COSPIRAZIONI GNOSTICHE

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di Ezio Albrile

Noi non viviamo in un “mondo” bensì siamo immersi in un universo “quantizzato” di cui possiamo percepire solo le frequenze legate ai nostri cinque sensi. È una visione gnostica della “realtà” che emerge nei cospirativi romanzi di William Burroughs, di Thomas Pynchon oppure nella delirante Trilogia degli Illuminati fuoriuscita dalla mente lisergica di Robert Anton Wilson. Due aristocrazie si contenderebbero il dominio sul tutto, una Nera l’altra Bianca, i Neri, gli “Illuminati” (di Baviera s’intende, la famosa confraternita creata da Adam Weishaupt) relegherebbero l’uomo a puro animale da soma privandolo della “gnosi”, i Bianchi i “buoni” gli farebbero credere il contrario; ma anch’essi ingannerebberro l’uomo tentanto di “democratizzare” un qualcosa di innato come la conoscenza, acquisibile solo per elezione.

I miti iranici da cui proviene tanta sapienza occidentale giunta a noi per trafila islamica, segnatamente sufica, parlano di una sorta di montagna volante di nome Kangdiz. Kangdiz è circondata da una fila di sette mura di colore differente: sette lati dai sette colori, che probabilmente corrispondono, come i kishwar, le sette “regioni” dello ierocosmo iranico, a sette modalità di esistenza delle quali è percepita solo una, cioè la realtà sensibile di tutti i giorni, il cosmo in senso lato, nella sua colorazione “turchese”, unica vibrazione cromatica ad essere “reale” anche se illusoriamente.

Chi celebrava, con Umberto Eco e il suo Pendolo, il naufragio delle utopie letterarie “generatrici di violenza”, eccolo prontamente accontentato: è di questi ultimi anni l’affiorare nella fogna dell’underground letterario di un vero e proprio “fenomeno”, si tratta di David Icke e del suo folle mondo letterario. L’ultima sua opera tradotta nel nostro paese è un vero e proprio capolavoro del genere, vera e propria summa dello gnosticismo contemporaneo: Alice nel paese delle meraviglie e il disastro delle Torri Gemelle. Ecco perché la versione ufficiale dei fatti dell’11 settembre è una menzogna colossale (Macro Edizioni, Diegaro di Cesena – Forlì 2003). L’ironia e l’eterogenesi della storia a volte sono atroci: la celebrazione della fine di ogni metastoria, la messa al bando “democratica” da parte di Eco & C. di ogni “esoterismo” ha rivelato quale antagonista il riemergere di fantasmi antichi, frammenti di vaneggiamenti arcani.

Le profezie narcotiche di un William Burroughs o di un Robert Anton Wilson si sono in qualche modo “coagulate”, sono diventate “reali”: la realtà quotidiana, nel suo enigma e nel suo rimandare a qualcosa di “altro”, di diabolicamente nascosto, ha superato la fantasia. David Icke parte dal presupposto – filosoficamente corretto, per carità! – che tutto ciò che ci è stato insegnato è una menzogna. Un inganno che dura dagli albori della storia. Creature lisergiche in forma di serpenti-rettili avrebbero colonizzato il nostro mondo, soggiogando psichicamente il genere umano ai lacci dell’illusione cosmica. Esse sarebbero le antesignane di quei collegi sacerdotali che sovrintenderanno ai misteri nel nome dell’impostura, precursori di quella massoneria che agli albori dell’era moderna saranno gli “Illuminati di Baviera”, falsi redentori di un’umanità ormai schiava di un’etica belluina.

Secondo David Icke le famiglie dominanti all’interno di questo sistema di controllo occulto del mondo discenderebbero da antiche stirpi che presentano un codice genetico diverso rispetto al resto della popolazione. Alcuni addetti ai lavori lo avrebbero descritto come un’imperfezione del DNA. Tali differenze genetiche, seppur lievi, risulterebbero altamente significative. Infatti, sempre secondo il nostro, in termini di codice genetico non esisterebbero molte differenze tra gli esseri umani e i topi. Se volgiamo il nostro sguardo al passato ci imbattiamo nel “diritto divino” di re e regine. “Di che cosa si tratta?”, si domanda retoricamente David Icke. Si tratta del diritto a governare sulla base della propria stirpe, del proprio DNA.

