LA SCIENZA E LA DOTTRINA SEGRETA

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di Sylvia Cranston – estratto dal libro Helena Blavatsky ed. Mediterranee

Che cosa c’è ne La dottrina segreta che la fa durare e influenzare ancora il pensiero odierno mentre altre opere sono state dimenticate da tempo? Forse c’è che il libro è davvero un’opera del XX secolo, scritta 100 anni prima del suo tempo. […] Se l’autrice de La dottrina segreta non fosse stata in grado di prevedere scoperte future, il libro sarebbe diventato ben presto datato alla luce del progresso scientifico. Invece H.P.B. profetizzò che «soltanto nel XX secolo alcune parti, se non la totalità, della presente opera saranno giustificate».

Nel 1988, al tempo del centenario della pubblicazione de La dottrina segreta, si tennero numerosi simposi sull’opera negli Stati Uniti, in Europa e in India. In uno di questi convegni a Culver City, in California, l’eminente teosofo americano Jerry Hejka-Ekins osservò:

È improbabile che un recensore di libri, ricevendo La dottrina segreta nel 1888, vedesse nel futuro dell’opera molto più che poche ristampe. È un’opera ponderosa di circa 1500 pagine, piene di termini filosofici e religiosi dell’Estremo Oriente messi a confronto con la scienza del XIX secolo e con le sue teorie ora superate. Ma in qualche modo, dopo cento anni, La dottrina segreta è ancora edita e viene ancora studiata. […] Che cosa c’è ne La dottrina segreta che la fa durare e influenzare ancora il pensiero odierno mentre altre opere sono state dimenticate da tempo? Forse c’è che il libro è davvero un’opera del XX secolo, scritta 100 anni prima del suo tempo. […] Se l’autrice de La dottrina segreta non fosse stata in grado di prevedere scoperte future, il libro sarebbe diventato ben presto datato alla luce del progresso scientifico. Invece H.P.B. profetizzò che «soltanto nel XX secolo alcune parti, se non la totalità, della presente opera saranno giustificate» (2:442).

Ne La dottrina segreta si fanno raramente profezie. Quella che segue è particolarmente singolare perché sono indicate date precise sul suo avverarsi (1:611):

L’esatta portata, profondità, ampiezza e lunghezza dei misteri della Natura sono reperibili soltanto nelle scienze esoteriche orientali. Tanto vaste e profonde sono queste ultime che soltanto pochi, pochissimi fra gli Iniziati più elevati (coloro la cui stessa esistenza è nota solo a un piccolo numero di Adepti) sono in grado di assimilarne le conoscenze. Eppure è tutto lì, e uno dopo l’altro ai fatti e ai processi del laboratorio della Natura è consentito farsi strada fino alle scienze esatte, mentre a rari individui viene offerto un aiuto misterioso per chiarirne gli arcani.
È al termine dei grandi cicli, in relazione allo sviluppo razziale, che hanno luogo generalmente tali [rivelazioni]. Noi ci troviamo giusto al termine del ciclo di 5000 anni dell’attuale Aryan Kaliyuga; e fra questo momento [1888] e il 1897 verrà praticata una grande lacerazione nel Velo della Natura, e la scienza materialistica riceverà un colpo mortale.

Vi sono due parti nella profezia. La prima solleva l’interrogativo se siano state svelate alla scienza scoperte degne di nota nel periodo di nove anni appena menzionato. David Deitz, nella sua opera The New Outline of Science, ne offre un utile quadro d’insieme:

La storia della civiltà rivela pochi contrasti maggiori di quello fornito dalla differenza di punto di vista tra i fisici dell’Ottocento e i loro successori del Novecento. Mentre il XIX secolo si avviava alla conclusione, i fisici erano convinti di avere completato la loro opera. Un eminente scienziato del tempo, in un discorso tenuto nel 1893, disse che probabilmente tutte le grandi scoperte nel campo della fisica erano già state compiute. Delineò la storia e lo sviluppo della scienza, riassumendo alla fine le teorie solide e, secondo lui, complete del XIX secolo. I fisici del futuro, disse tristemente, non avrebbero avuto niente da fare se non ripetere e affinare gli esperimenti del passato, determinando un qualche peso atomico o una qualche costante della natura fino ad una o due cifre decimali in più.*

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* «Il preside della facoltà di fisica alla Harvard scoraggiava gli studi post-laurea perché rimanevano irrisolte tanto poche questioni importanti.» (Gary Zukav, The Dancing Wu Li Masters, New York, Bantam, 1980, 311.)
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E poi, due anni più tardi, il 28 dicembre 1895, Wilhelm Conrad Roentgen presentò al segretario della Società Fisico-medica di Wiirzburg la prima relazione scritta sulla sua scoperta [accidentale] dei raggi X. Il primo giorno del 1896 spedì copie dell’articolo stampato ad amici scienziati a Berlino e altrove. Insieme con queste inviò alcune riproduzioni delle prime fotografie a raggi X da lui scattate […] le più spettacolari mostravano le ossa della mano umana. Era proprio quello che l’oratore del 1893 aveva detto non sarebbe potuto accadere: era stata compiuta una nuova scoperta. […] Roentgen aveva trovato dei raggi misteriosi che penetravano negli oggetti opachi altrettanto facilmente quanto la luce solare filtrava attraverso il vetro delle finestre. Nella fisica dell’Ottocento non vi era niente che potesse spiegare questo fenomeno sbalorditivo. […] Non solo gli scienziati ma tutti quanti dappertutto si entusiasmarono alla notizia. Roentgen si ritrovò da un giorno all’altro famoso in tutto il mondo. [Gli fu conferito il premio Nobel per la fisica nel 1901.]

La successiva scoperta importante nel campo della fisica atomica fu quella della radioattività, compiuta, [nel 1896] poche settimane dopo l’annuncio di Roentgen, da parte di Antoine Henri Becquerel a Parigi. Il padre di Becquerel, pure lui fisico, aveva effettuato ricerche sulla fluorescenza, ossia sul fatto che molte sostanze esposte alla luce solare in seguito brillano nel buio. Becquerel si rammentò dell’opera di suo padre e si domandò se vi fosse qualche analogia tra la fluorescenza e i raggi X. Di conseguenza avvolse una lastra fotografica in carta nera e vi pose sopra un cristallo di un sale di uranio che aveva usato suo padre. Espose il tutto alla luce solare. Sviluppando la lastra la trovò annebbiata o scurita, dimostrando che qualche raggio era effettivamente penetrato nella carta nera. Ipotizzò che l’azione della luce solare avesse indotto l’uranio a emettere raggi X.

In preparazione di ulteriori esperimenti, Becquerel accidentalmente scoprì non i raggi X che stava cercando ma la radioattività. Osservò l’eminente fisico Robert Millikan:

La radioattività era rivoluzionaria per il pensiero umano, poiché voleva dire che perfino alcuni degli “atomi eterni”, ossia quelli dell’uranio e del torio, sono instabili e gettano via spontaneamente con grande energia pezzi di se stessi, trasformandosi così in altri atomi. […] Fra tutte le nuove scoperte questa era la più sorprendente per il pensiero umano e la più stimolante per la fantasia umana, poiché demoliva l’idea dell’immutabilità degli elementi e dimostrava che i sogni degli alchimisti potevano avverarsi.

La successiva “rivelazione” ad arrivare nel periodo di tempo previsto ne La dottrina segreta fu la più importante di tutte, la scoperta dell’elettrone nel 1897 da parte di Sir J.J. Thomson. Il dottor Karl Compton, ex presidente del Massachusetts Institute of Technology, nel suo discorso del 1936 quale presidente uscente dell’Associazione americana per il progresso scientifico, fece questo commento:

La storia della scienza abbonda di esempi in cui un nuovo concetto o una nuova scoperta ha condotto a progressi enormi in campi nuovi e vasti […] la cui stessa esistenza fino ad allora non era stata neanche sospettata. […] Ma per quanto ne so nessun esempio è stato tanto spettacolare quanto la scoperta dell’elettrone, la cosa più piccola dell’universo, che nell’arco di una generazione ha trasformato una scienza fisica stagnante, una scienza chimica descrittiva e una scienza astronomica sterile in scienze con uno sviluppo dinamico e cariche di avventure intellettuali, interpretazioni correlate e valori pratici.

La scoperta di Thomson fu il culmine di una serie di esperimenti avviati in precedenza da Sir William Crookes, che aveva condotto studi sulle scariche elettriche nel vuoto spinto in un cosiddetto tubo di Crookes, da lui inventato. Il tubo divenne il prototipo dei tubi catodici televisivi e dell’illuminazione a fluorescenza in uso oggi. Gli esperimenti di Crookes implicavano un quarto stato della materia, che lui chiamò materia radiante e che vent’anni dopo si rivelò essere costituita da elettroni! È interessante che nel 1888, in La dottrina segreta (1:621), H.P.B. predisse che «la scoperta [di Crookes] della materia radiante darà origine a un’ulteriore delucidazione riguardo alla vera fonte della luce e rivoluzionerà tutte le attuali congetture.»

La scoperta dell’elettrone, osserva il celebre fisico americano Robert Millikan, fu «la più utile all’umanità, con le sue miriadi di estensioni e applicazioni alla radio, alle comunicazioni di ogni tipo, al cinematografo e a una ventina di altri settori industriali.» Le scoperte scientifiche sono state grandemente accelerate dall’uso di strumenti elettronici.

La dottrina segreta stessa è stata usata per scopi pratici. Il maggiore Herbert S. Turner, inventore del cavo telefonico coassiale che fu posato in tutti gli Stati Uniti alla fine degli anni Quaranta, utilizzò in relazione alla sua invenzione alcuni brani fondamentali di La dottrina segreta (1:129-32) riguardo al cosiddetto “Anello invalicabile”* applicando profonde idee occulte al mondo della forza fisica.

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* Il termine “Anello invalicabile” è usato nella letteratura occulta per indicare la periferia della sfera d’influenza di ogni forza di vita centrale, e si applica ugualmente a tutti gli atomi, dall’atomo di materia, di cui si occupano i fisici e i chimici, agli atomi umani e planetari, fino al grande atomo di un sistema solare. L’Anello invalicabile dell’essere umano medio è la forma sferoidale del suo corpo mentale, che si estende assai al di là di quello fisico, e lo mette in grado di funzionare sui livelli inferiori del piano mentale. (A.A.Bailey – Trattato del Fuoco Cosmico 42)
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La profezia ne La dottrina segreta presa in considerazione afferma che in conseguenza della «grande lacerazione nel velo della natura […] la scienza materialistica riceverà un colpo mortale.» In Time, Matter and Values Millikan, dopo un resoconto sulle nuove scoperte della fisica, conclude: «Risultato, il materialismo dogmatico in fisica è morto.» Raymond S. Yates, in These Amazing Electrons, asserisce: «La vecchia scuola era in piena ritirata. La fisica era totalmente imbarazzata. Da un momento all’altro fu sbalordita da una valanga di questioni ponderose. L’ultimo mattone solido era caduto dall’edificio del materialismo e il bel sistemino di categorie e caselle tanto faticosamente predisposto era caduto con un fastidioso colpo sordo.»

