LA TEOLOGIA SCOMODA DI JEAN DANIELOU

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Di Jacques Vidal

Jean Marie Danièlou è stato un teologo e cardinale francese, entrato nella Compagnia di Geù nel 1929. La sua morte improvvisa, a causa di un infarto, fece all’epoca molto scalpore. Il gesuita trovò la morte, infatti, sulle scale della casa di Mimi Santoni (una spogliarellista di 24 anni in possesso di una cospicua somma di denaro). Si affermò che il cardinale si fosse recato lì per usufruire dei servizi carnali della ragazza, e che potesse essere un suo cliente abituale; la Santoni, durante l’interrogatorio, affermò invece che il prelato si trovava in casa sua per donarle una somma di denaro (con cui essa avrebbe pagato la cauzione del suo amante). Si scoprì che il cardinale non era nuovo a perseguire la conversione e il sostentamento economico di prostitute o spogliarelliste. In quanto teologo, studiò la relazione tra la fede e la teologia contemporanea, lavorò sul problema dell’immutabilità della verità, sulla relazione tra natura e grazia nel determinare la volontà della persona; cercò un dialogo tra le religioni. 

Jean Danielou non propone una teologia delle religioni a carattere sistematico. Egli afferma la trascendenza specifica del cristianesimo, la sua apertura alle profondità di Dio e a quelle dell’uomo, la sua missione universale. Indica l’asse di una ricerca interreligiosa: gli eventi della salvezza. Ne scruta il mistero nella storia e nella attualità, attraverso la diversità degli uomini, delle culture e delle credenze. Ne riconosce i segni nel dialogo e nella collaborazione. Così si esprimono gli elementi di una scienza e di una teologia delle religioni alla ricerca di un’azione concertata.

Il fatto religioso. Secondo Danielou, l’esperienza religiosa è una dimensione fondamentale dell’uomo. Egli non crede alla verità naturale dell’ateismo. La permanenza e la varietà delle religioni attestate dalla storia, la fenomenologia, l’ermeneutica, permettono di identificare la relazione dell’uomo con l’Assoluto come componente della natura umana. È un aspetto costitutivo dell’uomo quello di essere religioso, cioè capace di riconoscere con l’intelligenza e di ratificare con l’amore il suo rapporto con la divinità (Theologie d’aujourd’hui et de Semai, 1967) . La psicologia conferma che ogni uomo può percepire, nello specchio della sua anima, il raggio di una luce che viene da fuori. Così appaiono l’essenza primaria, la portata che è insieme confessionale e non confessionale del fatto religioso. Credere che Dio esiste è conforme all’intelligenza e al cuore umano. è un dato immediato della coscienza sensibile, è un fattore della storia.

Il genio del paganesimo. Danièlou chiama pagano quello che preesiste alla rivelazione della salvezza, tanto nelle profondità dell’anima, quanto nel genio di una cultura. Questo secondo l’evento di una teologia della credenza riprende la parte non confessionale del fatto religioso. Esso indica il fondo selvaggio, primitivo, incoativo dell’uomo al punto in cui egli riferisce a una cultura l’intensità confusa del suo rapporto con l’Assoluto: “Personalmente, quando considero la parte di me che preesiste alla rivelazione, mi considero come un pagano della Gallia”. Questa disposizione è una religiosità che cerca di sbocciare in un linguaggio e in una tradizione; tocca il legame stretto che esiste tra teologia e antropologia; deriva da una spiritualità della conversione; è un’avventura sempre attuale nel laboratorio della condizione umana. Danièlou ne celebra i successi: “questo paganesimo, segnato dalla cultura nella quale sono nato, esprime il mio genio religioso e dà al mio cristianesimo il suo sapore particolare”. Egli auspica altri avventi: “credo che ci debbano essere espressioni indiana, cinese, africana, del cristianesimo”. Ne indica gli elementi necessari. Tre di questi attirano la sua attenzione: si tratta del Sacro, del Divino e del Simbolismo.

