Lo Sciamanesimo (intervista)

1 Professor Zolla, il tema dello sciamanesimo attraversa la sua opera come un elemento costante di interesse e di polarizzazione di significati. Quali sono state le tappe di tale ricerca?

Ho conosciuto queste indagini grazie al grande trattato di Mircea Eliade sullo sciamanesimo: in tale opera non si parla degli sciamanesimi più importanti dell’Asia, come quelli birmani, coreani o giapponesi, ma in essa venne presentato il mondo sciamanico come un tutto. Tale idea di unità non risale a Eliade, ma a Herder che, all’inizio dell’Ottocento, scoprì l’importanza dello sciamanesimo come stato primordiale dell’umanità e quindi cominciò a parlare dell’unità del mondo sciamanico. Ma la dimostrazione particolareggiata di questa grande unità la fornì soltanto Eliade che fonda tale idea di unità sull’esperienza avuta in India, dove assimilò perfettamente la metafisica tradizionale, trovando l’ancoraggio dal quale partire per intendere a fondo lo sciamanesimo.

Una delle principali fonti sullo sciamanesimo è costituita dai testi russi; vanno anche menzionati, nella letteratura americana, il notevole materiale rappresentato dai volumi della Smithsonian Institution che raccolgono le indagini fatte nelle varie tribù, a partire dalla fine dell’Ottocento fino ai giorni nostri. Oltre che indagini scientifiche, antropologiche, ogni ricerca racchiude anche una storia umana: ci furono infatti grandi esploratori che dedicarono la loro vita allo studio dei Pellerossa e, grazie a loro, possediamo valide testimonianze di grandi sciamani, i quali esposero tutte le loro esperienze a questi esploratori. La letteratura a disposizione oramai è sconfinata.

Lo studio critico dello sciamanesimo cominciò alla fine del Settecento, quando importanti ricercatori tedeschi andarono in Russia a studiare gli sciamani; al tempo stesso, l’idea dello sciamanesimo si diffuse anche tra i grandi autori inglesi. Coleridge fu uno dei primi a parlare di una «seduta sciamanica» in ambito eschimese, in The destiny of nations, dove descrive accuratamente l’esperienza di uno sciamano che penetra, immaginativamente, nelle profondità del mare e lì scopre la dea che si ravvia i capelli, tormentati dai peccati degli uomini, riesce a sfuggire ai mostri che l’inseguono.
Lo studio dello sciamanesimo si è diffuso molto lentamente: per più di un secolo si è diffuso adeguatamente, fino a culminare nell’opera di Eliade.
Successivamente se ne appropriò l’etnologia, che si concentrò sulla distinzione tra possessione e viaggio sciamanico. La psiche occidentale si costruì una difesa dallo sciamanesimo per non doverne riconoscere l’ampiezza, il significato; si difese dall’attrazione dello sciamanesimo, dalla facoltà di utilizzare in pieno la fantasia. La fantasia europea era una parte della psiche corrotta, diminuita, disprezzata, mentre nello sciamanesimo la fantasia è la guida alla quale ci si affida per conoscere i grandi misteri dell’esistenza.

Ci fu il tentativo di considerare gli sciamani dei depravati, dei pervertiti, chiudendoli così in un manicomio: basti pensare che l’uomo che si dedicava allo sciamanesimo spesso era un omosessuale, tanto che in Siberia si diceva: «La sciamana mangia lo sciamano». Quindi si provò a collocare nella bolgia dedicata agli omosessuali dal sistema morale europeo tutta l’esperienza sciamanica; ci fu la categoria della schizofrenia, entro cui confinare lo sciamanesimo; si tentò anche di associarlo a malattie particolarissime, come il latah dei Malesi, caratterizzata dalla perdita della personalità.

Per lo più l’antropologia attuale è guarita da questa «malattia infantile» ed accetta che lo sciamano non è un menomato mentale, ma è il più capace della tribù: non è necessariamente il capo, ma è chi guida la mente della tribù.