Secondo David Deitz, mentre finiva il XIX secolo, risultava evidente che «era avvenuta un’importante rivoluzione nel regno della fisica.» Così prosegue:

Quattro scoperte significative – i raggi X, la radioattività, il radio e l’elettrone – convinsero gli scienziati del fatto che la loro opera fosse appena al principio, non alla fine. Era giunto il momento di invadere l’interno dell’atomo. È dubbio, però, che qualcuno prevedesse, all’alba del XX secolo, gli importanti progressi che sarebbero stati compiuti nella comprensione teorica o le spettacolari applicazioni che sarebbero nate da queste nuove conoscenze.

Il ciclo di risveglio scientifico che accompagnò la scoperta dell’elettrone continuò a evolversi con tre ulteriori scoperte, minando ulteriormente le fondamenta delle dottrine materialistiche:

1898 – Il radio. L’elemento scoperto da Marie Curie e da suo marito Pierre è quattro volte più radioattivo dell’uranio di Becquerel.

1900 – La meccanica quantistica. Max Planck dimostrò che «la materia irradia onde elettromagnetiche che nei termini della fisica classica sono sia ondulatorie che corpuscolari.» Inoltre ipotizzò che un elettrone passasse istantaneamente da un’orbita a un’altra attorno al nucleo atomico senza attraversare lo spazio intermedio (in altre parole compisse un salto quantico, un’espressione oggi usata di frequente anche in altri contesti). Era un grande balzo rispetto alla dottrina meccanicistica.

1905 – L’equazione E=mc2 di Einstein. La teoria di Einstein «apportò la constatazione che la massa o materia è equivalente all’energia e che il tempo e lo spazio sono parti integranti della struttura continua materia-energia dell’universo.»

 

 

Come indicato nella prefazione a questo libro, numerosi scienziati si sono interessati a La dottrina segreta. Secondo la nipote, Einstein ne aveva sempre una copia sulla scrivania. La dottrina segreta contiene molti insegnamenti che venivano negati dalla scienza del tempo di H.P.B. ma che furono in seguito dimostrati veri, ed è del tutto possibile che il libro contenga accenni ad altre verità che ancora devono essere accettate. Ecco tre esempi in cui sono prefigurate scoperte compiute nel campo della fisica. Molti altri verranno forniti in un’opera di Reed Carson, attualmente in preparazione, dal titolo Blavatsky’s Foreknowledge of Twentieth Century Science.

 

1. Gli atomi sono divisibili. Sir Isaac Newton scrisse nella sua Ottica che «Dio in principio creò la materia sotto forma di particelle solide in movimento, massicce, dure, impenetrabili, di dimensioni e figure tali e con proprietà tali e in proporzione tale con lo spazio da contribuire il più possibile al fine per cui le formò.» Gli scienziati in seguito eliminarono la parte teologica di questa affermazione ma conservarono le «particelle dure e impenetrabili» o atomi quali mattoni dell’universo. Quando nel 1897 fu scoperto l’elettrone, i mattoni cominciarono a sgretolarsi. L’atomo è divisibile.

Ecco ciò che disse H.P.B. ne La dottrina segreta (1:519-20):

L’atomo è divisibile e deve essere composto di particelle o subatomi. […] È sulla dottrina della natura illusoria della materia e dell’infinita divisibilità dell’atomo che si fonda l’intera scienza dell’Occultismo.

 

Quanto all’infinita divisibilità, un amico scienziato scrisse all’autrice di questo libro: «La scienza è progredita in questa direzione solo passo dopo passo, trovando prima gli elettroni, poi i protoni, quindi i neutroni, i quark e altre particelle, pensando ogni volta di avere finalmente trovato la particella fondamentale. Ora ha infine raggiunto delle pure onde come nella teoria delle supercorde che corrisponde alla scienza de La dottrina segreta.»*

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* «Nel 1984,» scrive Stephen Hawking, «vi fu un notevole cambiamento di opinione in favore delle cosiddette teorie delle supercorde o superstringhe. […] Quelle che in precedenza erano considerate particelle sono ora immaginate come onde che viaggiano lungo la corda, come le onde su una corda di aquilone che vibra.» (Hawking, A BrieJ History oJ Time, 158, 160.)
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Quando furono previsti teoricamente i quark, Werner Heisenberg commentò:

Anche se i quark si potessero trovare, per quanto ne sappiamo potrebbero a loro volta essere divisi in due quark e un antiquark eccetera e pertanto non sarebbero più elementari di un protone. […] Dovremmo abbandonare la filosofia di Democrito e il concetto di particelle elementari fondamentali. Dovremmo invece accettare il concetto di simmetrie fondamentali, che è un concetto della filosofia di Platone.

 

2. Gli atomi sono in perpetuo movimento. Gli scienziati del tempo di H.P.B. non soltanto credevano che gli atomi fossero indivisibili ma anche che fossero immobili. Quando fu scoperto l’elettrone, questo era considerato un mito. Ne La dottrina segreta (1:507-8 seg.) H.P.B. aveva smascherato quel mito nove anni prima:

L’Occultismo dice che la materia in tutti i casi in cui appare inerte è attivissima. Un blocco di legno o di pietra è immobile e impenetrabile per tutti gli scopi. Nondimeno e de facto le sue particelle sono in incessante vibrazione eterna, tanto rapida che per l’occhio fisico il corpo sembra assolutamente privo di moto; e la distanza spaziale fra tali particelle nel loro moto vibratorio è (considerata da un altro piano dell’essere e della percezione) altrettanto grande di quella che separa i fiocchi di neve o le gocce di pioggia. Ma per la scienza fisica questa sarà un’assurdità.

Oggi è difficile credere che questa fosse mai considerata un’assurdità. Secondo La dottrina segreta il moto incessante degli atomi in quello che noi consideriamo un oggetto solido è sottoposto a una legge universale fondamentale del cosmo, «che in natura non esiste quiete o cessazione del moto». Questo concorda con l’opinione di Einstein, discussa in The Theory of Relativity di Garrett Service:

Le indagini scientifiche dimostrano che nelle cose infinitamente piccole, così come in quelle infinitamente grandi, tutto è moto […] non troviamo niente in quiete. Stando così le cose, dice Einstein in effetti, il moto deve essere considerato la condizione naturale oltre che effettiva della materia, uno stato di cose che non necessita di alcuna spiegazione da parte nostra, poiché nasce dalla costituzione stessa dell’universo. È la vera e propria essenza dell’esistenza.

Ne La dottrina segreta (1:14) H.P.B. afferma che “il moto astratto assoluto” è un simbolo dell’Assoluto stesso.

 

3. Materia ed energia sono convertibili. Credeva il contrario la scienza ottocentesca che Einstein smentì nel 1905 con la sua famosa equazione E=mc2 Millikan traduce così l’equazione:

[…] m è la massa in grammi, c è la velocità della luce in centimetri (30.000.000.000 di centimetri per secondo) ed E è l’energia in unità assolute di energia, vale a dire erg. Tradotta in comune linguaggio ingegneristico, l’equazione di Einstein dice che se un grammo di massa viene trasformato in calore ogni secondo, si producono continuamente 90 miliardi di kilowatt di energia.

«Il concetto qui espresso», aggiunge Millikan, è «quello straordinariamente importante che la materia è convertibile in energia radiante.» Un modo più generale di spiegare questo fatto ormai dimostrato è dire che la materia è energia condensata, mentre l’energia è materia diffusa.

Ne La dottrina segreta (1:623) H.P.B. cita dalla rivista The Path di W.Q. Judge (gennaio 1887, 297):

Come affermato da un teosofo americano, «le Monadi (di Leibniz) possono da un certo punto di vista essere chiamate forza, da un altro materia. Per la Scienza occulta, forza e materia sono soltanto due facce della stessa Sostanza

Tale sostanza H.P.B. la chiama prakriti, che promana dalla materia primordiale, o mulaprakriti (materia-radice).

In lside svelata (1: 198) H.P.B. asserisce direttamente la convertibilità di forza e materia:

Ogni manifestazione oggettiva, che sia lo spostamento di un arto vivente o il moto di qualche corpo inorganico, richiede due condizioni, volontà e forza, più la materia, ovvero ciò che rende l’oggetto così spostato visibile al nostro occhio; e queste tre sono tutte forze convertibili.

La citazione che segue (La dottrina segreta 2:672) è particolarmente interessante non soltanto perché le parole energia atomica indicano che gli atomi hanno energia, ma anche perché H.P.B. sembra essere stata la prima ad usare questa espressione tanto comune oggi:

“Il moto ondulatorio delle particelle viventi” diventa comprensibile nella teoria di un Principio Vitale universale e spirituale, indipendente dalla nostra materia e manifestantesi sotto forma di energia atomica soltanto sul nostro piano di coscienza.

 

In considerazione di tutto quanto sopra esposto, non sorprende venire a sapere dagli attuali editori de La dottrina segreta che di frequente giungono ordinazioni da docenti universitari. Un professore del California Institute of Technology ordinava sempre una nuova copia del libro dopo qualche anno. Con una richiesta amichevole di informazioni si apprese che, quando il libro era troppo annotato per consentire una lettura chiara, lui se ne procurava un’altra copia.

L’autrice di questo libro apprese durante una visita a Boston e Cambridge nel 1982 che docenti e studenti di chimica del Massachusetts Institute of Technology (MIT) formulavano progetti per indagare su alcuni insegnamenti de La dottrina segreta collegati alle loro specializzazioni. Nel 1988 si venne a sapere tramite il dottor Philip Perchion, uno scienziato che aveva lavorato alla bomba atomica, che docenti e studenti del MIT avevano costituito una società alchemica e studiavano regolarmente La dottrina segreta. Perchion disse inoltre che lui e diversi docenti di chimica, perlopiù professori del MIT in pensione, si incontravano periodicamente per discutere La dottrina segreta allo Harvard Club di New York.

 

Passiamo ora dalla fisica alle scienze biologiche, cominciando con la genetica.
Il mondo scientifico acclamò la decifrazione del codice genetico da parte di James Watson e Francis Crick quale risoluzione di tutti i principali misteri della biologia cellulare. A Watson e Crick fu conferito il premio Nobel per la fisiologia. Oggi però i biologi sono ben consapevoli che i misteri sono più sconcertanti che mai.

Passiamo ora dalla fisica alle scienze biologiche, cominciando con la genetica.

Il mondo scientifico acclamò la decifrazione del codice genetico da parte di James Watson e Francis Crick quale risoluzione di tutti i principali misteri della biologia cellulare. A Watson e Crick fu conferito il premio Nobel per la fisiologia. Oggi però i biologi sono ben consapevoli che i misteri sono più sconcertanti che mai.

La fonte del codice genetico è un enigma totale; gli scienziati non sanno come la natura lo abbia prodotto. Sir Fred Hoyle fa notare che, all’interno del materiale genetico del nucleo della cellula, vi sono 200 mila catene di amminoacidi disposti secondo uno schema molto particolare e intricato (illustrato da Watson e Crick nel loro modello della doppia elica). Le probabilità di arrivare a questa disposizione con una serie di situazioni accidentali indotte dalla selezione naturale e da mutazioni casuali, dice Hoyle, è simile alla probabilità di ottenere cinque milioni di sei consecutivi con un solo dado.

