I SEGRETI GNOSTICI DEI NAASSENI

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Con un valido contributo alla conoscenza del cristianesimo dei primi secoli, lo studioso americano Mark Gaffney ha svelato il simbolismo insito in una delle testimonianze più studiate e meno comprese dell’intero corpus gnostico, il Sermone dei Naasseni, dove sarebbero codificati gli insegnamenti iniziatici relativi all’ultima cena.

 

di Forgione Adriano

 

A dispetto delle milioni di parole scritte, le origini del cristianesimo sono in gran parte incomprese. Nei primi tempi della sua diffusione il cristianesimo era un crogiolo di movimenti, insegnamenti e dettami diversi, seppur uniti dall’unico comune denominatore rappresentato dalla parola di Gesù. In tutto il bacino mediterraneo il Verbo assunse forme dottrinali e forme più esoteriche, e queste convissero pacificamente fino al III secolo, quando la nascente Chiesa Romana, frutto della politica imperiale di quel tempo, si erse ad unica depositaria del messaggio dichiarando illegittime, false ed eretiche tutte le altre realtà nate dal Verbo.  I movimenti cristiani più esoterici, principalmente quello gnostico soffrirono persecuzioni sino al loro completo annullamento. Nel III sec. d.C., il vescovo cattolico Ippolito scrisse la Refutazione di tutte le eresie, che principalmente prendeva di mira i Naasseni, una setta gnostica i cui scritti comprendevano il racconto dei veri insegnamenti di Gesù in occasione dell’Ultima Cena. Ironicamente, Ippolito inserisce questo testo “eretico” chiave nel V libro della sua condanna – oggi riconosciuto come il Sermone naasseno – che altrimenti, per ironia della sorte, sarebbe andato perduto. Contrariamente alle denunce della Chiesa, il sermone dimostra che i Naasseni non erano un derivato eretico del cristianesimo, ma piuttosto che erano depositari di un autentico messaggio iniziatici del Cristo. Nel libro Gnostic Secrets of the Naassenes (I segreti gnostici dei Naasseni, inedito in Italia), Mark Gaffney decifra il messaggio altamente simbolico codificato nel Sermone Naasseno, un insegnamento inteso per una cerchia limitata di discepoli preparati a un’iniziazione avanzata negli insegnamenti di saggezza di Gesù. Questi insegnamenti, secondo Gaffney, miravano al risveglio dello spirito nell’uomo e comprendevano pratiche mirate al recupero del legame perduto dell’anima con Dio. Ancora più importante, tuttavia, è la rivelazione naassena sulla verità centrale dell’Immanenza – l’interiorità del Divino. Secondo i Naasseni, l’immanenza nel vero senso inteso da Gesù permette la realizzazione spirituale ai cristiani in questa vita senza l’intermediario della Chiesa o dei sacerdoti. Questo sarebbe stato il vero significato dell’Ultima Cena e il perché i Naasseni credettero che Gesù fosse il compimento di tutte le tradizioni misteriche. Ho incontrato Mark Gaffney recentemente ed è stata l’occasione per approfondire i temi gnostici trattati nel suo interessante saggio.

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Adriano Forgione: Mark, chi erano i Naasseni? Qual è il significato del loro nome e dove vivevano?

Mark Gaffney: «I Naasseni erano una setta di ebrei-cristiani di Alessandria, in Egitto. Credo fossero una comunità satellite del movimento originario di Gesù . Come ricorderete, Alessandria è rimasta eloquentemente fuori dai frequenti viaggi missionari di Paolo, probabilmente perché era stata già convertita da uno o più degli altri apostoli, probabilmente in data molto antica. I Naasseni sono importanti perché erano anche gnostici. Per quanto riguarda il significato del loro nome, è ancora un mistero. Per quanto ne so, sinora nessuno è riuscito a spiegare questo termine. Tuttavia, una pista potrebbe essere offerta dal fatto che venivano apostrofati con un termine ancora più generico, “Ofiti”, dalla parola greca per serpente».