2 In cosa consiste lo sciamanesimo coreano?

Quello coreano non è uno sciamanesimo perfettamente libero perché ha subito una persecuzione che risale più o meno all’anno Mille, con l’introduzione del Buddhismo in Corea. Il Buddhismo era ovviamente avverso allo sciamanesimo, perché l’ideale sciamanico consiste in un richiamo alla bella vita, mentre il Buddhismo invita a riconoscere la vita come dolorosa e a basarsi su questa constatazione per trascenderla. Ci fu poi la lunga parentesi confuciana della Corea, dalla metà del secolo XIV fino agli inizi del Novecento sotto un’unica dinastia, la quale impose l’ideologia confuciana, ponendo in primo piano la società e i suoi bisogni e sottomettendo l’uomo con una serie di rituali che lo conformavano alle esigenze sociali. Per tale società lo sciamanesimo rappresentava uno scandalo, ma, sopravvisse, anche se maledetto ed escluso dal centro della vita sociale. Il popolo non volle mai disfarsene, tanto più che ci furono anche imperatrici sedotte da sciamane. Nella Corea del Nord il regime comunista lo ha represso, almeno alla vista; lo sciamanesimo, infatti, ha continuato a vivere adottando una mitologia nuova; non è un caso che fra le attuali figure della visione sciamanica coreana figuri anche il generale cinese dalle molte vittorie, personaggio abbastanza recente rispetto alle origini, probabilmente tunguse, dello sciamanesimo locale.

L’attuale modello di cerimonia sciamanica è articolato in dodici parti, nel corso delle quali la sciamana sale lungo una scalinata, che dal mondo umano va verso i cieli, in una serie di fasi durante le quali si cambia di abiti: prima indossa il costume comune, poi si veste da generale cinese, poi indossa altri abiti ancora e infine perviene all’alto dei cieli, dove incontra il dio della vita e della vitalità, accompagnato dalla sua tigre: lì ottiene ciò che desidera. Quindi scende in altre dodici fasi. Ho provato a sovrapporre tali fasi a quelle dello zodiaco locale e mi sembra che coincidano abbastanza, dimostrando come questa cerimonia sia il riassunto di tutte le possibilità che la vita offre. Tale cerimonia rappresenta un’esperienza totale, nella quale la sciamana vive tutte le parti possibili e improvvisa una serie di poesie deliziose, basate su un testo fondamentale, sul quale divaga, a seconda di come la cerimonia procede.

Queste sciamane sono dunque poetesse, cantanti e grandi acrobate, in quanto danzano in vario modo per rappresentare la loro ascesa e per entrare in trance: in un certo senso, sono anche delle grandi guaritrici, perché qualunque malattia si offra alla loro attenzione, riescono a sanarla modificando l’immaginazione, i sentimenti, l’interiorità del malato, rendendolo partecipe del rito. Così come il malato partecipa del rito, allo stesso modo si partecipa di quel grande spettacolo che ritorna alle origini del cosmo e ripropone l’origine dell’anno. La sciamana, fra l’altro, per guarire, insegue l’anima, allontanatasi dal malato, in tutti gli anfratti dell’al di là, fino a riprenderla. Oppure rievoca gli spiriti del padre e della madre del malato, quindi li impersona, trasformandosi in loro. La guarigione sciamanica, dunque, guarisce fino alle fibre che per prime hanno vibrato alla vita, alle fibre del fanciullino che in ognuno si nasconde.

3 Nelle sue opere Lei sembra guardare in modo particolare all’archetipo del matrimonio dello sciamano con gli esseri soprannaturali e seguirne le specificazioni, le forme assunte nella storia della cultura. Potrebbe tratteggiare i passaggi più salienti dell’incarnazione di questo archetipo nella storia della cultura?