Un altro mistero riguarda l’attivazione e la disattivazione dei meccanismi nei geni. Ogni cellula del nostro organismo porta nel nucleo un insieme completo di geni e contiene tutte le informazioni per riprodurre un nuovo essere umano. In ciascuna cellula, però, soltanto alcuni geni sono funzionanti. In una cellula della pelle, per esempio, o in una del fegato, o del cristallino dell’occhio, vengono “accesi” soltanto i geni che producono quel tipo di cellula. Tutti gli altri geni sono “spenti”. Se tutti i geni funzionassero contemporaneamente, ne risulterebbe una crescita disorganizzata e indifferenziata: il cancro. Così ora i biologi parlano di geni operatori ancora da scoprire, le cui funzioni sono avviate da geni attivatori e quindi interrotte da geni regolatori. Tra i genetisti l’innesco dei geni è la chiave cercata più freneticamente per risolvere l’enigma della vita.

Per mettere in risalto i dilemmi della biologia cellulare e della genetica, il dottor Lewis Thomas attira l’attenzione sul problema che riguarda la nascita del cervello umano:

La cosa veramente sbalorditiva è questa: [il bambino ha origine] da un’unica cellula; questa si divide in due, poi in quattro, poi in otto e così via, e in una certa fase, a mano a mano che le cellule si differenziano, emerge un gruppo di cellule che avrà quale sua progenie il cervello umano. La pura esistenza di queste cellule particolari dovrebbe essere una delle grandi meraviglie del mondo. Un gruppo di cellule viene attivato in modo da diventare l’intero apparato massiccio di mille miliardi di cellule 430 deputato al pensiero e all’immaginazione. Tutte le informazioni necessarie per imparare a leggere e scrivere, per suonare il pianoforte o per l’atto meraviglioso di estendere un braccio e appoggiarsi ad un albero sono contenute in quella prima cellula. Tutta la grammatica, tutta l’aritmetica, tutta la musica. Non è noto come avvenga l’attivazione. […] Nessuno ha la più pallida idea di come alcune delle [cellule embrionali] improvvisamente assumano la qualità speciale del cervello.

Inoltre il cervello stesso è tanto sbalorditivamente complesso, osserva il redattore scientifico di Fortune Tom Alexander, che «un enigma da tempo irrisolto è come possa crearsi una struttura tanto elaborata e altamente organizzata.» Aggiunge: «Calcoli elementari lasciano intendere che semplicemente non vi possano essere informazioni sufficienti, codificate nelle molecole di DNA che costituiscono il programma genetico dell’organismo, a specificare come siano collegati fra loro due neuroni, i più primitivi computer del cervello.» Gli scienziati riferiscono che «il cervello ogni giorno usa più collegamenti di tutti i sistemi telefonici del mondo» e che «in una frazione di secondo ha la capacità di usare milioni di interconnessioni.»

Ora ne La dottrina segreta (2:149) H.P.B. afferma: «L’intera questione della disputa fra le scienze profane e quelle esoteriche dipende dall’accettazione e dalla dimostrazione dell’esistenza di un corpo eterico all’interno di quello fisico, il primo indipendente dal secondo.» H.P.B. indica che «l’anima interiore della cellula fisica, il “plasma spirituale” che domina il plasma germinale» è reperibile all’interno e che questa è «la chiave che dovrà aprire un giorno le porte della terra incognita dei biologi ora chiamata mistero oscuro dell’embriologia» (1:219).

L’argomento è considerato tanto importante ne La dottrina segreta che, delle tre proposizioni fondamentali che stanno alla base del secondo volume, una è «la nascita di un corpo eterico prima di quello fisico, il primo essendo un modello per il secondo.» In The Ocean of Theosophy W.Q. Judge scrive:

Il corpo eterico è fatto di materia con una struttura molto fine in confronto al corpo visibile e possiede una grande resistenza alla rottura, cosicché cambia poco durante una vita, mentre quello fisico si altera ogni momento. […] [Il corpo eterico] è flessibile, plastico, estensibile e robusto. La materia di cui si compone è elettrica e magnetica nella sua essenza, ed è proprio ciò di cui si componeva il mondo intero nel passato remoto quando i processi dell’evoluzione non erano ancora giunti al punto di produrre il corpo materiale per l’uomo.

Secondo questo insegnamento, il corpo eterico non è separato da quello fisico ma lo pervade e lo sostiene. Senza il corpo eterico, il corpo fisico non potrebbe restare unito. Si dice che il corpo eterico cresca di pari passo con quello fisico; pertanto al momento del concepimento sarebbe di dimensioni microscopiche ma di forma perfetta.

Tra le prove addotte per l’esistenza del corpo eterico vi è il ben noto fenomeno dell’arto fantasma in casi in cui vi sia stata l’amputazione di un braccio o di una gamba. In tali casi, dice Judge, «l’arto eterico non ha subito interferenze e pertanto l’uomo ha la sensazione di averlo ancora, poiché bisturi e acidi non feriscono il modello eterico.»

Il dottor Oliver Sacks, il neurologo che scrisse il libro di grande successo L’uomo che scambiò sua moglie per un cappello [The Man Who Mistook His Wife Jor a Hat], dice degli arti fantasma:

Tutti coloro che hanno subito un’amputazione e tutti coloro che lavorano con questi pazienti sanno che un arto fantasma è essenziale se è necessario utilizzare un arto artificiale. Il dottor Michael Kremer scrive: «Il suo valore per un amputato è enorme. Io sono certissimo che nessun amputato con un arto inferiore artificiale possa camminare con questo in maniera soddisfacente finché l’immagine corporea, in altre parole il fantasma, non viene incorporata in esso.» […] Un paziente del genere, mio assistito, descrive come debba “svegliare” il suo fantasma di mattina: prima flette verso di sé il troncone di coscia e quindi lo schiaffeggia («come il sedere di un bambino») diverse volte. Al quinto o sesto schiaffo il fantasma improvvisamente balza fuori, riacceso, folgorato, dallo stimolo periferico. Soltanto allora l’uomo può rimettersi la protesi e camminare.

La letteratura sugli arti fantasma è confusa, dice il dottor Sacks, riguardo alla possibilità che siano patologici oppure reali. Ma i pazienti non sono confusi. Uno di essi dice:

C’è questa cosa, questo piede fantasma, che qualche volta fa male come l’inferno, e le dita del piede si arricciano o hanno degli spasmi. È peggio di notte, o quando non ho la protesi, o quando non faccio niente. Passa quando mi metto su la protesi e cammino. Allora sento ancora la gamba, vividamente, ma è un fantasma buono, diverso, anima la protesi e mi consente di camminare.

Nel giugno del 1981 la pubblicazione in Inghilterra di A New Science of Life: The Hypothesis of Formative Causation di Rupert Sheldrake ravvivò il fuoco della polemica. Nature, una delle principali riviste scientifiche britanniche, lo definì «il miglior candidato al rogo da molti anni a questa parte», mentre l’altrettanto autorevole The New Scientist affermò: «È chiaro che qui si tratta di un’importante indagine scientifica sulla natura della realtà biologica e fisica.» Arthur Koestler definì la teoria di Sheldrake «un’ipotesi immensamente provocatoria e stimolante, presentata sobriamente, che propone una visione non ortodossa dell’evoluzione».

Negli Stati Uniti suscitò un’attenzione tale che Sheldrake fu invitato a parlare a Washington davanti alla commissione parlamentare sul futuro. Quanto al suo bagaglio culturale, Sheldrake era uno studioso del Clare College di Cambridge, dove studiò scienze naturali. Dopo un anno trascorso quale Frank Knox Fellow all’Università Harvard a studiare filosofia e storia della scienza, ritornò a Cambridge e prese il dottorato di ricerca in biochimica. Fu Fellow del Clare College e direttore degli studi di biochimica e biologia cellulare dal 1967 al 1973, e in qualità di Rosenheim Research Fellow della Royal Society condusse ricerche a Cambridge sullo sviluppo delle piante e sull’invecchiamento cellulare. È inoltre membro della Società Teosofica britannica. Il 6 ottobre 1984 tenne un seminario di un giorno alla Società Teosofica di Wheaton, nell’Illinois. Ne venne tenuta una relazione da parte del professor Ralph H. Hannon (American Theosophist, dicembre 1984). Riferisce il dottor Hannon:

Dopo essere stato presentato dalla dottoressa Renée Weber, docente di filosofia alla Rutgers University, ad un pubblico di oltre 130 persone, fra cui molti studiosi e scienziati, il dottor Sheldrake cominciò con lo spiegare il concetto fondamentale della sua teoria. Accanto ai campi già noti alla scienza, come i campi gravitazionali, Sheldrake ha ipotizzato i campi morfogenetici, o campi M. Secondo lui questi sono strutture organizzanti invisibili che configurano o modellano cose come cristalli, piante e animali e hanno anche un effetto organizzativo sul comportamento. In altre parole, questo campo diventa una specie di programma che regola e forma unità successive dello stesso tipo. Queste nuove unità sono in “sintonia” (o in “risonanza”) con l’“archetipo” precedentemente creato e lo ripetono, archetipo che può operare attraverso il tempo e lo spazio. Detto altrimenti, a mano a mano che viene formata e configurata ciascuna nuova unità, questa rafforza il campo M e si instaura l’“abitudine”. La teoria si estende dai cristalli molecolari fino agli organismi viventi complessi. Un punto importante è che adottare tale struttura diventa progressivamente più facile e rapido per le unità successive di qualunque specie presa in esame. Alla fine la struttura appare intrinseca e praticamente immutabile.

Sheldrake discusse prima di tutto la programmazione genetica convenzionale e la dottrina del DNA. Secondo quest’ultima, il modo in cui gli organismi si sviluppano è in qualche modo “programmato” nel loro DNA. Quindi Sheldrake affermò che il DNA effettivamente codifica la sequenza degli amminoacidi, che formano le proteine. Ma dal punto di vista del campo M la forma e l’organizzazione di cellule, tessuti, organi e organismi nel loro insieme sono governate da una gerarchia di campi morfogenetici che non vengono ereditati chimicamente ma sono invece forniti direttamente mediante “risonanza morfica” da organismi precedenti della stessa specie.

Per chiarire questa idea il dottor Sheldrake utilizzò l’analogia di un televisore. Immaginiamo una persona che non sappia niente di elettricità. Le viene mostrato per la prima volta un televisore. Dapprima potrà pensare che il televisore contenga degli ometti le cui immagini compaiono sullo schermo. Ma dopo aver guardato dentro trovandovi soltanto fili e transistor potrà ipotizzare che le immagini mostrate in qualche modo nascano da complicate interazioni tra i componenti del televisore. Questa teoria sembrerebbe particolarmente plausibile alla luce del fatto che le immagini diventano distorte o scompaiono quando i componenti vengono asportati. Se poi venisse suggerito che le immagini in effetti dipendono da influssi invisibili che entrano nel televisore provenendo da molto lontano, questa ipotesi potrebbe essere respinta. La teoria secondo cui niente entra nel televisore dall’esterno verrebbe rafforzata dalla scoperta che l’apparecchio ha lo stesso peso sia “acceso” che “spento”.