 

A.F.: Come ti sei interessato a questo gruppo di cristiani primitivi…

M.G.: «Un giorno – credo nel 1995 – stavo studiando un libro scritto nel III sec. dal Vescovo Ippolito, Confutazione di tutte le eresie, quando un passaggio mi colpì in particolar modo. Ai tempi non sapevo nulla delle sette gnostiche, ma, avendo percepito che il documento era importante, iniziai a investigare. Alla fine, i diversi pezzi sono andati tutti al loro posto e la mia prima intuizione si è dimostrata corretta. Ippolito era un vescovo ortodosso che viveva nei pressi di Roma nel III sec. d.C. Mettere all’indice gli eretici cristiani era la sua ragione di vita. Il buon vescovo evidentemente considerava i Naasseni il pericolo maggiore, perché li mise in cima al suo indice, dedicandogli molto più spazio nella sua Confutazione che a qualsiasi altro gruppo eretico. Questa parte del suo trattato contiene un lungo monologo sconnesso che ovviamente non era stato scritto dal vescovo. Gli studiosi credono che sia opera di uno o più scriba naasseni, e io sono d’accordo. Evidentemente una copia del manoscritto, quello che oggi chiamiamo il sermone naasseno, è arrivato nelle mani del vescovo. Ippolito decise di usarlo come argomentazione e di includerlo letteralmente nel suo libro – fortunatamente per noi – inserendovi poi i suoi commenti e critiche. Ciò che rende il manoscritto così interessante è il fatto che, quando ci si immerge nel suo simbolismo – in quanto il sermone è altamente simbolico – ci si rende ben presto conto che Ippolito non aveva capito appieno il materiale che stava refutando. Questi Naasseni erano veri mistici cristiani e profondamente gnostici. Questo è uno dei motivi per cui il sermone è così importante per noi. Solleva molte domande profonde sui primi anni del cristianesimo. Da quel testo è chiaro che gli insegnamenti gnostici non venivano impartiti a livello di catechismo. Avevano idee molto avanzate, e probabilmente le trasmettevano in segreto. Testimonianze simili sono state rinvenute a Nag Hammadi (HERA 55, pag. 70), nascoste quando la Chiesa diede il via alla sua ultima persecuzione contro gli gnostici. Per quanto riguarda il Sermone Naasseno, è sopravvissuto per l’inconsapevole decisione di Ippolito di usarlo come esempio di “errore” gnostico. Una vera fortuna per noi!».

 

A.F.: Mi sembra di capire che essi dessero un ruolo centrale a Giacomo il Giusto, il fratello di Gesù…

M.G.: «I Naasseni sostenevano di aver ricevuto i loro insegnamenti spirituali da Giacomo il Giusto attraverso un intermediario femminile chiamato Mariamne. La donna è menzionata nel testo. Sfortunatamente, non ne conosciamo la vera identità. Potrebbe essere Maria Maddalena, ma non possiamo esserne certi. Mariamne era un nome molto comune. I Naasseni mentivano riguardo al loro legame con la comunità originale di Gerusalemme? Ippolito ovviamente pensava di sì. Ma dopo uno studio esaustivo del materiale riguardante i Naasseni io non sono d’accordo. Credo che la loro rivendicazione fosse in buona fede. Nel testo ci sono abbondanti indizi che dimostrano che i Naasseni non erano pagani come invece affermava Ippolito. Ci sono anche incontrovertibili indizi di autentici insegnamenti spirituali. Il mio libro decodifica il sermone e mette questi insegnamenti a disposizione di chiunque voglia saperne di più delle origini della nostra Tradizione Occidentale. E lasciatemi dire che questo materiale mette in discussione la maggior parte delle cose che crediamo di sapere sul cristianesimo».

 

A.F.: Tu sostieni che i Naasseni fossero sincretisti. Puoi dirci come sei giunto a questa conclusione?

