MARTINEZ DE PASQUALLY E L’ORDINE DEGLI ELETTI COHEN

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di Claude Purusha

La storia del Martinismo non può che iniziare dal fondatore di questa corrente di pensiero iniziatico, ovvero il misterioso Martinez de Pasqually (1710?-1774), fondatore verso il 1754 dell’Ordine dei Cavalieri Massoni Eletti Cohen dell’Universo. Le poche note biografiche sono imprecise al punto che non si conosce neppure la precisa ortografia del suo nome, che egli stesso modifica più volte: talvolta si firma Joachim Dom Martinez de Pasqually, talaltra Jacques Delivon Joacin Latour de La Case. Non sappiamo nulla delle sue origini nè della sua formazione, ma sempre dai suoi carteggi emerge che maneggiava molto maldestramente il francese, mentre la presenza di rituali in latino suggeriscono che avesse una cultura classica. Malgrado egli e i suoi figli fossero cattolici, si ipotizza che egli fosse di famiglia ebrea convertita1. Il ritrovamento di alcuni atti notarili a Bordeaux ci conferma che aveva percorso la carriera militare per almeno una decina di anni, col grado di luogotenente. Nel 1737 si reca infatti in Spagna nella compagnia del Reggimento di Edimbourg- Dragons, guidato dallo zio, Dom Pasqually. Nel 1740, Martinez è in Corsica, dove partecipa all’intervento francese agli ordini del marchese de Millebois. Nel 1747, è al servizio della Spagna e combatte in Italia2. Nell’aprile 1762 Martinez, al seguito del reggimento di Foix che si installa allo Château- Trompette, è di guarnigione a Bordeaux, dove il suo Ordine ha un decisivo scatto di crescita.
Al suo arrivo a Bordeaux, pur vivendo modestamente, Martinez de Pasqually non sembra però a corto di denaro. Il porto di Bordeaux è infatti specializzato nel commercio di zucchero con Haiti ed è probabile che il fondatore degli Eletti Cohen avesse degli interessi e degli affetti su quest’isola. Nel 1769 tuttavia i suoi debiti ammontano a 1200 livree; nel 1772, Martinez decide di partire per Santo Domingo per seguire una questione ereditaria. Non smette però di inviare istruzioni ai suoi discepoli, se non alla sua morte, sopraggiunta il 24 settembre 1774. Qualche tempo prima, aveva nominato il cugino Cagnet de Lestère, uno dei suoi discepoli haitiani, alla direzione dell’Ordine Cohen: ma anche questi muore nel dicembre 1779. Il suo successore Sébastien de Las Casas (a giudicare dal cognome, presumibilmente anch’egli un parente di Martinez) rientra in Francia nel novembre 1780 e mette ufficialmente in sonno un Ordine che, come si può facilmente immaginare, agonizzava già da quando il capo-catena Martinez era venuto a mancare. R. Ambelain, un Martinista che molto ha scritto e molto ha fatto discutere, sostiene senza addurre prove particolari che gli Eletti Cohen avrebbero proseguito a propagare la dottrina dell’Ordine, sia singolarmente sia in seno ad imprecisati “areopaghi cabalistici” composti ciascuno di nove membri, che avrebbero continuato a lavorare almeno fino al 18063. La Massoneria di Martinez de Pasqually Il padre di Martinez era massone e possedeva una patente stuardista datata il 20 maggio 1738, che poi fu ereditata dal figlio e che consentiva a questi di iniziare “a vista” i profani (oggi non sarebbe possibile). Pare che il padre fu Maestro Venerabile di una Loggia a Aix nel 1723. Martinez de Pasqually, pur frequentando le Logge della Francia meridionale, le considera « apocrife » poichè si sono allontanate dalla vera dottrina, quella della Reintegrazione. Jean-Baptiste Willermoz, uno dei suoi discepoli più noti, era sicuro che Martinez fosse il successore del padre, che viveva in Spagna; questo lascia intendere che i Cohen esistessero, almeno a livello embrionale, già da tempo. Martinez così si esprimeva circa la sua missione: “Non sono che un debole strumento di cui Dio ha ben voluto, sebbene io ne sia indegno, di servirsi, per ricordare agli uomini miei simili il loro primo stato di massoni, al fine di far loro vedere veramente che sono realmente uomini-Dei, essendo creati ad immagine e somiglianza di questo Essere onnipotente”. Le attività massoniche di Martinez de Pasqually iniziano nel 1754 ad Avignone, Marsiglia ed in particolare a Montpellier, dove egli si presentò come emissario di maestri rimasti incogniti e fondò il Capitolo dei Sovrani Giudici Scozzesi. Alla fine del 1760, si presenta alla Loggia San Giovanni delle tre logge riunite, all’Oriente di Tolosa, dove presenta le sue dottrine ed il progetto di stabilire l’antico e nuovo tempio dei «Cavalieri Leviti, dei Cohenim-Leviym e degli Eletti Cohen». Per rompere il ghiaccio, Martinez de Pasqually non trova di meglio che esibirsi in una dimostrazione delle sue pratiche teurgiche; dopo due tentativi infruttuosi, viene però invitato ad andarsene. A Foix, Martinez troverà più ascolto nella Loggia Giosué del reggimento di quella città, dove recluterà i primi discepoli: il luogotenente-colonnello de Grainville ed il capitano dei granadieri Champoléon. Lì fonderà anche un capitolo, il Tempio degli Eletti Cohen. Ma