IL MESSAGGERO DELL’AQUILA.CARLOS CASTANEDA

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di Raffaella Ja

Breve biografia di Carlos Castaneda. Gli undici volumi della sua opera narrano del suo apprendistato durato tredici anni, con lo sciamano don Juan Matus, messicano di etnia yaqui. I suoi lavori subito criticati dall’ambiente antropologico, perché ritenuti non consoni agli standards accademici, riscossero un’eccezionale accoglienza dal pubblico che così venne a contatto per la prima volta con i principi più profondi dello sciamanesimo tolteco.La biografia di Castaneda attualmente disponibile non può avvalersi di dati certi e precisi, perché buona parte della sua vita fu avvolta dal mistero; rare sono state, almeno in un primo momento, le interviste e le foto, e del tutto sporadiche le apparizioni in pubblico. Carlos Arana Castaneda nacque nel 1925 a Cajamarca, in Perù e nel 1951 emigrò a Los Angeles. Si laureò in antropologia alla celebre Università della California di Los Angeles. Nel 1960, mentre era impegnato in una ricerca sul campo intorno alle proprietà di alcune piante psicotrope, conobbe Don Juan. Questo incontro gli avrebbe cambiato la vita. L’iniziale approccio antropologico si trasformò in una vera e propria iniziazione allo sciamanesimo, le cui tappe sono descritte dettagliatamente nel suo primo libro “A scuola dallo stregone-Gli insegnamenti di Don Juan”, che fu accettato dall’Università della California come tesi di laurea e pubblicato nel 1968.


L’apprendistato con Don Juan

Durante i primi cinque anni dell’apprendistato, lo sciamano somministrò a Castaneda diverse piante allucinogene (la Lophophora Williamsii, la Datura inoxia e la Psilocybe mexicana), piante sacre sotto il cui influsso un terribile segreto gli fu rivelato: il mondo, così come lo vediamo, è solo il risultato di ciò che ci hanno insegnato a vedere. E’la prima delle molte sfide in cui Castaneda vedrà messe in gioco le strutture della sua mente, nel conflitto implacabile tra la sua razionalità di uomo occidentale e la percezione del mondo degli stregoni. Nel 1971 Castaneda pubblicò “Una realtà separata”, continuando la trascrizione degli insegnamenti di Don Juan. Anche qui l’uso rituale delle piante allucinogene assume un ruolo fondamentale, ma è la figura di don Juan a campeggiare; la “via con un cuore” che egli prospetta ad un sempre più incredulo Castaneda, risplende del rigore e della limpidezza morale, della straordinaria intensità delle sue azioni. E’ nel terzo libro, Viaggio ad Ixtlan, che vengono precisati e sviluppati alcuni dei concetti chiave della tradizione tolteca. Il racconto delle esperienze sostenute con le piante psicotrope resta di fatto sullo sfondo, e alla cronaca si sovrappone l’analisi delle strutture concettuali del mondo di don Juan. Don Juan stesso confiderà in seguito a Castaneda che l’uso delle piante allucinogene non ha un valore assoluto nel sistema sciamanico; si rende necessario nel caso in cui le strutture razionali dell’apprendista non possono cedere senza ricevere un duro scossone.

 

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due rare immagini di Carlos

E’ per altro innegabile che il successo dei primi tre libri di Castaneda, pubblicati agli inizi degli anni Settanta, nel pieno fiorire della cultura psichedelica, fu dovuto in buona parte ai resoconti dei “viaggi” seguiti dall’ingestione di piante magiche e si trattò, senza dubbio, di una coincidenza fortunata.

Dopo la pubblicazione di Viaggio ad Ixtlan Castaneda interruppe per un lungo periodo i suoi rapporti con Don Juan. Quando li riprese venne catapultato in una nuova fase della sua esperienza iniziatica, in cui gli insegnamenti di don Juan acquistano uno spessore ed una portata del tutto imprevedibili.