M.G.: «I Naasseni vivevano nella città più cosmopolita del mondo antico, Alessandria, dove gli ebrei-cristiani si trovavano spalla a spalla con rappresentanti di quasi tutte le altre religioni del pianeta, compresi i monaci buddhisti. Da un punto di vista culturale, letterario e filosofico Alessandria era un luogo estremamente ricco in paragone alla Palestina, e secondo me questa ricchezza spiega la grande diversità di materiale che emerge dal sermone naasseno. Ricordate che la città era anche un centro di apprendimento e la sede di una famosa biblioteca, la più grande del mondo antico. Mentre gli ebrei di Palestina erano alquanto isolati, i Naasseni erano aperti verso l’esterno. La setta mutuò elementi da tutte le parti e li rimodellò su una base gnostica cristiana. Molto lontani dal sentirsi minacciati da altre tradizioni, come invece succedeva alla Chiesa del III e IV sec., i Naasseni erano veri e propri universalisti, un po’ come gli indù odierni. Secondo me gli studiosi hanno trascurato l’importanza della setta anche perché il sermone non è facile da penetrare. Il testo probabilmente ha frustrato più ricercatori di quanti ne abbia inspirati. Il mio scopo era quello di mettere questo importante materiale a disposizione dei comuni cristiani che vogliono saperne di più delle radici della loro tradizione».

 

A.F.: Potresti allora spiegarci il messaggio nascosto nel sermone naasseno che hai decodificato? E, già che ci siamo, qual è il parallelismo tra Elisha e l’Elia delle Scritture che viene discusso nel tuo libro? Perché ciò era importante per i Naasseni?

M.G.: «Queste sono questioni fondamentali – più di quanto io possa approfondire in una singola intervista. Ma farò del mio meglio. Io credo che uno scrittore ricercatore debba seguire la pista degli indizi dovunque essa porti. Quello che ho trovato nel sermone dei naasseni è la scioccante dimostrazione che noi occidentali abbiamo in qualche modo malriposto, o dimenticato, o mal compreso il più importante degli insegnamnti cristiani, che secondo me Gesù trasmise formalmente durante l’Ultima Cena. Non sto parlando della cosddetta trasformazione del pane e del vino. Quella è solamente una metafora. Il sermone dei naasseni sembra indicare che l’insegnamento aveva a che fare con quella che è definita “Immanenza”: la presenza interiore di Dio, un’idea profonda che la Chiesa contrastò e represse ferocemente con gli gnostici. In seguito l’insegnamento dell’immanenza riaffiorò brevemente nel XII-XIII sec. con una nuova insorgenza dello gnosticismo in Europa. L’espressione esteriore di questo revival fu la leggenda del Graal. La Chiesa rispose (molto prevedibilmente) con un’altra serie di persecuzioni, l’Inquisizione spagnola, con effetti tanto raggelanti da poter affermare che ancora dobbiamo riprenderci. Chiaramente, la Chiesa istituzionale ha sempre visto l’insegnamento della presenza interiore di Dio come una minaccia diretta alla sua autorità. Il passare del tempo, naturalmente, ha molto indebolito il potere della Chiesa. Al giorno d’oggi il Vaticano non può imporre la sua legge come faceva in passato. Ma siamo ancora menomati dai molti secoli di abuso. Intendo dire l’abuso dell’autorità spirituale. Il fatto che il più importante degli insegnamenti sia giunto sino all’età moderna solamente per canali “sotterranei” ci dà un saggio dell’abisso in cui si trova la nostra casa spirituale. Per quanto riguarda Elia, nel suo classico The Autobiography of a Yogi, il santone indiano Paramahansa Yogananda ha messo in evidenza che Gesù stesso aveva un maestro spirituale (un guru nel linguaggio orientale), ossia il profeta Elia. Sicuramente questa è un’affermazione coraggiosa e scioccante, specialmente perché viene da un orientale, e anche perché Elia visse otto secoli prima di Gesù. Ma Yogananda sapeva di cosa stava parlando. La questione è codificata nella reincarnazione, un’idea che la Chiesa bandì come eretica ai tempi di Giustiniano. Tuttavia, la prova scritta che Gesù insegnò la trasmigrazione delle anime è proprio lì nel Nuovo Testamento nero su bianco, dove tutti la possono leggere. La cosa incredibile è che gli studiosi occidentali non se ne sono accorti per tutti questi secoli. Questo dimostra quanto siano inflessibili e rigide le nostre credenze riguardo la persona di Gesù. Dobbiamo comprendere che le cose erano molto diverse all’inizio. La prima parte del mio libro raccoglie gli indizi nelle scritture, rendendoli accessibili, mentre, nel frattempo, dimostra le importanti connessioni tra i racconti di Elia ed Elisha nel Libro dei Re e i passaggi chiave del Vangelo di Tommaso (detti segreti 3 e 4) e il sermone naasseno. Tutte queste scritture sono intessute insieme, una tappezzeria spirituale di grande bellezza. I Naasseni avevano familiarità con Tommaso. Il passaggio chiave in realtà viene fuori dal sermone naasseno in forma amplificata. Per quanto ne so, sono stato il primo a decodificare questo passaggio velato, che rivela l’identità segreta di Gesù. E qual era questa identità segreta? La risposta comune è, naturalmente, quella data dai teologi: il Cristo. Ma secondo Tommaso e i Naasseni, l’identità segreta aveva a che fare con il legame spirituale tra Gesù e il profeta dell’Antico Testamento Elisha. In verità – ancor più sorprendentemente – c’era una doppia connessione. Io mi riferisco ad essa con una doppia diade: Gesù/Elisha da un lato ed Elia/Giovanni Battista dall’altro. E’ un peccato che oggi pochi cristiani siano coscienti di queste importanti connessioni. I Naasseni sicuramente ne erano al corrente. Ma non si può certo biasimare il cristiano comune. Il problema riguarda il metodo e ha a che fare con la politica del terrore promulgata dalla Chiesa per tanti secoli. Non è una coincidenza che il cristianesimo non sia riuscito a fare un singolo passo avanti dopo la soppressione degli gnostici. Nel mio libro sollevo il seguente quesito: perché la Chiesa condanna un insegnamento, la reincarnazione, così chiaramente sostenuto da Gesù? Sto ancora aspettando una risposta dal Vaticano».