è a Bordeaux che inizia realmente la storia dell’Ordine, con l’istituzione del Tribunale Sovrano e con l’incontro con il giovane sotto-luogotenente dei granadieri Louis-Claude de Saint-Martin, che ne diverrà il Gran Segretario. A Parigi, Martinez forma altri discepoli, Bacon de la Chevalerie, il conte de Lusignan, du Gers, Henri de Loos e Jean-Baptiste Willermoz, di passaggio a Parigi per lavoro. L’Ordine si estende rapidamente anche a Versailles, Lione, Grenoble, la Rochelle, Strasburgo con la caratteristica di presentare una sua peculiare dottrina giudeocristiana (quasi fosse una tarda setta gnostica), la quale culmina nella pratica del cd. Culto primitivo 4. Martinez, coadiuvato da Saint-Martin che aveva come detto maggiore attitudine alla scrittura, ha lasciato ai suoi adepti le “Dieci istruzioni agli uomini di Desiderio”, compendio di quello che sarebbe poi diventato il “Trattato della reintegrazione degli Esseri nelle loro primitive virtù e potestà”, in cui si rileggono in chiave esoterica e simbolica (facendo giusto qualche concessione alla massoneria ed al cristianesimo) i libri del Vecchio Testamento, e riservando un grandissimo spazio alla figura di Mosè. Il cammino di reintegrazione passa attraverso una durissima ascesi dove l’uomo apprende il modo in cui resistere ai pensieri negativi ed alle tentazioni cui è sottoposto da parte degli spiriti prevaricatori, per diventare il signore di se stesso al grado di Réau Croix e comunicare infine con le gerarchie celesti. “La Reintegrazione presuppone una Caduta, dovuta alla prevaricazione degli esseri emanati dalla Divinità. Dio è uno, ma le sue potestà sono trine e la sua essenza quadruplice. In principio egli emana degli esseri spirituali, liberi e discreti che costituiscono la sua corte. Alcuni di questi esseri cedono all’orgoglio ed operano – vale a dire agiscono – sul modello di Dio, in prevaricazione, pretendendo cioè l’autonomia. Per punirli e salvare la corte divina, saranno cacciati da questa ed imprigionati nel mondo materiale, appositamente creato per l’occasione da spiriti rimasti fedeli. La materia è creata, non emanata: essa è illusoria. Dio emana allora l’uomo: minore spirituale poiché viene per ultimo, ma dotato di privilegi superiori a quelli dei suoi predecessori. Adamo, androgino, sarà di colpo incaricato della custodia e della riabilitazione. Ma Adamo a sua volta si inorgoglisce fino a voler essere creatore da solo. Allea la sua potenza divina a quella dei demoni ed effettua una creazione di perdizione. La sua creazione, la sua creatura Houwa, è difettosa. Ma, dopo il suo misfatto, degenera e diventa l’obbrobrio della terra. Il suo corpo glorioso diventa tenebroso, materializzandosi. Da pensante diventa pensoso e [ciò significa che] la comunicazione diretta, di cui godeva, con Dio, è interrotta. Non potrà ormai più avvenire che per il tramite, eventualmente ottenuto, degli spiriti, degli intermediari. Per entrare in rapporto con questi, l’uomo, in parte materializzato, dovrà usare dei procedimenti in parte materiali. La mistica si è degradata in teurgia cerimoniale, scienza e sacramento. Il teurgo anzitutto prega, chiede a Dio di restituirgli il suo potere originario sugli spiriti. Poi comanda agli spiriti buoni ed esorcizza i cattivi. Dei segni, talora uditivi e tattili, ma abitualmente luminosi, indicano il successo. La colpa di Adamo fu seguita da una seconda. Dio aveva mantenuto il colpevole nei suoi diritti e doveri e lo aveva provvisto dei mezzi nuovi richiesti dalla nuova situazione. Eppure, ingrato, l’uomo si accoppia alla sua donna con una foga sessuale degna delle bestie. Da questo amplesso, nasce Caino. Ma Dio rimane ancora fedele alle sue promesse e l’uomo non viene destituito dalla sua posizione. La posterità di Caino è incapace a sostenere il ruolo del minore. Nascita di Abele. Caino lo uccide. Seth sarà l’antenato degli operatori, dei teurghi. Comunque dopo il diluvio, nessun Cainita. Noé perpetuerà la posterità di Seth (ma Cam reincarnerà Caino). Così da una razza pura usciranno, nel corso della storia, dei minori eletti, grandi e piccoli profeti. I Cohen vi saranno aggregati per elezione. La gnosi martinesista discerne, e si appropria, nelle cose ciò che attiene alle cose dello spirito, le simbolizza, vi conduce. Traccia il piano della figura universale dove tutta la natura spirituale, maggiore, minore ed inferiore opera; dove le immensità celeste e temporale che circondano l’immensità dell’asse fuoco centrale comunicano, attraverso l’immensità surceleste, con l’immensità divina. Per reintegrarsi ed aiutare alla reintegrazione degli altri uomini e di tutti gli esseri (nessuna reintegrazione completa senza reintegrazione universale), colui che ha questa vocazione sacerdotale, l’Eletto Cohen, considera il numero delle sue dita dei piedi (i numeri, fondamento di ogni legge di creazione temporale e di ogni azione divina…) e si documenta sui nomi degli angeli. Egli segue un’ascesi (atti di carità, regole alimentari, ecc.), una morale. Egli celebra la teurgia”5.

