Psiche e Materia: Sophia et hyle: L’uomo di massa e la sua fuga dagli abbaglianti messaggi subliminari di Hermes.

Diego Pignatelli Spinazzola

Lo stato generale in cui si riversa la condizione umana può esser definito junghianamente parlando, stato di compensazione. Ciò che intendo per compensazione è qui intesa come la compensazione degli istinti inferiori che tendono a sopravvalutarsi a scapito di quelli superiori. Mi spiego meglio: il vulgus populi è un fenomeno sociale di massa senza precedenti nel 21 sec. Questo fenomeno, trasposto però nel singolo, eredita un germe di quella mediocre ignoranza collettiva, superstiziosa e bigotta ma anche insolentemente oltraggiosa. Se essa ha il primato e come annoia (ignoranza) nelle coscienze individuali arroga presunzione, e confabula sugli spiriti elevati che gridano al nome di gnosi (conoscenza) è perché abbiamo permesso a questa volgare maya incantatrice di tessere il gioco. E’ un gioco tra contendenti. Da una parte l’individualità specificatamente differenziata, direi eroica, nous e torcia illuminante, candelabro e glifo di Hermes, dall’altra la coscienza delle masse volgari, popolane, istintive contenute nella matrice chiamata agnosia. Il dialogo è quasi irraggiungibile tra i due contendenti, una lotta senza quartiere. Sophia et hyle, spirito e materia, reggono le sorti, ma il primato della materia offusca tale incontro. A uno dei due contendenti è dato il potere dell’invisibilità. Cosicché esso ha il potere di occultarsi e nell’occultatio, nella segreta autonomia della propria individualità, poter ottemperare al compito di “rischiarare” le coscienze involute nella misera materialità. Un compito preposto al Poimandres, lì dove il nous primigenio veniva riversato come fonte di guarigione, di rigenerazione spirituale. Ma giacché la materia è irredenta, il Nous ingaggerà una lotta all’ultimo sangue con la physis: con Sophia Achamoth, l’errante peccatrice.
E così che uno spirito perfetto viene circoscritto nell’arena pubblica allo scherno delle unilaterali coscienze cristiane pregne di materialità bigotta. Forse il Cristo di Nazareth, ha premonito tale incontro, essendo stato deriso, denigrato e dilaniato miserevolmente tra la sua gente. Regna nei comuni individui del vulgus, una specie di complesso di inferiorità; complesso però che deve essere assolutamente compensato a scapito di uno spirito elevato, la sua irraggiungibile meta. Tutti o quello che il misero poveraccio deve fare, allora, è abbordarsi l’elevato, l’irraggiungibile. E se lo fa con le sue luride mani, questi diviene la sua merce di scambio. La mediterranea Napoli, grembo dell’antichità, è un tesoro imbastardito, stuprato, appeso al filo e sospeso nella miseria istituita dai suoi abitanti che le volgono perennemente quella sociale e penosa indifferenza che previa e priva il più bel gioiello della sua sensibilità, di luce e splendore. Ecco dove ci ha portato la materia, il suo progressivo concretizzarsi nella physis delle coscienze mondane. Questo successo lo dobbiamo alla strumentalizzazione ecclesiastica sulle masse ma anche all’istituzionalismo democratico con idee progressiste.
Su un individuo atipico a quel sentire comune razionalisticamente cristiano e bigotto, tenta di farsi strada individualmente e dico “individualmente” il portato nostalgico dello spirito degli antenati, il grido di dèi pagani ed indoeuropei che bussano da quelle invisibili porte della coscienza, sibillando quell’esoterismo pervasivo di antiche scienze relegate a superstizioni, correnti sotterranee e catacombe anni luce distanti da quello spirito moderno versato nella miopia e nel culto dell’apparenza spogliata anch’essa dal razionalismo; ebbene possiamo notare come quel katagon degli antichi Greci sia andato deformandosi nello spirito mediocre e miserevolmente modesto del 21 sec.
E’ rimasto si un residuo del vero e del bello, ma un residuo distorto, dove l’apparire della materialità soverchia le profonde sfere della gnosi, non solo quella Valentiniana. Non c’è una cosa come una gnosi contemporanea.
Jung si rivolgeva all’individuo e non allo spirito delle masse. Esse non comprendono essendo potenzialmente autodistruttive, esse si rendono potenzialmente pericolose. Gli iniziatici saperi non vanno dati alle masse. Mercurio preferisce tacere piuttosto che ad esse venir gettato in pasto come invece è accaduto al Cristo, re dei Re ed al dilaniato Prometeo.
Quando all’uomo fu richiesta l’interpretazione; quando egli non sapeva darsi spiegazione di quel che accadeva, è l’ermeneutica della materia che gli si è data incontro come mezzo pseudo-salvifico, giacché i simboli che reggevano l’universo e gli dèi che lo sovrintendevano con le loro forze magiche, si erano già da tempo impalliditi (C.G. Jung, Gli Archetipi dell’inconscio collettivo, Bollati Boringhieri, Torino, 1977). Quest’esilio del divino, si rivela nella Passione di Cristo, un esilio dello spirito ad opera della carne. Giacché gli uomini vedono con gli occhi della carne, è a scapito di questa scissione con lo spirito, che il nostro mondo è diventato un luogo maleodorante, puzzolente, impastoiato di bestie feroci che preferiscono dilaniarsi in lotte egoistiche per difendere il territorio. Ed allora benvenuto Darwinismo, ed addio vecchi dèi decantatori aristocratici.
Un nuovo crepuscolo degli dèi si sta drammaticamente prospettando e la profezia dell’Apocalisse di Giovanni ha di che da venire. I Mogog ed i Magog, rivelati nella letteratura talmudica, si sono fatti avanti: occidente contro oriente. L’antica simia dei, Thoth, il gibbone ancestrale che vive nelle parvenze di un soter cristico sta sottilmente parlando ed emettendo messaggi sulla psiche primordiale, situazione necessaria al ripristino di un significato simbolico nella natura della psiche umana: il contatto con gli antenati. Solo con il porgere udito al grido degli antenati, ai morti dell’oltretomba che chiedono rispetto ed espiazione, l’umanità potrà dare risposte a quel telos esistenziale che decanta l’universalità del significato simbolico, vera e propria prerogativa teleologica e spirituale. Gli dèi non vogliono la pluralità, ma l’unità.
I templi erano temenos, recinti sacri, luoghi cultuali dove si perpetravano riti ancestrali, adorazioni, ablazioni, battesimi e sacrifici. L’uomo moderno civilizzato non è neanche un segmento di quella psiche arcaica propugnata dagli antichi. In virtù di un abissale livello di civilizzazione, è solo il vulgus che tenterà di compensare le sue misere mancanze unilaterali a scapito degli spiriti elevati che non possono fare altro che rendersi profeti messianici e rivelatori esoterici nel darsi breccia dinanzi una misera cloaca collettiva impastuoiata di bigotte superstizioni e mistificanti preconcetti mondani.
E’ così che oggi scarsamente equipaggiato di civiltà e significato, si presenta l’uomo di massa, dinanzi alla sua misera invidia agnostica e miserevolmente al riparo dagli abbaglianti messaggi subliminari e dalle incursioni rivelatrici di Hermes.

Psiche e Materia: Sophia et hyle: L’uomo di massa e la sua fuga dagli abbaglianti messaggi subliminari di Hermes.ultima modifica: 2015-08-18T21:17:06+02:00da mikeplato
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