Questo punto di vista potrebbe assomigliare al modo di vedere tradizionale della biologia, dove fili, transistor eccetera corrispondono al DNA, alle molecole proteiche e così via. Sheldrake concorda sul fatto che i mutamenti genetici possono influenzare l’ereditarietà di forma o istinto alterando la “sintonia” o introducendo distorsioni nella “ricezione”. Ma i fattori genetici da soli non possono spiegare completamente l’ereditarietà della forma e dell’istinto più di quanto le particolari immagini sullo schermo televisivo possano essere spiegate in termini del solo schema dei collegamenti elettrici.

Il pubblico rimase tanto affascinato dall’opera di Sheldrake che la rivista The New Scientist, nel numero del 28 ottobre 1982, annunciò un premio di 250 sterline da assegnare a chi avesse escogitato l’esperimento «che metta alla prova nel modo più cruciale» l’idea di Sheldrake. Il gruppo Tarrytown sta incoraggiando tentativi più ambiziosi. Assegnerà un premio di diecimila dollari alla persona che eseguirà “l’esperimento migliore” per confermare o confutare l’ipotesi di Sheldrake. Prosegue il professor Hannon:

Sheldrake indicò che questa teoria fu presentata per la prima volta alla comunità scientifica negli anni Venti dal celebre psicologo della Harvard William MacDougall. Si scoprì che generazioni successive di topi [anche topi stupidi] miglioravano significativamente la loro capacità di fuggire da una vasca d’acqua contenente un labirinto. Quando gli esperimenti furono ripetuti in Scozia e in Australia con varietà non imparentate di topi per controllo, si scoprì che non faceva differenza quali topi venissero usati, tutti miglioravano le loro prestazioni. Poiché, secondo Sheldrake, il sistema nervoso umano è pure governato da campi M, lo stesso principio varrebbe anche per gli esseri umani. Questo avrebbe grandi implicazioni per la nostra comprensione di come e perché le persone apprendano. Un apprendimento di questo tipo sarebbe pertanto una sorta di ereditarietà fondamentale di specie, «ricordata» più o meno automaticamente. Non sarebbe affatto localizzata nel cervello individuale, ma verrebbe fornita direttamente dalla struttura della specie attraverso la risonanza morfica. Le esperienze cumulative dell’umanità includerebbero pertanto le forme archetipiche descritte da Jung.

L’articolo di Sheldrake nel numero speciale dell’autunno del 1983 di The American Theosophist conclude:

Alcuni aspetti dell’ipotesi della causalità formativa ricordano elementi di vari sistemi tradizionali e occulti, per esempio il concetto di corpo eterico, l’idea di anime di gruppo di specie animali e la dottrina del registro akashico. Tuttavia viene presentata come ipotesi strettamente scientifica e come tale dovrà essere giudicata da esperimenti empirici. Ma se le testimonianze sperimentali la sosterranno, allora potrà fornire una base per una nuova scienza della vita che andrà ben al di là della limitata biologia meccanicistica odierna.

Secondo la copertina del libro di Sheldrake:

Le ripercussioni dell’ipotesi della causalità formativa potrebbero ribaltare molti dei nostri concetti fondamentali sulla natura, sul funzionamento del cervello e sulla coscienza. Per esempio, Sheldrake suppone che la memoria possa non essere conservata nel cervello ma essere «fornita direttamente dai suoi stati passati mediante risonanza morfica». In psicologia questo ricompone numerosi problemi di lunga data, come l’inconscio collettivo e lo psi ( Ψ ). L’ipotesi di Sheldrake potrebbe anche spiegare le invenzioni parallele; la “conoscenza” intuitiva delle abilità psicomotorie, come il tennis o il disegno; l’apparente “memoria corporale” di vecchi traumi; i comportamenti alimentari e di accoppiamento; il potere del rito e del simbolo; l’apprendimento accelerato e il rinforzo; l’effetto cumulativo di un’idea sostenuta da numerosi individui; il condizionamento del comportamento; la realtà olografica.

Altrove (The American Theosophist, numero speciale Autunno 1983) Sheldrake suggerisce:

I campi M possono essere immaginati per analogia con i campi magnetici, che hanno una forma anche se sono invisibili. [Nel caso di una calamita, tale forma può essere rivelata dalla configurazione assunta dalla limatura di ferro sparpagliata attorno ad essa.] I campi morfogenetici, attraverso la loro struttura, configurano le cellule, i tessuti e gli organismi in via di sviluppo. Così per esempio in un embrione umano un orecchio in via di sviluppo viene modellato da un campo morfogenetico a forma di orecchio, e una gamba in via di sviluppo da un campo a forma di gamba.

Ma cosa sono questi campi e da dove vengono? Da oltre cinquant’anni la loro natura e perfino la loro esistenza resta un mistero. Tuttavia io ritengo che tali campi siano altrettanto reali dei campi elettromagnetici e gravitazionali della fisica, ma che siano un nuovo tipo di campo con proprietà molto particolari. Al pari dei campi noti alla fisica, collegano fra loro cose simili attraverso lo spazio, apparentemente senza niente in mezzo, ma inoltre collegano fra loro le cose attraverso il tempo. L’idea è che i campi morfogenetici che conformano un animale o una pianta in crescita derivino dalle forme di organismi precedenti della stessa specie. L’embrione per così dire “si sintonizza” sulle forme di membri passati della specie. Il procedimento mediante il quale ciò avviene è chiamato risonanza morfica. Analogamente i campi che organizzano le attività del sistema nervoso di un animale derivano da animali precedenti della stessa specie; nel loro comportamento istintivo gli animali attingono a una sorta di “banca dati” o “memoria comune” della specie.

Sembra allora che in natura vi possa essere la tendenza a condividere la conoscenza una volta appresa. Questo vale perfino per i cristalli. Come fa notare Hannon: «Le sostanze chimiche nuove sintetizzate per la prima volta di solito sono davvero difficili da cristallizzare e in effetti tendono a formare cristalli più facilmente con il passare del tempo».

Cento anni fa i teosofi insegnavano le molteplici utilizzazioni per cui potrebbe essere sfruttato il mondo astrale. Un utile capitolo del libriccino di W.Q. Judge Echoes Jrom the Orient (capitolo 21, pagina 59) afferma:

Probabilmente nell’intero campo dello studio teosofico niente è altrettanto interessante della luce astrale. Tra gli indù è nota come Akasha*, che può essere tradotto con etere. Attraverso una conoscenza delle sue proprietà essi dicono che vengono compiuti tutti i meravigliosi fenomeni degli Yogi orientali. Si afferma inoltre che la chiaroveggenza, la chiarudienza e la medianità così come sono note al mondo occidentale siano possibili solo per il suo tramite. La luce astrale è il registro dei nostri atti e pensieri, la grande pinacoteca della terra, dove il chiaroveggente può sempre osservare qualunque evento mai accaduto, nonché tutti quelli che verranno. […] Permea ogni atomo del globo e ogni molecola su di esso. Obbedendo alle leggi di attrazione e repulsione, vibra avanti e indietro, diventando ora positiva, ora negativa. Questo le conferisce un moto circolare che è simboleggiato dal serpente. È il grande agente definitivo, o causa prima, dal punto di vista cosmico, che non solo fa crescere le piante ma mantiene anche la diastole e la sistole del cuore umano. Questa luce è molto simile all’azione della lastra fotografica sensibile. Scatta, come dice Flammarion, le foto di ogni istante e le tiene sotto controllo. Per questo motivo gli egizi la conoscevano come Archivista; è l’angelo che nel cristianesimo registra le buone e le cattive azioni, e sotto un certo aspetto è Yama, il giudice dei morti nel pantheon indù, poiché è con le immagini da noi impressevi che saremo giudicati dal Karma. […]

Poiché preserva le immagini di tutti gli eventi e le cose del passato, e poiché non vi è niente di nuovo sotto il sole, gli strumenti, le idee, la filosofia, le arti e le scienze di civiltà da tempo sepolte vengono continuamente proiettati dalla luce astrale sotto forma di immagini nei cervelli degli uomini viventi. Questo dà un significato non solo alla ricorrente “coincidenza” di due o più inventori o scienziati che escogitano la stessa idea o invenzione all’incirca nello stesso periodo e indipendentemente l’uno dall’altro, ma anche ad altri eventi e situazioni curiose. Alcuni sedicenti scienziati hanno parlato dottamente di telepatia e di altri fenomeni, ma non forniscono alcuna ragione sufficiente in natura per la lettura del pensiero o le apparizioni o la chiaroveggenza o le cento e una varietà di avvenimenti di carattere occulto notati di giorno in giorno fra uomini di ogni condizione. Va bene ammettere che il pensiero possa trasferirsi senza parole direttamente da un cervello a un altro, ma come può avvenire tale trasferimento senza un mezzo? Il mezzo è la luce astrale. Nel momento in cui il pensiero prende forma nel cervello viene rappresentato in questa luce e da lì viene estratto di nuovo da qualsiasi altro cervello abbastanza sensibile da riceverlo intatto. […]

Eppure tutti quelli che ho riferito qui sono soltanto esempi di alcune delle varie proprietà della luce astrale. Per quanto riguarda il nostro mondo si può dire che la luce astrale sia dappertutto, pervada tutte le cose; che abbia un potere fotografico mediante il quale ottiene immagini di pensieri, atti, eventi, toni, suoni, colori e tutte le cose. […]

La luce astrale è un fattore potente, non riconosciuto dalla scienza, nel fenomeno dell’ipnotismo. La sua azione spiegherà molti dei problemi sollevati da Binet, Charcot e altri, e specialmente quella categoria in cui due o più personalità distinte sembrano essere assunte dallo stesso soggetto, il quale può ricordare in ciascuna soltanto quelle cose e particolarità di espressione che appartengono a quello specifico strato della loro esperienza. Queste cose strane sono dovute alle correnti della luce astrale. In ogni corrente si troverà una serie definita di riflessioni, e queste vengono raccolte dall’uomo interiore, che le riferisce attraverso la parola e l’azione su questo piano come se fossero sue proprie. Sempre con l’uso di queste correnti, ma inconsciamente, i chiaroveggenti e i chiarudienti sembrano leggere nelle pagine nascoste della vita.

Questa luce può pertanto essere impressionata con immagini buone o cattive, che vengono riflesse nella mente inconscia di ogni essere umano. Se noi riempiamo la luce astrale di immagini cattive […] sarà il nostro diavolo distruttore, ma se con l’esempio di anche pochi uomini e donne buoni viene dipinto su questa tela eterna un tipo nuovo e più puro di avvenimenti, diventerà il nostro Riformatore Divino.

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* H.P.B. definisce l’Akasha nei termini seguenti. S.D., II, 538.
Akasha, la Luce astrale, si può definire in poche parole: È l’Anima universale, la Matrice dell’Universo, il Mysterium Magicum dal quale tutto ciò che esiste è nato per separazione o differenziazione.
Nei vari libri occulti è chiamata con termini diversi, e potrà esser utile elencarne qui alcuni; vi è un unico elemento universale con le sue differenziazioni.

Omogeneo1. Sostanza cosmica indifferenziata.
2. Etere primordiale.
3. Entità elettrica primordiale.
4. Akasha.
5. Luce astrale superiore.
6. Serpente di fuoco.
7. Mulaprakriti.
8. Materia pregenetica.
Differenziato

l. Luce astrale.
2. Mare di fuoco.
3. Elettricità.
4. Prakriti.
5. Materia atomica.
6. Il serpente del male.
7. L’etere con le sue quattro divisioni: aria, fuoco, acqua, terra.