Per arrivare a questo altissimo scopo, Martinez propone una Via basata dunque su una costante purificazione e preghiera (si narra che il regime di vita dei Cohen fosse addirittura più severo di quello dei sacerdoti della Torah), le quali avrebbero permesso ai veri “Uomini di Desiderio” di ottenere manifestazioni visibili o auditive (i cd. “passi”, in genere glifi luminosi) celesti e sovracelesti, intermediari necessari tra l’uomo e Dio dopo la caduta di Adamo. Prima di praticare i riti teurgici, gli Eletti Cohen dovevano assistere ad una messa, senza dimenticare che la prassi quotidiana prevedeva preghiere da recitare ogni sei ore, in gran parte estratte dal breviario romano. Per un Cohen era ugualmente necessario recitare i sette Salmi penitenziali almeno ad ogni novilunio, o tutti i giorni successivi ai periodi delle operazioni, recitare l’Ufficio dello Spirito Santo tutti i giovedì, di recitare il Miserere rivolto ad oriente ed il De Profundis faccia a terra. Martinez affidava ai suoi emuli un corposo repertorio con i nomi ed i glifi segreti di ben 2400 spiriti (sia buoni che cattivi), indicando le fasi astronomiche favorevoli per le comunicazioni con ciascuno; non utilizzava – è bene farlo presente– la nomenclatura cabalistica tradizionale dello Schemamphorasch, che sarebbe invece stata usata dai neo- Cohen di R. Ambelain. L’apparizione dei glifi di spiriti buoni sarebbe stata la conferma della graduale ascensione del Cohen: dapprima il Cohen cercava infatti l’incontro col suo Angelo guardiano, poi con gli spiriti dei mondi superiori ed infine con «La Chose », la Shekinah della Cabala. La teurgia di Martinez mirava quindi essenzialmente ad ottenere le benedizioni degli spiriti buoni, oltre ad esorcizzare gli spiriti malvagi, scacciando le loro influenze negative che tendono senza posa ad allontanare l’uomo dalla sua missione. La costruzione massonica dell’Ordine peraltro, più che per una reale esigenza del Sovrano, serviva per fornire una struttura rassicurante ai suoi adepti e ad eventuali spie, al pari delle estenuanti giornaliere di stampo cattolico: il nucleo fondante dei Cohen è infatti sempre stato appunto il Culto teurgico, che richiedeva grande dedizione ed un rigore assoluto ma che prometteva di ristabilire l’Uomo nelle sue originarie prerogative. Da ciò, insieme alla grande complessità della cosmologia martinezista (basata sull’aritmosofia e su un parzialmente originale studio della tetraktys pitagorica), deriva la forte impronta lasciata dall’Ordine dei Cavalieri Massoni Eletti Cohen dell’Universo nel panorama esoterico dei secoli successivi, a dispetto della vita relativamente breve dell’Ordine e del suo fondatore. Il Culto primitivo degli Eletti Cohen L’Ordine era strutturato in dieci o undici gradi, includendo i tre gradi simbolici che Martinez considerava solo un brodo di coltura per i possibili teurghi (non a caso i tre gradi azzurri venivano conferiti simultaneamente): alla classe del Sagrato seguiva la classe del Portico, poi quella del Tempio ed infine quella del Santuario, riservata ai Maestri Réaux-Croix, in cui si attuavano quelle operazioni teurgiche per le quali il Cohen si era preparato in precedenza. Vari studiosi (René Leforestier, Papus, Gérard Van Rijnberk, Robert Ambelain e Robert Amadou per citare solo i più famosi) hanno cercato di ricostruire compiutamente la scala dei gradi, del resto più volte modificata dallo stesso Martinez.

