IL VELO FEMMINILE..SIMBOLO ANCESTRALE

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Cantico 4,1 Come sei bella, amica mia, come sei bella! Gli occhi tuoi sono colombe, dietro il tuo velo.

 

2 Corinzi 3,15 Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore;ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto
 


di Micaela Balìce

L’uso del velo da parte delle donne è molto antico e diffuso, benchè oggi sia riferito sopratutto alle donne di religione musulmana. Per velo si intende un tessuto molto fine e strasparente. Il termine italiano deriva dal altino velum, tenda o cortina dalla radice val, coprire; la stessa radice che genera i termini in inglese (veil) e francese (voile).

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Dalla ricerca etimologica si possono già ricavare alcuni significati attibuiti: coprire qualcosa con tessuto trasparente e fine, velare. I termini svelare, rivelare ci indicano come la scoperta sia di per sè non una creazione ex novo ma seplicemente un “alzata del velo” che copre la conoscenza dell’oggetto.  La prima traccia dell’uso femminile del velo è attestata in un documento legale assiro del XIII secolo a.C. secondo il quale l’uso del velo è permesso esclusivamente a donne nobili mentre viene proibito a prostitute e donne comuni che devono girare a capo scoperto. In questo modo il velo distingue non solo la classe sociale ma anche la “non accessibilità” della nobildonna allo sguardo comune. In quegli anni però, occorre ricordarlo, la posizione economica e sessuale delle donne era notevolmente cambiata da quando – come ricorda Merlin Stone – le invasioni provenienti dal nord di popolazioni indoeuropee avevano influenzato la cultura locale sumera e quella semita (When God was a woman, M. Stone, Harvest/Harcourt Brace edition 1976). L’uso del velo diventa poi più comune: come copricapo, per ripararsi dal vento, dal sole o dalla sabbia. Per indicare lutto o semplicemente per nascondere l’identità di una donna che si reca ad un convegno amoroso. Può essere una sciarpa o un tessuto morbido e sufficientemente ampio da venir utilizzato in più modi. E se da una parte costringe la donna nobile a coprirsi dagli sguardi indiscreti del popolo, dall’altra è strumento di seduzione e faascino, come la Danza dei Sette Veli ci ricorda. Scrive Melania Mertoli: Di origini antichissime, la danza del ventre nasce per celebrare la fertilità nelle antiche società matriarcali della Mesopotamia. In seguito, nelle corti dei principi orientali che avevano molte mogli, questa danza si è trasformata in forma di intrattenimento quando si svolgevano le cerimonie. Nel mondo occidentale è arrivata nell’Ottocento, e la società le ha conferito un simbolo di sensualità, diventando uno spettacolo per intrattenere gli uomini. Il gioco con il velo tipico della danza del ventre, denominata per questo “dei sette veli”, i sonagli attaccati al top, alla cintura o nella gonna – che sottolinea la forma del bacino – esaltano ancora di più i movimenti. L’atmosfera che si crea con le luci soffuse e la musica orientale fanno tutto il resto.  Strumento di seduzione o di protezione; simbolo di mistero e del sensuale gioco del velare e scoprire, il velo aquista anche significati esoterici ricordando che ciò che è nascosto alla vista è un bene prezioso che necessita un’adeguata attenzione e livello di conoscenza per poter essere scoperto. 