È fondamentale comprendere che lo sciamanesimo non è limitato al mondo rappresentato da Eliade nel suo grande trattato. Lo sciamanesimo è presente anche nei Vangeli: allorché il Cristo guarisce gli indemoniati, partecipa a un’azione di tipo sciamanico. Mi sembra, dunque, molto strano che dei popoli che credono di basarsi sui Vangeli, non abbiano dimestichezza con la vita sciamanica, la quale non dimostra altro che questa facoltà di risanamento, di esorcismo. Anche la Grecia, che è il punto dal quale si fa partire la cultura occidentale, era un paese sciamanico: i grandi eroi orfici della Grecia, infatti, non erano altro che sciamani; anche l’intellezione della tragedia greca è impossibile se non ci si immedesima con esperienze di tipo sciamanico. Si prenda, per esempio, il caso di Cassandra: responsabile di non aver voluto un figlio da Apollo, aveva avuto l’esperienza tipica della sciamana, ossia sposare un dio, tuttavia non aveva ceduto interamente a lui. Pertanto ritengo che senza tener presente le esperienze sciamaniche, non sia possibile comprendere chi fosse effettivamente Cassandra.

Come per il caso di Cassandra, nell’interpretare altri fenomeni si è trascurato spesso uno dei princìpi fondamentali dello sciamanesimo: quale lo sciamano, per acquistare la sua potenza, l’uso pieno della sua fantasia, deve avere un’esperienza particolare, un’esperienza erotica con la divinità. Quindi lo sciamano deve diventare l’amante della Grande Dea. Ma come fa a ottenere tale risultato? Tutti sognano di avere rapporti erotici: lo sciamano non è altro che una persona in grado di organizzare questo istinto fondamentale dell’uomo per costruire, plasmare, una grande avventura. Lo sciamano cheyenne, per esempio, si proietta in una caverna del monte cosmico e lì viene a contatto con la Grande Dea, la quale è capace di produrre abbondanza, di dare tutti i benefici all’umanità. Soltanto seducendola, egli raggiunge il suo fine.

Quella dello sciamano è un’esperienza fondamentale, che può essere rappresentata da un amore passeggero o addirittura, come succede in molti popoli, da un matrimonio. Per esempio, tale genere di matrimoni è una parte essenziale della vita vudù; allo stesso modo, in molti popoli della Nigeria e del Togo è comune l’idea che il sacerdote sia colui che è sposato alla dea, o addirittura colui che, a un certo punto, si immedesima con la dea, cominciando a vestirsi da donna.

4 Cosa accadde con l’avvento del Cristianesimo? Quanto la visione teologica totalizzante trasformò l’immaginario umano?

Il grande avvio della fantasia cristiana ebbe luogo in Egitto grazie ai primi eremiti rifugiatisi nel deserto. Tra di loro, infatti, ci fu un eremita, il quale ebbe una visione di tipo sciamanico, nella quale superò tutte le difficoltà sciamaniche, proiettate in veste di peccato, pervenire infine alla suprema potenza, conferitagli dal dio cristiano o dalle divinità inferiori del Cristianesimo, ovvero i vari santi, spiriti e angeli. Questa fu l’origine della fantasia cristiana, che poi alimentò tutta la grande mistica.

Pertanto ritengo che nel Cristianesimo ci fu una trasformazione della denominazione degli eventi, non una trasformazione degli eventi sciamanici stessi, anche perché tutte le grandi esperienze mistiche si rifecero a questo paradigma.

5 Nelle sue opere dichiara di rinvenire dei forti tratti sciamanici nella letteratura cortese europea. Ciò appare assai significativo proprio perché le semplici interpretazioni in termini di letterature comparate non arrivano a rendere conto di un fenomeno così complesso, che crea un gioco di richiami tra culture dichiaratamente diverse, come quella europea e quella islamica. Ma quale fu l’origine di tale letteratura?

Per rispondere a questa domanda, è possibile partire dal Corano, o meglio dal rapporto che ebbe il Profeta con gli abitanti de La Mecca, i quali avevano un culto per alcune dee con le quali amoreggiavano secondo gli schemi di un rapporto puramente sciamanico. Maometto si oppose a questo culto, detto dei jinn, sostituendolo con il suo. Egli dunque disse ai Meccani, per distoglierli da questo culto, che se avessero rinunciato subito ad avere rapporti erotici con i jinn, nell’al di là avrebbero ottenuto molto di più, ovvero le huri, le compagne deliziose, sempre vergini, di chi si è comportato piamente nella vita.