L’universo degli sciamani toltechi si rivela finalmente in tutta la sua coerenza e nella sua complessità; don Juan lo trasmette al suo apprendista per mezzo della spiegazione degli stregoni, di cui tonal e nagual sono i concetti cardine.

L’isola del tonal è per l’appunto il titolo di questo quarto libro. Al termine dell’opera, al momento della definitiva scomparsa di don Juan, l’accettazione del sistema sciamanico tolteco da parte di Castaneda sarà assoluta e senza incertezze, al punto che l’antropologo accetterà di gettarsi in piena consapevolezza da un abisso, sfidando e vincendo una morte altrimenti inevitabile.

Dopo questo “salto nell’abisso”, l’apprendistato di Castaneda continua fra compagni diversi: quattro donne e quattro uomini che avevano condiviso con lui una parte degli insegnamenti di don Juan. Il secondo anello del potere e la prima metà de Il dono dell’Aquila, i due successivi lavori dello scrittore sudamericano, sono dedicati al resoconto della sua incapacità di assumere il ruolo di leader di questo gruppo. Ma sarà proprio l’interazione con una delle donne-guerriere, la Gorda, a suscitare in lui l’emergere di un imponente flusso di ricordi, che gli sveleranno un’ulteriore, incredibile serie di istruzioni ricevute da don Juan in un particolare stato di consapevolezza, la “seconda attenzione”. Da quel momento in poi, a partire dalla seconda metà de Il dono dell’Aquila, tutte le opere di Castaneda sono dedicate all’assemblaggio di quelle perdute esperienze ed alla ricostruzione del sistema cognitivo degli antichi sciamani toltechi (è questo il caso de Il fuoco dal prodondo e de Il potere del silenzio, rispettivamente settimo ed ottavo libro dell’autore).

Con l’Arte di sognare, posteriore di qualche anno, entrano in scena tre nuovi personaggi: Carol Tiggs, la donna-nagual, Florinda Donner-Grau e Taisha Abelar due giovani apprendiste che accompagneranno l’ultima fase della vita di Castaneda. Saranno autrici a loro volta di testi fondamentali per la comprensione e la definizione dell’universo degli sciamani toltechi, nonché attrici in prima persona di quell’imprevista evoluzione degli insegnamenti castanediani proposta nella penultima fatica dello scrittore peruviano: Tensegrità, un tentativo di mettere le pratiche degli antichi sciamani toltechi a disposizione di tutti.

Il testamento spirituale di Castaneda è affidato a Il lato attivo dell’Infinito, scritto pochi mesi prima della morte. E’ un’opera anomala e struggente, che ripercorre le prime fasi della sua relazione con don Juan, per concludersi simbolicamente nel momento in cui, miracolosamente sopravvissuto al “salto nell’abisso”, Castaneda era rientrato nel mondo della vita di tutti i giorni, non più semplicemente uomo, ma sciamano.

 

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sacerdote maya con paramenti sacro-sciamanici e testa di animale,simbolo di colui che può entrare nel regno astrale e può sopravvivervi

 


Tonal e Nagual

Tutte le conoscenze trasmesse da Don Juan a Carlos Castaneda appartengono ad un’antichissima tradizione, sviluppata da uomini che vissero secoli prima della colonizzazione spagnola, i Toltechi, i cui sciamani erano depositari di segreti e misteri che li rendevano molto diversi dagli uomini comuni. Si tratta di una tradizione millenaria che ha avuto un’evoluzione travagliata, non priva di momenti di profondissima crisi. L’arrivo dei Conquistadores ne rappresenta l’esempio più eclatante. Gli stregoni toltechi, messi di fronte ad un evento epocale, che aveva quasi spazzato via l’intera civiltà sudamericana, dovettero affrontare un’alternativa senza vie di scampo: adeguarsi o sparire. Una nuova generazione di veggenti (chiamati per l’appunto da don Juan i “nuovi veggenti”) mise in atto allora un profondo rinnovamento, separandoli per sempre dai modi e dalle pratiche dei veggenti delle generazioni precedenti: li tramutò in “esploratori dell’Infinito”, capaci di accrescere fino ai limiti estremi i confini della percezione ed incuranti di esercitare il proprio potere sul resto della razza umana. Don Juan sosteneva di essere l’ultimoNagual di questo nuovo lignaggio.