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A.F.: Vorrei porti ora di fronte all’enigma del “Figlio dell’Uomo”. Questa espressione era forse legata all’identità segreta di Gesù?

M.G.: «“Figlio dell’Uomo” è una delle espressioni più enigmatiche della Bibbia. Oggi è caduta largamente in disuso, ma uno studio approfondito della Confessione di Pietro (vedi Vangelo di Marco 8:27-33) dimostra che Figlio dell’Uomo era l’epiteto preferito di Gesù. Intendo dire preferito a “Cristo” o a “Messia”. Nella mia ricerca non ho trovato alcun legame tra il Figlio dell’Uomo e l’identità segreta di Gesù. Ciò che ho scoperto sono indizi del fatto che la locuzione “Figlio dell’Uomo” era già antica ai tempi di Gesù. Non ho dubbi che fosse di gran lunga precedente agli ebrei. Sono riuscito a rintracciarla sino in Iran, ma poi ne ho perso le tracce. In seguito, l’ho ritrovata nei Veda indiani, che in quanto ad antichità non scherzano. Sospetto che tale espressione risalga all’alba dei tempi. Dal Libro di Enoc apprendiamo che aveva un significato spirituale molto profondo. Ciò era in netto contrasto con “Cristo”, che aveva origine all’interno del giudaismo nei libri profetici ed era piuttosto una sorta di carica politica, una combinazione di sacerdote-re, senza un particolare contenuto spirituale. Ciò probabilmente scandalizzerà molti cristiani, ma è ciò che ho scoperto. E c’è di più: Il Figlio dell’Uomo è collegato strettamente a un’altra espressione comune nel mondo antico, anch’essa sconosciuta, l’Uomo Primevo. Esso era l’Anthropos, conosciuto anche come Adamas. Ma esistevano anche altri nomi per esso, dei quali una mezza dozzina vengono utilizzati nel sermone naasseno, e anche nei testi di Nag Hammadi; nella cabala veniva chiamato Adam Kadmon. Adamas appare anche nel recentemente scoperto Vangelo di Giuda. Questo Uomo Primevo o Adamas non deve essere confuso con il primo uomo, Adamo, marito di Eva. Egli era una figura completamente differente, il cosiddetto Adamo celeste. Il significato esatto è un mistero, ma doveva avere a che fare con il patrimonio genetico della razza umana. E’ come se nella sfera celeste ci fosse un modello perfetto dal quale venivano create le copie umane. La mia ricerca mi ha portato a sospettare che molto di ciò che crediamo di sapere sulla storia umana, ossia le nostre vere origini, è sbagliato o deprecabilmente incompleto. Abbiamo solamente iniziato a comprendere da dove veniamo. Per questo credo che nel futuro avverranno sconcertanti scoperte archeologiche».