Questo discorso diede origine a una serie di conseguenze: nell’Islam i primi Sufi, o esoteristi, cominciarono a pensare che le huri potessero anche essere percepite, in qualche maniera, in vita; ne cominciarono una sorta di culto, anche se in veste islamica, finché ci fu la grande esperienza di Ibn Arabi il quale, durante il suo pellegrinaggio a La Mecca, incontrò prima una deliziosa fanciulla di Isfahan che lo fece innamorare e assurgere al massimo dell’esperienza mistica. Successivamente incontrò un giovinetto che lo portò a un’esperienza ancora più profonda. Questa è la base da cui partì tutta l’esperienza trovadorica europea.

A tal proposito vale la pena ricordare che i poeti dello Stil Novo si chiamavano fra loro «donne» come, d’altra parte, chi aveva un rapporto con una Grande Dea, a un certo punto si trasformava in lei. Il fatto che si chiamassero «donne» era dunque l’indicazione di un’esperienza precisa: Dante, Cavalcanti e Guinizelli avevano fra loro un rapporto di comunicazione atto a informare del grado che ciascuno aveva raggiunto. In altre parole, si trattava di scambi fra «donne» su esperienze rarissime, difficili da esprimere con le metafore comuni e che, pertanto, solo raramente furono espresse chiaramente. Per esempio ne La vita nova ci sono pagine straordinarie, nelle quali Dante spiega, in termini che potrebbero essere proprio quelli di uno sciamano, la sua elevazione alla conoscenza di Beatrice. Ma chi era mai Beatrice? Le ricerche su quale donna di carne e ossa della Firenze dei tempi di Dante si potesse far coincidere con Beatrice sono abbastanza inutili, poiché essa rappresentava la Somma Dea, cioè la figlia del fondatore dell’universo. Quindi Beatrice ebbe esattamente la funzione della Grande Dea delle religioni primitive e non fu una figura che Dante trasse dalla teologia cattolica.

6 La Dama come «eterno femminino» sembra emergere nel Romanticismo tedesco con una sua rilevanza. In particolare Lei, ne L’amante invisibile, parla dell’incarnazione dell’«eterno femminino» in Goethe. In quale opera Goethe fece un esplicito riferimento a tale tema?

Goethe nascose i propri convincimenti esoterici nelle sue opere, salvo che nel Wilhelm Meister dove ne fece una spiegazione totale, completa. È straordinario come in questo romanzo, che sembra realistico, all’improvviso Wilhelm, il protagonista, si innamori di una donna che è al di là dei pianeti. Goethe, dunque, mentre sembra presentare la descrizione di un essere femminile vero e proprio, estremamente elevato, come un angelo sollevato al di là della sfera planetaria, in realtà sta enunciando, in modo molto semplice e preciso, una esperienza sciamanica, ovvero la scoperta della donna che è al di là delle influenze planetarie e che si trova verso stelle come Sirio e Aldebaran.

Quindi all’interno di tale opera compare quella visione dell’«eterno femminino», altrove incarnato da Beatrice o da Laura, all’origine della grande poesia europea.

7 Nella modernità sembrano rarefarsi le tracce più vitali dello sciamanesimo. Cosa ha determinato questa sorta di depotenziamento dell’archetipo?

Potrei rispondere che sono state le fiamme che hanno avvolto Giordano Bruno, che fu il massimo teorico della fantasia e dell’uso della fantasia come metodo per allenare la memoria. Non è un caso che oggi i suoi libri sulla memoria non si comprendano a pieno, risultano molto difficili. Dunque è possibile considerare Giordano Bruno come l’ultimo a essersi occupato di questa utilizzazione della fantasia, di questo irrobustimento della fantasia finalizzato all’accrescimento della memoria per ottenere una conoscenza più profonda. Pertanto è all’inizio del Seicento che comincia a cedere la fantasia europea. È possibile considerare il Tasso come l’ultimo grande poeta epico dell’Europa, poiché con esso si vede morire tutto l’insieme dei prodotti della fantasia che un tempo rallegravano la vita. La nostra attuale fantasia non ha nulla in comune con quella di un qualunque seguace del vudù di Haiti: la nostra fantasia non riesce nemmeno più ad affrescare una chiesa.