La prima parte dell’apprendistato di Castaneda culmina nella definizione di questi concetti. Don Juan si serve del tavolino di un ristorante per rendere accessibile al suo allievo laspiegazione degli stregoni, cioè l’essenza del tonal e del nagual. Tutti gli oggetti che stanno sul tavolo, la tovaglia, le posate, i bicchieri, la saliera ecc., rappresentano le cose del mondo così come si presentano alla percezione di un qualunque essere umano. Tutto quello che può essere percepito, pensato o immaginato, dalla più infima particella subatomica, alla totalità delle galassie stesse, trova posto sul tavolino di don Juan, di fronte all’allibito sguardo di Castaneda: è il Tonal, l’effetto finale di una forza smisurata che costringe il mondo ad essere così com’è e come ci appare.

Tutto quello che non può essere pensato dalla nostra mente, e che pur esiste liberamente al di fuori del suo raggio d’azione è il Nagual, un’immensità in parte semplicemente ignota, in parte del tutto irraggiungibile per l’uomo. Qualunque briciola di essa venga afferrata dalla nostra mente si trasforma in uno dei tanti oggetti sopra il tavolo di don Juan, nell’ennesimo elemento che costituisce l’isola del Tonal. Tutto intorno ad essa il Nagual è come un mare senza fine e gli sciamani ne sono i temerari esploratori. L’uomo comune è condannato a vivere una condizione in cui tonal e nagual restano perpetuamente divisi: la nascita ci scaraventa nel mondo del tonal e la morte ce ne separa. Il nagual resta sempre sullo sfondo: se talora udiamo la sua voce è solo un sussurro terribile e spaventoso. Gli sciamani possono percepire l’energia così come fluisce nell’universo, in un’esperienza cognitiva da cui la mente ed il linguaggio sono esclusi (laconoscenza silenziosa).

Alcuni di loro possono mettere i loro apprendisti direttamente in contatto con questa forza senza limiti e vengono chiamati Nagual essi stessi. E’ l’appellativo che spetta di diritto a Juan Matus e a Carlos Castaneda.


Percepire l’energia

Gli sciamani sono “stregoni” non nel senso che usano poteri sovrannaturali o evocano spiriti per mezzo di rituali o incantesimi, bensì in quanto sono percettori dell’Infinito ed hanno superato i limiti del mondo quotidiano, il tonal.

Alla percezione degli sciamani l’universo appare formato da innumerevoli campi di energia che hanno la forma di filamenti luminosi. Sembrano irradiare tutti da una fonte primaria che alla loro visione appare un’Aquila. Questi filamenti, le emanazioni dell’Aquila, possono raccogliersi in grandi fasce, intrecciate fra di loro in tutte le relazioni possibili, o essere racchiusi in una sorta di involucro, di “bozzolo” luminosi, dalle forme più svariate. Ad ognuna di esse corrisponde una delle miriadi di specie che popolano l’universo. Anche gli esseri umani sono composti da innumerevoli campi di energia filiformi, che formano un agglomerato simile ad un “uovo” luminoso. Una piccola parte delle emanazioni dell’Aquila racchiuse in questo bozzolo risulta più intensamente illuminata alla contemplazione dei veggenti: è il “punto d’unione” (o punto di assemblaggio). I campi di energia situati intorno al punto d’unione si allineano ai campi energetici delle grandi fasce di emanazioni circostanti, generando un bagliore più intenso: lo splendore della consapevolezza, cioè il miracolo della percezione. Ma solo una piccola parte delle emanazioni contenute nel bozzolo è impegnata nel processo della percezione, il resto è esclusa dal bagliore del punto d’unione.