Questo dominio delle stirpi esiste palesemente ancora oggi e la regina Elisabetta II ne è un chiaro esempio. Ella vive a Buckingham Palace e gode di tutti i poteri e i privilegi di un capo di stato solo grazie al suo codice genetico. Se avesse un DNA diverso, anziché sedere sul trono potrebbe trovarsi a pulirlo. La stessa cosa vale per il resto della sua famiglia, i cui membri occupano una precisa posizione gerarchica a seconda del rapporto che il loro codice genetico ha con il “monarca” al potere. Migliaia di anni orsono queste stirpi regali di “semidèi” furono collocate in posizioni di potere e di dominio. Da esse provenivano i re e le regine d’Egitto, della Sumeria, della Valle dell’Indo e del resto del mondo che rivendicarono il loro diritto divino a governare sulla base della loro appartenenza a una di quelle stirpi. Ciò che la gente non sa – continua David Icke – è che anche i capi politici e aziendali, i dirigenti delle banche e dei media operano dall’interno di una simile struttura gerarchica di tipo genetico che stabilisce ciò che ognuno deve fare. Ciò avviene perché essi appartengono alle stesse stirpi a cui appartenevano le antiche famiglie reali e nobiliari che governavano migliaia di anni fa. Quella stessa tribù frutto di incroci “regali e aristocratici” tra la stirpe dei rettili “ariani” e l’umanità controlla il mondo da tutto questo tempo. Sono cambiate solo le posizioni da cui operano.

Ma c’è di più, poiché la teoria di David Icke si unisce qui alle classiche visioni fanta-archeologiche: eccezionali cataclismi colpirono la terra circa diecimila anni fa. Essi distrussero, per gradi, vasti continenti dell’Atlantico e del Pacifico poi noti con i nomi di Atlantide, Mu o Lemuria. La storia diffusa in tutto il mondo del Diluvio Universale si riferisce proprio a questi fatti. Dopo tali eventi catastrofici e altri che seguirono, le stirpi “divine” s’insediarono nuovamente in vari luoghi. Ciò accadde soprattutto nel Vicino e Medio Oriente, specialmente a partire dal 4.000 a.C. con un impero che aveva il suo centro in Sumeria, nell’attuale Iraq e che si estendeva dal fiume Tigri all’Eufrate. La Sumeria, secondo la storiografia ufficiale, rappresentò l’inizio della “civiltà” umana come noi la conosciamo, ma in realtà si trattò piuttosto di un nuovo inizio dopo i cataclismi che distrussero i continenti di Atlantide e Mu. Quelle stirpi andarono a occupare posizioni di potere regale e amministrativo e regnarono sui popoli della Sumeria, dell’Egitto, di Babilonia, della Valle dell’Indo e molto più lontano, fino ad includere le Americhe e la Cina. Nel corso dei millenni, queste stirpi si espansero fuori dal Medio e dal Vicino Oriente fino in Europa, e le stirpi regali della Sumeria, dell’Egitto ecc., divennero le famiglie reali e nobiliari della Gran Bretagna, dell’Irlanda e dei paesi dell’Europa continentale, soprattutto della Francia, della Germania e dell’attuale Belgio. Ovunque approdassero, queste aristocrazie s’imparentavano tra loro in maniera ossessiva attraverso matrimoni combinati e programmi di riproduzione segreti. Lo stesso accade con le famiglie che oggi sono al potere poiché esse cercano di perpetuare un particolare codice genetico, quel “difetto” del DNA che può velocemente perdersi qualora ci si leghi a individui non appartenenti alla cerchia della stirpe.