 

A.F.: Nel libro parli del fiume Giordano e del suo significato per i Naasseni con concetti che avevo personalmente individuato ma che per la prima volta (e con soddisfazione) trovo espressi da qualcun altro. Puoi chiarirne i principi per i nostri lettori?

M.G.: «L’insegnamento dell’immanenza non era un’astrazione. Secondo il sermone naasseno Gesù dimostrò come raggiungere l’impossibile. Tra gli ebrei del tempo era dato per scontato che il Messia avrebbe dominato le acque come Mosè e Giosuè. La divisione delle acque del Giordano sarebbe stata presa come un segno, una prova della discendenza divina del Messia. Ma gli gnostici portarono l’immaginario fisico a un livello più alto. Secondo il sermone naasseno Gesù non ha soltanto spartito le acque. No, lui le ha fatte tornare indietro controcorrente sino alla sorgente. Lì, le acque si sono spiritualizzate. Il Giordano indica il grande fiume mistico che risale la spina dorsale. Quindi, la supremazia sulle acque significa autocontrollo in senso yogico. Abbiamo allora abbondanti indizi che i Naasseni praticavano una sorta di yoga Kundalini. Lo stesso esatto simbolismo del fiume può essere trovato nelle traduzioni spirituali dell’India, eccetto per il fatto che in India era il Gange e non il Giordano».

 

A.F.: Il parallelismo che tracci tra il misticismo naasseno e le tradizioni indiane e tibetane è molto interessante. Puoi offrirci altri esempi concreti di questa corrispondenza?

M.G.: «Quando ho decodificato il sermone naasseno sono rimasto meravigliato dallo scoprire questa stretta corrispondenza con la tradizione yoga orientale. L’immanenza non doveva essere accettata semplicemente con un atto di fede. Era intesa a essere realizzata in questa vita – verificata attraverso l’esperienza diretta. Ci sono indizi di ciò anche nei Vangeli di Nag Hammadi. Ad esempio, nel Dialogo del Salvatore, Gesù spiega come ha aperto la via, insegnando loro il passaggio attraverso il quale passeranno gli eletti e solitari. E’ chiaro che stesse insegnando meditazione avanzata e pratiche yoga almeno a una parte dei loro discepoli, e non vi è dubbio che la meditazione fosse focalizzata principalmente sul cuore. Il simbolo ricorrente della coppa o calice indica questo. Nel sermone naasseno le parole chiave ricorrono ripetutamente. Come faccio notare nel mio libro, la ripetizione di un simbolo è una sicura indicazione della sua importanza. Un modello ripetitivo è come un avvertimento per farci prestare maggiore attenzione! Sfortunatamente non possiamo entrare nei dettagli in questa sede, ma li potete trovare nel mio libro».

 

A.F.: In una sezione del libro distingui tra il Dio di Abramo, il Dio di Mosè e il Dio di Gesù. Chiariscimene i punti principali, lo trovo un argomento di forte impatto…