Tutte le tecniche insegnate da don Juan a Castaneda avevano lo scopo di “spostare” il suo punto d’unione dalla posizione abituale, vincendone la resistenza naturale e imperativa in tutti gli uomini, impegnati strenuamente a proteggere la “realtà” e la concretezza del mondo. Ma diventare sciamani significa proprio questo: liberare il punto d’unione dalla sua posizione abituale, permettendogli di allineare altri fasci di emanazioni e di aprire così nuovi ambiti di percezione. E’ il secondo anello del potere, a disposizione di tutti gli uomini, ma accessibile ai soli sciamani.

Piccoli spostamenti del punto d’unione avvengono naturalmente nel corso del sonno: nei brevi istanti in cui la percezione si fissa su una posizione inusuale l’uomo sogna. Uno spostamento dello stesso genere permette ad uno stregone di fissare il punto d’unione del suo apprendista in una posizione particolare, chiamata seconda attenzione, contrapposta alla prima, quella della vita di tutti i giorni. In quella posizione si svolgerà una seconda, essenziale, fase dell’insegnamento, che l’apprendista potrà scoprire solo quando sarà in grado di liberare da solo il punto d’unione dalla fissità della posizione abituale.


Il cammino dell’apprendista

Ma come si diventa sciamani? Cosa ha permesso a Castaneda di diventare l’apprendista dello stregone yaqui Juan Matus? Nessuna qualità, né acquisita, né innata. E’ stato l’Intento, la forza indescrivibile ed ineffabile che pervade tutto, a fare la sua scelta e tanto per il giovane antropologo, quanto per il vecchio Nagual è stato impossibile sottrarsi al “segno” inviato dallo Spirito.

Da allora in poi gli insegnamenti si sono svolti su un duplice livello: nella consueta posizione del punto d’unione, la prima attenzione, chiamato anche lato destro, dove lo sciamano deve convincere il suo apprendista che l’apparente concretezza del mondo è un’illusione, ed in una posizione leggermente sfalsata dello stesso punto d’unione, quella della seconda attenzione, olato sinistro (perché alla visione del veggente il punto d’unione è collocato a destra, oppure a sinistra del centro dell’uovo luminoso).

Questa seconda posizione, raggiunta dall’apprendista in virtù dell’intervento ( il “tocco”) del Nagual, può essere sostenuta solo per periodi di breve durata, poi la forza dell’allineamento consueto prevale e tutto torna come prima.

Le istruzioni per il “lato sinistro”, la posizione anomala del punto d’unione, si svolgeranno parallelamente alle altre, ma rimarranno inaccessibili alla memoria di Carlos Castaneda, finchè lui stesso non sarà in grado di spostare il punto d’unione da solo, senza l’intervento di don Juan. Compito dello sciamano è quindi quello di mettere il proprio apprendista in grado di provocare da solo quello spostamento, in modo da poter attingere al patrimonio di esperienze ed informazioni che sono state depositate in lui in uno stato di coscienza alterata. La lunga serie di esperienze e di pratiche, rivolte a modificare in tutto e per tutto la vita dell’apprendista, dovranno culminare drammaticamente nell’atto di saltare consapevolmente da un abisso: solo un volontario spostamento del punto d’unione consente allora all’apprendista di sfuggire alla morte.

Da quel momento in poi la sua vita sarà dedicata a riassemblare la totalità degli insegnamenti ricevuti, in un processo di scoperte e rivelazioni clamorose. Carlos Castaneda scoprirà, per esempio, di aver interagito per anni con persone del seguito di don Juan e di averne perso completamente memoria; si renderà dolorosamente conto di aver addirittura dimenticato la propria controparte energetica, la donna Nagual, Carol Tiggs. Come giocando con una matrioshka, scoprirà di avere un gruppo di apprendisti, essendo a sua volta un Nagual, e poi un altro gruppo ancora, entrambi con la propria indipendente striscia di ricordi.

 

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statuina di sciamano con volto decorato da peyote

 

Le tecniche

Per seguire il sentiero degli stregoni e realizzare la rivoluzione interiore che lo trasformerà in uno sciamano Castaneda deve sconfiggere, come un vero e proprio guerriero una serie di nemici.