Nei tempi antichi la Mesopotamia e la Valle dell’Indo furono una delle sedi in cui si stabilirono queste stirpi, che David Icke chiama di “ariano-rettili”, precursori di quelli che saranno gli “Illuminati”, i manipolatori per eccellenza dell’umanità. Queste stirpi degli Illuminati – sostiene espressamente il nostro – trasferirono in seguito il loro quartier generale a Roma e fu durante questo periodo che fiorì l’Impero romano e venne fondata la Chiesa romana, ossia il cristianesimo come istituzione. In seguito, si spostarono nuovamente nell’Europa settentrionale, dopo la caduta dell’Impero romano e, per un certo periodo, si stabilirono ad Amsterdam, nei Paesi Bassi. Ciò coincise con il periodo in cui gli olandesi cominciarono a fondare il proprio impero grazie alla Compagnia delle Indie Orientali e colonizzarono il Sudafrica. Nel 1688 Guglielmo d’Orange, anch’egli appartenente alle stirpi, invase l’Inghilterra dai Paesi Bassi e ascese al trono inglese con il nome di Guglielmo III, nel 1689. Guglielmo regnò congiuntamente con la regina Maria e poi da solo, dopo la morte di quest’ultima avvenuta nel 1694. In quell’anno Guglielmo firmò l’atto con cui si autorizzò la nascita della Banca d’Inghilterra e a cui si può far risalire la nascita del sistema bancario globale. Il sistema bancario e l’indebitamento sono sempre stati i mezzi principali attraverso cui le stirpi hanno controllato l’umanità. A questo punto le stirpi e la loro rete di società segrete spostarono il loro centro operativo a Londra e ciò che seguì, naturalmente, fu il nascere del glorioso e immenso Impero britannico. Questo, in verità, non fu l’Impero dei “Britannici”, ma delle stirpi degli Illuminati insediatesi in Gran Bretagna.

L’espansione dell’Impero britannico e degli altri imperi europei in ogni angolo del pianeta, diffuse queste aristocrazie in ogni continente, compreso il Nord America, terra oggi di grande importanza geopolitica. Quando gli imperi europei cominciarono a entrare in crisi e a cadere, soprattutto nel XX secolo, parve che questi continenti-colonie, come le Americhe, l’Africa, l’Asia e l’Australasia, avessero conquistato la propria “indipendenza”. In realtà, le stirpi degli Illuminati stavano semplicemente trasformando un controllo palese in un molto più efficace controllo occulto, cioè nella manipolazione degli eventi a opera di un potere nascosto di cui l’opinione pubblica non sospetta neppure l’esistenza. Mentre questi imperi venivano apparentemente smantellati, gli Illuminati lasciarono nelle loro ex-colonie, Stati Uniti compresi, una rete di società segrete e di membri delle stirpi attraverso cui potevano manipolare il genere umano. Sin da allora continuano a controllare ciò che avviene in queste ex-colonie come parte di un piano a lungo termine per imporre il controllo centralizzato del pianeta e della popolazione. Esso si dovrà realizzare sotto forma di un governo e di un esercito centralizzati, di una banca e di una valuta centrali; di esseri umani dotati di microchip collegati a un computer globale; di una società, insomma, basata su un controllo costante e totale. Secondo David Icke l’attentato dell’11 settembre 2001 alle Torri gemelle del WTC di New York rientrerebbe in questa strategia globale del terrore, ultimo espediente degli Illuminati per controllare più da vicino il popolo bue, attuazione dell’utopia negativa descritta da Georg Orwell nel suo 1984.