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[Secondo la rivista Theosophy, novembre 1988]:

Nel suo nuovo libro, (Times Books, 1988), Sheldrake esplora le implicazioni della causalità formativa nei settori della psicologia, della sociologia e della cultura. […] Fortunatamente la risonanza morfica è una funzione che può essere sperimentata su un periodo di anni. […] Se gli esperimenti che riguardano le abilità nuove non hanno ancora risultati noti, è interessante vedere che cosa sia successo con gli esperimenti riguardanti le abilità da lungo tempo consolidate. Tutti indicano l’effetto di qualcosa di simile alla risonanza morfica. Per esempio, ad alcuni gruppi in America e in Gran Bretagna è stato chiesto di apprendere tre brevi filastrocche giapponesi, una delle quali ben nota a generazioni di bambini giapponesi. Le altre erano composte in modo da assomigliare alla prima, ma erano ignote in Giappone. La filastrocca tradizionale è risultata più facile da imparare. Altri esperimenti utilizzavano parole straniere, metà reali e metà inventate, che venivano insegnate a persone che non conoscevano la lingua. Di nuovo, le parole reali risultavano più facili da imparare. Esperimenti analoghi sono stati condotti con il codice Morse e con la tastiera della macchina per scrivere, costanti generalmente accettate da oltre cento anni. In entrambi i casi le correlazioni e le sequenze consolidate erano più facili da apprendere rispetto a tutte quelle escogitate.

Parlando dell’opera di Sheldrake, David Spangler, nel suo libro Emergence (pagina 103), commenta:

Ha implicazioni formidabili per la trasmissione della conoscenza e del comportamento.* Questa e altre teorie simili provenienti dai settori della chimica e della biologia lasciano supporre che una trasformazione culturale e l’adozione di un nuovo paradigma potrebbero avvenire molto rapidamente, con l’apprendimento e la comprensione delle cose essenziali di tale nuova visione da parte di soltanto pochi membri della nostra specie. Le immagini che emergono dalla scienza hanno caratteristiche e implicazioni analoghe. Indicano tutte la natura olistica dell’universo. Indicano inoltre il potere e l’influenza di ciascuna parte di tale universo: nessun singolo individuo è così poco importante da non poter offrire un contributo. Da questo derivano altri valori del nuovo paradigma: l’orientamento umanistico, l’impegno ecologico, l’incoraggiamento ad una visione del mondo trascendente, il sostegno alla comunità, le arti della coerenza e i modi di conferire potere all’individuo, come un maggiore decentramento in politica e in economia.

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* Un sondaggio Gallup del 1982 (George Gallup Jr., Adventures in Immortality, New York, MacGraw-HiII, 198-200) afferma che otto milioni di persone negli Stati Uniti hanno avuto un qualche tipo di esperienza in punto di morte!
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La prova più singolare a favore del corpo eterico viene da due scienziati della Yale, Harold Faxton Burr e S.C. Northrop, che hanno scoperto nel corpo di tutte le creature quello che chiamano un architetto elettrico, una costruzione che ricorda la descrizione di Judge del corpo eterico “elettrico e magnetico” per natura. La loro relazione fu presentata all’Accademia delle scienze americana dopo quattro anni di studio dello sviluppo organico di salamandre e topi. I professori descrivono i fenomeni elettrici che ne accompagnano la crescita, la cui struttura fu registrata su elettrocardiografi ed elettroencefalografi, rivelando caratteristiche ben definite per ciascuna specie. In un articolo sul New York Times (25 aprile 1939) il redattore scientifico fornisce questa spiegazione non tecnica del significato degli esperimenti:

Esiste nel corpo degli esseri viventi un architetto elettrico che modella e configura l’individuo secondo uno schema specifico predeterminato e rimane all’interno del corpo dalle fasi pre-embrionali fino alla morte. Tutto il resto dell’organismo subisce un cambiamento costante; le miriadi di cellule di cui si compone l’organismo, con l’eccezione delle cellule cerebrali, invecchiano e muoiono, per essere sostituite da altre cellule, ma l’architetto elettrico rimane l’unica costante per tutta la vita, costruendo le nuove cellule e organizzandole secondo lo stesso schema delle cellule originarie, e così, in senso letterale, ricreando continuamente il corpo. La morte giunge all’individuo quando l’architetto elettrico al suo interno cessa di funzionare.
L’architetto elettrico promette un nuovo criterio per capire la natura della vita e dei processi vitali. Indica che ciascun organismo vivente possiede un campo elettrodinamico, proprio come una calamita emana tutto attorno a sé un campo di forza magnetico. Analogamente le prove sperimentali dimostrano, secondo il dottor Burr, che ogni specie animale e molto probabilmente anche gli individui all’interno della specie hanno il proprio campo elettrico caratteristico, analogo alle linee di forza della calamita.
Questo campo elettrico, allora, avendo una propria configurazione, modella a propria immagine tutta l’argilla protoplasmica della vita che entra nella sua sfera di influenza, impersonandosi così nella carne vivente come lo scultore impersona la propria idea nella pietra.

Trentatré anni dopo, Burr pubblicò il libro Blue-print For lmmortality: The Electric Patterns of Life, riferendo che «da quasi mezzo secolo le conseguenze logiche di questa teoria vengono sottoposte a condizioni sperimentali rigorosamente controllate e non vanno incontro a contraddizioni».

Un collaboratore di The New Scientist (26 gennaio 1982), esaminando esperimenti recenti in “elettrofisiologia”, si chiede: «Perché il lavoro è stato portato avanti solo da una manciata di ricercatori se i primi risultati erano così promettenti?» Ne deduce che «la risposta può avere a che fare con le tendenze e le mode che conformano ogni settore della scienza.» I nuovi esperimenti, sfruttando le più recenti apparecchiature elettroniche disponibili, hanno rivelato campi elettrici in precedenza mai scoperti in relazione allo sviluppo da cellule uovo fecondate a embrioni. L’autore prosegue:

Eventi finora misteriosi della morfogenesi (l’origine delle forme) ora invitano ad essere riesaminati, con gli studi elettrici quale punto di partenza. […] Uno dei più spettacolari di tali misteri è la formazione del sistema nervoso. Le estremità delle cellule nervose (coni di crescita) vagano in tutto il corpo, spesso per distanze immense in confronto alle dimensioni della cellula nervosa, alla ricerca dei vari organi da innervare. Chi dice al cono di crescita dove andare?

Forse si limita a viaggiare lungo le opportune linee di forza magnetiche del corpo eterico. Quanto alla soluzione dell’enigma dell’attivazione e della disattivazione dei geni, un esperimento condotto da Burr e Northrop potrebbe fornire una risposta. I due ricercatori trapiantarono sulla coda di una salamandra le sue cellule deputate alla formazione dell’occhio. Nel nuovo ambiente elettromagnetico i geni presiedettero alla formazione della coda.

Sorge ora un problema più basilare riguardo al corpo eterico. Da chi o da cosa viene progettato?

Questo dischiude l’intero argomento della visione teosofica dell’evoluzione e delle sue cause prime, descritta nei due volumi de La dottrina segreta. Sostanzialmente la dottrina insegna che: «L’Universo viene operato e guidato dall’interno verso l’esterno. […] L’intero Cosmo è guidato, controllato e animato da una serie infinita di Gerarchie di esseri senzienti, ciascuno con una missione da compiere. Essi variano infinitamente nei rispettivi gradi di coscienza e di intelligenza». I più progrediti possono essere chiamati gli architetti dell’universo, esseri che un tempo erano umani e ora sono divini per poteri e doveri.

Un sostegno a questa teoria giunse poco dopo la morte di H.P.B. e da una fonte inattesa, il celebre biologo Thomas Huxley, darwinista di primo piano del XIX secolo e grande scettico per quasi tutta la vita. In Some Essays on Controversial Subjects scrisse:

Osservando la questione dal punto di vista più rigidamente scientifico, l’ipotesi che, tra le miriadi di mondi sparsi nello spazio infinito, non vi possa essere alcuna intelligenza tanto più grande di quella umana, considerato che quest’ultima è pari a quella di uno scarafaggio, né alcun essere dotato del potere di influenzare il corso della natura, considerato che l’uomo è in grado di influenzare la natura quanto una lumaca, mi sembra non soltanto priva di fondamento ma impertinente. Senza oltrepassare l’analogia di ciò che è noto, è facile popolare il cosmo di entità in scala ascendente fino a raggiungere qualcosa di praticamente indistinguibile dall’onnipotenza, dall’onnipresenza e dall’onniscienza. (Corsivo del curatore.)

Huxley modificò anche le proprie opinioni sulla coscienza:

Capisco che il principio fondamentale del Materialismo sia che nell’universo non vi è niente tranne materia e forza. […] Kraft und Stoff – forza e materia – sono ostentate quali Alfa e Omega dell’esistenza. […] Chi non sostenga tale opinione viene condannato, dai più zelanti persuasori, all’Inferno previsto per gli sciocchi e gli ipocriti. Ma in tutto questo io non credo assolutamente. […] Vi è una terza cosa nell’universo, vale a dire la coscienza, che io non riesco a vedere come materia o forza o alcuna modifica immaginabile dell’una o dell’altra.

Alfred Russell Wallace, che mise a punto la teoria della selezione naturale indipendentemente da Darwin, ammetteva tranquillamente i limiti della teoria. Riteneva che l’azione di guida di “intelligenze superiori” fosse una «parte necessaria delle grandi leggi che governano l’universo materiale». Aggiunse che la selezione naturale non poteva spiegare come nascessero artisti e musicisti e altri talenti estetici, in quanto non fornivano alcun vantaggio competitivo nella lotta per la sopravvivenza.

Ne La dottrina segreta (2:648-9) troviamo quanto segue:

La “Selezione Naturale” non è un’Entità; ma un’espressione di comodo per descrivere il modo in cui nella lotta per l’esistenza si compie la sopravvivenza del più adatto e l’eliminazione del meno adatto. […] Ma la Selezione Naturale […] in quanto Potere è in realtà un puro mito; specialmente se vi si ricorre per spiegare l’origine delle specie. Di per sé non può produrre niente e opera soltanto sulla materia prima disponibile. Il vero interrogativo in questione è quale Causa (unita ad altre cause secondarie) produca le “variazioni” negli organismi stessi. Molte di queste cause secondarie sono puramente fisiche, climatiche, alimentari, eccetera. Molto bene. Ma al di là degli aspetti secondari dell’evoluzione organica bisogna ricercare un principio più profondo. Le “variazioni spontanee” e le “divergenze accidentali” dei materialisti non sono […] in grado di spiegare le stupefacenti complessità e meraviglie del corpo umano, per esempio. […] La [causa] fondamentale della variazione nelle specie […] è un’intelligenza inconscia che pervade la materia, rintracciabile in ultima analisi in un Riflesso della Sapienza Divina e Dhyan-Chohanica.

Le opinioni di Wallace, riassunte dal professor Roszak, mostrano la selezione naturale in una luce analoga: «A suo modo di vedere l’adattamento è essenzialmente conservativo e non intraprendente. Si sposta in una direzione puramente orizzontale. […] Se l’evoluzione fosse puramente una questione di sopravvivenza mediante adattamento, saremmo ancora un pianeta di batteri esuberanti. […] A sovrastarla Wallace vedeva un più audace movimento verticale che spinge l’evoluzione verso livelli più elevati di complessità e di coscienza.» E questo movimento verticale trae impulso da una fonte spirituale.

