L’ANGELO NECESSARIO secondo MASSIMO CACCIARI

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Il filosofo Massimo Cacciari scrive L’Angelo Necessario nel 1986. Egli ritiene impossibile sia contrapporre (come avviene con Karl Barth) che relazionare dialetticamente (come accade in R. Guardini) l’angelo biblico e l’angelo delle religioni “pagane”. C’è una continuità di fondo tra i due angeli, anzi l’angelologia biblica non conosce, di fatto, una vera autonomia. L’angelo biblico dovrebbe essere creatura libera, ma anch’esso, come accade agli angeli descritti da Ezechiele e accadeva per gli angeli della tradizione religiosa babilonese, sta sotto “il segno demonico della necessità”. Proprio l’angelologia è la “fondamentale riprova di quel rapporto vivente tra paganesimo e rivelazione di cui, da opposti punti di vista, parlano Schelling nella Filosofia della rivelazione e Rosenzweig nella  Stella della redenzione. La lotta, se di lotta si può parlare, tra L’Angelo della rivelazione e Angelo delle religioni si risolve inevitabilmente con la sconfitta del primo. L’angelo “pagano” vive come eterno presupposto, eternamente tolto, ma eternamente rammemorato nelle figure angeliche della rivelazione. L’iconografia cristiana in campo angelologico è stata refrattaria, alle origine nel rappresentare l’angelo con le ali (abbiamo numerosi esempi negli affreschi delle catacombe, su vari sarcofagi paleocristiani, di angeli senz’ali, vestiti di tunica e pallio, a volte perfino barbuti) per distinguere in modo netto l’immagine dell’angelo cristiano da quella alata della pagana Vittoria. Ma con la definitiva affermazione del cristianesimo si avrebbe la rivincita dell’antica dea, la cui immagine trionfa nelle “coppie di angeli che sovrastano i  mosaici presbiterali nella chiesa di San Vitale di Ravenna. Poiché nessuno più la “ricordava”, ecco che ella poteva fare ritorno. Paradossi della memoria, ma paradossi anche dell’angelo, che per tanti, essenziali aspetti dovrà sempre “ricordare” il proprio passato demonico” (non “demoniaco” , che è cosa diversa). È dunque , per egli, una pura illusione quello, ad esempio di Guardini di poter disincagliare e purificare l’angelo ebraico – cristiano dai suoi legami religiosi per poi successivamente inverarli: è piuttosto l’angelo del religioso a trascinare con sé nel suo mondo l’angelo della fede. In tal senso e inutilmente i dottori del Talmud cercheranno attraverso estenuanti allegoresi, di “purificarne”la figura. Inutilmente l’ortodossia scolastica tenterà analoghe vie. Da tutta l’immaginario della cristianità, dell’ebraismo, dell’islam, ritorna il Karibu assiro. Di queste “pericolose” affinità il Talmud era ben consapevole: così si esprimeva il rabbino Simeone ben Laqisch (III secolo): “I nomi degli angeli sono venuti con quelli che tornarono da babilonia”. Questo è per Cacciari il vero dramma irrisolto dell’angelologia. Non c’è catarsi né possibile terapia: “Solo abolendo l’angelo stesso sarebbe possibile “guarirlo” da tali immagini” che lo condizionano irreversibilmente. La dipendenza dell’angelo biblico dall’angelologia babilonese è esplicita nella dimensione astrale, anzi zodiacale, che caratterizza gli stessi angeli biblici, guardiani del tempo e quindi nocchieri del corso dei mesi e delle stagioni, dell’alternarsi del giorno e della notte, della crescita dei frutti. In Dante, l’angelologia fondata sul ritmo della necessità astrale apparirà in tutta la sua evidenza. Nel grande poeta l’idea dell’angelo come “animal necessitato”, come un ente inesorabilmente collocato nell’ordine cosmico giunge infatti alla sua dura espressione. Un’immagine dell’angelo quella dantesca, insieme trionfale e necessitata. Essa ha dietro di sé le grandi angelologie cristiane di Agostino, Bonaventura e Tommaso e ne disvela la palese impotenza di svincolarsi dal paganesimo angelologico.Il problema irrisolto (ovvero il legame indissolubile con l’angelo delle religioni “pagane”) pere l’angelo cristiano è tutto qui: come coniugare libero arbitrio e necessità (predestinazione)? Un angelo, come quello biblico, che si è deciso una volta per sempre per o contro Dio, non si è forse insieme e per sempre consegnato a una “necessità”, quella di angelo salvato oppure di angelo perduto? E allora non si ritorna forse nella “logica” zodiacale con le influenze astrali fauste e infauste, angeliche e demoniache? Questo, per Cacciari, non è un problema ma il problema dell’angelologia giudaico – cristiana: “Come liberare davvero l’angelo dalla necessità astrologica di questo ritmo, che incessantemente sembra sedurlo verso le figure dell’idolo e del demone, conta minando la sua funzione teofanica? Come immaginare la “libertà” dell’angelo, se la sua figura proviene da quelle rappresentazioni mitologiche e zodiacali,e  ancora vi si accompagna?”. La figura dell’angelo biblico sembra riaccostarsi drammaticamente a quell’astrologia dalle cui spire aveva cercato in ogni modo di liberarsi. La lotta dell’angelo della fede con l’angelo del religioso non può così concludersi, per Cacciari, che in “un grande scacco”. E, al di là delle tesi di Cacciari, rimane il vero problema aperto per la riflessione angelologica in generale e, in particolare, per l’angelologia cristiana.Ma angelo necessario a che cosa? L’Angelo educa, conduce a una conoscenza diversa da quella che si sviluppa in rapporto al visibile. «L’Angelo testimonia il mistero in quanto mistero, trasmette l’invisibile in quanto invisibile, non lo ‘tradiscÈ per i sensi». In questo, si oppone radicalmente al daimon, che è al servizio di una fatalità cosmica e impone ogni volta il vincolo della cosa e alla cosa. L’Angelo è l’ermeneuta del movimento opposto: quello che guida fuori dalla lettera, quello che va, non già dall’idea alla cosa, dal segno al rappresentato, ma dalla cosa all’invisibile. Cacciari elabora questa sua lettura filosofico-teologica dell’Angelo attraversando i testi e le immagini, a partire dall’antichità giudaico-cristiana o pagana o iranica sino a Klee o a Rilke o alla riflessione di Henry Corbin. Qui torna a porsi il problema della rappresentazione e l’Angelo aiuta a configurarlo come un vero dramma gnoseologico che si svolge sulla soglia di quello che Corbin ha definito il mundus imaginalis. E intanto l’attenzione si fissa sulla fisiognomica degli «ultimi, grandi incontri» con l’Angelo. Ora gli Angeli diventano simili a «dèi dell’istante», «lampeggiano e scompaiono». Ormai sottratti a ogni stabile gerarchia, sedotti e quasi irretiti dall’umano, questi ultimi Angeli serbano in sé un riso, una disperazione e una paradossale libertà che ci sono più che mai essenziali. Grazie a loro, come scrisse Rilke, «raccogliamo disperatamente il miele del visibile, per custodirlo nel grande alveare d’oro dell’invisibile».

L’ANGELO NECESSARIO secondo MASSIMO CACCIARIultima modifica: 2019-02-23T20:11:55+01:00da mikeplato
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