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Su quella che dovrebbe essere la tomba di Iside, vicino a Menfi, fu eretta una statua rappresentante una donna seduta su un trono e ricoperta da un velo nero. Sulla base della statua vi è incisa questa iscrizione, in latino: Io sono tutto ciò che fu, ciò che è , ciò che sarà e nessun mortale ha ancora osato sollevare il mio velo. Le raffigurazioni di donne velate con il loro simbolismo alchemico abbondarono nell’arco dei secoli celando in sè stesse gli arcani del loro vero significato attribuitogli dagli autori o commissionari. Esso apparve anche nel mondo greco e quando la condizione della donna prese a deteriorarsi, la donna “onesta” comincia a velarsi per uscire. Questa situazione si riscontra in tutto il Mediterraneo. Nelle religioni monoteiste, Ebraismo, Cristianesimo e Islam il concetto di coprire la testa fu associato a quello di “sacralità”: coprire la testa significava non subire influenze esterne e rimanere concentrati verso il divino. Coprire un oggeto sacro con un velo ha la stessa valenza e nella stessa magia si usa coprire alcuni oggetti affinchè restino “puri”. Ciononostante per le donne assunse un significato in più: quello di “proprietà”: monoteismo significò anche monogamia e la lenta ma inesorabile fine dei Hieros Gamos, le unioni sacre. Nel nascente cristianesimo fu Paolo di Tarso a togliere ogni dubbio su come le donne crsitiane dovessero tenere i capelli: Siate miei imitatori, come anch’io lo sono di Cristo. Or io vi lodo perché vi ricordate di me in ogni cosa, e ritenete i miei insegnamenti quali ve li ho trasmessi. Ma io voglio che sappiate che il capo d’ogni uomo è Cristo, che il capo della donna è l’uomo, e che il capo di Cristo è Dio. Ogni uomo che prega o profetizza a capo coperto, fa disonore al suo capo; ma ogni donna che prega o profetizza senz’avere il capo coperto da un velo, fa disonore al suo capo, perché è lo stesso che se fosse rasa. Perché se la donna non si mette il velo, si faccia anche tagliare i capelli! Ma se è cosa vergognosa per una donna il farsi tagliare i capelli o radere il capo, si metta un velo. Poiché, quanto all’uomo, egli non deve velarsi il capo, essendo immagine e gloria di Dio; ma la donna è la gloria dell’uomo; perché l’uomo non viene dalla donna, ma la donna dall’uomo; e l’uomo non fu creato a motivo della donna, ma la donna a motivo dell’uomo. Perciò la donna deve, a motivo degli angeli, aver sul capo un segno dell’autorità da cui dipende. D’altronde, nel Signore, né la donna è senza l’uomo, né l’uomo senza la donna. Poiché, siccome la donna viene dall’uomo, così anche l’uomo esiste per mezzo della donna, e ogni cosa è da Dio. Giudicatene voi stessi: È egli conveniente che una donna preghi Iddio senz’esser velata? La natura stessa non v’insegna ella che se l’uomo porta la chioma, ciò è per lui un disonore? Mentre se una donna porta la chioma, ciò è per lei un onore; perché la chioma le è data a guisa di velo. Se poi ad alcuno piace d’esser contenzioso, noi non abbiamo tale usanza; e neppur le chiese di Dio. (1Corinzi, 11, 1-16). Il legame tra capelli e sensualità – libertà (anche di pensiero, di “testa”) appare evidente: la donna perde autonomia (giuridica, legale, persino religiosa) perché l’uomo non viene dalla donna, ma la donna dall’uomo. L’uso del velo nella tradizione Cattolica era presente ancora negli anni ’60 del secolo scorso: alle donne era vietato l’ingresso in chiesa se non avevano il capo coperto da un foulard, ed è in uso ancora oggi per le suore di vari ordini tanto che la frase prendere il velo significa appunto consacrarsi. velo Ma anche le fanciulle che andavano (o vanno) spose portavano un candido velo raffinato e sovente lunghissimo, velo che spesso copriva il volto della sposa e che veniva sollevato solo a cerimonia conclusa, segno del passaggio di stato da nubile a maritata. La stessa Maria, madre di Dio, viene da sempre raffigurata con un velo azzurro, mentre alla Maddalena la tradizione assegna un velo rosso. Nel Medioevo il velo continuana ad influenzare la moda al femminile. Scrive Arianna Duranti: In un contesto sociale in cui la donna quasi non gode di diritti civili e sicuramente non di quelli politici è di vitale importanza manifestare “l’appartenenza” ad un uomo, padre, fidanzato o, meglio ancora, marito. Nel XIV secolo infatti cappelli, acconciature e copricapi sono codificati con metodo e precisione. Le adolescenti e le giovani donne non fidanzate sono praticamente le uniche a potersi permettere il lusso dei capelli portati sciolti sulle spalle. (…)  ma a capo coperto le donne sposate. E con i capelli corti. Essi venivano tagliati a volte subito dopo il matrimonio ma nelle maggioranza dei casi dopo qualche anno da questo. Questo accorgimento doveva servire a mantenere viva la passione del marito almeno per tre o quattro anni dopo il Sacro Vincolo. Di conseguenza la donna, mutilata del suo più prezioso ornamento, rinunciava simbolicamente alla vanità femminile. Tale usanza era comune alle religiose ed è rimasta in uso per lunghissimo tempo, fino quasi ai giorni nostri. Durante la Consacrazione delle suore infatti il taglio dei capelli era uno degli elementi che richiamavano il matrimonio mistico con Cristo, oltre alla rinuncia alle lusinghe dei piaceri terreni. Il velo è l’acconciatura più comune. Copre i capelli ma lascia scoperto il viso. È realizzato in lino, seta e cotone. Oltre alle caratteristiche intrinseche dei materiali, a determinare la pesantezza e il grado di trasparenza sono i differenti tipi di filatura e tessitura. Si passa da pesanti panni di lino e cotone, a mussole degli stessi materiali fino ad aeree ali di organza inconsistenti e quasi completamente trasparenti. Lo stesso accadeva nel resto d’Europa: fino al 1175, le donne anglosassoni e anglo-normanne, con l’eccezione delle giovani nubili, indossavano veli che coprivano interamente i capelli e spesso anche collo e mento. Solo a partire dai Tudor (1485), il velo diventa meno comune e viene sostituito dall’uso di cappucci. La veletta invece fece la sua apparizione nel XIX secolo e durò fino agli anni ’20 riportando il gioco del vedo-non vedo: utilizzata come strumento di eleganza e seduzione o per coprire il dolore nei momenti del lutto. Oggi l’usanza di velare le donne è riferita in genere al velo islamico.