Il senso del Sacro anima la religione naturale. si esplica in un rapporto con il Cosmo mediante segni e simboli; gesti e riti, nati dal racconto dei miti, lo esprimono in occasione delle grandi tappe dell’esistenza: la nascita, il matrimonio, la morte; esso è lo sgorgare ebbro di molteplici ierofanie; fornisce ai punti di inserimento per un’esperienza del divino. Quest’ultimo procede dal sacro come la presenza dal segno. L’uomo riconosce una realtà che non è lui, sebbene agisca in lui, dall’immensità del cielo ai pericoli della terra. La percepisce nelle illuminazioni dell’intelligenza che tocca una verità nascosta al centro di tutto; nelle sollecitazioni della coscienza che sente l’assoluto del bene e del male, nei richiami dell’amore a traversare il finito per raggiungere un infinito definitivo. Egli cerca di darle un nome, vuole renderle un culto. il senso del Sacro e quello del divino, abbastanza ben coniugati, fanno entrare il pagano in una celebrazione del Dio vivente. Questa è di natura simbolica e poetica. Ha una dimensione corporea immediata. Procede da un immaginario lontano. Fa levare i fantasmi di un onirismo potente. Spesso collettivo più che personale, segnato dall’impronta di un ambivalenza radicale, il simbolismo pagano oscilla tra creazione e distruzione. Un’opacità è un rifiuto lo trattengono prigioniero del destino alle porte della salvezza.

Religioni cosmiche e religioni storiche. Quando la dimensione religiosa costitutiva dell’uomo lo fonda su una verità naturale lo dispone al sacrificio, alla preghiera e all’adorazione, una forma di religione si organizza, come abbiamo appena visto. La sua caratteristica è di essere Cosmica. Questo significa che essa si dispiega intorno ai due poli di una rivelazione cosmica, il polo fisico del mondo materiale e il polo spirituale del mondo della coscienza. Da una parte l’universo delle cose e degli animali, rinnovato nel vivo di una esperienza simbolica, si anima in modo gerarchico. Una certa religione cosmica, per esempio, privilegia il sole; un’altra l’acqua o anche la madre terra. Ci sono diverse anime pagane. Ognuna ha la sua bellezza. Tutte però scrutano la figura del Dio che si manifesta nell’ambiente. Da un’altra parte, la coscienza simbolica e poetica, condotta dal sacro al divino, risveglia un universo di forze e di forme, di sentimenti, di immagini e di idee della divinità. Una rivelazione enigmatica si riflette nello specchio dell’anima e dello Spirito; la sua luce mutevole stimola gli sforzi dell’animismo tradizionale. La religione cosmica, che è un ellisse intorno a questi due poli, rimane abbandonata alla magia, alla superstizione e all’idolatria. Ma attesta il desiderio dell’uomo e la sua disposizione a raggiungere un essere supremo che fonda il mondo e orienta la vita. In questo senso è già il luogo di un giudizio. Queste opinioni, riprese in parte da Mircea Eliade o da Gerard van der Leeuw, fanno apparire l’originalità delle religioni storiche. La religione cosmica infatti è l’eterno ritorno di quello che fu all’origine. Miti e riti pagani fanno girare l’immaginario intorno a un punto primordiale rappresentato dall’antenato. Le religioni storiche si distinguono per un’altra dimensione di realtà; hanno un punto di ancoraggio reperibile nel tempo; derivano da alte personalità religiose che si possono localizzare con sufficiente precisione. Un fondatore, profeta o mistico, è il portatore identificabile di una rivelazione salvifica che si può definire con sufficiente esattezza. È il caso di Buddha e del buddismo, nella tradizione dell’induismo. Prima di Buddha, fu il caso di Mosè nel giudaismo e nella posterità di Abramo. È il caso di Gesù Cristo nel cristianesimo; il caso di Maometto nell’Islam, all’incrocio di ebrei e cristiani. Le grandi religioni illustrano la varietà delle forme di una rivelazione storica. Invitano a confrontare differenze e corrispondenze nell’incontro e nel dialogo.