In primo luogo la propria “importanza personale”, quella totale identificazione con se stesso che dà ad ogni uomo la convinzione di essere speciale e il diritto di sentirci sempre offeso da qualcuno o da qualcosa, nonché l’illusione di essere immortale.

Al fine di vincere questo nemico il guerriero deve “cancellare la storia personale”, cioè scoprire e disattivare le proprie ossessioni e limitare l’incidenza delle abitudini: riacquisterà così la naturale fluidità, creandosi attorno una nebbia che rende impossibile agli altri, ed in primo luogo alla sua mente stessa, di inchiodarlo ad una visione univoca e statica di sé, fatta di punti di vista ed opinioni definitive e limitanti. Come la cancellazione dell’importanza personale libera il guerriero dall’invadenza del proprio io, così un’altra tecnica straordinaria, il “non fare”, gli permette di sgominare un secondo temibile nemico: l’illusione dell’irreversibile saldezza della realtà. Il mondo ordinario è sostenuto dal “fare”, cioè da una visione coerente della realtà, prodotta dall’ancoraggio del punto d’unione di tutti gli uomini nella medesima posizione; la pratica del “non fare” è incentrata su una multiforme serie di esercizi, tutti tesi a incrinare la nostra assoluta credenza nell’effettiva realtà della visione del mondo costruita dai nostri sensi.

Ma la pratica più importante di tutte è la ricerca sistematica del silenzio interiore. L’interruzione del dialogo interiore, cioè del flusso di pensieri che noi incessantemente rivolgiamo a noi stessi, è una tecnica base in molte discipline spirituali, per esempio in alcuni sistemi di meditazione yogica. Se eliminiamo l’interferenza del dialogo interno, che ci impone di non cercare nulla oltre i limiti delle sue categorie, la nostra ragione è costretta a farsi da parte ed allora molte meraviglie diventano possibili: una cosa semplice come “guardare” può trasformarsi nell’atto magico di “vedere”, cioè nella percezione diretta dell’energia così come fluisce nell’universo. Portare a compimento quest’impresa significa fermare il mondo, cioè interrompere per sempre la coesione e la coerenza della nostra percezione.  Per raggiungere il pieno controllo di qualunque spostamento del punto d’unione sono indispensabili al guerriero altre due pratiche: l’agguato e il sognare. L’agguato sviluppa la capacità del guerriero di mettere sotto osservazione i propri comportamenti e quelli degli altri, in modo da poter gestire se stesso al meglio in ogni situazione; coloro che sono particolarmente portati per questa pratica sono detti cacciatori. Sognatori sono invece chiamati coloro che eccellono nell’arte di sognare (descritta nell’omonimo libro). Questa tecnica si fonda sulla possibilità che i sogni comuni, prodotti dal naturale spostamento del punto d’unione durante il sonno, possano tramutarsi in vere e proprieporte verso altri mondi. Imparare a controllare sistematicamente questi spostamenti mediante particolari tecniche (celebre quella di impartirsi l’ordine di trovare e poi contemplare le proprie mani in sogno) consente di mettere a fuoco l’attenzione ed accrescere la consapevolezza all’interno del sogno stesso, sviluppando altresì il corpo di sogno, una sorta di doppio eterico dell’io stesso, non meno reale e consistente di questo.Il sognare descritto da Castaneda è analogo al sogno lucido studiato dall’odierna parapsicologia e le tecniche proposte presentano notevoli analogie con lo “Yoga del sogno” esposto dal maestro tibetano Namkhai Norbu.

Pietra angolare dell’insegnamento tolteco è infine la tecnica della ricapitolazione, descritta per la prima volta ne Il dono dell’Aquila e portata poi in primo piano nelle opere successive. Ricordando sistematicamente gli eventi, le emozioni, le interazioni e persino le idee e le fantasticherie che costituiscono la trama della vita di ognuno di noi è possibile recuperare l’energia che vi abbiamo profuso e che vi giace intrappolata. Ricapitolare per intero tutta la propria storia personale è molto di più che un semplice esercizio, è una pratica che gli antiche sciamani toltechi vedevano connessa con l’unica possibilità concessa all’uomo (per l’appunto il dono dell’Aquila) di sfuggire ad una morte altrimenti inevitabile ed affacciarsi sul palcoscenico della Libertà Totale.