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I musulmani che sostengono l’obbligatorietà di portare il velo, si richiamano a due passaggi coranici: Oh Profeta! Dì alle tue spose e alle tue figlie e alle donne dei credenti che si ricoprano dei loro mantelli (jalabib); questo sarà più atto a distinguerle dalle altre e a che non vengano offese. Ma Dio è indulgente clemente! (Cor., XXXIII:59) E di’ alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste e di non mostrare, dei loro ornamenti, se non quello che appare; di lasciar scendere il loro velo fin sul petto e non mostrare i loro ornamenti ad altri che ai loro mariti, ai loro padri, ai padri dei loro mariti, ai loro figli, ai figli dei loro mariti, ai loro fratelli, ai figli dei loro fratelli, ai figli delle loro sorelle, alle loro donne, alle schiave che possiedono, ai servi maschi che non hanno desiderio, ai ragazzi impuberi che non hanno interesse per le parti nascoste delle donne. E non battano i piedi, sì da mostrare gli ornamenti che celano. Tornate pentiti ad Allah tutti quanti, o credenti, affinché possiate prosperare. (Cor., XXIV:31) Non pare dunque che l’uso del velo consigliato nel Corano sia considerato obbligatorio, non più di quanto potrebbe esserlo leggendo l’ammonizione di San Paolo sopra riportata. Esistono tuttavia diversi tipi di velo usati dalle donne nella tradizione araba (fonte Wikipedia): hijab Il termine hijab deriva dalla radice h-j-b, «nascondere allo sguardo, celare», e indica «qualsiasi velo posto davanti a un essere o a un oggetto per sottrarlo alla vista o isolarlo». Acquista quindi anche il senso di «tenda», «cortina», «schermo». Il suo significato é più ampio dell’equivalente italiano «velo», che indica solo un qualcosa che serve per proteggere o nascondere ma che non separa. Con il termine burqa, o burka, si indica un capo d’abbigliamento tradizionale delle donne di alcuni paesi di religione islamica, principalmente l’Afghanistan. Con questo termine si indicano due tipi diversi di vestito: il primo è una sorta di velo fissato sulla testa, che la copre interamente permettendo di vedere solamente attraverso una finestrella all’altezza degli occhi ma lasciando gli occhi stessi scoperti. L’altra forma, chiamata anche burqa completo o burqa afghano, è un abito, solitamente di colore blu, che copre sia la testa sia il corpo. All’altezza degli occhi può anche essere posta una retina che permette di vedere senza scoprire gli occhi della donna. Il Burqa è stato introdotto in Afghanistan all’inizio del 1900 durante il regno di Habibullah, che lo impose alle duecento donne del suo harem, in modo tale da non indurre in tentazione gli uomini quando si fossero trovate fuori dalla residenza reale, per segnalare il loro ceto sociale e per proteggerle dagli sguardi del popolo. Dopo gli anni ’50 si diffuse in tutto il paese, indipendentemente dalla classe sociale mentre le classi più abbienti smettevano di farne uso. Nel 1961 venne proclamata una legge che ne vietò l’uso alle dipendenti pubbliche. Fu durante la guerra civile, quando venne instaurato un regime islamico, che sempre più donne tornarono ad indossarlo. Il regime teocratico dei Talebani emanò infine il divieto assoluto di mostrare il volto a tutte le donne. chador Il chador o chadar, è un termine derivato dal persiano ciâdar (velo, mantello) ed è l’indumento tradizionale iraniano. Si compone di una sorta di mantella e foulard e viene indossato dalle donne quando devono comparire in pubblico. La stoffa è un taglio semi circolare e ricopre così il capo e le spalle lasciando scoperto il viso; viene tenuto chiuso sotto il mento ad incorniciare il volto. É uno dei possibili modi per seguire le indicazioni coraniche sull’uso dell’hijab. Viene indossato anche in altre nazioni oltre all’Iran, specialmente nel Medio Oriente, e da chi segue la dottrina islamica secondo la pratica della purdah indipendentemente dalla nazionalità.