La dottrina segreta indica che il movimento verticale si compie principalmente in punti strategici del viaggio evolutivo. Questa idea verrebbe corroborata dalla recente teoria degli equilibri punteggiati, la quale rivela che la teoria di Darwin dei mutamenti graduali non è avvalorata dalle testimonianze fossili. Come riferisce Newsweek (3 novembre 1980): «Sempre di più gli scienziati credono che le specie cambino poco per milioni di anni e poi si evolvano rapidamente, con una specie di salto quantico.» Il celebre antropologo Loren Eiseley discute questa teoria in relazione al cervello umano nel suo libro The Immense Journey:

Grande studioso di paleoneurologia, il dottor Tilly Edinger di recente ha osservato: «Se l’uomo ha attraversato una fase di pitecantropo, l’evoluzione del suo cervello è stata straordinaria, non solo per l’esito ma anche per il ritmo. […] L’ingrandimento degli emisferi cerebrali del cinquanta per cento sembra aver avuto luogo, in termini geologici, in un attimo, e senza essere stato accompagnato da alcun aumento importante delle dimensioni corporee».

Questo potrebbe coincidere con il periodo discusso ne La dottrina segreta della “illuminazione” della mente con l’incarnazione di anime umane provenienti da un mondo precedente, in forme umane fino ad allora prive di mente. Avendo raggiunto la fase umana in un mondo precedente, non vi sarebbe stato bisogno per l’anima di passare daccapo attraverso la fase animale.

L’opinione della Blavatsky, secondo cui la selezione naturale e le mutazioni casuali non potrebbero produrre un mondo tanto complesso quanto il nostro, è accettata oggi in maniera indipendente da un numero sempre maggiore di scienziati, come il dottor Freeman Dyson, docente di fisica all’Institute for Advanced Studies di Princeton. Il brano che segue, tratto dal suo libro Infinite in All Directions, fu considerato di importanza sufficiente da essere citato su Time in un numero dell’aprile del 1988:

Non penso che questo universo si sia formato per caso. La mente, secondo me, esiste in qualche senso reale nell’universo. Ma è primaria o è una conseguenza accidentale di qualcos’altro? L’opinione prevalente fra i biologi sembra essere che la mente sia nata accidentalmente da molecole di DNA o qualcosa di simile. Lo ritengo molto improbabile. Sembra più ragionevole pensare che, la mente sia una parte primaria della natura fin da principio e che noi siamo semplicemente manifestazioni di essa nell’attuale fase della storia. Non è tanto che la mente abbia una vita propria, ma che la mente sia intrinseca al modo in cui è costruito l’universo, e la vita sia il modo della natura di dare alla mente occasioni che altrimenti non avrebbe.

Nel libro Dyson cita una conferenza del 1985, “La vita e la mente nell’universo”, del dottor George Wald, professore emerito di biologia alla Harvard e uno dei vincitori del premio Nobel per la fisiologia nel 1967:

Io e praticamente tutti i biologi e quasi tutte le altre persone, supponevamo che la coscienza o mente fosse un prodotto tardo dell’evoluzione animale. Mi è venuta l’idea che invece sia la presenza costante e onnipresente della mente a guidare la materia in questa direzione. Mi sono reso conto di essere in ottima compagnia; idee di questo tipo sono vecchie di millenni nelle filosofie orientali. E numerose persone nell’enorme gruppo di fisici [della prima metà del XX secolo] erano giunte proprio a questo tipo di pensiero. Ho scoperto Eddington dire ad un certo punto che la sostanza del mondo è sostanza mentale e assegnare a questa una collocazione primaria sulla materia. Von Weizsacker, un fisico piuttosto filosofico, parlava di quello che chiamava principio di identità, ossia che mente e materia siano aspetti gemelli di tutta la realtà.

Simili congetture inevitabilmente inducono a considerare la vita non solo sulla terra ma anche altrove nell’universo. Riguardano inoltre, problemi come quello se lo sviluppo evolutivo sulla terra verrà cancellato quando il pianeta e il sistema solare moriranno.

Un professore di Princeton una volta parlò con Einstein del proprio figlio, un brillante studente universitario tanto demoralizzato e depresso da rifiutare di proseguire gli studi e di fare qualunque altra cosa. Era preoccupato non della propria morte, ma della morte del sistema solare! Un giorno, diceva, tutto andrà in pezzi, e allora tutto ciò che sarà stato ottenuto sulla terra non varrà niente. Sarebbe come se qui non fosse in realtà successo niente, e allora perché preoccuparsi di fare qualcosa adesso?

Darwin si interessò dello stesso problema. In una lettera al figlio parlò dell’inevitabile distruzione del sistema solare, quando «il sole con tutti i pianeti diventerà troppo freddo per la vita. Ritenendo come faccio io che l’uomo nel futuro remoto sarà una creatura molto più perfetta di quella che è ora, è un pensiero intollerabile che l’uomo e tutti gli esseri senzienti siano condannati a un totale annientamento dopo un progresso tanto prolungato. A coloro che ammettono pienamente l’immortalità dell’anima umana, la distruzione del nostro mondo non apparirà tanto orribile.»

Darwin forse non parlava della normale visione dell’immortalità, quella di una fuga permanente in uno stato paradisiaco dopo un breve soggiorno quaggiù. Sembra lasciar intendere che l’evoluzione, come processo, possa continuare da un mondo all’altro, se le anime sono in effetti imperiture, il che in questo caso significherebbe rinascere. La possibilità che i mondi (e perfino gli universi galattici nel loro insieme) si reincarnino è un argomento che attualmente impegna la seria attenzione di astronomi e fisici. Il saggista del New York Times Malcolm Browne riferì diversi anni fa:

Due teorie rivali sul destino ultimo dell’universo corrono oggi testa a testa. L’entusiasmo della gara ha spronato astronomi, matematici, fisici delle particelle, chimici e teorici a sondare le loro specialità alla ricerca di tracce che possano contribuire all’esito finale. La questione è se l’universo sia “aperto” e possa continuare per sempre la sua attuale evidente espansione o sia invece “chiuso” e destinato un giorno a smettere di espandersi e a ripiegarsi su se stesso, per poi rinascere. Se l’universo è “aperto” e sempre in espansione, allora naturalmente l’energia necessaria per sostenere la vita prima o poi si disperderà al punto da essere inutilizzabile, e tutto morirà. Alcuni scienziati manifestano preferenze personali per un tipo di Gotterdammerung o per l’altro. Vi sono coloro che preferirebbero un universo aperto e irripetibile, considerandolo coerente con le scritture bibliche. Altri preferirebbero un universo chiuso e oscillante, esteticamente simile alla ruota della morte e della rinascita che è propria dell’induismo.

Sir Stephen Hawking, che a Cambridge regge la cattedra un tempo occupata da Sir Isaac Newton, è da molti considerato il fisico più importante dell’epoca contemporanea. Nel suo libro molto acclamato Breve storia del tempo: dal big bang ai buchi neri [A BrieJ History of Time: From the Big Bang to Black Holes] rivela che in un primo momento credeva in un “universo aperto” in cui il cosmo fosse destinato ad una distruzione permanente. Ma ora lui e i suoi colleghi considerano l’universo un’entità in continua espansione e contrazione, senza inizio né fine. Di conseguenza, l’eruzione del Big Bang non fu la prima nel suo genere. Commenta Hawking: «È un’interessante riflessione sul clima generale di pensiero prima del XX secolo il fatto che nessuno avesse mai suggerito che l’universo fosse in espansione o in contrazione. Era generalmente accettato che l’universo o fosse sempre esistito in uno stato immutabile oppure che fosse stato creato in un certo momento finito del passato, più o meno così come lo osserviamo oggi».

Comprensibilmente Hawking non lesse mai il brano seguente in Iside svelata (2:264-5), che H.P.B. ritenne di importanza sufficiente da ripeterlo in La dottrina segreta (1:3-4), con una correzione di scarsa importanza:

La dottrina esoterica insegna, come il buddismo e il brahmanesimo e perfino la Qabbalah, che l’unica Essenza infinita e ignota esiste da tutta l’eternità, e in successioni armoniche e regolari è passiva o attiva. Nella fraseologia poetica di Manu queste condizioni sono chiamate i “giorni” e le “notti” di Brahma. Quest’ultimo è “sveglio” o «addormentato». […] Nell’inaugurare un periodo attivo, dice La dottrina segreta, [prima della stesura de La dottrina segreta H.P.B. utilizzò spesso questa espressione nei suoi scritti] ha luogo un’espansione di questa essenza divina dall’esterno verso l’interno e dall’interno verso l’esterno, in conformità con la legge eterna e immutabile, e l’universo fenomenico o visibile è l’esito ultimo della lunga catena di forze cosmiche così progressivamente messe in moto. In maniera simile, quando si ristabilisce la condizione passiva, ha luogo una contrazione dell’essenza divina, e la precedente opera di creazione viene gradatamente e progressivamente disfatta. L’universo visibile si disintegra, la sua sostanza si disperde; e il “buio” solitario incombe ancora una volta sul volto del “profondo”. Per usare una metafora tratta dai Libri Segreti, che renderà l’idea ancora più chiaramente, un’espirazione della “essenza ignota” produce il mondo; un’inalazione lo fa scomparire. Questo processo va avanti da tutta l’eternità, e il nostro universo attuale è soltanto uno di una serie infinita, che non ha avuto inizio e non avrà fine.

Il concetto centrale della teoria del Big Bang è che l’universo ha avuto inizio con l’esplosione di una “scintilla” di sostanza da cui in ultima analisi sono promanate tutte le stelle e le galassie. Ne La dottrina segreta (1:1, 3-4), quando vengono schematizzate simbolicamente le fasi di sviluppo del cosmo, vi è un’affermazione analoga, tranne per il fatto che qui l’universo ha inizio nello spirito, non nella materia:

Un Manoscritto Arcaico (un insieme di foglie di palma rese impermeabili all’acqua, al fuoco e all’aria mediante qualche procedimento specifico sconosciuto) è davanti agli occhi dell’autrice. Sulla prima pagina vi è un disco bianco immacolato all’interno di uno sfondo nero opaco. Sulla pagina seguente, lo stesso disco, ma con un punto centrale. Il primo, lo studioso lo sa, rappresenta il Cosmo nell’Eternità, prima del risveglio dell’Energia ancora addormentata, l’emanazione del Verbo in sistemi più tardi. Il punto nel Disco fino ad allora immacolato […] denota l’alba della differenziazione. È il punto nell’Uovo Cosmico, il germe in quest’ultimo che diventerà l’Universo, il TUTTO, il Cosmo illimitato e periodico, essendo questo germe latente e attivo periodicamente e di volta in volta.

In seguito H.P.B. cita con approvazione un teorico francese il quale congetturò che l’intero cosmo potesse essere concentrato «in un unico punto» (La dottrina segreta 1:489). Un altro riferimento dell’opera (1:379) parla di un «Universo in evoluzione dal Sole centrale, il PUNTO, il germe sempre nascosto.» [La scrittura maiuscola di “PUNTO” è di H.P.B.]