Di contro, la fantasia sciamanica riesce a ordinare il cosmo evocando un archetipo fondamentale, quale l’ascesa di una montagna, l’entrata in una caverna e la scoperta, in fondo alla caverna, della Grande Dama che concede la vita. Questo è uno degli schemi più antichi, più diffusi, che è possibile trovare in tutti i popoli. Laddove si trasforma la scena, non cambia nulla del sostrato. Un’altra storia prototipica è rappresentata dallo sciamano che si immerge nel mare fino alle massime profondità e, in un anfratto della costa, entra in una caverna dove incontra la divinità, principio della vita e fondamento dell’esistenza. In altre storie, invece della salita o della discesa, vi è la grande traversata del deserto e l’arrivo nell’oasi dove domina la Grande Dea dell’Atlantide.

Quindi tutte le possibilità sono aperte, ma in realtà è unica la storia: l’attraversamento di un percorso accidentato, la perdita di tutte le vesti e, infine, l’arrivo nudi alla meta e la lotta per avere l’accesso alla fonte della verità e della vita.

8 Perché nell’esperienza sciamanica le dimensioni della guarigione e della cura assumono un’importanza fondativa?

L’esperienza sciamanica è sempre terapeutica nel senso che, riconducendo l’uomo alle scene fondamentali, permette a questo di acquistare una visione complessiva della realtà e quindi di superare quell’angustia che ha determinato la malattia. Oggi, in certi paesi dell’America Latina, dove la tradizione sciamanica ancora sopravvive, lo sciamano viene chiamato a risolvere quei casi disperati che nessun medico riesce a guarire: è interessante notare il fatto che, ancora oggi, qualche volta tali sciamani riescano a trasformare il malato.

Inoltre, un tempo, la funzione terapeutica dello sciamano era concepita come un tutt’uno con la funzione poetica, con la funzione musicale e con la funzione, in genere, teatrale: un tempo non si facevano distinzioni, dunque l’arte doveva guarire. Un’arte che non era in grado di guarire era considerata inutile, era considerata come uno scialo di immagini che non rispondeva a nessun fine. Quindi la domanda non è tanto come mai lo sciamano si protende alla cura, ma come si fa a produrre arte senza intendere come suo fine la guarigione.

9 Oggi si tenta in qualche modo di riattingere alla cura sciamanica, anche da parte dell’etnopsichiatria. Lei ritiene possibile un attingimento del genere o lo considera solo uno sforzo inutile?

Personalmente non credo a questo attingimento. Io vidi nascere tale movimento in America, negli anni Ottanta. Ogni volta che facevo una conferenza di argomento sciamanico, tutti mi parlavano dell’ultimo libro di Harner, ma rimanevo esterrefatto perché essi parlavano di esperienze di studio, non di possibilità reali. Scoprii che già allora c’erano vari centri i quali spedivano, in contrassegno, le maracas e tutti gli strumenti utili per immedesimarsi con un’esperienza sciamanica, quale che fosse. Inoltre Harner diffondeva lo sciamanesimo delle tribù venezuelane o brasiliane. Quindi c’era la pratica di scavare dentro la terra per arrivare al mondo soprannaturale, oppure la pratica di volare nei cieli, per librarsi fino al mondo sovraceleste. Di fatto oggi lo sciamanesimo è una delle tante religioni americane perché alcuni hanno portato in America gli sciamani degli Huicholes del Messico, mentre altri hanno inventato altre forme.

Personalmente non credo che qualcuno oggi possa immettersi in un mondo sciamanico, tuttavia non posso nemmeno escluderne la possibilità in senso assoluto. Ciò che vidi in America mi parve puerile, ma questa che sembra una debolezza degli Americani, in realtà rappresenta l’inizio di una grande forza. Per ora credo che sia soprattutto una fonte di guadagni per chi riesce a simulare di essere uno sciamano: quindi tanti Indiani d’America e tanti Messicani probabilmente stanno ingannando il popolo più labile e più facile da incantare.

