La Preghiera nella Tradizione

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Quelli che appartengono a Melkisedeq conoscono il valore della vera preghiera. Essi da una parte glorificano l’Altissimo come tutti i grandi esseri del cosmo, dall’altra pregano non per ottenere benefici materiali ma conoscenza e sapienza salvifica, poiché il Re del Mondo offre beni eterni per il cielo e non i beni corruttibili per la terra (Matteo 6:19), beni che procurino benessere all’anima più che al corpo; questi ultimi concedibili da colui che governa le cose materiali, il Princeps eius mundi, come è evidente da Luca 4:6 nell’occasione della tentazione da parte di Satana nei confronti di Gesù: “Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la dò a chi voglio. Se ti prostri davanti a me, tutto sarà tuo”. La preghiera all’Altissimo deve trovare la sua ragion d’essere nel trionfo sull’Albero del bene e del male (croce della materia) e non certo nello stare bene in questo mondo. Questo era un punto fermo della tradizione esoterica di Zarathustra e dell’intero Avesta: “Ai saggi che tu conosci degni di Verità, concedi tutto quello che il loro cuore brama di conseguire, perché so che tu non vanifichi le preghiere rivolte a un nobile fine” (Yasna 28:10). Perfino il Corano II:200 ci insegna: “C’è gente che chiede a Dio: «Signore dacci delle cose del mondo» e non avranno parte nell’altro”. Giacomo, il fratello del Signore, disse: “Chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri”. Chi è abituato a questo tipo di preghiera prega un Dio immaginario, o meglio un egrègora composta da tutte le forme-pensiero della gente, tagliata a misura delle proprie esigenze e della propria visione dell’universo. Quando il grande Mosè disse che Elohim creò l’uomo a sua immagine -wa ibera Elohim aeth ah Adam be tzallem (Genesi 1:27)- sapeva bene che purtroppo accade anche il contrario, ossia che l’uomo ribelle si crei il proprio Dio a propria immagine, vedendolo come egli è, laddove l’Altissimo è totalmente estraneo alla percezione e all’immaginazione dei mortali. E’ la conseguenza aberrante dell’inefficienza e dell’astuzia dei poteri religiosi che nulla insegnano sullo spirito. Meister Eckart affermò il principio della preghiera per glorificare l’Altissimo, e non per chiedere favori materiali: “Chi chiede questo o quello, chiede il male e chiede male, giacché chiede la negazione di Dio, e pregare che Dio gli si neghi è una bestemmia” (L’Uomo Nobile). Per Eckart, l’Uomo Giusto non deve pregare, nel senso di chiedere, ma può invece comandare a Dio: la preghiera, come richiesta, è infatti bestemmia, giacchè presuppone un Dio diverso dall’Io, e un Io autonomi, a cui Dio viene sottomesso; ma in quanto si è nell’Uno, la preghiera non è più azione strumentale su un Altro che serve a noi, bensì vita interna all’Uno stesso, ed in questo senso si costringe Dio, giacchè l’azione è tutta quanta all’interno della stessa realtà che è lo Spirito. Gesù affermò: “Non pregate (Tommaso 6)…Se pregherete sarete posti sotto giudizio (Tommaso 15)”, e “Pregate in segreto (Matteo 6:5)”, ossìa in solitario e rivolti verso l’intimo, anziché nelle pubbliche piazze e luoghi di culto, invitando a fare la volontà del Padre piuttosto che chiedere istintivamente aiuto. Solo i morti pregano verso l’esterno e si radunano per farlo, mentre i viventi si isolano per intrattenersi con Dio, meditano fino ad ottenere una forza propria generata dall’intimo,e non chiedono ad esseri esterni protezione. Gesù insegnava a cercare prima il Regno di Dio (in noi), perché il Padre sa di cosa il vero fedele ha bisogno,prima ancora che glielo si chieda (Matteo 6:8): “Cercate prima il Regno, il resto vi sarà dato in sovrappiù (Luca 12:31)”. Se la Legge-Tradizione suprema insegna l’accordo con la volontà di El Elyon, ne consegue che pregare per chiedere qualcosa alla divinità è un puerile tentativo di piegare il Signore alle nostre esigenze piuttosto che sottomettersi al suo volere. Per questo Gesù è adirato con la gente profana, capace solo di chiedere a fini materiali e corporali: “Generazione incredula e perversa (n.d.a. chiamava così la generazione mortale, la classe degli ilici)! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi?…Folle numerose venivano per farsi guarire dalle loro infermità, ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare” (Luca 5:15-16). Il vero iniziato non prega mai, e anche nelle avversità sa che tutto è giusto e perfetto. Il vero iniziato annulla la propria volontà egotica e attende che sia il suo Signore ad agire in lui ed attraverso di lui, sempre che ne sia degno. Nelle sacre invocazioni dell’Avesta, mai una volta Zarathustra chiede ad Ahura Mazda benefici o aiuti materiali. Lo loda e lo glorifica continuamente, chiedendo solo che Ahura Mazda gli accordi Asha (Verità) e Vohu Mana (Buon Pensiero) per servirlo al meglio, proprio come Salomone invocava Dio affinchè gli accordasse la Sapienza divina: “Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della Sapienza. La preferìi a scettri e a troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto…Quanti se la procurano si attirano l’amicizia di Dio” (Sapienza 7:1). Le parole di YHWH a Salomone fanno intendere chiaramente cosa occorra realmente chiedere: “Poiché hai domandato questa cosa e non hai chiesto per te né una lunga vita, né ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, mi hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause, ecco faccio come tu hai detto, ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te, né sorgerà dopo di te. Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria come nessun altro re ebbe mai” (1 Re 3:11). Il peresaiti del puro mazdeismo non è una preghiera irriverente, ma un vero e proprio dialogo con la divinità. Ahura, per il mazdeo, conosce le necessità dell’orante. E’ il cristianesimo degenerato della Chiesa Cattolica ad aver isegnato ai fedeli l’uso della preghiera in forma di supplica al fine di ricevere piuttosto che dare; istigando così a pregare e a venerare il Mammona di questo mondo. A questi falsi ministri della fede si rivolgeva Gesù dicendo: “Pregando, poi, non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole” (Matteo 6:7). In Tommaso 69, il Maestro afferma il principio della vera preghiera come meditazione mistica: “Entra nella tua camera (n.d.a medita tra te e te, nella camera della tua mente) e chiudi la porta su di te e prega tuo Padre che è nel segreto (n.d.a. nell’interno di tutte le cose)”. Secondo Gesù, il fedele deve chiedere virtù e conoscenza, ed esprimere la volontà che ciò che di giusto ha chiesto per la sua evoluzione spirituale gli venga concesso. La fede è forza di volontà pura che può ottenere effetti se potente a sufficienza: “Tutto quello (n.d.a. di natura spirituale) che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato” (Marco 11:24). Questi princìpi furono ripresi nelle leggende del Graal, allorchè è detto che Percival fece precipitare il regno (il suo interiore) poiché non pose inizialmente la domanda giusta al Re Pescatore: “A chi viene servito il Graal? Di chi è al servizio?”