Questo è un assetto verosimile:
1. Apprendista;2. Compagno; 3. Maestro; 4. Maestro Perfetto Eletto (o Grande Eletto sotto la banda nera); 5. Apprendista Eletto-Cohen (o molto marcato); 6. Compagno Eletto-Cohen (o doppiamente molto marcato); 7. Maestro Eletto-Cohen (o tre volte molto marcato, o ancora Maestro Scozzese); 8. Gran Maestro Cohen (o Grande architetto); 9. Grande Eletto di Zorobabele (o Cavaliere d’Oriente); 10. Commendatore d’Oriente (o Apprendista Réau- Croix); 11. Réau-Croix17 (o R+); tra i Réaux-Croix quali erano scelti i membri del già menzionato Tribunale Sovrano, i Sovrani Giudici che si firmavano appunto « S.J. » ovvero « S.I. ».

In generale, i rituali abbondano come visto di elementi cristianeggianti; al momento dell’iniziazione, il Cohen doveva infatti prendere due impegni precisi: oltre a quello (tipico delle società iniziatiche) di mantenere segreti i misteri dell’Ordine, c’era infatti la confessione di fede cattolica e l’assunzione dell’obbligo di fedeltà alla chiesa di Roma. Molti discepoli protestanti non esitarono a convertirsi. La gerarchia delle iniziazioni dell’Ordine aiuta il recipiendario a purificare gradualmente corpo, anima e spirito, per renderlo via via sempre più sensibile alla voce del suo spirito compagno o angelo custode, che poi gli aprirà le porte del mondo sovraceleste, verso l’Immensità Divina. Le cerimonie di iniziazione e di “aumento di salario” fanno infatti rivivere al recipiendario – sia pure in maniera tutt’altro che sistematica, visto che i rituali non sono mai diventati definitivi – tutti gli episodi della vita dell’Uomo, spiegati anche nel Trattato della Reintegrazione: la sua emanazione nell’Immensità divina, la missione originaria affidata all’uomo, la caduta d’Adamo nel mondo della materia e la sua risalita attraverso le sfere celesti. Per quanto riguarda la rituaria teurgica vera e propria, va dato atto che essa, pur ricalcando alcune modalità proprie della magia naturale, disprezza qualsiasi vantaggio materiale puntando decisamente alla Grande Opera. Tutto, nella teurgia cohen, tende a provocare l’irruzione dell’invisibile nel mondo visibile. I rituali, complice anche il fatto che i Cohen erano per lo più nobili, con molto tempo e spazio a propria disposizione, sono estremamente complessi e richiedono una lunga preparazione. L’Operante indossava un abbigliamento speciale. Vestiva completamente di nero: giacca, pantaloni, calze. Se desiderava essere perfettamente in regola con le istruzioni, di faceva confezionare un cappello e scarpe foderate con suole di sughero “affinché non vi fosse nulla di immondo e di impuro nel luogo e indosso”. Le scarpe dovevano essere, in ogni caso, del tipo detto “pianelle”, cioè senza quartiere, in modo da portare “a guisa di pantofole” e rapidamente tolte. Sopra il vestito nero metteva una veste bianca (alba) con un grande orlo, in basso, colore rosso e largo circa un piede; le maniche “a foggia di alba”, anch’esse con un orlo rosso, alto mezzo piede; il collo aveva lo stesso orlo alto tre dita. Sulla veste metteva ancora: un collare azzurro attorno al collo; un cordone nero dalla spalla destra al fianco sinistro, poi una sciarpa rossa “da destra a sinistra attorno alla cintura…” ed infine un’altra sciarpa verde mare “da sinistra a destra sul petto” (II, 83/84)6. Dopo i prescritti digiuni e abluzioni, in una data astrologicamente propizia indicata da Martinez si tracciavano sul suolo i pantacoli operativi (composti da cerchi concentrici, triangoli e quarti di cerchio), nonché i glifi degli spiriti interessati dall’operazione. Si piazzavano anche decine e decine di candele con precise corrispondenze simboliche: alcune di queste rappresentavano gli altri Réax-Croix assenti, che compievano quella specifica operazione in contemporanea (nonché ovviamente il Gran Sovrano). È un uso che si è parzialmente trasferito nell’Ordine Martinista, dove si accende un cero per richiamare i Maestri Passati (defunti). Particolarmente complessa (e macabra) era poi l’ordinazione al grado di Réau-Croix, che peraltro ci è