Grazie a recenti scoperte, la teoria del Big Bang è oggi messa seriamente in discussione. Finora si credeva che la materia esplosiva fosse stata emessa a caso in ogni direzione. Tuttavia, di recente gli astronomi hanno trovato quella che chiamano una griglia di otto galassie separate da un uguale numero di anni-luce di spazio. Uno degli scopritori di questa griglia ne rimase tanto scoraggiato da dire che, a quanto pare noi ignoriamo completamente l’origine dell’universo e dobbiamo ripartire da zero.

Poi, all’assemblea annuale della Società astronomica americana, il 10 gennaio 1990, fu annunciato quanto segue, come riferisce il New York Times (12 gennaio) sotto il titolo “Scoperto un continente di galassie che attira le altre verso di sé”:

Gli astronomi hanno riferito oggi di avere confermato l’esistenza di una delle più grandi concentrazioni di galassie e di materia mai scoperte. […] Chiamata “grande attrattore” e distante 150 milioni di anni-luce dalla terra, l’enorme struttura esercita una costante attrazione gravitazionale sulla Via Lattea e su milioni di altre galassie. […]
La scoperta conferma teorie discusse in astronomia negli ultimi anni secondo cui gli oggetti fondamentali dell’universo sono molto più grandi e più complicati di quanto immaginassero gli astronomi. Gli oggetti non sono semplicemente galassie o ammassi di galassie, ma enormi «continenti di galassie» cento volte più grandi. Le galassie dell’attrattore non si espandono l’una rispetto all’altra come fanno quelle del resto dell’universo, ma invece “cadono” assieme verso una regione larga centinaia di milioni di anni-luce. La velocità del moto, 650 chilometri al secondo, è pure sorprendente. Lascia intendere che le galassie siano attirate verso qualcosa. La cosa più convincente, dicono gli astronomi, è che alcune galassie studiate si trovano sul lato opposto dell’attrattore rispetto alla Via Lattea; si è scoperto che vengono ugualmente attirate verso l’attrattore. […]
Con l’attuale descrizione della storia dell’universo, ci vorrebbe un tempo maggiore dell’attuale vita dell’universo per formare una struttura così grande. Il dottor Schramm dice che ora bisogna elaborare teorie per creare un nuovo meccanismo al principio dell’universo che spieghi queste strutture enormi. […] Il grande attrattore è una delle numerose strutture enormi la cui esistenza è stata teorizzata negli ultimi anni, fra cui vi è la “grande muraglia”, che si ritiene essere un grande “lenzuolo” di galassie esteso su un miliardo di anni luce.

[Queste strutture non sono più teorizzate ma sembrano esistere realmente.]

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Questa scoperta potrebbe avere un’importanza immensa. Finora è stata soltanto una congettura da parte degli scienziati che l’attuale espansione di mondi e galassie nell’universo del Big Bang possa un giorno invertirsi, ma il continente di galassie chiamato Grande Attrattore consolida questa teoria.* La teoria della rinascita periodica dell’universo potrebbe allora ricevere un’ulteriore conferma.

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* Potrebbe venir fuori in futuro che questi enormi raggruppamenti di galassie da poco scoperti appartengano in realtà a universi differenti dal cosiddetto universo del Big Bang. Dopo tutto, soltanto sessantacinque anni fa si riconobbe l’esistenza di galassie al di fuori della Via Lattea.
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Alla luce di tali ampie considerazioni, può sembrare di scarso momento lo sbarco sulla luna dei primi astronauti, avvenuto una ventina di anni fa (nel 1969, n.d.r.), anche se fu uno dei momenti più importanti nella nostra storia sulla terra. Nel ventesimo anniversario dell’evento, al medico e biologo Lewis Thomas fu chiesto un articolo di riflessioni sull’occasione. Fu pubblicato sul New York Times il 15 luglio 1989. Thomas prima parlò della passeggiata lunare e delle svariate impressioni che evocò, poi proseguì:

Ma il momento davvero importante venne più tardi, quando fu installata l’apparecchiatura per scattare fotografie sul campo. Lì, davanti ai nostri occhi, a far trattenere il fiato nell’istante in cui apparve sugli schermi televisivi di tutto il mondo, vi era quella fotografia della Terra.
Sospesa subito sopra l’orizzonte della luna, chiara e rotonda e scintillante come una bolla, di colore blu con nubi di bianco puro sparse sulla superficie, era l’oggetto più bello mai osservato dagli esseri umani: la propria casa. Per di più, come si poteva vedere chiaramente dalla fotografia, era viva. Quella cosa rotonda e sbalorditiva, appesa lì tutta sola […] era una cosa viva, un essere vivente. Quella foto da sola era l’evento più importante nell’intero avvenimento tecnico e permane nella mente 20 anni dopo, ancora densissima di significati.
Il concetto che la vita sulla Terra assomigli, in dettaglio, al tipo di vita coerente e interconnessa che attribuiamo a un organismo è ora qualcosa di più di un’idea. Grazie in gran parte agli studi avviati negli anni Settanta da James Lovelock, Lynn Margulis e colleghi, ora sappiamo che la vita planetaria, la “biosfera”, si autoregola. Mantiene con precisione la salinità e l’equilibrio acidi-basi degli oceani, mantiene costanti per milioni di anni i componenti esattamente equilibrati dell’atmosfera con i livelli di ossigeno e anidride carbonica proprio ai livelli ottimali per la respirazione e la fotosintesi. Trae vita dal sole, assorbendo l’energia necessaria per la vita e riflettendo il resto nel pozzo senza fondo dello spazio. Questa è “l’ipotesi di Gaia”, la nuova idea che la Terra stessa sia viva. […]
Infine, una cosa su cui riflettere, vi è il più strano di tutti i paradossi: il concetto che un organismo tanto immenso e complesso, con tanti sistemi nervosi centrali interconnessi e comunicanti, dai grilli e dalle lucciole fino ai filosofi, debba essere in sé privo di mente. Io non riesco a crederlo.

Fu l’immagine della terra vista dalla luna, simile a uno “zaffiro screziato” , a ispirare il chimico e biofisico Lovelock a iniziare gli studi scientifici descritti nel suo libro Gaia, A New Look at Life on Earth, pubblicato nel 1979 dalla Oxford University Press [Lovelock è laureato in chimica, medicina e biofisica.] Eppure la sua «nuova idea» era stata formulata da H.P.B. e da altri teosofi un secolo fa. Judge scrisse sull’argomento un racconto affascinante, “La pelle della Terra”. Nel suo libro Ocean of Theosophy parla della Terra come di una «entità e non un puro mucchio di materia grezza.» In La dottrina segreta (1:49) H.P.B. dice:

L’idea della vita universale è uno di quei concetti antichi che stanno tornando alla mente umana in questo secolo, in conseguenza della sua liberazione dalla teologia antropomorfica. La scienza, è vero, si accontenta di tracciare o postulare i segni della vita universale e non ha ancora avuto nemmeno il coraggio di sussurrare «Anima Mundi!» L’idea della «vita cristallina», ora ben nota alla scienza, sarebbe stata derisa mezzo secolo fa. […] Non sembra possibile che la scienza possa nascondere a se stessa ancora a lungo, mediante il semplice uso di termini come “forza” ed “energia”, il fatto che le cose dotate di vita siano esseri viventi, atomi o pianeti che siano.

Lo scienziato premio Nobel Brian Josephson, docente di fisica a Cambridge, sembra concordare con molto di quanto sopra. In un’intervista osservò:

Possono esservi elementi di intelligenza in ogni atomo della materia che, come le forme biologiche terrestri, può subire un’evoluzione verso livelli sempre più elevati. […] I fisici tendono a pensare alla materia come a qualcosa d’inanimato e meccanico e sono concettualmente sulla pista sbagliata. Al livello più minuscolo, la materia sembra comportarsi molto più come un qualcosa di biologico e vivente. Possono esservi una vita fondamentale e un’intelligenza alla base dei fenomeni studiati dalla fisica. […] Analogamente sembra esservi un’integrità o unità misteriosa di tutta la materia che gli scienziati non sanno spiegare ma che viene di frequente descritta nelle religioni orientali.

Può essere una sorpresa apprendere che anche Sir Isaac Newton considerasse vivo l’insieme della natura. Malcolm Browne lo riferisce in un articolo sul New York Times (10 aprile 1990) sul nuovo interesse degli scienziati per l’alchimia:

Tra i ranghi degli alchimisti vi erano alcuni dei massimi scienziati di ogni tempo, Isaac Newton e Robert Boyle fra gli altri. Sebbene la fama di Newton poggi sulle sue scoperte fondamentali in fisica e matematica, circa metà della sua attività professionale fu dedicata all’alchimia, un fatto che ha infastidito alcuni dei suoi ammiratori moderni. Ma la dottoressa Betty Jo Teeter Dobbs, docente di storia alla Northwestern University che ha studiato per molti anni l’opera di Newton, considera l’alchimia un aspetto fondamentale dell’attività di Newton, non soltanto un’aberrazione.

La dottoressa Dobbs in un nuovo libro sostiene che Newton, un puritano, temeva quella che considerava essere l’ascesa dell’ateismo.* La studiosa asserisce che Newton abbracciò il concetto alchimistico dell’animazione universale, infusione da parte di Dio dello spirito divino in tutte le cose. Abbiamo qui un esempio di una grande mente scientifica che era anche profondamente religiosa. Newton non era unico a questo riguardo. Un volume del 1984, Quantum Questions, Mystical Writings of the World’s Great Physicists, esamina gli scritti di Heisenberg, Schroedinger, Einstein, de Broglie, Jeans, Planck, Pauli ed Eddington, e «tutti esprimono una profonda convinzione che la fisica e il misticismo siano in qualche modo fratelli gemelli. […] Ciascuno di questi uomini straordinari, senza eccezione, giunse a credere in una visione del mondo mistica o trascendente che incarna il mondo in un fenomeno spirituale piuttosto che materiale.»

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* «I pensieri e le idee più intimi di Newton sono stati travisati», scrive H.P.B., «e della sua grande dottrina matematica è stato utilizzato soltanto il puro involucro fisico. Se il povero Sir Isaac avesse previsto quale uso avrebbero fatto i suoi successori e seguaci della sua “gravità”, quell’uomo pio e religioso avrebbe certamente mangiato con tranquillità la sua mela e non avrebbe mai fatto parola di alcuna idea meccanica collegata alla caduta.» (La dottrina segreta 1:484.)
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Questo sembra avvalorare la tesi fondamentale de La dottrina segreta secondo cui, come indica il sottotitolo del libro, è possibile una sintesi di scienza, religione e filosofia. I brani che seguono, tratti dagli scritti di Einstein, lasciano intendere che per il padre della relatività la scienza e la religione fossero tutt’altro che incompatibili:

L’emozione più bella e più profonda di cui possiamo avere esperienza è la sensazione del mistico. È il seminatore di ogni vera scienza. Colui per il quale questa emozione è sconosciuta, colui che non sa più meravigliarsi e restare rapito nello sgomento, è ben che morto. Sapere che ciò che per noi è impenetrabile esiste veramente e si manifesta nella sapienza più elevata e nella bellezza più radiosa, che le nostre facoltà ottuse possono comprendere soltanto nelle loro forme più primitive, questa conoscenza, questa sensazione è al centro della vera religiosità.
Io sostengo che il sentimento religioso cosmico sia la motivazione più forte e più nobile per la ricerca scientifica. Soltanto chi capisce gli sforzi immensi e soprattutto la devozione, senza cui non si può realizzare opera di avanguardia nella scienza teorica, può comprendere la forza dell’emozione da cui sola può scaturire tale opera, per quanto remota dalle realtà immediate della vita. […] È il sentimento religioso cosmico che dà all’uomo tale forza. Un contemporaneo ha detto, non senza ragione, che in questa nostra epoca materialistica i lavoratori seri sono le sole persone profondamente religiose.