 La trascendenza specifica del cristianesimo. Danielou, teologo delle origini cristiane, segue la via degli eventi contemporanei della salvezza. Si tratta di riunire, nella speranza di una fede in un Dio salvatore, le profondità religiose dell’uomo moderno turbato dai rischi di un mondo in processo di unificazione. Le religioni sono invitate a vivere la solidarietà di una comunità soteriologica. La pratica di questo asse interreligioso si prepara nello studio, nell’incontro e nell’azione. In realtà il dialogo di salvezza esige discernimento. Esso è fatto di una di un sì e di un no, di un’accettazione e di un rifiuto. Impegna ogni religione a sottomettersi alle prove dell’affermazione, della purificazione e della Trasfigurazione, per il bene della verità universale della salvezza. La prima figura che entra nel dialogo è quella della religione cosmica. La trascendenza del cristianesimo, vicino a quella del giudaismo, opera in modo evidente. Fonda il fatto religioso nell’atto creatore che è al tempo stesso “dipendenza originale” e “dipendenza attuale”. In realtà, se ogni uomo è religioso, è perché ricade con l’universo nella potenza, nella maestà, nell’unità del Dio creatore che si è rivelato agli ebrei e ai cristiani. Le forme di rivelazione della religione pagana sono confermate. Il significato divino del mondo e dell’uomo fonda veramente un’alleanza. Ma il Dio creatore che lo attesta è un Essere inaccessibile, incorruttibile, invisibile. Occorre misurare l’abisso, tracciare i confini, respingere l’idolatria; poichè quando non si mette l’Assoluto dove deve essere, si è tentati di metterlo dove non deve essere. Bisogna anche discernere, e poi vincere, forze del male e forze demoniache. In definitiva, poiché un cristiano non è mai altro che un pagano in via di conversione, bisogna osservare il fatto religioso fino a svelare in Cristo le profondità ultime dell’uomo, per redimerlo con la passione e la risurrezione. Gesù Cristo, Verbo di un Dio trinità, opera la salvezza al centro del mistero di ogni uomo nel mondo. La trascendenza specifica del Cristianesimo opera così al centro del mistero della storia. Infatti, le direzioni della storia degli uomini sono riducibili all’asse di una storia della salvezza. Le diverse figure delle religioni storiche, creazioni imputabili al genio religioso di uomini e culture, sono portatrici di una potenza di salvezza attiva in seno a una tradizione. Il dialogo che si deve portare avanti è diverso dall’una all’altra. Esso rimane incompiuto poiché l’induismo, il buddismo, il giudaismo, il cristianesimo e l’Islam sono aperti sui compimenti della salvezza nel tempo. Esso è difficile, perché si tratta di vivere insieme un’esperienza salvifica che non faccia dell’esperienza spirituale il suo proprio fine, nè dell’uomo la sua sola fede, né del mondo un’occasione di panteismo o di acosmismo, né del male una semplice pesantezza naturale o un polo negativo eternamente opposto al bene, né di Dio una forma diffusa o tirannica, muta o ciarliera, nè di una storia e della sua tradizione tutta la Storia. Occorre affermare la trascendenza della salvezza con tutte le diversità della rivelazione. In questa ricerca di una verità religiosa meglio stabilità, le grandi religioni imparano a separarsi da se stesse. Il cristianesimo, in particolare, impara a misurare i limiti della sua forma occidentale. Riconosce che molti aspetti della sua realtà sono da scoprire. Questi mancano alla sua trascendenza specifica, per il suo corpo che è la Chiesa, popolo di Dio. È una speranza di gloria, servizio del mistero della salvezza delle nazioni.