 

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Il niqab è un tipo di velo della tradizione islamica, che copre la figura della donna lasciando scoperti solo gli occhi. Di solito si compone in due parti, divise fra loro: un fazzoletto di stoffa leggero e traspirante, che viene collocato al di sotto degli occhi a coprire naso e bocca e legato al di sopra delle orecchie; un pezzo di stoffa molto più ampio del primo, che nasconde i capelli e buona parte del busto, da legare dietro la nuca e poi lasciato cadere morbido lungo le orecchie. Ci sono stati veramente ancora molti tipi di usi e valenze legate al velo femminile, dai foulard di seta ammiccanti degli anni ’50 ai complementi raffinati del sahari indiano, per citarne alcuni. In ogni caso il suo scopo più diffuso fu quello di segnalare una proprietà (del maschio) e una differenziazione di status. Questo significato si confuse e si fuse con il valore protettivo del velo, fino ad indicare, dal punto di vista delle religioni moniteiste, anche ciò che merita rispetto perchè sacro. Probabilmente e paradossalmente però il velo nelle primitive società matristiche poteva aver ugualmente significato, in una versione sensuale e colorata, il rispetto e la sacralità del corpo femminile allora libera di manifestare la propria completa bellezza.

 

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La sposa alza il velo nell’atto del sì. Il suo sinioficato è ignoto ai più, ma non agli iniziati.La sposa rappresenta l’anima, e le nozze mistiche tra Anima e Spirito sono possibili solo quando l’anima si libera dai sette veli illusori astral-materiali (i metalli o arconti planetari) e si mostra al suo sposo in tutta la sua bellezza.

Matteo 27:50 E Gesù, emesso un alto grido, spirò. Ed ecco il velo del tempio si squarciò in due da cima a fondo, la terra si scosse, le rocce si spezzarono

Ebrei 10,20  per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne

Esodo 3,6 E disse: «Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe». Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio.

IL VELO FEMMINILE..SIMBOLO ANCESTRALEultima modifica: 2013-10-28T00:02:00+01:00da mikeplato
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