Per David Icke ciò che Orwell scrisse non era tanto frutto di immaginazione quanto del fatto che egli era al corrente dei piani degli Illuminati, ossia di quella stessa struttura di governo prospettata in seguito all’attentato alle Torri Gemelle. La necessità di centralizzare il potere è ovvia. Maggiore è la diversità del processo decisionale, minore è il controllo che su quelle decisioni si può esercitare. Nel totalitarismo del futuro la diversità è l’incubo dei controllori ed essi si sono adoperati in tutti i modi per centralizzare ogni tipo di decisione e quindi aumentare il proprio potere. La ragione per cui la globalizzazione in tutti i settori della nostra vita, da quello politico a quello economico da quello degli affari a quello militare fino ad arrivare a quello dei mezzi di comunicazione, è progredita in maniera sempre più veloce, sta in una semplice equazione: più si centralizza il potere, più potere si ha per centralizzare a un ritmo ancora più sostenuto.

 

Henri-Charles Puech, Sul manicheismo e altri saggi Questi per sommi capi gli argomenti del nostro, un amagalma di deliri e mezze verità sapientemente condite con un misticismo da supermercato New Age. Una metastoria che non si alimenta solo più della malsana curiosità dei volghi, ma diventa essa stessa strumento di disinformazione e di contraffazione. Vediamo come.

 

L’attentato alle Torri Gemelle e l’inizio della guerra globale al terrorismo hanno riaffermato nella popolazione l’interesse verso le storie di spionaggio, segnale di quanto l’inganno e la menzogna siano pervasivi nella realtà quotidiana e di quanta ammirazione susciti il manifestarsi di alta competenza in materia. Istruttivo a riguardo è il volume di Luisella de Cataldo Neuburger e Guglielmo Gulotta, Trattato della menzogna e dell’inganno, Giuffrè Editore, Milano 1996; un magistrale studio che spiega acribicamente come vi siano inganni di mera falsificazione o di mera dissimulazione, ma l’inganno sia quasi sempre di natura mista, richiedendo cioè la contemporanea presenza di dissimulazione e di simulazione. In sostanza, per portare il prossimo fuori strada, si ricorre contemporaneamente sia all’occultamento del vero che all’esibizione del falso. In ogni caso, l’attività di chi inganna è tesa a far trarre all’altro delle inferenze come se la realtà fosse quella che per l’agente segreto non è: una sorta di inferenza pilotata.

Il processo di “autenticazione” della menzogna – spiegano i nostri autori – è quello attraverso il quale le spie che cercano di apparire di una nazionalità diversa dalla propria si organizzano negli abiti e nella documentazione che hanno addosso (documenti, biglietti, ecc.). Non tanto come le persone di questa nazione sono, ma piuttosto come l’altro si aspetta che siano: per far accettare l’ipotesi che un polacco sia inglese a dei tedeschi non bisogna che esso si autentichi come gli inglesi lo considererebbero tale, ma piuttosto come un tedesco immagina siano gli inglesi.

Nel mondo dello spionaggio si chiama mostra segreta quell’insieme di indizi che una persona consapevole di essere sorvegliata lascia in modo apparentemente casuale, per esempio nel proprio appartamento che sa sarà perquisito, in modo da autenticare la propria posizione. Se vuole far credere di aver fatto un viaggio in Inghilterra ci saranno i biglietti della metropolitana di Londra, un pagamento con carta di credito di un ristorante di Liverpool, ecc. In questo gioco sia per l’ingannatore o il presupposto tale, che per l’investigatore, ci sono dei vincoli che riguardano ciò che deve essere nascosto, ciò che deve essere usato come copertura, ed i mezzi di percezione di coloro che investigano e sospettano anzi che possa esserci un inganno. Si situa a questo livello di intrigo l’attività delle spie o degli informatori di organizzazioni criminali, dove esiste sempre il rischio che le confessioni siano in realtà delle false informazioni tese ad ingannare l’avversario. Le teorie dell’inganno partono dalla premessa che più la menzogna è modellata sulle aspettative e i desideri della vittima, meglio funziona. Le agenzie di spionaggio e controspionaggio, per confezionare l’inganno su misura, utilizzano l’azione contrastiva di una talpa infiltrata nell’organizzazione che si vuole depistare, per sapere quale parte della disinformazione è stata accettata e quale respinta dalle vittime. Nelle grandi linee, la tendenza che emerge dagli studi condotti sulla comunicazione menzognera può essere così riassunta: più l’informazione depistante è in linea con le convinzioni, i desideri, i timori del ricevente, maggiore è la tendenza che questi dimostra a considerarla genuina. Questo perché l’uomo è sempre più disposto a credere ai suoi errori che alle verità altrui. Si possono, ad esempio, far trapelare al nemico informazioni false circa lo sviluppo di un nuovo sistema di armamento e condizionare, così, il suo programma di fabbricazione di materiale bellico o la strategia di attacco.