Il nuovo paganesimo della civiltà tecnica. Dopo l’annuncio della parola e l’insediamento della Chiesa, il terzo tempo della missione non è forse quello di cristianizzare la cultura? Questo aspetto dell’incarnazione si pratica nell’incontro delle religioni, è attuale nel rapporto del Cristianesimo con l’occidente contemporaneo. Questo, infatti, si trasforma. Esce dalle forme di una civiltà rurale per entrare in quelle di una civiltà tecnica. La transizione genera un malessere di cui l’ateismo è un sintomo. Bisogna stabilire il dialogo con la nuova cultura tecnologica. E questo è il dialogo che la chiesa inizia con lo schema della Costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Dopo una lunga diffidenza, la Chiesa Cattolica accetta la civiltà moderna. Dice un sì senza riserve ai progressi della Scienza e della Tecnologia, all’organizzazione della società, alla promozione degli operai, della donna e dei popoli di colore, e ai nuovi diritti dell’uomo che Papa Giovanni XXIII proclama delle enciclica Pacem in terris. Ma al contempo, il dialogo stabilito rifiuta i germi di morte, e prima di tutto l’ateismo, le pretese dell’uomo di bastare a se stesso nelle esperienza della sua potenza, le forme diverse di un Umanesimo chiuso e le energie di distruzione individuale e collettiva. La società moderna, infatti, è equivoca. Il problema è quello di un nuovo paganesimo alla ricerca di se stesso. L’uomo cosmico di ieri è divenuto scientifico e tecnico. Si pone di fronte ai cristiani, poi di fronte ai credenti di altre religioni, egli stesso alla ricerca di una religione che risponde al suo genio. Il paganesimo di domani è la problematica religiosa dell’uomo moderno. La Chiesa deve rispondere a questa problematica. la deve assumere, purificare, trasfigurare. Le componenti, ancora confuse, di questa nuova versione della religione cosmica si riportano facilmente al Sacro e al divino. Il ritorno del Sacro in Occidente non è fortuito. Più che al fenomeno della giovinezza, esso tiene all’esperienza di Potenza procurata all’uomo moderno dalla scienza della tecnica. Il nuovo pagano regna dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, dalla materia alla vita, dalle forme e dai volumi dell’inconscio psichico al vertice dello spirito. Esita e profetizza, fra spinte collettive e ispirazioni personali. Il Sacro che sperimenta è l’urgenza di un bisogno più che la genesi di un senso. Tuttavia, il Sacro del neopaganesimo della società industriale può farsi esperienza del divino. Infatti l’enigma del non conoscibile, del non controllabile, ai confini del mondo e dell’uomo, è portatore di un’interrogazione essenziale nel cuore della Scienza e della tecnica. Il mistero vaga, l’assoluto folgora come il lampo di una tempesta cosmica. Al vertice dell’umanità nasce un bisogno di adorare. Pierre Teilhard de Chardin lo ha visto bene. L’ambiente Divino rivela la divinizzazione in atto negli sforzi e nei rischi dell’ominizzazione. Cuspide dell’evoluzione, il fenomeno umano sembra chiamato a far convergere la materia, la vita, il pensiero, nell’emergenza trasformatrice di una terra unificata. Questa epifania antropocentrica abbandona gli uomini ad un’energia dal basso che può uscire solo nelle forme rivelate da un’energia dall’alto. La scienza integrale e la religione di un dio personale cercano di coniugarsi. Il fenomeno religioso è una grandezza cosmica irreversibile. Danièlou entra nella fatica di questa speranza, al servizio particolarmente di una scienza e di una teologia delle religioni. Il dialogo della salvezza per un mondo nuovo e un Cristo universale trasfigura le aspirazioni del paganesimo della civiltà tecnica. “Tommaso D’Aquino fa dell’intelligenza la facoltà dell’altro”.Daniélou illustra questa dottrina con tutto il vigore realista del suo pensiero. la fa entrare nella sua azione. Quest’ultima prende talvolta le forme improvvisate di una risposta all’attualità. ma essa è attenta a darsi dimensione pubblica e carattere ufficiale. Diverse tappe segnano questo sforzo: le feste di Pasqua del Circolo San Giovanni Battista che riuniscono buddisti, musulmani, shintoisti insieme con i cristiani. E la fraternità di Abramo in cui si incontrano ebrei, musulmani, cattolici e protestanti. L’alleanza mondiale delle religioni diretta da Marise Choisy. Il tema di convergenza più attivo è quello della pace. Danièlou invita i capi e i responsabili religiosi a unire le loro forze spirituali per fare delle grandi religioni un fattore di pace. La dichiarazione di Kyoto suggerisce i principi di un’associazione pratica, Chiama a istituire un organo di collegamento. Le realizzazioni, è vero, rimangono al di qua dei propositi. Domani forse si compiranno.

LA TEOLOGIA SCOMODA DI JEAN DANIELOUultima modifica: 2018-05-17T11:44:03+02:00da mikeplato
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