L’ultima sfida

Alla fine della vita di ogni essere umano l’Aquila reclama la consapevolezza che è stata elargita al momento della nascita. Quando muoiono, infatti, gli esseri umani entrano nell’Ignoto come consapevolezza incorporea che giunta dinanzi al “becco” dell’Aquila viene dissolta e divorata. Gli stregoni, che hanno esplorato l’Ignoto nel corso della loro vita, sviluppando al massimo grado la loro consapevolezza, hanno un’estrema possibilità: presentare all’Aquila il frutto della loro ricapitolazione, una sorta di duplicato della loro consapevolezza. Se questo pedaggio viene pagato l’Aquila permette loro di scivolare oltre e di continuare, senza perdere consapevolezza, il lungo viaggio nell’Infinito. Così, secondo il racconto di Castaneda, lasciarono il mondo don Juan e i guerrieri del suo seguito, permettendo a tutte le emanazioni dei loro bozzoli di allinearsi con le emanazioni esterne e di risplendere all’unisono nello splendore della consapevolezza. E’ il fuoco dal profondo, l’ultimo consapevole atto della vita di uno sciamano, l’epilogo vittorioso di tutte le sue battaglie. La battaglia per gli stregoni però non termina mai. Essi continuano la lotta per la consapevolezza in altri livelli di realtà, dove si può vivere e morire. Gli sciamani viaggiano nell’Infinito e questa terra non è altro che una tappa di questo viaggio. E’ l’universo stesso che consente allo stregone di trasformarsi in pura coscienza: il suo corpo diventa pura energia e, nella nuova forma, lo attendono nuove sfide.

 

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IL MESSAGGERO DELL’AQUILA.CARLOS CASTANEDAultima modifica: 2010-03-10T19:54:00+01:00da mikeplato
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4 Responses

  1. lestat
    at |

    vero che è molto amaro nella sua nuda verità? è una cosmologia spietata. non c’è spazio per Gesù, la salvezza, ecc…non c’è neanche un principio ontologico su cui tirare il fiato: puro divenire, se tutto va bene. in definitiva, l’essere umano (come tu hai già detto Mike) non è altro che una somma algebrica di filamenti luminosi secondo Castaneda….

  2. ereticognostico
    at |

    ho letto “il lato attivo dell’infinito” e “il dono dell’aquila” e devo dire che la sensazione che danno questi scritti è che l’uomo è quasi spacciato davanti ad un destino-aquila che rimangia la consapevolezza ottenuta in “vita”…provocando un ciclo infinito di morte-morte (non dico nascita x motivi precisi,per me si nasce solo quando ci si libera dal ciclo della reincarnazione)…………..d’altro canto pero’ fa capire che sono un impegno veramente straordinario ci puo’ dare la consapevolezza perenne………..

    grazie x il post

  3. Gian Battista
    at |

    prima di tutto, è lampante che sia vero, siamo tutti destinati a morire
    questa spietatezza del potere che ci sovrasta è(l’ aquila) è vera
    siamo tutti destinati a finire i nostri giorni sulla terra
    certezze sull’aldilà, ragazzi, non ce ne sono.
    eppure il fatto di mettermi davanti a questa realtà, mi permette di affrontare la vita
    in modo migliore. L’aquila, il potere che ci sovrasta, la sua visione intendo, mi porta
    a convenire con i” nostri ” che non esiste pietà.
    L’ unico modo per affrontare degnamente il mondo è l’impeccabilità.
    fare senza aspettarsi risultati, senza autocommiserazione, gioiendo della nostra vita.
    Mio modesto punto di vista
    Gian Battista

  4. mike plato
    at |

    PUNTO DI VISTA CORRETTO, CARO GIAN BATTISTA

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