M.G.: «Eccellente domanda! In realtà fu lo studioso dell’Antico Testamento Albrecht Alt, nel 1929, a pubblicare il famoso saggio The Gods of the Water, in cui sosteneva che il concetto di Dio presso gli ebrei non è rimasto costante nel tempo, ma ha subito un’evoluzione nel periodo tra Abramo e Mosè. Alt ha trovato indizi nel Pentateuco che i successivi scribi elohisti avevano emendato i primi racconti per portare il Dio più arcaico di Abramo in linea con il più puro monoteismo di Mosè. Il suo brillante e controverso saggio ha dato il via a un animato dibattito che è continuato sino a oggi. Io ho solamente puntualizzato nel mio libro che l’evoluzione del concetto di Dio è andata avanti per tutto l’Antico Testamento sino all’era cristiana. Io ho discusso un esempio di questo processo, quello che io chiamo il Dialogo della Saggezza, che inizia con Giobbe e procede per i restanti libri dell’Antico Testamento, la cosiddetta letteratura della Saggezza. Il processo comprendeva la scoperta o il riconoscimento del lato femminino della divinità, la Divina Madre, e fu uno sviluppo di importanza cruciale perché produsse un concetto di Dio più bilanciato e maturo. Gesù era la culminazione logica di tale processo. In effetti, il Dialogo della Saggezza spianò la strada al suo insegnamento riguardante lo Spirito Santo. Io credo che noi moderni non riusciamo ad apprezzare quale grande innovazione questa fosse ai tempi. Manchiamo della giusta prospettiva. Il concetto di Spirito Santo non aveva precedenti nel giudaismo. Ma Gesù non avrebbe mai potuto introdurlo se non vi fossero stati diversi secoli di crescente consapevolezza da parte degli ebrei del lato femminile della divinità. In seguito, dopo che i romani sbaragliarono diverse rivolte giudaiche, l’Antico Testamento cadde in disgrazia. Nel frattempo, il cristianesimo stava intraprendendo un cambiamento demografico, divenendo un movimento gentile. Credo che queste realtà storiche spieghino largamente perché la maggior parte dei gruppi gnostici rifiutarono in blocco l’Antico Testamento con il suo Dio Yahweh. Se il cristianesimo fosse rimasto principalmente ebraico ciò non sarebbe accaduto. Gli gnostici diedero notevoli contributi. Uno era la loro distinzione tra il creatore e l’incomprensibile Padre descritto da Gesù. Il creatore gnostico non era il Creatore di tutto il Cosmo, ma una figura minore, un demiurgo locale. Gli gnostici lo chiamavano Saklas, o Yaldabaoth, entrambi peggiorativi. L’ultimo probabilmente si riferisce a Yahweh. I Naasseni adottarono una visione più moderata nella loro svolta universalista. In effetti, erano uno dei pochi gruppi gnostici cristiani che mantennero l’Antico Testamento. In seguito, la Chiesa ha cancellato tutti gli avanzamenti spirituali effettuati ai tempi di Gesù. Come? Sopprimendo ogni scritto che parlasse della Divina Madre, come Tommaso o il Vangelo secondo gli ebrei. Entrambi presentavano un’affermazione di conferma da parte di Gesù stesso. Per quanto riguarda l’ultimo, un frammento sopravvissuto grazie agli scritti di San Girolamo e Origene, recita: “Persino ora mia Madre lo Spirito Santo mi ha preso per uno dei miei capelli e mi ha portato via verso la grande Montagna di Tabor…”. Dopo aver espulso la Divina Madre, la Chiesa ha avuto la sfrontatezza di autoinstallarsi, una istituzione umana (la Santa Madre Chiesa), nel suo posto ora vacante, usurpando quindi il suo ruolo di portatrice di grazia: un atto di blasfemia così audace che solamente Dio può giudicare. Vorrei far notare ai lettori lo spaventoso passaggio ripetuto da tutti i Vangeli sinottici, ossia che tutti i peccati verranno perdonati tranne uno, la blasfemia contro lo Spirito Santo. Il resto è storia. Quando i padri della Chiesa hanno espulso la Divina Madre, chi altri poteva entrare al suo posto se non il Diavolo stesso?Da lì il passo è breve verso gli scandali di pedofilia e molto peggio. Non sorprende affatto che i seminari abbiano chiuso e che le grandi cattedrali siano vuote. E non vi è dubbio che la letteratura della Saggezza continua ad essere vista come antiquati scarabocchi del passato, senza nessuna rilevanza apparente per il nostro tempo, come una collezione di antichi gargoyles. Noi dobbiamo comprendere come questo possa essere accaduto, e porre le responsabilità dove necessario. Come risultato della crudele e illegittima campagna della Chiesa per eliminare l’eresia, abbiamo ereditato un guscio vuoto e gretto come religione. Lo so che il mio giudizio potrebbe sembrare duro e controverso, ma io credo fermamente che la cosa migliore che potrebbe accadere sarebbe che i cristiani abbandonassero la Chiesa istituzionale in massa, facendo in modo che scompaia e passi pacificamente alla storia. Solamente allora il gioioso compito della resuscitazione spirituale guadagnerà spazio in Occidente e potrà realmente decollare».

 

I SEGRETI GNOSTICI DEI NAASSENIultima modifica: 2009-07-31T19:11:00+02:00da mikeplato
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2 Responses

  1. cinzia bacchini
    at |

    qual’e’ il libro del quale parlate…mi interessa molto credo a queste cose…

  2. cinzia bacchini
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    qual’e’ il libro del quale parlate…mi interessa molto credo a queste cose…

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