Esistono delle regole fondamentali del pianificatore d’inganni spionistici, regole che ha seguito scrupolosamente anche il nostro David Icke: mettersi nei panni della controparte e ragionare con la sua testa; prefigurare i tipi di false informazioni che, a suo avviso, il destinatario dell’inganno riterrà plausibili; assicurarsi che le apparenze illusorie che rappresentano il contesto in cui deve operare lo stratagemma siano in linea con il resto dell’operazione; predisporre particolari situazioni che il nemico possa verifìcare e che, risultando vere, rinforzino la plausibilità della falsa informazione; presentare al nemico un contesto di decodifica (plausibilità delle informazioni, credibilità della fonte) che riesca a “filtrare” le notizie in modo che il vero e il falso iniziale perdano la loro effettiva natura per assumere quella idonea ad assicurare il successo dell’operazione.

Questo è il regno dell’uomo dei servizi segreti, dello 007 che vegeta al margine dei sistemi politici e che svolge le sue trame in un contesto complicatissimo in cui ognuno si esercita a tener d’occhio gli altri sapendo che ognuno riflette sui calcoli e i contenuti mentali dell’altro per creare il massimo di disinformazione e di disorientamento nell’antagonista. Si creano così – come sostengono gli autori del nostro Trattato – delle favolose “matrioske tattiche e metatattiche”, simulazioni doppie e triple nei cui meandri finiscono per perdersi gli stessi giocatori (p. 163), com’è capitato probabilmente anche al nostro David Icke.

Esistono degli antecedenti a riguardo. Il caso dei Protocolli dei Savi di Sion, uno dei falsi più eclatanti della storia, precursore in certo senso di tanto complottismo contemporaneo, nasce da una pensata dei servizi segreti russi di fine secolo. Una mefistofelica architettura antisemita che ha avuto molti padri ed ha seguito un lungo e tortuoso percorso prima di diventare, attraverso il filtro mentale di Hitler, la legittimazione teutonica dell’olocausto. Storicamente i Protocolli si ispirano ad un dialogo immaginario tra Montesquieu e Machiavelli scritto da Maurice Jolì per dimostrare il disegno dispotico che animava la politica di Napoleone III. Questo scritto satirico attizzò il cinismo di un capo dei servizi segreti zaristi stanziato a Parigi, approdando alla mente disturbata di un mistico russo e da lì cambiando direzione per rientrare in Europa occidentale dove assurgerà a nucleo documentario della paranoia antiebraica. Pubblicato per la prima volta nel 1903 da un giornale antisemita di Pietroburgo, verrà poi ripreso nel 1920 dal Times.

In termini generali la maggior parte di queste attività, che gli studiosi definiscono “giochi d’inganno”, rientrano nel concetto di interdipendenza basata sul regresso, teoricamente infinito, dello schema di ragionamento, “quel che penso che lui pensa che io pensi”, un vero e proprio dilemma che ha come obiettivo il far sì che l’altro pensi la cosa sbagliata e di evitare che se ne possa accorgere in tempo. In sostanza, dal punto di vista della comunicazione, quanto avviene nei contesti interessati al trionfo della disinformazione rappresenta il capovolgimento delle regole normali.