Il brano che segue, tratto dalle riflessioni di Einstein, è citato nella Autobiography of Robert A. Millikan: «È sufficiente per me contemplare il mistero della vita cosciente, che si perpetua per tutta l’eternità, riflettere sulla meravigliosa struttura dell’universo, che noi possiamo vagamente percepire, e cercare umilmente di comprendere anche una parte infinitesima dell’intelligenza manifestata nella natura.»

L’idea che la natura manifesti intelligenza sembra molto lontana dal concetto oggi prevalente tra molti scienziati secondo cui la casualità, la probabilità e l’assenza di leggi regnano sia nel mondo subatomico che nei vasti spazi in cui nascono e muoiono gli universi. In un programma televisivo americano del giugno del 1990, “L’universo quantico”, uno scienziato russo, Roger Rees, asserì che «la meccanica quantistica ha reso tutto, in definitiva, casuale. Una cosa può andare di qua o di là. La matematica nega la certezza; rivela soltanto probabilità e caso».

Nel libro The Emperor’s New Mind il fisico inglese Penrose si rivela essere uno dei fisici sempre più numerosi i quali pensano che Einstein non fosse testardo nell’affermazione secondo cui il «mignolo gli diceva che la meccanica quantistica è incompleta». Penrose aggiunge che «enigmi, in una forma o nell’altra, persistono in qualunque interpretazione della meccanica quantistica cosi come la teoria è nota oggi». Secondo lui in futuro la teoria quantistica «subirà mutamenti fondamentali», nel qual tempo potranno essere scoperte leggi più profonde che spiegheranno anche il grande mistero della coscienza umana, nonché quella che sembra un’azione casuale delle particelle atomiche.

A quest’ultimo riguardo sembra appropriata una citazione dall’articolo di H.P.B. “La mente cosmica”: «[…] ogni atomo, come la monade di Leibniz, è in sé un piccolo universo [e manifesta un certo grado di coscienza.]» H.P.B. fa riferimento a opinioni analoghe di Thomas Edison: «Io non credo che la materia sia inerte e che su di essa agisca una forza esterna. A me sembra che ogni atomo possieda una certa quantità di intelligenza primitiva: guardiamo le migliaia di modi in cui gli atomi di idrogeno si combinano con quelli di altri elementi. […] Si vuol dire che lo fanno senza intelligenza? » H.P.B. aggiunse che «il signor Edison è un teosofo, anche se non molto attivo. Eppure proprio il fatto di possedere un diploma sembra ispirargli verità teosofiche».

Applicando questo concetto alla pratica e adattando la legge delle probabilità di Heisenberg, si può prevedere che cosa farà una massa di atomi o di particelle atomiche, ma non si può prevedere che cosa farà una singola unità. Si possono trovare esempi di questa cosiddetta scelta ovunque in natura.

H.P.B. ammette che le sue opinioni riguardo alla presenza di vita intelligente in tutto il cosmo sarà considerata una rivitalizzazione delle «superstizioni dei pazzi alchimisti». Questo ricorda una storia raccontata dal fisico Heinz Pagels in Cosmic Code: Quantum Mechanics as the Language of Nature.

Secondo questa storia Pauli una volta giunse al laboratorio Pupin alla Columbia University per tenere una conferenza sulla nuova teoria non lineare delle particelle elementari di Heisenberg. Niels Bohr era fra il pubblico e dopo la conferenza osservò che la nuova teoria non poteva essere giusta perché non era abbastanza pazza. Bohr e Pauli ben presto si trovarono in piedi alle estremità opposte di un tavolo con Bohr che diceva «non è abbastanza pazza» e Pauli a rispondere «è abbastanza pazza». Sarebbe stato difficile per un esterno capire che cosa fosse in gioco per quei due grandi fisici e che non si trattasse solo di pazzia. Sia Bohr che Pauli sapevano che la pazzia della teoria quantistica si rivela essere giusta.

Per dirla con Heinz Pagels:

Tutte le creazioni umane profonde sono belle, e le teorie fisiche non fanno eccezione. Una teoria brutta ha una sorta di goffaggine concettuale che è impossibile tenere a mente troppo a lungo. […] La prima volta che compaiono, le nuove idee sono spesso bizzarre e strane, e se le idee sono giuste la bellezza si vede in seguito. […] Quando i fisici capiranno davvero la logica interna del cosmo, sarà bellissima.

Vi può essere un concetto più bello di quello che dalle galassie agli atomi la vita intelligente e cosciente è universale e non vi è in nessun luogo materia morta? Se questo fosse vero, risponderebbe al grande enigma sulla possibilità che altri mondi siano abitati, poiché se i minerali sono vivi allora naturalmente tutti i mondi sono abitati. In La dottrina segreta (2:699) vi è la singolare affermazione che tutti i pianeti «sono, furono o saranno “portatori di uomini”.» H.P.B. altrove cita l’aforisma cabalistico secondo cui «la pietra diventa una pianta, la pianta, un animale; l’animale, un uomo; l’uomo, uno spirito; e lo spirito, un Dio».

* * *

L’antica opinione, esposta ne La dottrina segreta,secondo cui la vita è universale e in essenza spirituale, impone agli esseri umani la grave responsabilità di usare tale vita in modo benefico. Il terrificante uso improprio e cattivo della materia da parte dell’uomo minaccia la sopravvivenza della terra.

In risposta a questa minaccia più di mille personalità religiose, politiche e scientifiche di 83 nazioni parteciparono nel gennaio del 1990 a un convegno a Mosca patrocinato dal Forum mondiale per la sopravvivenza umana. I ventitrè scienziati presenti, fra cui tre premi Nobel, presentarono un appello per un’alleanza fra religione e scienza. Oltre a riconoscere il potere della religione nel conformare il comportamento, gli scienziati dissero: «Molti di noi hanno avuto profonde esperienze di timore e riverenza di fronte all’universo», aggiungendo di credere che «gli sforzi per salvaguardare e curare l’ambiente devono essere ispirati a una visione del sacro».

Ciò che rende particolarmente singolare questo appello è che il suo autore fosse l’astronomo Carl Sagan. Nella sua famosa serie televisiva americana intitolata “Cosmo” e nel suo libro di successo dallo stesso titolo, Sagan ha spesso manifestato un antagonismo nei confronti della religione ed è stato accusato di considerare la scienza un ricettacolo monolitico della verità. Intervistato riguardo all’appello, Sagan disse di essersi reso conto sempre più dell’universalità della religione e delle sue potenzialità quale “forza per il bene”. Sebbene altri firmatari del documento, aggiunse, avessero cercato di modificare alcune espressioni sull’effetto serra o sul buco nell’ozono, nessuno aveva messo in discussione il linguaggio sulla religione, sulla riverenza e sul sacro. Vi era però una nota di dissenso, che veniva da un sacerdote. Questi disse che era un errore considerare sacri la natura o l’uomo: soltanto Dio è sacro.

Altri credenti fanatici hanno espresso il timore che, se tutta la vita è considerata sacra, sia probabile un ritorno ad un panteismo primitivo, di quando la gente adorava rocce e alberi. La dottrina segreta, nel capitolo “Riepilogando” (1:279-80) ha sull’adorazione alcuni brani che meritano una riflessione:

(1) La dottrina segreta non predica nessun ateismo, se non nel senso indù del termine nastika, ovvero il rifiuto degli idoli, fra cui ogni dio antropomorfico. In questo senso ogni occultista è un nastika.

(2) Essa ammette un Logos o “Creatore” collettivo dell’Universo; un Demiurgo nel senso implicito quando si parla di un “Architetto” quale “Creatore” di un edificio, mentre l’Architetto non ne ha mai toccato una pietra, ma fornendo il progetto ha lasciato tutto il lavoro manuale ai muratori; nel nostro caso il progetto fu fornito dall’Ideazione dell’Universo, e l’opera costruttiva fu lasciata ai ricettacoli di Poteri e Forze intelligenti. Ma tale Demiurgo non è una divinità personale (ossia un dio extra-cosmico imperfetto) bensì soltanto l’insieme dei Dhyan-Chohan e delle altre forze.

Quanto a questi ultimi,

(3) sono di natura duale, essendo composti da (a) l’irrazionale energia bruta, intrinseca nella materia, e (b) l’anima intelligente o coscienza cosmica che dirige e guida tale energia e che è il pensiero Dhyan-Chohanico che riflette l’Ideazione della mente universale. […] Poiché tale processo non è sempre perfetto; e poiché, per quante prove possa manifestare di un’intelligenza-guida dietro il velo, mostra sempre lacune e difetti, e perfino dà origine molto spesso a evidenti fallimenti, pertanto né il ricettacolo collettivo (Demiurgo), né ciascuna delle forze operanti individualmente sono soggetti appropriati di onori divini o adorazione. Tutti hanno diritto alla riverenza grata dell’Umanità, tuttavia, l’uomo dovrebbe sforzarsi sempre di aiutare l’evoluzione divina delle Idee, diventando al meglio delle sue capacità un collaboratore della natura in questo compito ciclico.

Il solo Karana sempre inconoscibile, la Causa Senza Causa di tutte le cause, dovrebbe avere il proprio tempio e altare sul terreno sacro e inviolato del nostro cuore, invisibile, intangibile, non menzionato se non attraverso “la vocina” della nostra coscienza spirituale. Coloro che lo adorano devono farlo nel silenzio e nella solitudine santificata delle loro anime; rendendo il loro spirito l’unico mediatore fra loro e lo Spirito Universale, le loro buone azioni gli unici sacerdoti, e le loro intenzioni peccatrici le uniche vittime sacrificali, visibili e oggettive, rivolte alla Presenza.

* * *

Il viaggio di questo capitolo era cominciato con una considerazione della profezia contenuta ne La dottrina segreta secondo cui nel periodo di nove anni 1888-97 si sarebbe prodotta un’ampia lacerazione nel velo della scienza. Un amico scienziato che ha esaminato questa profezia e il suo compimento con una profondità maggiore di quanto sia qui possibile è giunto a questa conclusione: «Il velo della natura fu davvero fatto a pezzi con un taglio tanto inatteso, tanto sconcertante, tanto strano, con una conseguente penetrazione tanto inconcepibilmente profonda nei regni più piccoli e più grandi della natura, con esiti tanto travolgenti per la scienza in tutti i campi e per il modo di vita quotidiano dell’uomo, che non vi è parallelo in tutta la nostra storia conosciuta».

LA SCIENZA E LA DOTTRINA SEGRETAultima modifica: 2017-06-22T18:38:04+02:00da mikeplato
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