giunta incompleta: “[essa] era conferita con tre cerimonie identiche, celebrate per tre notti consecutive e ciascuna delle quali era officiata da un diverso Potentissimo Maestro. L’officiante tracciava i cerchi e faceva “sia in preghiera sia in profumi” gli stessi atti liturgici di una Operazione ordinaria, poi offriva un “olocausto di espiazione”. La vittima era una testa di capretto o, in mancanza, di agnello maschio, ancora con la pelle ed i peli. Era necessario in modo assoluto che la testa fosse nera “altrimenti l’olocausto sarebbe stato azione di grazia e non di espiazione”. L’officiante adattava la testa “come si prepara il capriolo prima di sgozzarlo”. Accendeva tre “fuochi nuovi” nel fornello “secondo l’antico uso in cui si adoperavano casse grigliate (il cui fondo era a forma di griglia) per fare gli olocausti in campagna”. Sul fuoco posto a Nord della Camera di Operazione, metteva la testa con gli occhi, ma priva della lingua e del cervello; il cervello sul fuoco di Mezzogiorno e la lingua su quello dell’Ovest”.  Come rileva criticamente lo stesso R. Ambelain, “Martinez de Pasqually non ha ricevuto dai suoi Iniziatori rosicruciani che la sola Magia classica, quella trasmessa da Tritemio a Heinrich Cornelius Agrippa, e da quest’ultimo al suo discepolo, Pietro d’Abano. A ciò si deve aggiungere un apporto di Magia più particolarmente giudea, tratta dalla Scuola di Eleazar di Worms. Egli prende ugualmente alcuni elementi complementari dal celebre manoscritto detto di Abramelin il Mago. Viene in seguito la sua nota personale. Ebreo convertito, o proveniente da una famiglia di ebrei convertiti, egli «cattolicizza» terribilmente il sistema, sia per prudenza, sia per convinzione, sia per compiacere alla Casa degli Stuard, spiritualmente diretta dalla Compagnia di Gesù. Suo padre aveva ricevuto la nobiltà ed il titolo di scudiero (squire), perché la famiglia de Pasqually non figura negli armoriali di Francia né di Spagna, e nemmeno nel registro francese del 1696, dove sono i blasoni delle famiglie borghesi, mescolati a quelli della nobiltà. Dei dettagli puerili, che, se non colpivano l’uomo del 18° secolo, scioccano quello del 20°, fanno sospettare il carattere tradizionale del celebre «Repertorio dei 2400 Nomi, Caratteri e geroglifici». È che vi si incontrano anche gli ierogrammi […] della Regina di Saba! Si manifesta ella, sempre così tentatrice, ai Réaux-Croix? Certi tra loro hanno un aspetto familiare con gli ideogrammi del Culto Voodoo. E si sa che Martinez de Pasqually e i suoi fratelli (nel senso familiare del termine), possedevano dei domini e risiedevano a Port-au-Prince e a Léogane. Il fatto è stato inoltre osservato da Paul Chacornac. Infine, i profumi variano coi gradi; e più l’Affiliato ne sale la gerarchia, più gli elementi allucinogeni e meta gnomici appaiono e aumentano nelle loro diverse composizioni. Così l’Affiliato può immaginare che le sue percezioni (indiscutibilmente valide dal punto di vista magico) sono dipendenti dal grado e dai poteri che gli ha apportato! Quando fin dall’inizio, egli avrebbe ottenuto i medesimi risultati. Inoltre, le esigenze rituali quanto al luogo di sperimentazione: sala di 6 metri per 4 di media, totalmente priva di mobili, con porte e finestre orientate in quel modo o in quell’altro, «senza di che non ne riceverete punto il beneficio» (sic), tutto questo conduce a concludere che il Martinezismo antico è impraticabile per l’uomo della nostra epoca. Esiste per di più, in certi rituali, un carattere puerile abbastanza sgradevole, specificamente per l’ordinazione delle donne, lo scongiuro del Serpente, etc. Tutto ciò giustifica molto esattamente l’osservazione di L.C. de Saint-Martin a Martinez de Pasqually: «Ma infine, ci vogliono così tante cose per pregare Dio?…». Osservazione che non potrebbe essere più pertinente da parte del saggio allievo di Martinez de Pasqually. È su queste conclusioni che il moderno «Tribunale Sovrano » dell’Ordine degli Élus-Cohen, ha deciso la sua messa in sonno nel maggio 1968. Tenuto conto che noi abbiamo personalmente realizzato La sua risorgenza nel 1941, ci spetta di perseguire, se non di applicazioni impossibili, quantomeno di realizzarne un adattamento moderno. Esso
