cavaliere del Mondo. Riuscì a estrarre nuovamente la spada dalla roccia, mentre una dama annunciava che Lancillotto non era il migliore. Durante il banchetto dei cavalieri, un’eucaristia, una cerimonia cosmica, il Santo Graal apparve per dare a ognuno dei presenti quello che il suo cuore desiderava maggiormente. Galahad, vestito di bianco e con una croce rossa sul petto, è sia monaco sia guerriero, sacerdote e re, un membro del Sacro Ordine del Sommo Re Sacerdote Melkisedeq. Galahad è la meta ultima dove si nasconde il Graal. La Tavola Rotonda e il Castello di Camelot sono un riflesso microcosmico dell’Universo. Le prove iniziatiche di ogni cavaliere e dello stesso re Artù corrispondono ai differenti stati dell’essere e dell’Umanità nell’esilio cosmico. La ricerca del misterioso regno del Graal è lo scopo segreto di ogni uomo nell’avventura dell’anima e, come in ognuno di noi può esistere un oscuro Mordred, nel nostro spirito si può trovare un riflesso del Miglior Cavaliere del Mondo. Alla soglia dell’era cosmica, la Cavalleria e il suo ideale spirituale tornano nell’umanità riportando il senso perduto della ricerca dell’Eterno.

I Misteri di Avalonultima modifica: 2009-08-07T17:52:00+02:00da mikeplato
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