Da sempre, questo è il compito dell’intelligence, cioè degli apparati e delle figure professionalmente specializzate per la raccolta di informazioni segrete e la diffusione di controinformazioni. Le spie si dividono in cinque tipi: spie native (persone nate in territorio nemico); infiltrati interni (ufficiali nemici); doppiogiochisti (spie dell’avversario); spie votate alla morte (vanno a riferire al nemico false informazioni); spie destinate a vivere (quelle che tornano a fare rapporto).

Anche i meccanismi dello spionaggio moderno, desumibili dai rapporti sulle relazioni internazionali precedenti alla prima guerra mondiale o dalle pubblicazioni del Pentagono che trattano del coinvolgimento americano nella guerra del Vietnam e dopo, delineano un sistema di spionaggio militare che ruota intorno agli stessi personaggi e agli stessi ruoli. Un ulteriore rilievo riguarda la presenza, massiccia, delle donne in questo “gioco degli inganni”. Come Aristofane fa dire a Prassagora nelle Ecclesiazuse: “la donna… non si farà mai ingannare perché è troppo abituata ad ingannare lei stessa”. Si dice che la bellissima Targelia di Mileto fosse il principale agente persiano in Grecia; Fulvia era il tramite sistematico e consapevole per conoscere i disegni di Catilina; Augusto ricorreva sistematicamente all’adulterio per scoprire, attraverso le donne, i disegni dei suoi avversari. E così via.

Quando una spia sa di essere stata scoperta può avvertire la sua organizzazione. Ciò consentirà da un lato all’organizzazione di non prestar fede alle notizie che avrà dal proprio infiltrato e al tempo stesso la spia potrà scoprire quali sono le notizie che il nemico vuole che l’organizzazione conosca attraverso un infiltrato ora che sa che è tale. Talvolta invece chi è smascherato ha interesse a chiedere di passare realmente dalla parte dell’avversario, in questo caso viene “rivoltato”, com’è d’uso dire nel lessico spionistico. Durante l’ultima guerra, gli inglesi fanno annunciare da un colonnello francese, che si era messo a lavorare per i tedeschi, che gli inglesi lo avevano scoperto e lo avevano indotto a lavorare per loro. Così aveva dato numerose notizie che si erano manifestate false. Ebbene questo colonnello fu l’unico che mandò un messaggio in cui diceva che l’invasione avrebbe avuto luogo in Normandia il 5, 6 e 7 giugno. Per i tedeschi questa era la prova che lo sbarco avrebbe avuto certamente date e luoghi diversi. Dopo che si scoprì che il “rapporto di minoranza” del colonello francese era vero, fu riabilitato presso i tedeschi e naturalmente gli inglesi continuarono ad utilizzarlo per dare informazioni false poichè così veniva in qualche modo “riautenticato”.

Il caso appena riportato è quello del cosiddetto “doppio agente genuino”. Se invece l’agente in accordo con la propria squadra fa in modo che gli avversari lo scoprano e lo inducano a passare dalla loro parte, si ha il caso del “doppio agente falso”. La seconda squadra si illude di averlo al proprio servizio e così da delle informazioni false all’agente senza rendersi conto che i suoi avversari sanno in anticipo che esse sono false. Talvolta gli indizi sparsi vengono volutamente posti alla percezione dell’investigatore perché questi ne possa inferire una certa univocità che lo faccia propendere per un’ipotesi piuttosto che per un’altra.

Come s’è visto, c’è materiale per meditare sui reali significati e funzioni dei libri di David Icke, pagine e pagine che descrivono trame, complotti e quant’altro anche a sfondo volutamente osceno (è il caso del precedente libro Il segreto più nascosto, Macro Edizioni 2001): l’obiettivo quindi non sarebbe affatto quello di “liberare” l’umanità dalle trame delle aristocrazie luciferine, bensì il contrario, cioè quello di impedire ogni via di uscita da questa modalità di esistenza. Le “opere” di David Icke andrebbero quindi per il momento classificate come una mutazione moderna dei più arcaici libelli antimassonici che spopolarono ai tempi di Leo Taxil.