constituirà la parte operativa del nuovo Ordine Martinista Iniziatico, il suo Secondo Tempio”. Stupisce che queste righe provengano da colui che nel 1941 affermò di aver risvegliato l’Ordine Cohen, eseguendo con successo alcune operazioni di cabala teurgica; sia come sia, va dato atto che la manifestazione più elevata ammessa dal sistema martinezista, la Chose, si doveva manifestare tramite un’influenza spirituale che i Cohen chiamano intelletto, una manifestazione emanata da Dio o dai Suoi Angeli. Orbene, questo intelletto non avrebbe mai preso una forma corporea, manifestandosi invece sia con un suono specifico nell’aria, sia con una voce lenta che i Cohen chiamavano «la conversazione segreta tra l’anima e l’intelletto». In effetti, per Martinez il luogo privilegiato dell’incontro col Divino resta il cuore dell’uomo poiché è in questo tabernacolo che egli può ricevere le più grandi soddisfazioni così come i più grandi favori che il Creatore  gli invia8. Epperò, “Pasqually considera le “estasi della contemplazione divina”, come la comunicazione con gli Spiriti del che “ci hanno confermato la loro realtà”, la prerogativa dei “saggi e forti eletti del Creatore”, cioè una élite assai rara (I, 129). Il Minore Spirituale [leggi: l’uomo], quali che siano lo zelo e la virtù della sua ordinazione di Réau- Croix, non può pretendere Tutto ciò che può aspettarsi dagli Spiriti puri del Superceleste è che essi si degnino di entrare nel suo tabernacolo dalla porta d’Oriente [leggi: il cuore], per disporlo “a ricevere e a sopportare gli effetti di tutte le operazioni spirituali divine che vi si devono compiere con il Minore” (I, 185)”9. […omissis…] Sarebbe complesso – e per fortuna non spetta a noi – esprimere un giudizio complessivo sul sistema martinezista, soprattutto perché detto sistema non è mai stato portato a compimento né dal punto di vista docetico né pratico. Forse c’è stata qualche inadeguatezza, sia dal lato dei discepoli che dal lato del Maestro. Dalla copiosa corrispondenza che ci è giunta, ci sembra quasi di immaginarlo incalzare dai suoi discepoli, che gli chiedono spiegazioni sui rituali ancora da scrivere e su una dottrina ancora da delineare – e ciò per il solo fatto che Martinez aveva bisogno di proporre rituali massonicheggianti e dottrine cattolicheggianti. Probabilmente era impacciato col francese, magari non aveva il rango sociale di molti dei suoi devoti discepoli. Ma quando pensiamo a Martinez, ci vengono in mente queste righe di Papus: “Nelle prime sedute teurgiche, i nuovi discepoli vedranno la Cosa compiere azioni misteriose. Essi ne usciranno entusiasti e terrorizzati, come Saint-Martin, o ebbri d’orgoglio e di ambizione, come i discepoli di Parigi. Si sono prodotte apparizioni, e strani esseri, di un’essenza diversa dalla nostra, hanno preso la parola”10.La magia di Martinez era invero una santa magia, mirante a condurre il Cohen ad una vita spirituale sempre più intensa. L’esigenza della purificazione, essenziale sul cammino iniziatico, era senz’altro in cima alle priorità di Martinez; questo testimonia della sua buona fede, a dispetto dei risultati incompleti. L’abate Pierre Fournier già citato ci indica che le istruzioni giornaliere di Martinez «erano di portarci senza posa verso Dio, di crescere di virtù in virtù, e di lavorare al bene generale». D’Hauterive, in una lettera del Fondo Du Bourg, definisce il lavoro di un Cohen in quesi termini: Il rifiuto continuo del pensiero malvagio, la preghiera e le buone opere: ecco i soli mezzi di avanzare nella scoperta di tutte le verità, e, ciò che è ancora al di sopra, la pratica di tutte le virtù. Forse questo, più che l’oggettiva difficoltà di rispettare tutte le osservanze imposte dal Culto primitivo, fece sì che l’Ordine si componesse di pochi e motivati membri, mentre i tiepidi e coloro che si erano fatti iniziare per mera curiosità, ne uscivano rapidamente.