Esiste tuttavia una rivista molto importante, lo Shaman’s drum di San Francisco che rappresenta uno strumento, secondo me, indispensabile: si tratta di un mensile straordinario che porta qualche testimonianza di esperienze sciamaniche dimenticate, tratte dalla letteratura passata o attuale.

10 Ne L’amante invisibile Lei delinea una sorta di pedagogia della visionarietà, auspicando un possibile ritorno di attenzione al piano dei sogni, delle visioni. Lei parla di una traduzione delle conoscenze scientifiche in una griglia mitica: cosa intende con ciò?

Prospettavo la possibilità che qualcuno potesse avere una forza della fantasia così agguerrita da riuscire a costruire un sistema di metafore attorno alle verità scientifiche ultime, quali, per esempio, la fisica quantistica. Di fatto, coloro i quali non conoscono la matematica in modo abbastanza profondo, non sanno nulla della fisica quantistica. Dunque un matematico potrebbe ideare qualche metafora con la quale fornire un piccolo aiuto a trasportare la mente su quel piano.

In genere nelle scuole si insegna soltanto il sistema metaforico congegnato attorno alle verità tradizionali. Perché non inventare, con superba forza, tutte le metafore necessarie, evitando di limitarsi a quelle puramente pedagogiche attualmente in uso, allestendo un grande dramma, come usavano fare gli sciamani?

Lo Sciamanesimo (intervista)ultima modifica: 2009-07-06T17:40:00+02:00da mikeplato
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2 Responses

  1. mauriziox
    at |

    trovo,che sia davvero molto profondo la dissertazzione che fa “Elmire Zolla” sullo sciamanesimo…grazie per questo contributo mike!!..

  2. antonlogos
    at |

    Ciao Mike, bentornato!
    Ho appena iniziato a leggere LO SCIAMANISMO E LE TECNICHE DELL’ESTASI di Mircea Eliade, e volevo sottoporti alcune riflessioni.
    Giorni fa parlavamo dell’assoluta diversità della tradizione sciamanica rispetto alle altre. Infatti, a differenza delle grandi religioni monoteiste, ciascuna col proprio avatar e il suo testo sacro della rivelazione, la tradizione sciamanica non ha nessun testo sacro nè un Messia della rivelazione. Lo sciamanismo si basa esclusivamente su tecniche di raggiungimento dell’estasi finalizzate all’esperienza mistica, al contatto diretto con il divino. Lo sciamano nei suoi viaggi sperimenta l’energia divina, le forze arcane della natura, il Principio Unico che permea ogni cosa.
    Personalmente, credo che lo sciamanismo sia alla base di tutte le tradizioni spirituali del pianeta, anche se appare un sistema più primitivo, mancando totalmente di dottrine, testi esoterici o di un corpus di insegnamenti. La stessa essenza della Tradizione dovrebbe essere sciamanica nei suoi fondamenti. Se ci pensiamo bene, le religioni si originano proprio a partire dall’esperienza mistica e dalla codifica di tale esperienza in un certo simbolismo, da cui prende corpo una dottrina. E lo sciamanismo tende proprio al raggiungimento dell’estasi mistica.
    In sostanza, le esperienze mistiche sperimentate dagli sciamani nei loro viaggi sono le stesse dei mistici d’Oriente e d’Occidente. Si connettono sempre allo stesso Principio Unico ed interagiscono con il divino. Quello che cambia è solo l’aspetto, la forma archetipale con cui il divino si mostra e penetra nella loro coscienza. Ecco perchè, poi, terminata l’esperienza, il “resoconto di viaggio” sarà codificato in un linguaggio simbolico diverso e di qui la diversità esteriore delle varie tradizioni.
    A mio avviso, la stessa mitologia, che racchiude eventi e archetipi senza tempo situati nella Meta-Storia, può essere ricondotta ad esperienze mistiche sciamaniche nei loro fondamenti. Un viaggio sciamanico, infatti, consentirebbe proprio di entrare in comunicazione con questo bagaglio di archetipi e attingere informazioni (una sorta di download). Credo che così si siano originati i miti e le leggende.
    Scusa la lunghezza del post.
    Cosa ne pensi, Mike?
    Un abbraccio
    Antonio

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