. E’ questa la domanda che ognuno di noi dovrebbe fare al proprio Signore e Padre: “Cosa posso fare per Te? Come posso servirti al meglio?”, anziché chiedere benefici materiali. E’ un principio graaliano che trova il suo fondamento in Matteo 7:21 e 6:7, in cui Gesù dice: “Non chi mi dice «Signore, Signore!» entrerà nel Regno, ma solo chi fa la volontà del Padre mio”. Gli iniziati non hanno mai pregato un Dio sovrano a cui chiedere aiuti materiali, ma il proprio Padre interiore, Abbà, come usava Gesù; non quindi altro da sé, come fanno i profani-pagani completamente immersi nella realtà esterna, ma il superiore gerarchico di sé stessi. Essi, sentendosi non di questo mondo, devono comunicare con il Padre, e non con un generico “Dio”, perché questa invocazione può significare tutto e niente, come dimostra il cabalistico Keter Sem Tov : “Quando preghi, sappi davanti a chi ti trovi”. Servire ed aiutare il proprio Signore significa aiutare la parte eterna e malata di sé stessi, intrappolata nella materia. Il Sacro principio del Graal vuole che sia l’uomo ad offrirsi a Dio, poiché egli nasce già con un debito nei suoi confronti. E’ l’uomo che deve servire Dio e gli deve chiedere come lo può fare al meglio. Il manifesto della vera preghiera è svelato anche da Pico della Mirandola nelle XXXIV° Conclusione qabbalistica : “Chi avrà capito perché sta scritto «Abramo nascose la sua faccia (Genesi 17:3)» e »Ezechia volse il volto verso la parete (Isaia 38:2)» saprà quale debbano essere l’atteggiamento e il modo di fare di chi prega”. In Genesi 19:27 è detto che Abramo si svegli di buon mattino. Nelle XXXVII Conclusiones, Pico afferma che si tratti dell’orazione dell’alba, quell’orazione con la quale gli Esseni salutavano la Stella del Mattino (Sirio) e il sorgere del Sole. Dio vuole che noi ritorniamo a lui; sono gli umani ad essere interessati al benessere materiale, la cui illusione li incatena al ciclo delle morti-rinascite. La via del Cristo è la spada (guerra interiore, distruzione dell’Ego), non la pace. Chi cerca una vita tranquilla su questa terra è lontano anni luce da Dio. La vita è sacrificio, e l’uomo deve attuarlo per tornare ad essere ciò che veramente è. Per questo il simbolo della Tradizione è Caino, colui che è disposto ad assassinare la sua parte umana (Abele) pur di tornare a Dio. La richiesta da fare al proprio Dio è quella di ottenere conoscenza e consapevolezza, di ottenere quell’intelligenza attraverso la quale poter iniziare a conoscere Dio, a vederlo in tutti e in tutto. Dio si attende da noi solo questo e non altro. Pregare l’Altissimo, drizzando il collo verso un ipotetico cielo e impietosendo come un cane sotto la tavola quattro briciole, non è contemplato dalla vera Tradizione e non è cosa da iniziati. In questo consiste il “servizio”, poiché l’Altissimo, come espresso magistralmente dal Corpo Ermetico, vuol essere solo conosciuto: “Questa è l’unica possibilità che l’uomo ha di renderti grazie: conoscere la tua maestà”

La Preghiera nella Tradizioneultima modifica: 2009-02-09T10:37:34+01:00da mikeplato
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2 Responses

  1. Maestri
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    BS”D

    >> Pico afferma che si tratti dell’orazione dell’alba

    Pico non ha fatto una grande scoperta, in questo caso. I Maestri della Torà l’hanno detto tanti secoli prima di lui, che l’ha solo ribadito…

  2. julianrosenberg
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    chiedere nella preghiera benefici materiale non è consuetudine da screditare bensì da ‘gerarchizzare’;”chiedete per primo il regno dei cieli e il resto vi verrà dato di conseguenza”!in tutte le tradizioni esoteriche si utilizza anche la realizzazione “materiale” per poi proseguire in un graduale distacco che solo chi si è già “rimpinzato” di cose terrene può avere!diversamente tranciare a priori i desideri terreni nascondendoli sotto al tappeto vuol dire seguire un’immatura via ascetica priva della consapevolezza della materia;come origene che si evirò per sfuggire alla “carne”.se l’anima se l’è scelto un corpo tanto vale comprenderlo prima e trascenderlo poi!

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