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Note

1.«Secondo Robert Amadou, suo padre, dal nome incerto, era nato ad alicante nel 1761 ed era un ebreo sposatosi con una cattolica, Suzanne Dumas de rainau a Bordeaux»; così aldebaran (nome iniziatico di G. ventura), note storiche sul Martinismo, p. 2, reperibili in rete. Contra r. ambelain, Martinism. History and doctrine, p. 11, disponibile in rete.

2.Si veda l’ottimo C. rebisse, Histoire, su www.martiniste.org.

3.Cfr. r. ambelain, op. cit., p. 19.

4.Martinez non parla

5.R.Amadou, Documenti martinisti, op. cit.

6.r. le Forestier, la Massoneria occultistica nel Xviii secolo, p. 50. vedi anche D. Clairembault, l’initiation au grade de réaux-Croix, su philosophe-inconnu.com.

7. R. le Forestier, op. cit., p. 64. vedi anche D. Clairembault, l’initiation au grade de réaux-Croix, su philosophe- inconnu.com.

8..Si veda D. Clairembault, Martinez de Pasqually, su philosophe-inconnu.com.

9.R. le Forestier, op. cit., p. 78.

10.R. le Forestier, op. cit., p. 78.

MARTINEZ DE PASQUALLY E L’ORDINE DEGLI ELETTI COHENultima modifica: 2018-05-17T18:10:24+02:00da mikeplato
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