Bisognerà tornare alla profezia dell’Agartha celata nell’inquietante opera, prima e unica, di A. Kubin, L’altra parte, per trovare atmosfere simili per oscurità e finitudine. Ma il “romanzo” è divenuto “realtà”, una realtà manipolata non dagli onnipresenti, ma inesistenti, Illuminati, bensì dallo stesso David Icke, maestro di “rivoltamenti”. Chissà… se il nostro conoscesse i segreti del “Monastero delle Oche” sul Lago di Baikal, forse cambierebbe idea, prendendo coscienza di essere anch’egli una remota pedina nel gioco dell’illusione cosmica.

È sostanziale ricordare una delle “origini” di tutto questo complottismo gnostico: secondo questa interpretazione il “perfetto”, l’iniziato, è consapevole di appartenere ad un’”altra stirpe”, lo sperma heteron di Genesi 4, 25, la discendenza incontaminata di Seth. È l’autoconsapevolezza gnostica di appartenere ad un genos asaleuton, una “stirpe incrollabile”, una progenie inamovibile menzionata in diversi trattati gnostici provenienti dal corpus copto di Nag-Hammadi. Recentemente un interessante libro di Victoria LePage (Shambhala. Il paradiso perduto, Armenia, Milano 1999) ha riproposto l’idea della “stirpe di Seth” quale confraternita di Gnostici illuminati presenti nel mondo in ogni generazione (pp. 183 ss.). Seth, antesignano cristico, sarebbe un Figlio di Dio disceso volontariamente dai mondi celesti per fondare sulla terra una razza estremamente saggia, differenziata dal resto dell’umanità: i Figli di Seth separati dai Figli di Caino, cioè i “discendenti degli animali” di cui parla la tradizione gnostica narrata da P. D. Ouspensky nel suoi Colloqui con un diavolo (Edizioni Mediterranee, Roma 1983, p.103). La LePage ha contestualizzato il tutto in un quadro più ampio, riferendolo alla dottrina del “polo” spirituale dell’universo. Il “polo” da cui proverrebbe la mitica Confratenita di Sarmoun, origine di quel Enneagramma strumento di gnosi universale nel sistema dell’esoterista caucasico G.I. Gurdjieff.

Da sottolineare – ed è qui il fraintendimento o meglio la malafede di David Icke – come la dottrina ermetica in materia di novissimi sia volutamente ambigua: secondo l’esoterismo sufico, da un luogo ai margini della terra il Messia finale si manifesterà solo dopo l’apparizione del “Falso Messia”, dell’Impostore. Dal centro della posterità spirituale, il qutb, il “polo”, il qutb al-gawt, il “polo supremo”, apice dell’universo, giungerà il Mahdi, il Messia finale, la cui manifestazione è anticipata dall’azione contrastiva del Dajjal, l’Impostore. Il Cristo e l’Anticristo coincidono quindi nella medesima persona, ma vivono in modalità di esistenza differenti; affinchè giunga la pienezza dei tempi è necessario che prima del Messia si riveli l’Impostore; passati mille anni, dice Apocalisse 20, 7, si compie il katechon ed il Drago satanico verrà liberato per sedurre e annientare le nazioni. Quando il Cristo si rivela nel mondo diventa il suo opposto: l’Impostore precede il Messia perché le due figure coincidono spiritualmente, ma si manifestano in livelli diversi di consapevolezza.

COSPIRAZIONI GNOSTICHEultima modifica: 2009-09-23T19:53:00+02:00da mikeplato
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2 Responses

  1. stinrich
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    XTimes tratta spesso questi argomenti. E un giogo spaventoso, a tutti livelli. Un esempio tra gli altri è l’aggiotaggio per l’influenza A,un meccanismo inquetante per fare il loro gioco.
    Purtroppo sono in pochi a intravedere i lati nascosti delle cose,anche i messaggi messianici che Egli sta preparando il Suo ritorno.

  2. TUTTO WEB
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    peso questo post.
    argomento così sottili sono rari.

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